ROMA, TEATRO DELL'OPERA: LICENZIAMENTI RIENTRATI

di Silvio Rossi

Il Teatro dell’Opera di Roma manterrà, salvo complicazioni, l’orchestra e il coro che compongono l’organico artistico del Costanzi.
La vicenda è partita i primi di ottobre, quando dopo la lettera di dimissioni del maestro Riccardo Muti, nel Consiglio di Amministrazione del Teatro, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha annunciato la decisione di licenziare 182 persone, e procedere all’esternalizzazione di orchestra e coro, decisione unica e senza precedenti nelle fondazioni liriche di tutta Europa.
Nonostante la sollevazione dei diretti interessati, la vicenda sembrava indirizzata verso uno scontro senza possibilità di soluzione. Da una parte i musicisti che non accettavano la decisione aziendale, dall’altra il sovrintendente Carlo Fuortes, che era determinato nel portare a compimento l’indicazione pervenutagli dal Presidente del Consiglio di Amministrazione.
Il 23 ottobre la riunione del CdA del teatro ha espresso la volontà di recuperare il rapporto con gli orchestrali, a patto che da questi fosse giunta una proposta valida per ottenere i tre milioni di risparmio necessario per rientrare nei parametri della legge Bray (e ottenere quindi il finanziamento statale che ammonta a venticinque milioni).
Dopo quasi un mese di trattativa, le sette sigle sindacali e la direzione del Teatro hanno trovato un accordo, col sacrificio economico da parte dei dipendenti, che rinunciano per due anni ai salari accessori. La ratifica dell’accordo dovrà avvenire con il Consiglio di Amministrazione del prossimo 24 novembre.
 

Abbiamo sentito un artista del Teatro Lorella Pieralli, per conoscere quale sia lo stato d’animo che li contraddistingue in questo momento.

Fino a un certo punto la direzione del teatro era determinata nel portare avanti i licenziamenti ed esternalizzare il servizio. Come mai c’è stato poi questo cambiamento di rotta?
L'inversione di rotta è stata ottenuta grazie alla determinazione dei lavoratori e alla risonanza mediatica ottenuta a livello nazionale e internazionale. L'operazione “licenziamenti ed esternalizzazione” ha trascinato tutta la politica romana e italiana nel generale disappunto e ha fatto ancora una volta di questo paese lo zimbello di tutta Europa e non solo.

Voi avete rinunciato a una componente del vostro stipendio, non c’è l’impressione che tutta la vicenda non sia stata una “mossa” della dirigenza per tagliare parte del costo del personale, cercando di gettare addosso a voi la responsabilità dei problemi organizzativi?
Non credo proprio… io penso invece che l'intenzione fosse effettivamente quella di licenziare. La vendetta sui salari è stata un ripiego. Il disegno di esternalizzare i musicisti viene da lontano: il ministero lo aveva teorizzato già dal 2006 attraverso uno studio di “fattibilità” commissionato da Salvatore Nastasi all'Avvocato De Giosa di Bari.

Cosa manca perché le intenzioni siglate diventino definitive?
Manca la riunione del consiglio di amministrazione che deliberi il ritiro della procedura. Se per qualunque motivo questa non dovesse verificarsi in modo chiaro e pieno, si dovrà tornare sul tavolo di trattativa. Questa volta però con gli atti giudiziari, che il sindacato ha pronti da tempo, depositati in tribunale: l’illegalità della procedura di licenziamento è palese e gravissima.

Voi siete degli artisti. Per esprimersi ai massimi livelli dovreste lasciar fuori le preoccupazioni. Come si fa a mantenere la tranquillità e prepararsi adeguatamente in queste condizioni? C’è qualcuno di voi che soffre maggiormente la vicenda?
Noi siamo la massima espressione di professionalità nel settore della musica colta. Andare in scena come se nulla fosse fa parte del nostro bagaglio. Abbiamo già mandato in scena il Rigoletto in pieno licenziamento. È stata una produzione impeccabile frutto di un moto di orgoglio e di dignità. Certo che un’orchestra e un coro ridotti in schiavitù e umiliati non possono dare gli stessi risultati.