ROMA, ‘NDRANGHETA CAPITALE: SCOVATO IL LATITANTE ANTONIO MOLLICA

L'operazione ha dimostrato la presenza di un bunker nel territorio romano e ciò è una novità che rappresenta un ulteriore elemento che depone per le conclusioni che il G.I.P. ha tratto all’esito delle indagini della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia romane
 

 

di Cinzia Marchegiani

Roma
– Con un’operazione da manuale la Polizia di Stato stana il latitante Antonio Mollica in un bunker dove si rifugiava dopo esser sfuggito all’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale lo scorso 9 gennaio quando, nell’ambito dell’operazione “Fiore Calabro” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, erano stati arrestati Placido Scriva e Domenico Morabito. I poliziotti che bussarono alla sua porta non lo trovarono in casa. La sua latitanza è però durata meno di venti giorni. La Polizia di Stato stamattina ha arrestato il quarantasettenne Domenico Antonio Mollica, il terzo nella lista del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma a dover finire in carcere per i reati di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, commessi per favorire l’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante in Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.

Il bluff è stato scoperto proprio alle prime ore di stamani, quando gli Agenti della Squadra Mobile di Roma hanno bussato all’uscio di casa e la moglie ha aperto la porta, di Mollica però non vi era nessuna traccia. Ma la Polizia, convinta della sua presenza nell’abitazione, ha chiesto la collaborazione dei Vigili del Fuoco, per esplorare eventuali intercapedini. Particolarmente interessante è parso subito il sottotetto dell’appartamento, una palazzina terra cielo nel comune dell’alta provincia di Roma. L’assenza di visibili vie di accesso a quell’area, ma la contestuale presenza di prese d’aria esterne, hanno indotto gli operanti ad abbattere il solaio; al secondo colpo di mazza, dalla soffitta si è sentita una voce dire “Scendo, scendo”. L’accesso al sottotetto era abilmente camuffato all’interno di un armadio a muro, il cui pannello superiore scorrevole ha rivelato l’esistenza di una botola dalla quale il ricercato, calandosi da una corda strumentalmente attaccata all’architrave del tetto, è uscito. Il sottotetto ha rivelato la presenza di un locale, scaldato dalla canna fumaria, dove era presente un giaciglio, acqua, documenti e un santino ritraente la Madonna di Polsi.

La presenza di un bunker nel territorio romano è una novità e rappresenta un ulteriore elemento che depone per le conclusioni che il G.I.P. ha tratto all’esito delle indagini della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia romane.