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Costume e Società

Sanremo: tra talento, polemiche e italica ipocrisia

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Carlo Conti firma un Festival da record, tra musica, scandali e vecchie abitudini che non muoiono mai

Era un’impresa ardua, lo sappiamo: portare il Festival della Canzone Italiana di Sanremo a superare i traguardi già raggiunti in passato.
Ma Carlo Conti, con la sua eleganza e il suo “mestiere”, ci è riuscito o, per essere più precisi, ha creato un Festival che, come sempre, si distingue per polemiche, aspettative e delusioni – un po’ come un vecchio amico che non ti delude mai, ma che a volte ti fa rimpiangere di non averlo mai conosciuto.

E naturalmente, non potevano mancare le polemiche sull’“autotune sì” e “autotune no”, che mi lasciano francamente indifferente.
Ricordiamoci di un’epoca in cui a Sanremo si cantava in playback, senza orchestra, e si votava dopo aver scommesso sulla schedina del Totip.
Ah, i bei tempi in cui le polemiche erano un po’ come le zanzare in estate: inevitabili e fastidiose, ma ci si convive.
Chi non ricorda la famosa sconfitta de “L’italiano” di Toto Cutugno, battuta da una perfetta sconosciuta di nome Tiziana Rivale? Ecco, l’Italia ha un talento innato per dimenticare, come un pesce rosso che non riesce a ricordare dove ha nascosto il suo ultimo snack.

Le polemiche al Festival, come ho scritto recentemente, sono come il cattivo tempo di novembre: scontate e sempre in agguato.

È la nostra identità, quella “italica ipocrisia” che ci fa parlare di Olly come di un prodotto della scuderia di Maria De Filippi, quando in realtà non ha mai messo piede nel talent show.

Ma chi se ne frega? È più divertente spulciare le origini di un artista piuttosto che riconoscerne il talento.

E così si grida allo scandalo quando un manager vince quattro Sanremo, dimenticando che, a volte, il segreto del successo è saper “vendere” i propri prodotti, non solo farli brillare.

Tuttavia, volendo tornare alla musica, quest’anno il livello è stato degno del prestigioso palco dell’Ariston.
La media d’età dei partecipanti è stata la più bassa di sempre in 75 edizioni, un segno di un cambio di passo che ha finalmente liberato Sanremo dalla sua reputazione di “cimitero degli elefanti”.

Menzione speciale alla delicatezza di Simone Cristicchi e alla “rabbia musicale” di Fedez, che ci hanno ricordato che la musica può essere sia poesia che protesta.
Lucio Corsi ha stupito tutti non solo per la sua bravura, ma anche per la sensibilità dimostrata: un vero colpo di scena in un Festival che, a dirla tutta, ha bisogno di qualche sorpresa in più.

In conclusione, spero che chiunque avrà il compito di condurre la prossima edizione riesca a miscelare al meglio la ricetta di Sanremo, fatta di musica, polemiche e, naturalmente, di quella irresistibile italica ipocrisia e che possa essere un’altra edizione memorabile, in cui il pubblico potrà godere di un mix esplosivo di emozioni, risate e, perché no, di qualche sano battibecco.

ad maiora!