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Roma, concluso il G20. Draghi: “E’ stato un successo”

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L’obiettivo dell’1,5 gradi è stato riconosciuto come scientificamente valido

“Non è stato facile raggiungere questo accordo, è stato un successo”, ha detto il premier Mario Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20, ringraziando gli sherpa e chi ha partecipato all’organizzazione di un G20 “straordinario”.

“Questo vertice mi rende fiducioso per la capacità che il G20 sembra aver ritrovato di affrontare le sfide epocali esistenziali, dal covid al clima”. “Abbiamo gettato le basi per una ripresa più equa”.

“Sul clima per la prima volta i Paesi G20 si sono impegnati a mantenere a portata di mano l’obiettivo di contenere il surriscaldamento sotto i 1,5 gradi – ha spiegato Draghi – con azioni immediate e impegni a medio termine. Anche sul carbone i finanziamenti pubblici non andranno oltre la fine di quest’anno”. “Il senso di urgenza c’è ed è stato condiviso da tutti e si vede nel fatto che l’obiettivo dell’1,5 gradi è stato riconosciuto come scientificamente valido. C’è stato anche un impegno a non intraprendere politiche di emissioni che vadano contro il trend che tutti si sono impegnati ad osservare fino al 2030. Si può pensare che questo impegno venga mantenuto. Dopo Parigi le emissioni sono aumentate, soprattutto dopo il Covid. C’è una certa preoccupazione e occorre ora dimostrare credibilità attuando le promesse fatte”. Lo dice il premier Mario Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20.

“Abbiamo gettato le basi per una ripresa più equa e trovato i nuovi modi per sostenere i Paesi nel mondo, 609 miliardi sulla base dei diritti speciali di prelievo sono dedicati per la prima volta ai Paesi più vulnerabili”.

“In cosa siamo riusciti? E’ un summit di successo nel senso di mantenere vivi i nostri sogni, impegnarci a ulteriori provvedimenti, stanziamenti di denaro, ulteriori promesse di riduzione. Negli ultimi mesi sembrava che i Paesi emergenti non avessero nessuna intenzione di prendere altri impegni”, ha spiegato Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20. “Il successo finale viene formulato poi sulla base di quello che facciamo e non di quello che diciamo. Impegno collettivo a essere più concreti e seri”, aggiunge.

“Papa Francesco è un alleato non solo del G20 ma per tutto ciò che concerne il clima e la conservazione della Terra”, ha aggiunto Draghi rispondendo ad una domanda in proposito.

Poi ancora: “Dalla Cina fino a pochi giorni fa mi attendevo un atteggiamento più rigido, c’è stata la volontà di cogliere un linguaggio più rivolto al futuro che al passato”, ha spiegato rispondendo ad una domanda sul clima. “La Russia e la Cina hanno accettato l’evidenza scientifica degli 1,5 gradi, che comporta notevolissimi sacrifici, non sono impegni facili da mantenersi. La Cina produce il 50% dell’acciaio mondiale, molti impianti vanno a carbone, è una transizione difficile”.

“E’ facile suggerire cose difficili, difficile è eseguirle. Quello che ha fatto il G20 è un risultato straordinario che poteva essere raggiunto solo in un contesto multilaterale. Quello che stiamo facendo oggi è un passo avanti in situazione difficile”.

“Si sarebbe preferito che tutti i Paesi avessero confermato” la deadline “del 2050” per le emissioni zero “ma secondo me gradualmente ci si arriverà”, ha sottolineato il presidente del Consiglio al termine del G20.

DRAGHI PRIMA DELLA CHIUSURA DEL G20

“Sono lieto di annunciare che l’Italia triplicherà l’impegno finanziario a 1,4 miliardi l’anno per i prossimi 5 anni” per il fondo green sul clima, ha detto Draghi chiudendo il G20. “In questo vertice abbiamo fatto sì che i nostri sogni siano ancora vivi ma adesso dobbiamo accertarci di trasformarli in fatti. Voglio ringraziare gli attivisti che ci mantengono sulla rotta giusta. Molti dicono che sono stanchi del bla bla, io credo che questo summit sia stato pieno di sostanza. Abbiamo riempito di sostanza le parole”.

“Vogliamo essere giudicati da quello che faremo, non quello che diciamo – ha detto ancora il premier concludendo il G20 di Roma con un augurio anche al Regno Unito per “la miglior Cop 26″. Questo vertice ha riempito di sostanza le nostre parole, la nostra credibilità dipende dalle nostre azioni”. “Siamo fieri” dei risultati ottenuti al G20 ma “è solo l’inizio”.

Uno dei successi conseguiti al G20, secondo il premier Mario Draghi, è che “abbiamo deciso di lasciare alle spalle il carbone” con lo stop ai finanziamenti delle centrali a carbone nel 2021.

“Mentre accolgo con favore l’impegno del G20 verso soluzioni globali, lascio Roma con le mie speranze insoddisfatte, ma almeno non sepolte per sempre”, ha scritto su Twitter il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Sul clima, al G20 “malgrado le differenze che si sono manifestate nei negoziati, abbiamo creato una convergenza e possiamo avere risultati concreti”. Lo ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, in conferenza stampa al G20, invitando a guardare alla situazione di quattro anni fa.

Dobbiamo agire “rapidamente per evitare conseguenze disastrose” sul clima”: così il premier Mario Draghi, ha aperto un evento a latere del G20 sul “Ruolo del settore privato nella lotta ai cambiamenti climatici”, alla presenza del principe Carlo d’Inghilterra. “La lotta al clima è la sfida del nostro tempo. O agiamo ora e affrontiamo i costi della transizione e riusciamo a renderla più sostenibile o rinviamo e rischiamo di pagare un prezzo più alto dopo e il fallimento”, dice il premier. “La presidenza italiana del G20 vuole spingere la crescita economica e renderla più sostenibile: lo dobbiamo ai cittadini, al pianeta e alle future generazioni”, dice il premier.

“Sono grato al premier Draghi per aver riconosciuto l’importanza di certi temi e averli messi al centro di questo evento”, ha detto il principe Carlo al G20. “Abbiamo una responsabilità enorme nei confronti delle generazione di chi non è ancora nato”. “Ho dedicato gli ultimi 40 anni ai temi ambientali, ultimamente ho notato un cambiamento nell’atteggiamento generale”, ha sottolineato il primogenito della Regina Elisabetta.

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Alluvione Emilia Romagna, Osservatorio ANBI: “La crisi climatica obbliga a ripensare le priorità del Paese”

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Voncenzi (Presidente ANBI): “Senza sicurezza nella gestione delle acque non può esserci sviluppo”
 
 
“Della drammatica alluvione in Romagna ci ricorderemo giusto il tempo di rendere omaggio alle vittime; poi ciascuno dovrà rimboccarsi le maniche e da solo ricostruirsi la vita, perché solidarietà delle parole e concretezza dei fatti, spesso rallentati da un’estenuante burocrazia, non vanno di pari passo: è quella, che chiamiamo la liturgia degli stati d’emergenza, consci che solo una piccola parte dei danni potrà essere ristorata dall’intervento pubblico, senza contare le conseguenze sulla vita economica e sociale del territorio. Se una lezione si vuole trarre da quanto accaduto è la necessità di ripensare le priorità ed i necessari investimenti per il futuro del Paese, perché senza sicurezza nella gestione delle acque non può esserci sviluppo”: a dirlo è Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI Emilia Romagna oltre che dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue.
 
“Sarebbe miope tacere che quanto accaduto in Emilia Romagna ha colpito una delle regioni più attente alla sicurezza idrogeologica, evidenziando l’impotente esposizione del nostro Paese alle violente conseguenze della crisi climatica – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’alluvione di questi giorni ha fatto facilmente ricordare l’analogo evento di pochi mesi fa nelle Marche, ma l’attenzione, in realtà, dovrebbe concentrarsi sulle troppe emergenze idrogeologiche, evitate per semplice casualità nelle scorse settimane, pur in quadro complessivo di siccità. E’ necessaria una nuova cultura del territorio, perché l’estremizzazione degli eventi atmosferici non è più un’eccezione, ma un ricorrente pericolo, che grava sulla vita delle nostre comunità.”
 
I dati del settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche confermano, pur in un quadro di drammaticità, come la violenza degli eventi meteo, che si sono rovesciati sull’Italia, avrebbe perfino potuto comportare conseguenze più gravi.
 
Impressionante è osservare l’evoluzione delle piene in decine di torrenti concentrati in una zona piuttosto limitata dell’Emilia Romagna e riflettere su come, di fronte alla velocità dei cambiamenti climatici, ciascuno degli oltre 7600 corsi d’acqua del nostro Paese possa rappresentare una potenziale minaccia per il territorio.
 
Molti dei torrenti ora esondati segnalavano insufficienza idrica fino a qualche settimana fa; infatti, il bollettino di Arpae (Agenzia Prevenzione Ambiente Energia Emilia Romagna) ricorda che Aprile era stato fortemente carente di piogge con un deficit pluviometrico, che a livello regionale aveva toccato il 66,2%! Gli aumenti repentini dei livelli registrati da fiumi e torrenti, evidenziano come siano in grado in poche ore di sprigionare una potenza distruttiva, che rende inadeguata l’attuale rete idraulica ed obbliga ad una riflessione anche sui criteri di manutenzione.
 
A dimostrarlo sono, ancora una volta, i numeri: sui bacini montani romagnoli, soggetti a progressivo spopolamento (come nel resto d’Italia) e dove nasce la maggior parte dei fiumi interessati dalle piene, nell’ultima settimana sono mediamente caduti 145 millimetri d’acqua, preceduti da due settimane piovose su terreni inariditi dalla prolungata siccità; analoga situazione si è registrata sui bacini di pianura (mm.121 di pioggia in una settimana). In poche ore il risultato è stato devastante: Lamone (esondato) cresciuto di 9 metri; il Savio (esondato) cresciuto di m. 8 ; il Ronco, + 8 metri;  il Senio, + 7 metri; il Montone, + 6 metri; l’Uso, + 5 metri; l’Ausa,+ 3 metri; il Pisciarello, + m.2,5 metri; il Marzeno, + m. 4,30 metri; il Voltre, + 3 metri. Al di fuori della “zona rossa romagnola”, da registrare l’esondazione del Ravone a Bologna e la piena del torrente Tiepido a Modena (cresciuto di oltre 6 metri e mezzo); altri fiumi sotto osservazione sono Santerno, Sintria, Rabbi, Rubicone (fonte: Arpae).
 
Quanto accaduto nella confinante Romagna ha creato grande apprensione anche nelle Marche dove, sul Nord della regione, si sono registrate analoghe piogge: lungo il bacino del fiume Foglia, cresciuto di circa 4 metri in 10 ore, sono mediamente caduti un centinaio di millimetri d’acqua in un giorno e mezzo (fonte: Centro Funzionale Protezione Civile Marche); saliti anche i livelli di Esino (+ m.1,20) e dell’affluente Sentino (+ m.1,10).
 
Sul resto della Penisola, dove non hanno causato danni, le piogge di Maggio hanno inciso su una situazione di prolungata carenza idrica.
 
Tra i grandi invasi del Nord va evidenziato il lago d’Iseo che, con una crescita di oltre 20 centimetri, tocca la soglia massima di riempimento, raggiungendo ora il 97,9% della capacità; bene il riempimento di Maggiore (91,9%) e Lario (74,1%), mentre anche il Benaco registra finalmente un importante aumento di livello, raggiungendo il 57,9% di riempimento, pur rimanendo ancora abbondantemente sotto media.
 
In Valle d’Aosta decrescono le portate della Dora Baltea e del Lys.
 
Crescono tutti i fiumi piemontesi, tra cui spiccano le performances di Tanaro, Pesio e Stura di Lanzo.
 
In Lombardia dove, da un anno e mezzo,  lo scarto negativo della quantità di riserva idrica rispetto alla media storica si manteneva a livelli molto preoccupanti, le piogge di Maggio hanno ridotto il gap ad un pur sempre marcato -36%. A beneficiare delle precipitazioni sono anche i fiumi: in primis, la portata dell’Adda, che tocca i 179 meri cubi al secondo, ma positivo andamento anche per Serio, Mincio ed Oglio, che cresce di oltre mezzo metro.
 
In Liguria, dove le recenti piogge hanno interessato soprattutto la provincia di Genova, aumentano i livelli dei fiumi Vara, Entella, Magra ed Argentina.
 
Nel NordEst la prolungata crisi dei corpi idrici viene mitigata da precipitazioni abbondanti e costanti: in Veneto, dopo molti mesi, spicca la crescita  di oltre un metro e mezzo del fiume Adige, mentre il livello della Livenza si alza di oltre 2 metri ed aumentano anche le portate di Piave, Brenta e Bacchiglione.
 
Per il fiume Po, la crescita delle portate degli affluenti comporta un riavvicinamento, dopo moltissimi mesi, alle portate medie del periodo: lungo tutta l’asta, infatti, si registra un aumento esponenziale d’acqua in alveo (in Emilia, portate raddoppiate).
 
In Toscana, nella settimana, le cumulate più consistenti di pioggia si sono registrate nel Grossetano (a Scansano mm. 129), in Lucchesia (mm. 126 a Lucca) e nel Massese (Massa, mm. 105); nell’arco dei 30 giorni, invece, il record viene segnato da due comuni della provincia di Firenze: Firenzuola (mm.255,6) e San Godenzo (mm. 232,6). A beneficiarne sono i fiumi, compreso il Serchio, che torna finalmente a superare i livelli di portata media del mese di maggio.
 
In Umbria la pioggia fa finalmente crescere il livello del lago Trasimeno (+ cm. 5), nonché i fiumi Nera,  Chiascio e Tevere.
 
A Roma la portata media del fiume Tevere si attesta intorno ai 124 metri cubi al secondo superando, in alcune stazioni a monte, il livello massimo delle ultime annate; in crescita sono anche i livelli di Aniene ( torna ad essere in linea con la media del periodo), così come quelli di Liri e Sacco, nonché i livelli dei bacini lacustri di Bracciano, Nemi ed Albano.
 
Il fiume Volturno, sia nella sezione molisana che in quella campana, è in linea con le migliori performances stagionali degli ultimi anni; in Campania si registrano crescite di portata anche nei fiumi Sele e Garigliano, favorite da copiose piogge (a Napoli oltre 130 millimetri).
 
In Basilicata, sul fronte dello stoccaggio della riserva idrica nei bacini regionali, viene segnato un nuovo importante apporto con + 8 milioni di metri cubi in una settimana; nella vicina Puglia, lo scarto positivo è pari a 5 milioni di metri cubi in una settimana.
 
Infine si registrano copiose precipitazioni anche in Sicilia, dove era stato diramato un livello di allerta rossa: il record viene toccato nell’entroterra dai comuni di Aidone e P.zza Armerina con oltre 100 millimetri di pioggia. 
 



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Maltempo, in Romagna e Marche i Consorzi di Bonifica pronti a contenerte le piene

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“Pur non essendo i fiumi in diretta competenza, i Consorzi di bonifica sono in stato di allerta, collaborando con le Autorità locali – rende noto Massimo Gargano, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – In caso di emergenza, sono, infatti, pronti a contenere le masse d’acqua attraverso esperte manovre idrauliche, sperando che improvvisi  cedimenti o sormonti arginali non facciano collassare anche la rete idraulica minore, come già verificatosi ad inizio Maggio proprio in Romagna.”
 
“I dati raccolti dal nostro Osservatorio sulle Risorse Idriche evidenziano che purtroppo sta piovendo soprattutto su Romagna e Marche, cioè territori già colpiti recentemente da gravi alluvioni e per questo ancor più fragili”: a sottolinearlo è Francesco Vincenzi, Presidente ANBI
 
In entrambe le regioni, impressionante è la crescita delle portate fluviali in poche ore, a seguito di abbondanti precipitazioni.
 
In Romagna,  alle prime ore del mattino di ieri sono caduti 80 millimetri di pioggia a Santa Monica, mm. 90 a San Cassiano sul Lamone, mm. 76 a Cesena, mm.85 a Monte  Romano, mm. 88 a Castrocaro; il livello del fiume Savio è cresciuto di 6 metri e mezzo, il torrente Uso di m.5, il Marzeno di quasi 4 metri e mezzo, il Voltre di m.3, l’Ausa di 3 metri ed il Pisciarello di 2 metri e mezzo.
 
Nelle Marche, a Pesaro sono caduti oltre 80 millimetri di pioggia, così come a Fano ed in generale sulla fascia più settentrionale della regione (entroterra e costa), mentre a Senigallia sono caduti 66 millimetri; di conseguenza il fiume Foglia è cresciuto di quasi 4 metri in 10 ore, mentre il Misa si è alzato di 3 metri in 6 ore, raggiungendo il livello di piena.
 



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Governo, decreto Siccità: l’ANBI audita in Senato

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“Ringraziamo il Governo per l’attenzione e la sensibilità dimostrata con il Decreto Legge Siccità, che però offre risposte ad una situazione emergenziale. A questo bisogna affiancare soluzioni infrastrutturali per uscire da una persistente condizione di insufficienza idrica, che sta colpendo ampie zone del Paese. Per questo poniamo con forza la necessità di un piano pluriennale per realizzare bacini irrigui multifunzionali, indispensabili a garantire la produzione di cibo, l’occupazione agricola e l’equilibrio ambientale.
Il Piano per invasi medio-piccoli, il cosiddetto Piano Laghetti ecocompatibili e da noi proposto con Coldiretti fin dal 2017, va nella direzione di incrementare l’11% d’acqua piovana attualmente trattenuta al suolo, aumentando le riserve idriche per avvicinarci al 35%; non sono opere grigie, perché a basso impatto ambientale e perché tutelano la biodiversità, favorendone la fruibilità da parte delle comunità locali”: a dichiararlo è Francesco Vincenzi, Presidente dall’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), audita dalle Commissioni congiunte Ambiente ed Agricoltura del Senato in sede di consultazioni per l’esame del Decreto Legge Siccità.
Si è evidenziata la necessità di un ulteriore approfondimento rigoroso sulle conseguenze ambientali dell’ipotizzata desalinizzazione di acque marine per contrastare la siccità, da parte di Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI intervenuto nella stessa sede.
“Oggi, solo il 40% dell’acqua trattata diventa dolce, il residuo è una salamoia inquinante e complesso da smaltire; oltre a ciò, vanno considerati gli importanti costi energetici, che possono essere sostenuti con facilità da economie, che hanno nel sottosuolo gas come Israele o petrolio come i Paesi Arabi, ma non certo dall’agroalimentare italiano – prosegue Gargano – Nel nostro Paese, la desalinizzazione può andare bene solo per situazioni localizzate, come le piccole isole, perché sostitutiva del traffico di “bettoline”, che attraversano il mare per rifornirle d’acqua dolce.”
“Stiamo inoltre lavorando – conclude il Presidente di ANBI – con tutte le componenti interessate per trovare una soluzione finalizzata ad un maggiore utilizzo delle acque reflue; accanto a ciò è necessario continuare ad investire in innovazione. I Consorzi di bonifica ed irrigazione lo stanno facendo e sono pronti con soluzioni immediatamente operative. Recentemente alla Fiera internazionale Macfrut di Rimini, siamo orgogliosi di aver presentato il progetto GocciaVerde, un marchio di certificazione sull’uso e la gestione sostenibile dell’acqua.”



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