Sanità Lazio, FIALS: “Vicini al collasso”

Sanità della Regione Lazio vicina al collasso con operatori allo stremo delle forze e cittadini che ne pagano le conseguenze ad un prezzo altissimo. Questo quanto denuncia la Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità – Fials – attraverso un comunicato diramato dalla segreteria provinciale di Roma.

“Non è sola tutta colpa del COVID 19, – scrivono dalla FIALS di Roma – ma anche di una politica miope e delle scelte di soli tagli ragioneristici, di scelte strategiche sbagliate perpetrate ormai da anni a tutti i livelli istituzionali che hanno colpito duramente il sistema sociale in primis sanità e scuola. Ormai è chiaro che la sanità territoriale non esiste e che vada ripensata a 360°! I Dipartimenti di Prevenzione, e quindi i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica stanno mostrando i loro limiti, nonostante lo slancio e la disponibilità del personale. La scarsità delle risorse, degli investimenti, un’inadeguata, dannosa e intempestiva politica di assunzioni del personale nel corso degli anni, si è sommata a carenze organizzative ataviche. Il risultato lo abbiamo sotto i nostri occhi. Posti letto ordinari ai minimi termini e quelli di terapia intensiva ridotti all’osso!”

Una sanità ospedalo-centrica dove manca una rete tra ospedale, territorio, medicina di base e terzo settore

“La pretesa di oggi? – proseguono dalla FIALS – Risanare lo scempio generato in vent’anni, in pochi giorni! Se mancano gli anestesisti, i biologi gli infermieri e i tecnici sanitari di chi è la responsabilità?

Ora si vuole correre ai ripari reclutando medici specializzandi, professionisti in pensione, volontari…. e trasformando reparti di degenza ordinaria e sale operatorie in terapie intensive e ospedali covid? Bene serve anche questo ma serve ancora molto di più!!!

Tutto ciò sta avendo ripercussioni da un lato sugli operatori, in termini di sforzo, di stress e di rischio. La riorganizzazione degli ospedali, la necessaria formazione specifica, spesso la scarsità dei DPI…, è tutta sulle loro spalle. La resistenza al covid è solo merito loro ,dei competenti di volta in volta mandati in trincea.

L’altro lato invece è caratterizzato dal disagio, quando non trattasi di vero e proprio danno, a carico dei cittadini. Non possono essere assistiti sul territorio perché il territorio non esiste, vengono spesso privati di prestazioni perché ormai gli ospedali sono tutti concentrati sul COVID 19, vengono dirottati in strutture diverse da quelle che li hanno avuti in carico fino ad oggi.

Tutte misure tampone che vengono messe in campo ogni due tre giorni ma senza una vera e duratura pianificazione del futuro vero, sanitario.

A nostro dire va ripensato il SSN e SSR con percorsi condivisi e messi in rete del sistema sanitario dove la vocazione dell’ospedale debba rispondere ai II° livelli di assistenza mentre la rete territoriale dovrà capillarmente, occuparsi dei I° livelli di assistenza con feedback tra casa della salute, ambulatori pubblici, medici di base e convenzionati, terzo settore che prendano in cura i cittadini a partire dai più fragili e delle necessità dell’uomo,”individuo” in ogni momento riportandolo al centro e portando i servizi ,ben organizzati a lui e no il contrario. Immaginiamo il vissuto emotivo e le difficoltà di un paziente oncologico che da un giorno all’altro si trova ad affrontare la sua tragedia in un ospedale che non conosce e in cui non conosce nessuno, dove si sente sottratto di quel rapporto empatico e fiduciario che aveva instaurato dai suoi primi giorni di sofferenza.

Tutto ciò, denunciamo , stia accadendo in un contesto generale in cui non esiste un percorso sistematico per monitorizzare il livello dei contagi del personale sanitario, non si rinnovano i contratti, non sono previste maggiorazioni delle indennità, se non facendolo a deperimento dei fondi esistenti.
Di tempo non ce n’è più!!! La sanità pubblica è stanca. Gli operatori sono stanchi. Altro che primi della classe! Se cedono gli operatori è finita!Va evitato subito che ciò possa accadere!

Serve più programmazione, più investimenti e più personale di assistenza per consentire al territorio di dare risposte efficaci…, e la FIALS vuole segnali che vadano in questa direzione.

Venendo alle realtà aziendali, i nostri Presidi Ospedalieri sono sotto scacco COVID. Dove riscontriamo troppe diversità nell’applicazione delle procedure emanate da DPCM,Decreti e anche dalle stesse emanazioni emanate dalla Regione quasi a dire che ogni azienda procede in modo autonome ma difforme da quanto diffuso e concordato.

Non riusciamo più a comprendere quale sarà il suo futuro, ma se cercassimo di dare un significato alla riduzione dei posti letto ordinari, al trasferimento verso l’esterno di molte attività elettive che ogni azienda sta attuando verso altri parten convenzionati…, la preoccupazione è d’obbligo.
Covid a parte, vogliamo sapere cosa succederà a queste strutture ospedaliere. Vogliamo sapere quali piani ha la Regione e quali le Direzione delle del Lazio.

Anche se molte attività ordinarie previste nei LEA, come ad esempio quelle chirurgiche, al momento sono state ridotte all’osso per fronteggiare la pandemia, chiediamo di conoscere quale sarà il destino delle chirurgie.

Quale quello delle medicine e in modo particolare dell’oncologia, poiché al momento i pazienti di queste specialità,da come sembra, saranno dirottati presso altre strutture in convenzione. Il personale vuole sapere!

Non si può chiedere a chi sta al fronte di rinunciare ai riposi, alle ferie, di fare lo straordinario e di lavorare in barba alle prescrizioni normative sulla sicurezza. Men che meno lo si può fare senza ritoccare le indennità accessorie e senza rassicurazioni sul futuro del Presidio Ospedaliero in cui lavorano.

Lo scenario se non si intraprenderanno, subito scelte ponderate organizzative serie, rischia di crollare. Bisogna intervenire in fretta e Governo, Ministero della Salute ,Regioni e Asl devono assumersi le responsabilità e debbono ascoltare le voci provenienti dagli operatori ,veri “Competenti” sanitari, affinchè la collaborazione diventi programma organizzativo da mettere in campo da subito.

Non riuscire a testare nemmeno i tamponi molecolari pone una domanda? Servono tecnici di laboratorio e biologi, senza dimenticare che per questa attività il rapporto media è 8 tecnici ed 1 -2 biologi? A qualcuno vengono in mente queste domande o sono ormai certi che basti scaricare tutto sulle sole spalle degli operatori e cittadini, senza prevedere altre importanti assunzioni di personale?
La FIALS non abbandonerà le sue idee e le proprie convinzioni ribadendo che la cura del SSN e SSR deve passare per un attenta riorganizzazione e sull’abbandono di molte scelte fino ad oggi fatte che si sono rivelate dannose e sarà sempre schierata al fianco degli operatori tutti e dei cittadini che meritano molto di più di ciò che ricevono.

La FIALS vuole un sistema sanitario pubblico ed universalistico di alta qualità e non diretto da comandanti indecisi pronti ad approssimare giorno per giorno, anche sprecando
le poche risorse rischiando di far fallire un sistema sanitario che in molti ci invidiano”.