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di Angelo Barraco
Firenze – Si torna a parlare del naufragio della Costa Concordia e del comandante Schettino. Il difensore di quest’ultimo, l’avvocato Saverio Senese, ha presentato a Napoli il ricorso alla Corte d’Appello di Firenze contro i 16 anni che sono stati inflitti all’ex comandante per il naufragio dal tribunale di Grosseto. L’avvocato ha commentato: “Nonostante il grande impegno profuso dai primi giudici sono incorsi in gravi errori e sono convinto che la sentenza sia sbagliata. Ho chiesto l'assoluzione”.
I giudici che lo hanno condannato a 16 anni hanno affermato che “Francesco Schettino abbandonò la Costa Concordia e lasciò i passeggeri in balia di se' stessi” proseguono “Schettino nel momento in cui saltava sulla scialuppa per abbandonare la nave, si legge ancora, era consapevole della pendenza sul lato sinistro della Concordia o comunque che si allontanava in modo definitivo dalla Concordia accettando in tal modo il rischio di lasciare le persone in balia di se stesse”.
Inoltre nelle 500 pagine che lo hanno portato alla condanna si legge del dramma di quella morte, di quelle 32 morti e 157 persone rimaste ferite e si parla dell’enorme danno ambientale. Nella sentenza inoltre c’è scritto che la manovra fatta da Schettino quella notte è stata fatta in totale autonomia per fare un favore al maitre Tievoli e ai suoi parenti che abitano proprio all'isola del Giglio. Non ci furono, secondo i giudici, degli interessi commerciali relativi alla rotta, tanto che nessuno fra i passeggeri era al corrente del cambiamento. “E' stato Schettino, continuano i giudici, che ha volontariamente portato la nave, di notte e a elevata velocità, così vicino alla costa, senza programmare adeguatamente la manovra ma improvvisando e navigando praticamente a vista. La situazione di pericolo è stata, infatti, creata dall'imputato”.
Ma Schettino non va in carcere, rimane libero. La decisione è stata presa dal Tribunale del riesame di Firenze che ha rigettato l’appello promosso dalla procura di Grosseto contro l’ordinanza con cui il tribunale, nella fase finale del processo, aveva respinto una prima richiesta di arresto in carcere. Secondo i pm di Grosseto che hanno chiesto la detenzione carceraria per Schettino –responsabile della morte di 32 persone- c’era il pericolo di fuga poiché Schettino aveva molte relazioni con persone che vivevano all’estero quindi l’arresto sarebbe stato necessario e giustificato.
La procura di Grosseto ha chiesto anche al Tribunale del Riesame di Firenze l’interdizione carceraria per pericolo di fuga lo scorso febbraio. Questa rivalutazione è nata in seguito ad un servizio fatto da “Le Iene” in cui un soggetto faceva una finta trattativa per un’ipotetica partecipazione del comandante al programma televisivo “L’isola dei famosi”. Ovviamente era tutta una messa in scena, ma chi parla per conto del comandante si accorda per due milioni di euro e chiede di versarsi in un conto in Brasile. Subito parte il sospetto che l’ex comandante volesse raccogliere denaro per darsi alla fuga e viene chiesto l’arresto. L'avvocato Domenico Pepe, storico difensore dell'ex comandante della Concordia, avrebbe rinunciato all'incarico perché, secondo alcune indiscrezioni, il fantomatico emissario che ha "trattato" con "Le Iene" sarebbe suo figlio Francesco. Schettino è andato su tutte le furie per questa vicenda minacciando querela e dichiarandosi ignaro dinnanzi a quanto successo.
Tra un processo e l’altro, tra un programma televisivo con relativo plastico e piagnistei da salotti televisivi, l’ex comandante non si è fatto mancare nulla ed è stato invitato, circa un anno fa, presso l’Università La Sapienza di Roma dove ha raccontato l’affondamento della nave. L’episodio è stato condannato all’epoca dal ministro dell’Istruzione, dalla politica, ma una domanda sorge spontanea: chi ha permesso tutto ciò?
l’indignazione in seguito al fatto compiuto è banale e scontata, ma qualcuno sapeva di quell’evento e di certo poteva impedirlo se voleva.
STORIA DEL NAUFRAGIO: Quel tragico venerdì 13 gennaio 2012 alle ore 18:57 la Costa Concordia salpa dal porto di Civitavecchia in direzione Savona con a bordo 4229 persone a bordo e 1013 membri dell’equipaggio. La nave doveva fare scalo a Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari e Palermo, ma il comandante decide di fare manovra di passaggio ravvicinato (“inchino”) sotto l’Isola del Giglio, la nave però si è incagliata poiché l’acqua era troppo bassa. Si è creato nella nave uno squarcio di 72 metri e la nave si è piegata da un lato. Il panico all’interno della nave è stato onnipresente ma anche ben gestito, malgrado ci sono stati i morti. Il capitano ha preferito andarsene invece. Non sono state semplici le operazioni di rimozione del relitto ne tantomeno quelle di recupero dei corpi, tant’è che un soccorritore ha perso la vita. “Per comandare un vascello non si sceglie il passeggero di casato più nobile” scrisse Blaise Pascal.
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