ROMA: TRASPORTI ANCORA IN TILT. ATAC TRA SCIOPERI BIANCHI E LA VOGLIA DI CAMBIARE REGISTRO

di Matteo La Stella


Roma – Continuano inalterati i disagi che nella prima decade e mezzo del mese di luglio hanno imperversato sulle linee della metropolitana capitolina, condannando i malcapitati pendolari ad un inizio luglio fatto di bagni di sudore, ire e bocconi amari da ingoiare alla vista degli schermi che indicano i tempi di attesa posti sulle banchine. I problemi, causati per lo più dallo sciopero bianco dei conducenti, hanno dato vita alla collera dei pendolari bombardati da attese interminabili e, oltretutto, ad un guizzo punitore di Atac, già in subbuglio per le tante lacune amministrative, che nella giornata di martedì ha tagliato le teste, si fa per dire, di 4 macchinisti dissidenti, dopo averne denunciati altri 10 nei giorni passati per interruzione di pubblico servizio. Una discesa libera quella dell'azienda per i trasporti che continua a puntare verso lo strapiombo mettendo il piede fuori solo per accentuare la spinta verso il collasso, invece di intentare un cambio di rotta al quale potrebbe essere costretta il 22 luglio prossimo.

I disagi. Quello di mercoledì è solo l'ultimo episodio in ordine cronologico di quello che è lecito definire un servizio di “immobilità”: consueti ritardi per le linee A e B della metropolitana, frequenza ridotta ad una corsa ogni 30 minuti sulla linea Roma-Lido con bus sostitutivi tra Porta San Paolo e Lido Centro ed un'unica fermata attiva tra i due poli, Acilia. Sulla Roma-Viterbo, invece, 30 corse sbarrate per la gioia di tutti i fruitori. Ma il servizio-disservizio colpisce già da tempo: ritardi eclatanti il 13 luglio su entrambe le linee sotterranee della metropolitana, o l'11 luglio, quando sulla linea B della metro capitolina i convogli passavano con cadenza di 30 minuti, e poi il 9 luglio e via dicendo. Un'odissea per i pendolari, che se fossero provvisti di bussola e mappa impiegherebbero meno tempo a solcare i tunnel che si sparpagliano qualche metro sotto l'urbe con i loro piedi. Ma i mezzi pubblici dovrebbero essere un servizio di diritto, calpestato da chi questo servizio non lo offre affatto, ma se lo fa pagare profumatamente.

Conducenti in sciopero bianco. Il rallenty del metrò romano, secondo l'inchiesta interna condotta da Atac, sarebbe dettato dalla nuova tendenza dei macchinisti a dichiarare inagibili i treni ad inizio corsa, nel bel mezzo delle manovre di prova. I convogli depennati per malfunzionamento sarebbero triplicati rispetto al giugno scorso ed addirittura quadruplicati se si accosta l'odierna situazione a quella del luglio 2014. Per gli 007 aziendali si tratta di una misura tutt'altro che casuale. L'ammutinamento sarebbe approntato dai macchinisti perchè sottoposti al controllo elettronico della presenza in servizio, obbligo entrato in vigore nella giornata del 1° luglio scorso. Inutili gli accordi dell'azienda con le sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil, lo sciopero bianco continua, e allora la chitarra scordata della municipalizzata, che naviga in acque torbide dopo l'approvazione di bilancio rinviata per buchi grandi come palle di cannone, suona l'ultima canzone tagliente. Tagliare i rami secchi, queste le parole che accompagnano la canzone della strumento sgangherato di Atac. Un atto intimidatorio che arriva sulla scia dell'avvio, negli ultimi giorni, di 10 provvedimenti disciplinari nei confronti di altrettanti conducenti, accusati di interruzione di pubblico servizio in questo inizio luglio di caos. Bravata che potrebbe costare il licenziamento ai macchinisti sovversivi.

I 4 licenziati. Per i 4 rami, dipendenti del settore metro-ferri, troncati dalla motosega Atac è stato applicato l'articolo 46 del Decreto sui trasporti del 1931. Sospensione dal servizio e dalla retribuzione, in poche parole il licenziamento. Lavoratori modello? No, tutt'altro. Nei loro curriculum richiami disciplinari sull'onda delle motivazioni più disparate: dagli abusi della legge 104, alla violazione dei permessi per malattia ai comportamenti scorretti in servizio. Per uno dei licenziati, sindacalista e conducente, il taglio sarebbe stato anche dettato dal rifiuto di timbrare il cartellino elettronico all'inizio e alla fine del turno, come previsto in prima battuta dalla riforma del contratto decentrato voluta dai vertici Atac. Sempre la stessa riforma, ad un altro punto vede lo stop dal primo agosto dei salari accessori, fino ad ora distribuiti a iosa e che invece saranno dislocati tra i più produttivi, oltre all'aumento delle ore di guida dei conducenti, che dovranno passare dalle 736 ore medie annue alle 950, per allineare Roma con lo standard nazionale delle grandi città come Milano.

La triste condizione di Atac. Una voragine da 141 milioni di deficit registrata nel 2014, oltre ai 58 milioni di passivo generati dagli indici di redditività e produttività nel primo quadrimestre del 2015. Le acque torbide che imprigionano la municipalizzata, costretta già a rimandare l'approvazione del bilancio 2014, tracciano le linee di un'azienda che non può stare a galla. La data della svolta, però, è quella del 22 luglio, quando l'assemblea dei soci approverà il bilancio della municipalizzata. A quel punto l'amministratore delegato Danilo Broggi potrà considerare la sua missione compiuta: evitato il crack dell'azienda, la palla potrebbe passare tra i piedi del nuovo direttore generale, Francesco Micheli, che in carica da due mesi detiene già una forte approvazione da parte del Campidoglio, e che di conseguenza potrebbe ricoprire più vesti ai piani alti di Atac. Ancora nessuna notizia ufficiale, ma se Broggi lasciasse la vetta tutti i poteri in mano all'attuale ad verrebbero delegati a Micheli, già responsabile delle aree gestionali e di business dell'azienda, ed unica figura apicale che negli ultimi giorni si sia scagliata contro lo sciopero bianco dei macchinisti. Nel caso in cui Micheli salisse sul trono si lavorerebbe per accelerare il piano industriale del quadriennio, per tagliare i dirigenti e per passare il personale dagli uffici al servizio su strada.