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Salerno, Tar Campania su varianti urbanistiche: sì al risarcimento del danno a causa del ritardo del procedimento
Tempo di lettura 4 minuti Variante urbanistica: sì al danno per la mancata tempestiva approvazione TAR, Campania-Salerno, sez. II, sentenza 17/07/2017 n° 1223 di Enrico Pellegrini
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Nell’ambito del variegato panorama delle decisioni amministrative aventi ad oggetto la tutela risarcitoria del privato leso da atti e comportamenti della P.a., riconosciuti illegittimi dal Giudice Amministrativo, si inserisce una recente sentenza del TAR Campania, Sezione di Salerno, la quale merita di essere segnalata per l’applicazione del giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita in materia edilizia ed, in particolare, in tema di varianti urbanistiche.
Nello specifico, si discute del diniego di variante urbanistica per un insediamento produttivo (ex art. 5, D.P.R.. 447/98, oggi, art. 8, D.P.R. 160/2010) determinato da sopravvenuta incompatibile normativa e del conseguente danno subito dal privato a causa del ritardo nella definizione del procedimento urbanistico. Limitando l’analisi della sentenza al solo del risarcimento (il quantum, o meglio i criteri indicati dal TAR per definire il quantum, meriterebbe una apposita trattazione), il Giudice Amministrativo, dopo aver ricostruito i fatto l’imputabilità del ritardo ai comportamenti illegittimi dalla P.a., ha statuito che “può ritenersi, in base ad un giudizio prognostico di tipo probabilistico, che il bene della vita auspicato dai ricorrenti, ossia il rilascio dell’autorizzazione richiesta, sarebbe stato da questi conseguito se il procedimento fosse stato condotto con modalità ordinarie e si fosse concluso in un termine ragionevole, e può dunque inferirsi che sia stata la condotta complessivamente tenuta dalla P.A. a precludere (definitivamente) il conseguimento del risultato utile perseguito e a determinare i danni lamentati, qualificandosi come antecedente causale necessario. Ciò rende conto, ad avviso del Collegio, della ricorrenza dell’elemento oggettivo della pretesa risarcitoria azionata col presente gravame in quanto, come detto, è ragionevole ritenere, come più sopra spiegato, che, ove non fosse intervenuto il ritardo nell’azione amministrativa, gli aventi diritto avrebbero conseguito l’autorizzazione richiesta”.
Ora, tale sillogismo, che esatto nei procedimenti ad esito vincolato (es. permesso di costruire) o il cui esito è determinato da parametri vincolanti (es. gare pubbliche), non si ritiene possa trovare ingresso nell’ambito urbanistico, ivi incluso nel procedimento di variante semplificata per gli insediamenti produttivi. Il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse, cioè all’esistenza di un legittimo affidamento alla conclusione positiva del procedimento.
La Giurisprudenza ha da tempo evidenziato che l’art. 5, D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 prevede una procedura semplificata per la variazione di strumenti urbanistici preordinati all’autorizzazione di insediamenti produttivi contrastanti con il vigente strumento urbanistico che si conclude con una Conferenza di servizi la cui determinazione costituisce proposta di variante urbanistica sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte ed opposizioni formulate, il Consiglio comunale si pronuncia entro sessanta giorni.
La proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla Conferenza di servizi, da considerare alla stregua di un atto di impulso del procedimento volto alla variazione urbanistica, non è vincolante per il Consiglio comunale, che conserva le proprie attribuzioni e valuta autonomamente se aderirvi (cfr. ex multis Cons. di Stato, IV Sez. n. 4151 del 2013). La determinazione della conferenza dei servizi, nell’ambito del particolare procedimento di cui al ricordato articolo 5, del D.P.R. 447 del 1998, rappresenta un peculiare atto di impulso (proposta) dell’autonomo procedimento (di natura esclusivamente urbanistica) volto alla variazione del vigente piano regolatore, rientrante nelle normali ed esclusive attribuzioni dell’ente locale. In altri termini, diversamente da come sembra sostenere il TAR Campano, il ricorso alla procedura semplificata in questione – pur ovviamente ispirata nel disegno legislativo a facilitare ed accelerare la realizzazione di iniziative produttive – non comporta l’abdicazione da parte del Consiglio comunale alla sua fisiologica capacità pianificatoria (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 1 marzo 2017, n. 940). In conseguenza, non è possibile ritenere che la conclusione positiva della conferenza di servizi possa far ritenere l’approvazione della variante pressoché obbligatoria, restando al contrario integra per l’organo consiliare la possibilità di discostarsi motivatamente dalla determinazione finale assunta dalla conferenza di servizi (T.A.R. Puglia Lecce, Sezione I, 29 giugno 2011, n. 1217). Al consiglio Comunale, che conserva le sue normali attribuzioni, compete infatti una valutazione ulteriore – nonché autonoma e largamente discrezionale – necessaria a giustificare sul piano urbanistico la deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11 novembre 2010, n. 7244; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 3 settembre 2008, n. 2015). In altre parole “la proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla Conferenza dei servizi non è vincolante per il consiglio comunale, il quale deve autonomamente valutare se aderire o meno a tale proposta” (Cons. Stato, sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3772; T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 7 novembre 2007, n. 875; Cons. Stato, sez. IV, 3 settembre 2008, n. 4110; Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2170), “anche con una eventuale determinazione negativa adeguatamente motivata” (Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3593). Ora, riportando tali principi alla fattispecie in esame e ricordando che l’entrata in vigore dell’art. 2 bis, L. 7 agosto 1990, n. 241 non ha elevato a bene della vita suscettibile di autonoma protezione, mediante il risarcimento del danno, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato (come peraltro riconosciuto dallo stessa TAR; cfr. Consiglio di Stato, IV, 02/11/2016, n. 4580; T.A.R. Lazio, Latina, I, 26/09/2016, n. 579; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, I, 06/09/2016, n. 327), è da escludere possa trovare accoglimento una domanda risarcitoria incentrata su una presunta aspettativa in diritto alla approvazione della variante da parte del Consiglio Comunale, aspettativa che, va ribadito, a prescindere dalla legittimità degli atti, è e resta aspettativa di fatto non tutelabile e non risarcibile. Se infatti da una parte è comprensibile che i privati abbiano “sperato” nell’approvazione della variante, ciò non di meno non è possibile affermare che tale attuazione fosse “dovuta”, “certa” o “doverosa”. In conclusione, salvo taluni casi in cui sarebbe possibile scorgere un affidamento qualificato, e ciò, in sostanza, nell’ipotesi in cui la pubblica Amministrazione abbia adottato atti o posto in essere comportamenti suscettibili di generare nel privato un’aspettativa, o meglio una “fiducia” qualificata, nella conseguente attività provvedimentale (es. reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio dopo aver approvato un variante per rendere edificabile la zona con vincolo scaduto), in ambito urbanistico, si ritiene che non sia possibile individuare un criterio generale ed astratto che consenta di prognosticare l’esito del procedimento di pianificazione, poiché la discrezionalità urbanistica impinge in valutazioni ed interessi differenti ed ulteriori rispetto agli esiti procedimentali ed alle risultanze istruttorie, legati, spesso, alle “idee” di sviluppo e gestione del territorio del governo del momento. La mancanza di tale certezza (o meglio di tale aspettativa qualificata), rende non risarcibile il danno derivante dalla ritardata approvazione delle varianti urbanistiche.
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Antonov: “Le forze armate russe distruggeranno i carri armati M1 Abrams di fabbricazione statunitense e altri equipaggiamenti militari della Nato”
Dopo settimane di trattative e polemiche arriva la svolta sui tank per l’Ucraina: gli Stati Uniti sarebbero pronti a inviare gli Abrams M1, punta di diamante dell’equipaggiamento militare a stelle e strisce, e la Germania, dal canto suo, a fornire i Leopard finora negati.
Sono i carri armati a lungo invocati da Kiev per cambiare le sorti di un conflitto giunto ormai all’undicesimo mese e oggetto di uno scontro senza precedenti che ha rischiato di minare la coesione dell’Alleanza.
Le indiscrezioni sono arrivate dalla stampa: le notizie si sono letteralmente inseguite e alle rivelazioni del Wall Street Journal sulla fumata bianca americana hanno fatto seguito quelle dello Spiegel sulla virata tedesca. Olaf Scholz e Joe Biden avrebbero trovato l’accordo e il cancelliere, sotto pressione da giorni per aver rifiutato di far andare la Germania avanti da sola, nonostante il pressing degli americani, ottiene un importante risultato diplomatico.
E la replica di Mosca arriva con la voce dell’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov: le forze armate russe distruggeranno i carri armati M1 Abrams di fabbricazione statunitense e altri equipaggiamenti militari della Nato se verranno forniti all’Ucraina, ha promesso, secondo quanto riporta la Tass. Secondo Antonov, Washington vuole infliggere alla Russia una “sconfitta strategica”. E “l’analisi dell’intera sequenza delle azioni di Washington mostra che gli americani stanno costantemente alzando l’asticella dell’assistenza militare al loro governo fantoccio”. Secondo il rappresentante di Mosca, “se verrà presa la decisione di trasferire a Kiev gli M1 Abrams, i carri armati americani saranno senza dubbio distrutti come tutti gli altri equipaggiamenti militari della Nato”.
La vera svolta sull’invio dei carri armati, a stretto giro, si vedrà però sul terreno, dove gli ucraini potranno contare sulle “armi più forti” invocate stamani anche dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, alla sua prima bilaterale ufficiale con il neo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius. In ballo ci sono pe ora “un numero consistente” di Abrams americani e 14 Leopard 2A6 provenienti dalla Bundeswehr. Ma la Germania, alle prese con un inventario, sta valutando le possibilità dell’industria, e Rheinmetall ha già fatto sapere di poter inviare 139 Leopard. Abc News ha poi reso noto che con l’ok di Berlino altri 12 Paesi europei (Polonia in testa) sarebbero pronti a inviare almeno altri 100 superpanzer tedeschi (ne servirebbero 5-600 all’esercito di Kiev per lanciare una vera controffensiva e recuperare i territori persi, secondo le stime di Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa). La progressiva apertura della Germania dopo la divisione registrata a Ramstein – dove il segretario della Difesa americano Lloyd Austin ha dovuto chiudere il vertice del gruppo di contatto sull’Ucraina con un nulla di fatto, il 20 gennaio scorso – si era già avvertita nelle parole di Pistorius: i partner potranno iniziare ad addestrare gli ucraini all’uso dei Leopard, aveva detto di prima mattina a Berlino. Inoltre Varsavia ha già inviato alla Repubblica federale la richiesta di autorizzare l’invio dei Leopard a sua disposizione, e dalla cancelleria è trapelata la volontà di dare l’ok già domani. È l’intesa con Washington, però, che ha accelerato la comunicazione della decisione berlinese. Scholz aveva infatti chiarito a Joe Biden nei giorni scorsi al telefono – lo ha raccontato la Bild – che la Germania sui superpanzer sarebbe andata avanti soltanto “insieme”. Il cancelliere ne ha fatto un principio inderogabile, affiancato alla condizione – pure ripetuta quotidianamente – che “la Nato non diventi parte del conflitto”. Dopo aver già concesso i blindati Marder agli ucraini, a fronte della decisione di Washington di inviare i carri leggeri del tipo Bradley, il leader socialdemocratico ha rifiutato di andare avanti da solo sui Leopard, negando quell’autorizzazione chiesta a gran voce (perfino dai suoi alleati di governo e dall’opposizione) alla consegna dei superpanzer tedeschi. Il Kanzler aveva messo un paletto: per il suo sì, Washintgon avrebbe dovuto garantire gli Abrams, ma l’amministrazione Biden aveva respinto la richiesta. Troppo costosi, troppo complicati da usare e troppo difficile la logistica, aveva argomentato. Poi il ripensamento, malgrado le perplessità del Pentagono. Per il Wall Street Journal il via libera ufficiale di Washington potrebbe avvenire già in settimana, proprio “nell’ambito dell’accordo con i tedeschi”.
I due volontari britannici Chris Parry e Andrew Bagshaw, dichiarati scomparsi in Ucraina due settimane fa, sono stati uccisi mentre tentavano un’evacuazione umanitaria da Soledar, nell’est del Paese. Lo ha dichiarato la famiglia di Parry in una nota rilasciata dal Foreign Office citata da Sky News. Parry, 28 anni, è stato visto l’ultima volta lasciare Kramatorsk per Soledar con Bagshaw prima che i contatti venissero persi questo mese. Ora è arrivata la notizia della morte, dopo che l’11 gennaio i mercenari Wagner avevano riferito di aver trovato il corpo di uno dei due volontari, con addosso i passaporti di entrambi.
Il mondo non è mai stato così vicino all’Armageddon – Orologio dell’apocalisse a 90 secondi dalla mezzanotte
L’Orologio dell’Apocalisse segna solo 90 secondi alla mezzanotte, ovvero alla catastrofe.
Con la guerra in Ucraina e l’accentuarsi dei timori di una tragedia nucleare, le lancette del ‘Doomsday Clock’ sono state spostate quest’anno in avanti rispetto ai 100 secondi del 2022, segnalando l’avvicinarsi del giorno del giudizio per l’umanità.
“Viviamo in un periodo di pericolo senza precedenti, e l’Orologio dell’Apocalisse riflette questa realtà”, ha spiegato Rachel Bronson, il numero uno del Bulletin of the Atomic Scientists, l’organizzazione che annualmente tiene il polso dei pericoli di un olocausto nucleare e non solo. L’avvicinarsi dell’Armageddon è imputabile “in gran parte, ma non solo, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e al rischio crescente di un’escalation nucleare”, hanno scritto gli scienziati, che quest’anno per la prima volta hanno diffuso il comunicato con la loro decisione anche in russo e in ucraino nel tentativo di far arrivare il monito alle capitali più interessate.
“Il governo americano, i suoi alleati della Nato e l’Ucraina hanno molteplici canali di dialogo. Chiediamo ai leader di esplorarli” così da poter spostare le lancette indietro e allontanare la fine, ha aggiunto Bronson. L’Orologio dell’Apocalisse “suona l’allarme per tutta l’umanità. Siamo sull’orlo del precipizio ma i nostri leader non agiscono ad una velocità sufficiente per assicurare un pianeta in pace e vivibile”, ha denunciato l’ex alto commissario dell’Onu per i diritti umani Mary Robinson. Le ha fatto eco l’ex segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: “Siamo vicini alla mezzanotte e questo mostra come il mondo è divenuto più pericoloso sulla scia della pandemia, del clima e della scandalosa guerra della Russia in Ucraina”.