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Scandalo tedesco: cavie umane per i test di gas di scarico delle auto Diesel

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GERMANIA – I gas di scarico delle auto diesel dei colossi tedeschi non sono stati provati solo su scimmie, ma anche su cavie umane. Lo scrivono Sueddeutsche Zeitung e Stuttgarter Zeitung, rivelando nuovi particolari sui test di cui sono coinvolte Vw, Daimler e Bmw. Daimler però prende le distanze da questo nuovo caso. Secondo i media, la Società di Ricerca europea per l’Ambiente e la Salute nei Trasporti, fondata dai 3 colossi dell’auto, ha promosso “un breve studio di inalazione con ossido d’azoto su persone sane”.

“Venticinque persone sono state sottoposte a dei controlli presso la clinica universitaria di Aquisgrana dopo che avevano respirato, per diverse ore, e in diverse concentrazioni, dell’ossido d’azoto”, scrive la Sz. Stando al rapporto della stessa società di ricerca (Eugt) che ha promosso gli esperimenti, e che viene citato dal giornale, non sarebbero stati rilevati effetti sui pazienti dall’emissione del gas. La stessa società, probabilmente anche alla luce del dieselgate, è stata poi sciolta nel 2017.

 

Merkel, i test su scimmie e persone sono ingiustificabili. Occorre limitare le emissioni non mostrarne l’innocuità

Angela Merkel condanna gli esperimenti dell’industria dell’auto sui gas di scarico: “Questi test sugli animali e perfino sulle persone non trovano alcuna giustificazione sul piano etico. L’indignazione di tante persone è assolutamente comprensibile”, ha affermato il portavoce Steffen Seibert, rispondendo a una domanda a riguardo oggi in conferenza stampa a Berlino.

La cancelliera tedesca Angela Merkel sollecita, inoltre, i gruppi dell’auto tedesca coinvolti nello scandalo sui test dei gas di scarico sulle scimmie e sulle cavie umane a fare chiarezza. I consigli di amministrazione e chi ha commissionato i test dovranno ora rispondere alle difficili domande su quale fosse lo scopo dei test, ha affermato il portavoce Steffen Seibert oggi in conferenza stampa. Le industrie dell’auto avrebbero dovuto limitare le emissioni e non dimostrarne la presunta innocuità, ha aggiunto.

Weil (Bassa Sassonia), da Vw subito chiarezza sui test Stephan

Weil, presidente della Bassa Sassonia, il Land che rappresenta uno dei grandi azionisti di Volkswagen, chiede al colosso tedesco di fare subito “piena chiarezza” sui test sui gas di scarico, che stando alla stampa sarebbero stati fatti su scimmie e addirittura su alcune cavie umane. Già sabato, a proposito degli esperimenti condotti sulle scimmie, Weil aveva affermato che si tratta di procedure “assurde e nauseanti”, e questo, ha spiegato oggi in uno statement, vale ovviamente a maggiore ragione se i test sono stati fatti su persone. Weil ha affermato che va chiarito anche lo scopo: se i test non fossero stati promossi per tutelare i lavoratori in fabbrica, ma a scopi di marketing e per le vendite, “non trovo nessuna giustificazione accettabile per procedure del genere”.

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Editoriali

Trump vince la corsa alla Casa Bianca: la rinascita di un sogno americano

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Il Tycoon ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso

Donald Trump, l’imprenditore diventato presidente, ha riconquistato la Casa Bianca in un’operazione che ha dell’incredibile.

Una vittoria, questa, non solo del partito Repubblicano, che riaccoglie a braccia aperte il suo leader dopo il naufragio del 2020, ma anche una riconquista del voto popolare, portando i conservatori a dominare nuovamente il Senato e la Camera dei Rappresentanti.

Un “filotto” riuscito a pochi presidenti e che interrompe il ritmo delle previsioni cupe che i sondaggisti americani avevano alimentato, fallendo clamorosamente ancora una volta.

Ma cosa c’è dietro questa vittoria?

E qui ci sono domande che risuonano forti. Perché, chiedo, Donald Trump ha vinto ancora una volta? La risposta si nasconde nei dati: la sua narrazione riesce a calamitare il voto dell’americano medio, accalappiano anche i giovani sotto i 30 anni.

È un successo che travalica le polemiche e che riaccende il sogno americano, quel sogno che molti avevano dato per spacciato.

Trump ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso.

La sua retorica si contrappone a una realtà dove, secondo lui, la politica sembra sempre più al servizio di una ristretta élite di minoranze e delle loro tutele.

Una narrativa, questa, che riesce a risuonare nelle stanze della gente comune, quella che si alza la mattina per andare a lavorare e non ha voglia di sentir parlare di diritti che percepisce come distanti dalla sua quotidianità.

In un discorso che già entrerà nella storia, Trump dichiara: “Abbiamo fatto la storia”.

È una frase che riempie di orgoglio i suoi sostenitori, che lo vedono come un guerriero tornato a combattere per la propria patria. Dopo una sconfitta che sembrava definitiva e le incertezze nate dalle sue vicende legali, il tycoon è riuscito a risalire la corrente e, con audacia, è tornato a rivestire la carica di presidente.

La sua vittoria è un monito, una catarsi per molti americani che credevano di aver visto il peggio; è una vittoria che si nutre della paura e dell’incertezza, del desiderio di sicurezza e di un ritorno a un’idea di America che, secondo il suo discorso, è stata minacciata ed, oggi, con il suo ritorno, torna anche l’eco di un’America che si crede forte, indomita e irriducibile.

Così, mentre i democratici si interrogano su come navigare il nuovo panorama politico, Trump riprende il suo posto nel grande gioco della sfida politica americana.

Siamo di fronte a un nuovo inizio? O semplicemente a una transizione che mette in luce le profonde divisioni di un Paese che fatica a trovare un terreno comune?

Le prossime mosse saranno fondamentali, ma una cosa è certa: Donald Trump sa come sfruttare le fragilità di una nazione, e lo ha dimostrato ancora una volta.

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Esteri

Trump verso la Casa Bianca: tremano Kiev e il Medio Oriente

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Il ritorno del Tycoon alla presidenza potrebbe segnare un cambiamento radicale nella politica estera americana, con potenziali ripercussioni sui conflitti e le alleanze internazionali

Le elezioni presidenziali statunitensi, seguite con ansia sia a livello nazionale che internazionale, stanno assumendo contorni sempre più drammatici. Con Donald Trump proiettato alla vittoria in stati decisivi come North Carolina e Georgia e con un vantaggio che si consolida in molti altri stati chiave, la sfida per la vicepresidente Kamala Harris diventa sempre più ardua. Secondo John King della CNN, Harris non può permettersi di perdere la Pennsylvania per avere qualche speranza di successo. Con il 93% dei voti contati nello stato, Trump mantiene un vantaggio di oltre tre punti. Nonostante la possibilità che Harris riesca a colmare il divario grazie ai voti restanti nella città di Philadelphia, le prospettive rimangono incerte e difficili.

La prospettiva di un ritorno di Trump alla Casa Bianca genera forti preoccupazioni a Kiev. Durante la sua presidenza, Trump è stato spesso accusato di avere un atteggiamento ambiguo nei confronti della Russia, sollevando dubbi sulla solidità del sostegno statunitense all’Ucraina. Un secondo mandato potrebbe portare a un ridimensionamento dell’assistenza militare ed economica fornita a Kiev, con il rischio di indebolire la resistenza ucraina in un conflitto che già grava pesantemente sulla popolazione e sull’economia del paese.

Analisti politici, come l’esperto di affari internazionali Michael Clarke, sottolineano che “la vittoria di Trump potrebbe rappresentare un cambiamento radicale nella politica estera statunitense, in particolare per quanto riguarda l’approccio verso Mosca”. La sua politica di ‘America First’ potrebbe tradursi in un disimpegno dalle responsabilità internazionali, lasciando un vuoto che altre potenze, come la Cina, potrebbero rapidamente colmare.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, senza commentare direttamente i risultati elettorali, ha ribadito la necessità di un’alleanza solida con gli Stati Uniti, sottolineando che “la stabilità e la sicurezza dell’Europa dipendono anche dalla determinazione e dal supporto degli alleati transatlantici”.

Non solo l’Ucraina, ma anche il Medio Oriente guarda con apprensione ai risultati delle elezioni statunitensi. La politica di Trump, durante il suo primo mandato, è stata caratterizzata da un forte sostegno a Israele e da un approccio duro nei confronti dell’Iran. La sua uscita dall’accordo sul nucleare iraniano ha segnato un momento di forte tensione nella regione e un ritorno di Trump potrebbe portare a un inasprimento delle relazioni con Teheran.

I leader israeliani, tra cui il primo ministro, hanno accolto con favore le precedenti politiche di Trump, che includevano lo spostamento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e il riconoscimento delle Alture del Golan come territorio israeliano. “Con Trump, abbiamo visto una politica chiara e decisa a favore della sicurezza e della stabilità di Israele”, ha dichiarato un ex alto funzionario del governo israeliano.

D’altra parte, i paesi arabi e i loro rappresentanti osservano con cautela gli sviluppi. L’analista politico saudita Fahad Nazer ha commentato: “Un ritorno di Trump potrebbe riaccendere tensioni che gli ultimi anni hanno cercato di mitigare, spingendo i paesi del Golfo a rivedere le proprie strategie di sicurezza e cooperazione.”

A rendere ancora più complessa la situazione, la proiezione della CNN indica che i Repubblicani si sono già assicurati il controllo del Senato, un risultato che potrebbe influenzare notevolmente la prossima presidenza, sia che vinca Trump sia che, per una svolta inattesa, vinca Harris. Un Senato a maggioranza repubblicana rafforzerebbe l’agenda di Trump, permettendogli di perseguire le sue politiche senza troppi ostacoli. Per Harris, al contrario, significherebbe dover affrontare un’opposizione agguerrita e probabilmente ostile alle sue proposte legislative.

La possibilità di una nuova presidenza Trump apre scenari che potrebbero ridisegnare la mappa delle alleanze e degli equilibri internazionali. L’Ucraina si prepara a una possibile diminuzione del supporto, mentre il Medio Oriente si trova a fare i conti con un futuro potenzialmente più instabile. Nel frattempo, il mondo intero osserva, consapevole che le decisioni prese a Washington influenzeranno profondamente l’assetto geopolitico dei prossimi anni.

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USA 2024, Harris e Trump: duello finale nel segno dei battleground states

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Con il countdown per le elezioni che si intensifica, la vicepresidente Harris sfrutta il sostegno degli elettori, mentre Trump continua a sollevare polemiche su sicurezza e libertà di stampa

Con soli due giorni alla scadenza, Kamala Harris si consolida nei battleground states mentre Trump intensifica la retorica provocatoria, promettendo riforme controverse e rispondendo alle critiche.

A meno di 48 ore dalle elezioni statunitensi, i dati diffusi dal New York Times e dal Siena College mostrano Kamala Harris in vantaggio dell’8% tra gli elettori che hanno già votato, mentre Donald Trump mantiene una leadership tra quelli che hanno dichiarato l’intenzione di votare nei prossimi giorni. Questa fase critica della campagna elettorale ha visto entrambi i candidati intensificare la loro presenza negli stati chiave, dove il sostegno popolare potrebbe decidere l’esito dell’elezione.

Kamala Harris ha scelto il Michigan per uno degli ultimi comizi, parlando alla comunità musulmana e araba della regione, che si è mostrata critica verso la politica dell’amministrazione Biden in relazione al conflitto in Gaza. Durante un discorso presso la chiesa Greater Emmanuel Institutional di Detroit, la Harris ha invocato l’unità, affermando che “il piano di Dio è di guarirci e unirci come nazione”, ma ha sottolineato la necessità di agire per realizzare questa visione.

Donald Trump, invece, ha mantenuto un tono più polemico durante un raduno in Pennsylvania, criticando aspramente la stampa e ironizzando sulla possibilità di attacchi contro di lui. “Per colpirmi, qualcuno dovrebbe sparare attraverso le fake news e non mi dispiacerebbe troppo”, ha dichiarato, scatenando le reazioni sia del pubblico che della comunità politica. Alcuni esponenti democratici hanno definito queste dichiarazioni “pericolose” e “irresponsabili”. Joe Biden, ex presidente e sostenitore di Harris, ha commentato: “Le parole contano, soprattutto in un momento così delicato. È importante che ogni candidato mostri rispetto per le istituzioni e la stampa”.

Trump ha anche promesso un ruolo centrale a Robert F. Kennedy Jr. nel caso di un’eventuale vittoria, facendogli supervisionare la politica sanitaria e altre tematiche ambientali. L’ex presidente ha accennato all’idea, avanzata da Kennedy, di rimuovere il fluoro dall’acqua potabile, suscitando preoccupazioni tra esperti e analisti di salute pubblica. “Queste proposte devono essere valutate con cautela”, ha affermato il dott. Anthony Fauci, aggiungendo che “la scienza deve sempre guidare le decisioni di politica sanitaria”.

Trump ha continuato la sua retorica contro i leader repubblicani, come il senatore Mitch McConnell, sostenendo che la sua influenza nel partito stia ostacolando una vera rinascita conservatrice. Allo stesso tempo, ha descritto i sondaggi negativi, come quelli del New York Times, come strumenti per demoralizzare il suo elettorato.

Harris, invece, ha evitato di rispondere direttamente alle critiche sulle recenti decisioni legislative in California, concentrandosi sulla promessa di porre fine al conflitto in Medio Oriente e rafforzare i diritti civili negli Stati Uniti.

Dal fronte internazionale, i leader europei osservano con attenzione gli sviluppi delle elezioni americane. Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato: “Qualunque sia il risultato, l’Europa deve essere pronta a collaborare con il nuovo governo per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico e la sicurezza internazionale”. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito l’importanza della stabilità politica americana per l’equilibrio globale, affermando che “la democrazia americana ha un impatto diretto su tutte le altre democrazie del mondo”.

Mentre l’elezione si avvicina al traguardo, l’attenzione è massima, non solo tra i cittadini statunitensi, ma anche tra i partner globali che aspettano di vedere quale direzione prenderà la leadership della superpotenza mondiale.

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