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Ordinanze e articoli non fermano la realtà: cittadini esasperati e quartieri allo sbando
Simone Carabella divide, e questo è un dato di fatto. Da vent’anni porta avanti battaglie sociali che hanno toccato disabili, anziani, padri separati, famiglie sfrattate. Lo fa senza giacca e cravatta, senza il linguaggio patinato della politica, ma con la rabbia e la spontaneità di chi ha scelto la strada come campo d’azione. Eppure, invece di confrontarsi sul merito delle sue denunce, una parte della stampa e perfino il presidente del Municipio V preferiscono liquidarlo con etichette e ordinanze a dir poco discutibili.
Il caso del Pigneto è emblematico. “La Repubblica” scrive che Carabella “disturberebbe i clochard” e che sarebbe stato cacciato dai cittadini. Una caricatura comoda: l’attivista che provoca i fragili, l’invasato che mette in scena ronde improvvisate. Peccato che la realtà sia un’altra. Chiunque viva il quartiere sa bene che i parchi non sono occupati da poveri sfortunati, ma da spacciatori, tossici, violenti. Carabella non li giustifica, non li romanticizza: li chiama col loro nome. E la sua presenza, con tanto di telecamera, ha almeno il merito di riportare l’attenzione sui problemi concreti di chi quei quartieri li abita davvero.
La politica, invece, reagisce con imbarazzo. Il presidente del Municipio V arriva persino a “vietare le ronde” con un’ordinanza che ha il sapore della toppa peggiore del buco. Che significa “vietare le ronde”? Che un cittadino non può camminare in un parco insieme ad altri? Che non può filmare un’aggressione o documentare il degrado? Se davvero un municipio crede di poter impedire a un cittadino di esercitare i suoi diritti fondamentali, siamo di fronte a una pericolosa deriva autoritaria.
Carabella non è un santo né un eroe. Ma ha ragione su un punto: Roma è diventata una città dove la legalità la difendono in pochi, e troppo spesso a caro prezzo. Mentre le istituzioni si perdono in dichiarazioni e regolamenti inefficaci, i quartieri continuano a essere ostaggio di microcriminalità, droga, violenze quotidiane. Che questo disagio sia denunciato da un attivista scomodo non dovrebbe scandalizzare: dovrebbe semmai scuotere i palazzi del potere.
Si può amare o detestare Simone Carabella, ma attaccarlo come “provocatore di clochard” significa non avere il coraggio di guardare in faccia il degrado di Roma. E se la politica pensa di risolvere il problema censurando i cittadini che alzano la voce, allora il vero scandalo non è Carabella, ma chi da anni continua a voltarsi dall’altra parte.