ROMA, CASO FEDERICA PUMA, UNA MADRE ALLA QUALE HANNO TOLTO LA FIGLIA: IL LEGALE SCRIVE ALLA DIVINA PROVVIDENZA

Angelo Parca

Denunciò il Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma che affidò sua figlia di 7 anni a una casa famiglia emettendo un provvedimento nel quale, secondo la ricorrente, “non vengono spiegate le motivazioni di tale decisione». Federica PUMA, madre di Beatrice chiedeva quindi di «approntare gli opportuni rimedi giuridici e disciplinari nei confronti del giudice Melita Cavallo». Ai due genitori della bambina è stata sospesa la patria potestà per conflitti tra la coppia. Secondo la donna, il giudice Cavallo adottò la sua decisione “due minuti dopo avere sentito la bambina” e basandosi “esclusivamente su immotivate conclusioni di assistenti sociali e del curatore speciale” senza confronto in aula. “Appena sono entrata nella stanza del presidente Cavallo – dichiarava la Puma nell’esposto – sono stata costretta ad assistere alla lettura del provvedimento che ingiustificatamente mi ha strappato mia figlia. – La donna concludeva le proprie dichiarazioni affermando – Non ho avuto il tempo di salutarla, di darle un bacio, rassicurarla e non farla sentire abbandonata.”
Dal quel giorno sono passati 8 mesi e la situazione è rimasta invariata.

Al Tribunale per i Minorenni di Roma, al Ministro della Giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, al Consiglio Superiore della Magistratura, e ancora prima, assai provocatoriamente, l’Avv. Giuseppe Lipera, difensore di PUMA Federica, si rivolge direttamente alla Divina Provvidenza.

L’ennesimo appello rivolto oltre che hai giudici al Soccorso Divino, riguarda la storia della piccola bambina, che oggi ha sette anni e mezzo e che il 14 dicembre scorso venne collocata in casa famiglia dal Tribunale per i Minorenni di Roma, presieduto dal Giudice Melita Cavallo. La bambina da allora vive angosciata e si dispera e grida sempre “MAMMA PORTAMI VIA”. Vi è da dire in effetti che la minore ha vissuto sin dalla nascita con la madre, a cui è stata sottratta non perché la bambina fosse trattata male dalla stessa , ma sol perché secondo gli assistenti sociali del Comune di Roma vi era conflitto tra i genitori, circostanza molto contestata dal difensore della Puma, che ha ribadito che non vi può essere conflittualità tra i genitori che vivono separati. L’istanza diretta anche al Ministro della Giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, al Consiglio Superiore della Magistratura serve anche a stigmatizzare l’intervento ultroneo del giudice Melita Cavallo, che da un recente intervento in un giornale ha avuto l’ardire di dichiarare “ABBIAMO SALVATO LA BAMBINA … stara’ ancora meglio tra sette o otto anni””. Secondo l’Avv. Giuseppe Lipera sono frasi che fanno accapponare la pelle, il Giudice Cavallo si crede il padre eterno e manifestamente si arroga il diritto di decidere anche per il futuro, il destino di questa creatura, che pur avendo sette anni e mezzo ha anche una capacità di coscienza e chiede apertamente di essere ascoltata. L’Avv. Lipera chiede ai Giudici per i Minorenni di applicare la Legge, per cui invoca che nell’immediatezza venga disposta un’udienza ad hoc, non importa se a ferragosto, per terminare questo sconcio e cioè l’inutile sofferenza della bambina, della mamma e dei nonni materni, Puma Roberto e Leone Maria Luisa.

Di seguito riportiamo il testo dell’istanza presentata dall’avvocato Lipera e alleghiamo in copia il documento originale

Alla Divina Provvidenza Sede………

e per quanto di competenza            

Al Tribunale per i Minorenni
Sez. feriale – ROMA

Al Ministero della Giustizia

Al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione

Al Consiglio Superiore della Magistratura


Proc. n.2312710 V.G.

Preghiera (e contestuale istanza) per una soluzione immediata  (provvedimento urgentissimo ex art. 700 C.P.C.) giusta ed equa

Mai e poi mai mi sarei immaginato di dover scrivere, nella mia veste di legum peritus, dopo 32 anni che indosso la toga,  una istanza diretta innanzitutto al Soccorso Divino e poi (“per quanto di competenza” terrena) alla Autorità Giudiziaria competente nel mondo italico.

Sono il difensore di Federica PUMA, madre di Beatrice GROTTESI, piccola e innocente creatura di sette anni e mezzo, che da otto mesi è stata condannata (senza aver fatto alcun crimine) a vivere lontano dalla sua adorata mammina.

La storia, anche se nota, vale la pena di ripercorrerla, ancorché brevemente, per come peraltro risulta inconfutabilmente dagli atti processuali.

Beatrice nasce a Roma il 17 dicembre 2004 da una coppia di genitori (per sua sventura) non sposati, come ce ne sono tantissime oggi in Italia.

La malasorte di Beatrice, come vedremo, risiede tutto in questo.

Avviene, infatti, che mamma e papà della bambina, subito dopo che Beatrice è venuta alla luce, non vanno d’accordo e si separano; la bambina quindi viene cresciuta e allevata (nel migliore dei modi peraltro), come è naturale che sia, dalla sua mamma.

[Non stiamo qui a dissotterrare tutta la vicenda, che agli atti poi è tutta ben ricostruita, diciamo solo sommariamente che Federica dovette scappare via  dal GROTTESI Alfonso (che, colpito da insolita crisi post partum maschile, non sopportava i pianti della neonata) perché minacciata di morte lei e la figlia; sì di morte,  e non fuggì di nascosto Federica ma andò via tranquillamente (lo stesso GROTTESI l’aiutò a salire sul taxi davanti ai Carabinieri), passando prima dalla stazione dei Carabinieri di Roma Trastevere, ove ebbe a denunciare quanto le stava inopinatamente accadendo.

Federica fu costretta quindi a trovare riparo a casa dei suoi genitori, due perle di persone, a Milano.

Il GROTTESI forse dopo un po’ si pentì, non si sa bene, fatto sta che a quel punto tirò fuori tutta la sua spregiudicata violenza ed arroganza, tant’è che continuò imperterrito con le minacce perché voleva vedere la bambina (cosa a cui nessuno si opponeva).

Intervennero a Milano i Giudici minorili che, per meglio tutelare la giovane Federica e la bambina, affidarono il compito di sorvegliarle ai locali servizi sociali ambrosiani, tant’è che gli incontri tra padre e figlia avvenivano solo ed esclusivamente in ambito protetto, anche perché ci furono due CTU collegiali che affermarono che il GROTTESI era affetto da precisi disturbi mentali mentre Federica risultava sana e quindi perfettamente in grado di svolgere il suo ruolo genitoriale.

Anni dopo, siamo già nel 2010, la situazione rimane sempre la stessa e ciò anche quando Federica decide di trasferirsi a Roma, perché pure le assistenti sociali capitoline (MAFFEO Deborah e IANNITTI Elisabetta) ben relazionano al Giudice sul carattere e la pericolosità del GROTTESI; poi però queste vengono denunciate dal GROTTESI – cha ha querelato mezzo mondo nel frattempo – e le cose  di improvviso … cambiano anzi, più rettamente, vengono totalmente stravolte].

Risultato finale, andiamo necessariamente per estrema sintesi, e che due dipendenti dei servizi sociali del IV Municipio di Roma si inventano, udite udite, quanto segue: la conflittualità tra i genitori (in pratica separati da sempre, si badi) può creare pregiudizio alla bambina ed escogitano, per il bene della minore, che è meglio che vada in casa famiglia!

E qui inizia il vero ed autentico dramma o via crucis per Beatrice e mamma Federica!!!

Quanto malignamente propinato dalle due impiegate del municipio capitolino, assistente sociale Luisa Mosè e psicologa Antonella Rossi (qualcuno scrisse che il maligno è la prima fonte di ingiustizia e di fare attenzione perché l'ingiusto è subdolo e fa passare per giusto ciò che agli occhi di Dio non lo è), viene purtroppo preso per oro colato dal Tribunale per i Minorenni di Roma, presieduto dal dott. Carmela CAVALLO, che – commettendo uno sbaglio enorme – il 14 dicembre del 2011 dispone il collocamento coatto della bambina in casa famiglia (omettiamo anche qui di narrare nei particolari l’accadimento, che già di per sé rappresenta un capitolo dolorosissimo di tutta questa storia; aggiungo solo che Beatrice e la madre, in compagnia dei legali, andarono in Via Dei Bresciani, quella funesta mattina, convinti che il Giudice volesse ascoltare personalmente la bambina; ma le cose invece erano e furono diverse … ma lasciamo perdere, almeno per adesso).

Il 14 dicembre, otto mesi fa, la bambina in un attimo non ha più la sua vita, perde tutto quello che aveva e, cosa più terribile in assoluto, resta priva della sua mamma.

Beatrice non vedrà più i nonni, i suoi parenti (zii, cugini), le sue compagnette, le sue maestre, la sua scuola, i suoi giocattoli, la sua casa; perde tutto, dicasi tutto.

Beatrice viene presa di peso dalla signorina MOSE’, con la scusa di andare in sala giochi, e istantaneamente e senza alcuna spiegazione, manco fosse un pacco postale, deportata in una casa famiglia di Roma, in una zona periferica, vicino la tomba di Nerone.

Che pena, che tragedia …!!!

Mi domando: ma si riesce con la fantasia ad immaginare quanto sto scrivendo?

E’ credibile tutto questo?

Intera realtà purtroppo!

Da allora sono passati  i n u t i l m e n t e  otto mesi.

Il giudice dott. Carmela Cavallo, il Presidente del Collegio che dispose quel tragico, ingiusto, sbagliato provvedimento, non tratterà più il caso, ma continuerà ad interessarsene (e anche questo ritengo non sia molto ortodosso) e tra poco vedremo anche come

Passano i mesi, stavamo dicendo, invano; istanze, lettere, reclami, ricorsi non servono a nulla.

Il nuovo Collegio (presidente dott. Angela RIVELLESE), anche a seguito di quanto accade sotto i loro occhi all’udienza del 17 aprile 2012, dove vengono ascoltate le due dipendenti comunali (e non sottolineo che scandalo, che indecenza e che spudoratezza sentirle decantare le loro capacità mediche di diagnosi e di terapia), pare aver capito la storia, tant’è che emette immediatamente un primo provvedimento dove allarga gli incontri di Beatrice con la mamma e consente anche ai nonni materni di visitare la bambina.

E’ poco, ma sembra un piccolo spiraglio che fa ben presagire un diradarsi di nubi che fino a quel momento apparivano fitte come la nebbia della Val Padana, anche perché di fatto le due dipendenti comunali vengono sconfessate.

La bambina intanto, dal 14 dicembre 2011 in casa famiglia, sta male, si dispera, è angosciata, vuole la mamma … pensate un po’ che anomalia: la bambina vuole la mamma; ma sembra prevalere la tesi maligna delle assistenti sociali che giustificano il loro operato dicendo che la bambina andava “scollegata”!!! (parole testuali e risultanti anche dal verbale di causa).

Non è un film dell’orrore; è quanto risulta negli atti, nei verbali.

Ma tant’è!

Sembrava un buon presagio, dicevamo, e invece … NO: è solo un illusione!!!
 
Il Collegio (Pres. RIVELLESE) esce dall’impasse, situazione complicata da cui non si sa come uscire forse (ma chi è che l’ha complicata in realtà?), disponendo una CTU collegiale, con a capo la Prof. Marisa Malagoli Togliatti.

I CTU chiederanno e otterranno, dal Giudice Dott. Cristina Capranica, e non dall’intero Collegio che li ha nominati, ben 120 (centoventi) giorni per rispondere ai quesiti di rito (come sta la bambina; la capacità genitoriale di PUMA e GROTTESI, addirittura anche quella dei nonni materni), non rendendosi conto che agli atti vi sono già ben due perizie psicologiche e psichiatriche disposte dall’A.G. (verrebbe da dire: facciamo perizie all’infinito, tanto …)

120 giorni!!! … campa Cavallo (nessun riferimento al Giudice ovviamente), poi altri 46 di sospensione feriale e quindi 20 giorni per le deduzioni delle parti e altri 20 giorni per le repliche … ad andare bene SEI MESI (questo perché abbiamo detto che la bambina sta male).

Ma come, sorge spontaneo chiedersi, noi deduciamo e proviamo che c’è una bambina che sta male e Tu medico (Voi medici) chiedi 120 giorni di tempo per rispondere?

Ma siamo sulla Terra o sulla Luna?

O in un girone dell’inferno dantesco?

Inutile ripetere o ricordare nel frattempo quante istanze, rigorosamente scritte, e rigettate, rivolte ai giudici.

Niente di niente: il muro di berlino a confronto era più fragile.

Anche la madre ovviamente è disperata (chi non lo sarebbe al suo posto?); i nonni materni, PUMA Roberto e LEONE Maria Luisa, sono sempre più addolorati e amareggiati, le suore di Beatrice di loro iniziativa scrivono sinanco alla Presidenza della Repubblica (ne sa qualcosa il compianto dott. Loris D’Ambrosio); la mamma invia una supplica al Sommo Pontefice, Benedetto XVI, e il Vaticano le risponde; si organizzano sit in spontanei di gente che presta e offre solidarietà; raccolta di firme; petizioni; interpellanze parlamentari; ci si rivolge alla Corte di Appello; alla Corte di Cassazione; intervengono associazioni di tutti i generi, programmi radiofonici e televisivi nazionali diffondono la penosa assurda odissea.

Zero … praticamente non accade nulla, anche se milioni di italiani vengono a conoscenza di questa storia e rimangono davvero sconcertati.

Ma non si smuove niente!

Beatrice piange, chiede “voglio parlare col giudice” oppure “che dice il giudice? Si è convinto?”.

L’ITALIA INTERA sente lo strazio di quella bambina al balcone della casa famiglia … MA CONTINUA A NON ACCADERE NULLA.

Adesso  il recente clou!

Da fine luglio e sino ai primi di settembre Beatrice non avrà nemmeno il conforto di vedere i nonni o la mamma due volte a settimana, perché è stata tradotta in un carcere estivo.

Qualcuno si chiederà: ma la mamma è una delinquente? Bastonava la figlia? Faceva degli abusi a questa bambina?

Nulla di tutto questo, anzi, la colpa di mamma e figlia è di vivere in troppa simbiosi, come se questo fosse una anomalia e non la cosa più naturale di questo mondo.

Si capisce adesso perché questa istanza, supplica, ricorso, chiamatelo come volete, viene inviato innanzi tutto alla Divina Provvidenza?

Non è normale quello che è successo il 14 dicembre 2011 e da quel giorno in avanti, ma non è normale neppure quello che si sta perpetuando adesso: ad un evento incredibile può solo un miracolo, questa è la ragione.

Sol che la mano che fa cose strane in terra è sempre quella dell’Uomo, per cui anche il miracolo deve avvenire per mano dell’Uomo, per questo è competente sempre il Tribunale.

“Fa all'altro ciò che vorresti fosse fatto a te stesso”!

Signori Giudici, lungi da me offendere qualcuno, ma fatelo questo sforzo: immaginate, anche per un solo istante, di essere la mamma di Beatrice; accettereste tutto questo?

Sarebbe normale ribellarsi o no?

Protestare?

Aspettare chi?  Che cosa?

Che la bambina si ammali definitivamente?

Che la mamma non regga più?

Non bastano OTTO MESI DI INUTILE CARCERAZIONE PREVENTIVA?

***

ULTRONEO ED INAUDITO INTERVENTO DEL GIUDICE CARMELA CAVALLO

In un’intervista apparsa venerdì 20 luglio 2012  sul quotidiano on – line “Nuovo Paesesera” la giornalista Annarita Carbone riporta la dichiarazioni testuali che le avrebbe riferito il Magistrato Carmela Cavallo.

Frasi che fanno accapponare la pelle.

Essa dice: “Noi ci siamo presi la responsabilità di salvare quella bambina. Di salvarla! Adesso la bambina sta bene e starà ancora meglio tra 7-8 anni”.

Chi vuole può leggere integralmente l’intervista del Giudice Cavallo rilasciata alla giornalista Annarita Carbone (con gli allegati interventi, peraltro anche autorevoli, che hanno commentato le dette dichiarazioni) andando al seguente link: http://www.paesesera.it/Cronaca/Caso-Puma-parla-il-giudice-Cavallo-Abbiamo-salvato-la-bambina ).

Il Giudice Cavallo, che, pur non trattando più questo caso, resta pur sempre il Presidente del Tribunale per i Minorenni dell’intero Lazio, senz’altro avrà modo di leggere anche quest’ultima presente istanza, per cui, prevedendo e prevenendo, osiamo consigliarLe, sempre  se avrà modo di leggerci, di non intervenire più, visto il suo ruolo di Dirigente titolare del TM di Roma e perché fu esso Magistrato che ebbe a presiedere il Collegio che ordinò incautamente la carcerazione della bambina.

Per queste ragioni è comunque doveroso che copia delle presente venga inoltrata al Ministero della Giustizia e al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione (e, per quel che vale, al Consiglio Superiore della Magistratura).

Si allega a tal uopo copia dell’articolo avanti indicato ed intitolato “CASO PUMA, PARLA IL GIUDICE CAVALLO: ABBIAMO SALVATO LA BAMBINA”

***

Sul presente ricorso ex art. 700  e necessità dei richiami normativi

A seguito della proposizione di diverse istanze, formalizzate nell’intento di provvedere urgentemente al ricongiungimento della piccola Beatrice Grottesi con la propria madre Federica Puma, il Tribunale per i Minorenni di Roma decideva più volte di operare come segue: assegnava all’istante termine per la notifica a tutte le parti processuali al fine di garantire l’instaurazione del contraddittorio, concedendo poi ulteriore termine a quest’ultime di giorni quindici dalla notifica per la presentazione di memorie scritte; nessuna udienza.

Or non vi è chi non veda che tale modus operandi sia nettamente in contrasto con i procedimenti di urgenza disciplinati dal codice di procedura civile.

Secondo l’art. 700 c.p.c. “… chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti di urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”.

Nel caso della piccola Beatrice è evidente il pregiudizio che la bambina subisce ogni giorno in più passato lontano dalla mamma, situazione che ha portato alla proposizione del ricorso d’urgenza e l’attualità adesso è la deportazione in Calabria!

Or l’art. 669 sexsies così dispone: “Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda”.

Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore ad otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto.

A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto”.

Pertanto si chiede che l’On.le Tribunale, stante le motivazioni poste a base del nuovo ed ennesimo odierno ricorso, provveda con decreto sul collocamento della bambina, tenuto conto dello stato di sofferenza della stessa, fissando poi l’udienza nel più breve termine ai fini di confermare o modificare quanto statuito con decreto o quanto meno fissando un’udienza nel più breve tempo possibile (non è per fare polemica ma è notorio che il P.M. di Palermo pare  abbia convocato per il 13 di agosto tale Silvio Berlusconi per essere sentito quale parte offesa in un procedimento penale nei confronti di indagati a piede libero. A maggior ragione può in questi giorni feriali celebrarsi un’udienza che riguarda la libertà e la vita di una creatura di sette anni e mezzo che vive privata della mamma e ingiustamente da ben otto mesi).

Lo implora disperatamente Beatrice in persona, che altro non è che “una voce che chiede di essere ascoltata. Un turbine di tormenti e conflitti. La lotta coraggiosa di una bambina contro il destino a cui vorrebbero inchiodarla” (cfr. “Il suono di mille silenzi”, Emma La Spina, Ed. Piemme, 2009).

Facciamo sì che Beatrice non continui a gridare disperatamente “MAMMA PORTAMI VIA …”.

Per tutto quanto sopra
CHIEDE
che l’On.le Tribunale feriale per i Minorenni di Roma, reiectis adversis,  voglia immediatamente disporre, ex art. 700 cpc, innanzi tutto che la piccola Beatrice Grottesi torni a casa dalla madre, e in subordine che venga ordinata subito la comparizione delle parti.

Si allega registrazione telefonica del 1 agosto 2012 tra la mamma e la bambina che si trova in atto  in una non meglio identificata località  della Calabria nonché copia dell’articolo “CASO PUMA, PARLA IL GIUDICE CAVALLO: ABBIAMO SALVATO LA BAMBINA”.

Roma  7 agosto 2012

Federica Puma
       Avv. Giuseppe Lipera