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Sekiro: Shadows Die Twice, un’impresa titanica

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Sekiro: Shadows Die Twice, l’ultimo videogame sviluppato da From Software per Pc, Xbox One e PS4, non delude le aspettative e si presenta come un titolo estremamente difficile, fatto per chi ha pazienza e soprattutto voglia di imparare dai propri errori. In un mix esplosivo fra dinamiche simili alla saga di Dark Souls insieme a componenti presenti nel primo originale Tenchu per Psx (sviluppato anche da From Software nel 1998). In questa nuova avventura la software house in partnership con Activision abbandona il mondo medioevale/fantasy dei Souls per abbracciare il Giappone feudale. Il titolo infatti è ambientato nel periodo Sengoku, un’epoca di crisi e molteplici conflitti interni che caratterizzarono il paese del Sol Levante tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVII secolo. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore impersona il Lupo, uno shinobi dotato di straordinarie capacità al quale è stato affidato l’onere, e l’onore, di proteggere l’Erede Divino, un giovane dal retaggio nobile nel cui sangue scorre un potere immenso capace, almeno così si dice, di sconfiggere addirittura la morte. Quando i comandanti del clan Ashina, una delle famiglie più influenti del periodo, iniziano a intravedere la possibilità che il loro dominio, ottenuto pochi anni prima attraverso un sanguinoso conflitto, venga messo in discussione dall’autorità del governo centrale, decidono di rapire l’Erede Divino per tentare di sfruttare il suo potere a loro vantaggio. Il protagonista, nel prologo-tutorial del gioco, tenta invano di salvarlo, finendo per perdere il proprio braccio sinistro. In suo soccorso arriva però un misterioso scultore, il quale non solo gli salva la vita, ma installa una protesi meccanica al posto dell’arto mozzato consentendo al Lupo, anche conosciuto come Sekiro, di tornare a combattere e di rimettersi sulle tracce del suo giovane Signore. Da questi eventi ha inizio l’avventura del Lupo, un’avventura difficile, che richiederà impegno e pazienza, che farà perdere le staffe per via della sua accentuata difficoltà, ma che sa anche regalare grandissime emozioni quando si riesce a superare un boss che sembrava impossibile da battere. La formula utilizzata da Sekiro è crudele ma in realtà non è nulla di nuovo. Il titolo di From Software e Activision infatti rispolvera la formula con cui, nei lontani anni 80 e 90 si giocava ai videogame, ossia: muori e riprova finché non ci riesci. Non ci sono scorciatoie o trucchetti che tengano, se si vuole arrivare alla fine del gioco servirà infatti pazienza, sangue freddo, nervi d’acciaio e soprattutto una grande, anzi grandissima dose di buona volontà. Insomma, in Sekiro chi si ferma è perduto. La produzione, visto l’altissimo livello di sfida e soprattutto visto il tipo di gioco, non è un titolo adatto a tutti, è molto probabile infatti che i casual gamer si arrendano quasi subito. Questo videogame, invece, è una vera e propria sfida per giocatori “duri”, per chi si vuole mettere in gioco e soprattutto per chi vuole riscoprire la bellezza di giocare in single player per portare a compimento un’impresa titanica, ma assolutamente non impossibile. La nostra esperienza con Sekiro, per ottenere il finale migliore ci ha tenuto impegnati per una sessantina di ore, ma se si vuole scoprire ognuno dei 4 epiloghi, ogni volta che si porterà a termine il gioco verrà proposta un’avventura nuovo +, dove potenziamenti e bonus ottenuti rimarranno attivi, ma i nemici saranno molto più forti e in alcuni casi introdurranno delle novità. Insomma, se si vuole completare Sekiro al cento per cento sono necessarie (per un giocatore medio) una gran dose di pazienza e moltissime ore di gioco.

Il nuovo gioiello di From Software è un titolo action in terza persona, e come tale lascia dietro di sé praticamente tutta la componente ruolistica che caratterizzava i vari Dark Souls e Bloodborne, prima su tutte quella riguardante la creazione e lo sviluppo del personaggio tramite numerose caratteristiche. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore controlla un protagonista ben definito, dotato di una propria personalità e di due sole caratteristiche base, ovvero Vitalità e Forza d’Attacco. Dalla prima dipendono la salute del protagonista e la postura, ovvero la capacità di mantenere l’equilibrio nonostante i colpi avversari, mentre la seconda ha, come facilmente intuibile, un impatto sulla quantità di danni inferta dal protagonista con la sua katana, unica arma principale presente nel gioco. A questa si affiancano poi gli “Strumenti Prostetici”, ossia alcuni speciali gadget che possono essere installati dallo scultore nel braccio meccanico del protagonista dopo essere stati raccolti nel mondo gioco, e che gli conferiscono la capacità di usare un rampino, di lanciare shuriken, di colpire i nemici con una potente ascia a molla, di sfruttare una lancia per trafiggere i nemici o per eliminare le armature più rudimentali, di lanciare getti infuocati e molto altro ancora. In totale nel gioco sono presenti 10 strumenti prostetici differenti, alternabili liberamente e che possono essere potenziati consumando risorse e Sen, la valuta presente nel gioco. Andando avanti nella storia il giocatore ha poi la possibilità di utilizzare svariate abilità, utili sia in fase difensiva che in fase offensiva, il cui sviluppo e utilizzo è in questo caso leggermente più articolato. Nel gioco esistono diversi tipi di arti di combattimento, di arti marziali shinobi, di abilità latenti e di tecniche Ninjustu, che si differenziano tra loro per modalità di utilizzo e metodo di apprendimento. In generale tutte le capacità possono essere sbloccate in due modi: o superando punti specifici della trama o consumando i punti abilità accumulati raccogliendo esperienza fino a quel momento, a patto di aver già raccolto il tomo relativo alla quella specifica tipologia di arte. Le abilità latenti e le arti marziali shinobi, una volta apprese, entrano subito a far parte del ventaglio di capacità in possesso del protagonista, offrendogli dei vantaggi passivi o la possibilità di eseguire mosse in specifiche situazioni. Le arti di combattimento e le tecniche Ninjutsu, che permettono al giocatore di eseguire attacchi speciali o di perfezionare le sue doti stealth, invece devono essere inserite nello slot dedicato presente nel menù ed è possibile tenerne attiva solo una per volta. Insomma, come gli appassionati dei Souls avranno notato, il tipo di gioco è leggermente diverso da quanto visto negli altri titoli di From Software. Strumenti e abilità rivestono un ruolo fondamentale all’interno di quelli che sono, di fatto, i veri tratti distintivi di Sekiro: Shadows die Twice, ovvero il sistema di movimento e il combattimento. Il protagonista infatti è dotato di capacità atletiche particolari che gli permettono di saltare, di scivolare, di appendersi alle sporgenze e di raggiungere punti apparentemente fuori dalla sua portata sfruttando il rampino installato nella sua protesi shinobi. Lupo però essendo un ninja ha la capacità di nascondere la sua presenza agli avversari muovendosi in posizione accucciata, usando ripari, camminando sotto il pavimento delle tipiche case giapponesi o scomparendo nell’erba alta e nell’acqua. Sfruttando tutte queste tecniche il protagonista può facilmente evitare gli scontri, ridurre le distanze che lo separano dai suoi obiettivi o coglierli di sorpresa con un colpo mortale. Il lupo può sfruttare le sue abilità anche per tendere imboscate, attirare i nemici in determinate zone e colpirli dove non desta sospetto, e proprio in questo (assieme alla pioggia di sangue in stile Tenchu quando si elimina un nemico) sta la genialità del titolo. In ogni caso, è bene sottolineare che finire il gioco senza dover combattere è impossibile, in Sekiro: Shadows die Twice si deve ricorrere alla katana tanto, sia contro i nemici semplici che pattugliano le aree di gioco, sia contro nemici speciali e boss. A caratterizzare le diverse tipologie di avversari, oltre al livello di difficoltà degli scontri, spicca la gestione delle caratteristiche principali degli stessi, che ricalcano quelle del protagonista. Ogni personaggio è infatti dotato di una certa quantità di salute e di postura. La prima può essere danneggiata portando a segno i colpi mentre la seconda diminuisce ogni volta che il personaggio para, vede un suo attacco che viene deviato o subisce una contromossa. Quando la postura, la cui velocità di recupero dipende anche dalla salute e dalla capacità del giocatore di rimanere in guardia, arriva a zero, il personaggio può essere sbilanciato, esponendosi ad un colpo mortale capace di causare la morte istantanea dello stesso, almeno quando si tratta di nemici base. Generali, boss intermedi e boss principali invece dispongono di più barre della vitalità, il che richiede al giocatore di mettere al tappeto più volte questi specifici avversari, i quali però spesso lo ricompensano con oggetti fondamentali per proseguire, come nuove tecniche o con “Grani di Rosario” utili per aumentare la vitalità e “Ricordi” che fanno crescere la forza di attacco del Lupo. In Sekiro: Shadows Die Twice viene inserita la meccanica del Colpo Mortale (presente anch’essa in Tenchu) per eliminare gli avversari in un colpo solo. C’è la possibilità di sorprendere i nemici alle spalle o da dietro ed eliminarli facilmente, ma per quanto riguarda gli avversari più forti e nei combattimenti sarà possibile sferrare un colpo mortale a patto di rompere la postura del nemico. Questo comporta non dare tregua al nemico, poiché l’indicatore si svuota a velocità variabile a seconda di chi si ha di fronte, e al tempo stesso giocare d’astuzia perché la postura è strettamente legata alla salute: meno se ne ha, più lento sarà il suo ripristino. Ecco quindi che torna quel concetto di pazienza e dedizione alla base non solo del gioco ma dell’intera filosofia su cui è costruito. Il problema è che la ferocia con cui sono stati programmati questi boss secondari li rende a volte al pari dei boss primari e soprattutto una prova alla quale non ci si sente mai pronti, persino quando si pensa di essere progrediti a sufficienza.

Per quanto riguarda il sistema di controllo base nel corso dei combattimenti prevede l’utilizzo del tasto dorsale destro per sferrare gli attacchi, di quello sinistro per parare o deflettere con il giusto tempismo i fendenti dei nemici e l’utilizzo simultaneo dei due tasti per attivare l’arte di combattimento equipaggiata. A questo vanno aggiunte poi la possibilità di effettuare schivate e saltare sfruttando i tasti frontali, due mosse indispensabili per evitare le 3 tipologie di colpi speciali in possesso dei nemici che vengono preannunciate a schermo dalla comparsa di specifici kanji (ideogrammi giapponesi), la capacità di utilizzare gli strumenti prostetici equipaggiati o il rampino, delegati ai due grilletti posteriori, e la possibilità di combinare insieme tutti questi effetti. L’utilizzo di questi strumenti, rampino a parte, non è però illimitato e prevede il consumo di “Emblemi Spiritici”, che possono essere raccolti esplorando, uccidendo nemici o possono essere acquistati pregando presso gli idoli dello scultore, ossia l’equivalente dei falò visti in Dark Souls. Per chi non lo sapesse quando ci si ferma a pregare (a riposare nella saga di Dark Souls) sarà possibile recuperare vitalità, recuperare oggetti curativi e potenziare il personaggio. Inoltre gli idoli fungono da checkpoint e consentono al giocatore di viaggiare da un’area all’altra di quelle scoperte nel mondo di gioco. In Sekiro: Shadows die Twice, come è abitudine nei titoli targati From Software, viene permesso giocatore di utilizzare una vasta gamma di oggetti, equipaggiabili in uno specifico menù rapido che può essere passato in rassegna in qualunque momento tramite la croce direzionale. Tra questi, oltre ai classici consumabili curativi o che incrementano specifiche caratteristiche, sono presenti una borraccia, che nel titolo prende il posto della famosa fiaschetta Estus, che consente al giocatore di recuperare un po’ di salute. Una volta terminati gli usi, come già detto, il giocatore non può fare altro che recarsi presso uno degli idoli dello scultore e ricaricarne il potere, consentendo però ai nemici eliminati nelle varie zone di tornare in vita, proprio come accadeva nei precedenti titoli di From Software. Quando diciamo che Sekiro è un titolo difficile, punitivo e a volte tremendamente irritante, lo diciamo con cognizione di causa. Durante l’avventura, infatti, dopo esser morti non esiste la possibilità di tornare a raccogliere i propri resti in caso di sconfitta. Quando muore, il giocatore perde irrimediabilmente metà dei punti esperienza accumulati fino a quel momento, che però si azzerano ogni volta che si sblocca un punto abilità, e metà dei Sen raccolti. Una punizione severa, ma che si accompagna ad una caratteristica inedita. Come conseguenza dei suoi servigi all’Erede Divino, Lupo ha ottenuto la capacità di risorgere dalla morte, il che significa che non sempre cadere in battaglia equivale al dover ripartire dall’ultimo checkpoint visitato. Sekiro ha infatti la possibilità di sfruttare il potere del Drago che risiede nel suo sangue per rinascere e continuare a combattere, seppur con delle precise limitazioni. Innanzitutto non può risorgere a suo piacimento, ma solo una volta, almeno nelle fasi iniziali. Dopo aver esaurito questo “bonus” la morte è definitiva e si riparte dall’ultimo checkpoint, con tutto ciò che ne consegue. Per ripristinare il potere dopo l’utilizzo è ovviamente sufficiente riposare presso uno degli idoli, ma questa non è l’unica via. Abbattendo nemici e mandando a segno colpi mortali, il protagonista può infatti ripristinare il potere del suo sangue senza dover riposare. Il “rovescio della medaglia” è però rappresentato dal Mal del Drago, un morbo che si diffonde nel mondo di gioco quando il sangue del protagonista entra in “stagnazione” in seguito alle troppe morti consecutive ed egli inizia ad attingere a quello dei vari personaggi o vendor per tornare in vita. Un evento fortunatamente reversibile, ma che ha effetti tangibili sullo sviluppo del gioco, primo su tutti la possibilità di ottenere il cosiddetto “Aiuto Divino”. Il protagonista in caso di morte può infatti ricevere una sorta di “grazia”, che gli consente di rinascere senza alcuna penalità. La possibilità di ottenere questo favore parte da un limite massimo del 30% e diminuisce gradualmente al diffondersi del Mal del Drago, esponendo il giocatore a conseguenze più durature per ogni sconfitta subita. Ovviamente, essendo un titolo single player, differentemente da Dark Souls, il giocatore non potrà ricevere nessuna mano da un amico facendolo entrare nella propria partita. Qui si combatte da soli, si muore da soli e si vince da soli. Inoltre, tale regola è a nostro avviso assolutamente coerente in quanto se si fosse in due contro un boss, danneggiare vita e postura sarebbe un gioco da ragazzi in quanto un giocatore si limiterebbe ad attirare il nemico mentre l’altro lo colpirebbe ripetutamente alle spalle. In Sekiro si è volutamente soli, ma ciò è un bene in quanto da ogni sconfitta si impara qualcosa e a ogni vittoria ci si sente estremamente emozionati e orgogliosi di se stessi.

Come ogni produzione From Software che si rispetti, anche in questo caso il level design è un aspetto che è stato curato parecchio. In Sekiro ci sono paesaggi mozzafiato, mappe stupende, visivamente evocative grazie al loro fascino orientale espresso nel miglior modo possibile. Grazie alla mobilità del protagonista, data dall’utilissimo rampino, le aree di gioco acquistano un’ulteriore dimensione, quella verticale, aspetto che le rende ancora più complesse che in passato. Le classiche scorciatoie che collegano le diverse mappe sono sempre presenti, anche se meno d’impatto rispetto ai Dark Souls. Ciò che invece non cambia è la bellezza delle fasi d’esplorazione, durante le quali si apre la caccia dei segreti di ogni mappa: oggetti e altri misteri nascosti in angoli impensabili. Parte del background narrativo è poi tutto da scovare osservando le ambientazioni, che offrono scorci evocativi e pregni del fascino nipponico che qui si unisce al gusto della corruzione palpabile tipica delle produzioni From. Tecnicamente parlando Sekiro si presenta con un’ottima qualità grafica, che però non fa gridare al miracolo se paragonata ad altri titoli recenti. D’altronde il dettaglio grafico non è mai stato il punto di forza della software house e lo si vede in modelli poligonali mai troppo particolareggiati e in alcuni difetti ricorrenti come la telecamera a volte problematica nelle fasi più concitate della battaglia, compenetrazioni poligonali con cui è possibile colpire o essere colpiti attraverso i muri e texture non di altissima qualità. Questi difetti sono comunque sopperiti dall’elevata qualità artistica delle ambientazioni, di cui vi abbiamo appena parlato, e dalle animazioni rese in maniera perfetta. Aspetto, quest’ultimo, fondamentale in un titolo in cui il combattimento è basato principalmente sulla lettura delle mosse del nemico. Ultimo ma non per questo meno importante elemento è il comparto audio. Sekiro riesce a stupire anche per quanto riguarda questo aspetto, infatti, le musiche sono evocative e sempre coerenti con ciò che succede sullo schermo, gli effetti sonoro sono altrettanto incredibili e sentire il clangore delle spade che si colpiscono l’un l’altra durante un duello o il vento che soffia tra gli alberi è davvero da brivido. Il titolo poi, differentemente da quanto visto nelle vecchie produzioni di From Software, è doppiato interamente in un ottimo italiano. Grazie a questa importantissima aggiunta sarà possibile per tutti capire meglio la trama e avere un quadro globale ancora più preciso. Ovviamente il titolo può essere giocato in molte altre lingue come l’inglese e anche in giapponese. Tirando le somme, Activision e From Software con Sekiro: Shadows Die Twice hanno aggiunto alla bellezza di un gameplay e un combat system del tutto rinnovato, la durezza e la difficoltà che hanno da sempre caratterizzato la serie Souls. Lo ripetiamo ancora una volta, questa produzione non è assolutamente adatta a qualsiasi tipo di giocatore in quanto richiede impegno, pazienza, costanza e nervi saldi. Morire, morie e ancora morire non piace a nessuno, proprio per questo motivo è facile scoraggiarsi presto. Se invece si è alla ricerca di una sfida straordinaria, di un titolo appagante, di un videogame che mette alla prova le proprie capacità, Sekiro rappresenta tutto ciò di cui avete bisogno. A nostro avviso un titolo del genere non può mancare in casa di ogni buon giocatore, ma se avete la possibilità di poterlo provare perché siete indecisi sul doverlo acquistare o meno, fatelo, in quanto portare a termine l’avventura del Lupo è una vera e propria impresa.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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Unicorn Overlord, il videogame strategico-tattico che lascia a bocca aperta

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Unicorn Overlord è un gioco di ruolo strategico dalle qualità a dir poco sensazionali, è un videogioco da giocare tutto d’un fiato che regala un approccio estetico splendido e una giocabilità a dir poco pazzesca. Andiamo a scoprire tutte le qualità di questa perla sviluppata da Vanillaware per pc, Xbox, PlayStation e Switch. La storia è ambientata in un universo medioevale soggiogato da un tiranno arrivato al potere a spese della legittima regina a cui aveva prestato giuramento. Spinto da ragioni oscure per buona parte della campagna, il generale Valmore, un tempo uno dei più prodi difensori della corona di Cornia, si rivolta contro il vessillo che ha portato fieramente in centinaia di battaglie, conducendo decine di ribelli alle porte del castello della famiglia reale in una notte buia e tempestosa. Sorpresa dal tradimento di uno dei suoi comandanti più fedeli e messa alle strette dalla schiacciante inferiorità numerica, la regina guerriera Ilenia non ha altra scelta se non quella di scendere in battaglia ella stessa, sorretta solamente da un manipolo di uomini, i più fedeli della sua guardia personale. Nonostante il tragico esito dello scontro sia fin da subito chiaro, la coraggiosa regina si lancia contro Valmore e la sua manica di congiurati, nella speranza di guadagnare il tempo sufficiente per permettere al fido Josef, cavaliere e prima lancia del regno, di portare il salvo il giovane principe Alain. I due riescono a fuggire con l’aiuto delle tenebre e del rapido destriero di ser Josef e, dopo una dissolvenza a nero sulla notte del tradimento, la storia riprende proprio da uno scorcio di vita quotidiana di un maturato Alain, che si addestra con la spada ed un compagno d’armi su una ridente spiaggia dell’isola di Palevia. Quest’ultima è tra le poche ad essere sfuggita alla morsa di Valmore, autoproclamatosi Imperatore e adesso a capo di tutti e cinque i regni del continente di Fevrith. In Unicorn Overlord i temi trattati sono maturi, la caratterizzazione dei personaggi di buonissima fattura e la guerra viene dipinta in maniera credibile. Ben presto, sulle spalle del giovane Alain graverà il pesante fardello di compiere scelte estremamente difficili, tra nemici a cui mostrare clemenza o mano ferma, villaggi che chiedono aiuto e antichi alleati da affrontare sul campo di battaglia. La cosa bella di Unicorn Overlord è la possibilità di reclutare oltre 60 personaggi unici che vestono i panni di comandanti alleati sul campo di battaglia, ma la cosa più interessante è che ognuno di essi ha una storia e delle motivazioni che li spingono a scendere in battaglia al fianco del protagonista. Proprio per tale ragione il gioco tende a premiare i giocatori più curiosi in quanto interessarsi alla vita e ai retroscena personali dei propri commilitoni, e stringendo un buon rapporto con essi, può portare ad avere alcuni vantaggi durante le fasi di battaglia. Unicorn Overlord gestisce i dialoghi opzionali dei legami tra commilitoni in maniera più snella rispetto ad altri titoli del genere, con una quantità minore di dialoghi e una diminuita frequenza delle occasioni di interazione, con una scelta che piacerà ai fan degli strategici vecchio stile. Insomma, dal punto di vista dell’idea di base Unicorn Overlord è veramente un titolo interessantissimo.

A livello di gameplay Unicorn Overlord è qualcosa di estremamente esaltante e soddisfacente. La struttura di gioco, illustrata con alcuni tutorial nelle fasi iniziali dell’avventura, è sulla carta abbastanza snella, salvo poi nascondere una profondità incredibile ed ampliarsi pian piano lungo la corposa campagna, aggiungendo nuovi elementi senza però sovraccaricare il giocatore con troppe nozioni tutte insieme. Ovviamente, vista la natura del titolo, per dominare sul campo di battaglia è richiesta pazienza, una sapiente e continua gestione delle truppe ed un livello di pianificazione elevato. Il giocatore può schierare per ogni livello un massimo di una decina di gruppi di combattenti, composti a loro volta da un numero variabile da uno a sei soldati, a seconda di quante risorse sono state investire per ampliarne i ranghi. Ogni squadra viene disposta su due file da tre, e sono in genere solamente i combattenti in prima linea quelli che assorbono l’urto degli attacchi nemici, con le debite eccezioni, costituite, ad esempio, dalle frecce avversarie e dagli attacchi magici. Se durante le primissime ore di gioco i soldati agiscono di loro iniziativa, con il giocatore che può iniziare lo scontro per poi fare da semplice spettatore, ben presto il titolo darà la possibilità di personalizzare nel dettaglio il comportamento di ogni singola unità alleata, con un sistema a condizioni profondo e funzionale. Da qui in poi, in Unicorn Overlord entrano in gioco un numero incredibile di varianti di cui tener conto, che mettono a dura prova anche il più abile tra gli appassionati di strategia militare. Fortunatamente tramite la pausa tattica è possibile, cambiare approccio sul campo e adattarsi alle sfide proposte dai numerosi scenari di battaglia, bisogna comunque tenere a mente un numero elevato di fattori che influiscono sugli scontri. Il posizionamento e la velocità delle truppe una volta scese in campo, la composizione il più bilanciata possibile delle squadre di combattenti, la scelta del leader (che dona abilità uniche a tutto il gruppo), la presenza di abilità speciali da attivare al di fuori degli scontri, la cura dell’equipaggiamento di ogni singola unità e tanto altro ancora. Complici un gran numero di classi disponibili (opliti, ladri, combattenti, cavalieri, arcieri, guaritori, maghi, cavalcatori di pegaso e tanti altri ancora), che a loro volta elevano esponenzialmente le possibili combinazioni, il canovaccio tattico risulta estremamente ampio e soddisfacente, consentendo un livello di personalizzazione dell’esperienza di gioco paradossalmente più alto di tanti congeneri in cui il controllo del party è direttamente delegato al giocatore. A limitare la potenza e l’utilità in battaglia dei team più forti c’è un valore di resistenza, che impedisce ad una singola unità di sobbarcarsi tutto il lavoro di conquista e schermaglia, costringendo il giocatore a scegliere bene spostamenti e scontri e a bilanciare al meglio le forze a sua disposizione. Importante aggiungere poi che negli scontri apparentemente senza vincitori né vinti, in cui nessuna delle due truppe riesce ad annientare l’altra, a determinare quale delle due è considerata vincente è il numero di danni inflitti, con le meccaniche che premiano quindi un atteggiamento sempre offensivo, punendo i giocatori troppo difensivi. La scelta degli sviluppatori di impostare un tempo massimo per ogni livello si è dimostrata essere una scelta vincente. Limitare il tempo a disposizione del giocatore lo costringe infatti ad operare scelte in poco tempo contribuendo a tenere alta la tensione e il livello di difficoltà. In Unicorn Overlord non si combatte solo però, infatti quando non è impegnato in battaglia il giocatore è libero di esplorare una mappa in tre dimensioni così vasta da richiedere l’impiego di un sistema di viaggio rapido. La cartina del mondo di gioco è costellata di borghi da liberare dal giogo nemico, di punti di raccolta di materie prime e di missioni secondarie di vario tipo, utili ad aumentare il livello del proprio esercito e l’immersione nel mondo di gioco. La possibilità di riconquistare un continente intero, di dover ampliare i fondi, bilanciando buone azioni e missioni di incursione, di personalizzare il proprio stendardo e di costruire pian piano un vero e proprio esercito è tangibile, e garantisce un livello di coinvolgimento notevole, uno dei migliori mai visti in un titolo del genere.

A livello grafico ed estetico Unicorn Overlord è un titolo davvero di grande pregio. Il connubio tra i modelli bidimensionali dei protagonisti e i magnifici scenari che fanno da sfondo al gioco, disegnati a mano ma comunque in tre dimensioni, risulta incredibilmente piacevole all’occhio, complice la consueta, strepitosa direzione artistica che ha sempre caratterizzato i titoli firmati da Vanillaware. Il risultato finale è veramente straordinario. Gli sviluppatori sono riusciti a dare vita a un reame fantasy che guadagna in dovizia di particolari quello che perde in originalità e che, nonostante un’estetica vivace che non lesina colori, si sposa benissimo con il tono più che serioso della storyline e dell’ambientazione guerresca. Ottima anche la fluidità generale, con il frame rate che durante i nostri test su Xbox Series X non si è mai scostato dai 60 fps anche durante le battaglie più affollate. E’ obbligatorio spendere due parole anche sulla colonna sonora di Mitsuhiro Kaneda che rende l’esperienza di gioco ancora più coinvolgente e che è destinata a rimanere impressa nella memoria di chi affronterà il videogame. L’audio dei personaggi è in lingua giapponese o inglese, mentre i sottotitoli sono disponibili anche in lingua italiana. Tirando le somme Unicorn Overlord rappresenta senz’ombra di dubbio uno fra i titoli più importanti mai sviluppati del genere. Si potranno passare ore ed ore a pianificare e combattere senza mai annoiarsi e, vista la moltitudine di variabili in game la rigiocabilità è assicurata. A nostro giudizio chiunque sia un vero appassionato di strategia e tattica non può e non deve farsi sfuggire un prodotto del genere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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Spotify si evolve, oltre all’audio arrivano anche in Italia i video musicali

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Spotify si evolve ed è pronto a garantire un graditissimo quanto sicuramente apprezzato servizio in più ai suoi abbonati italiani. Nell’ottica di differenziare ulteriormente il proprio approccio con i clienti, la piattaforma ha infatti annunciato il lancio, anche in Italia, di una funzionalità dedicata ai video musicali. Feature disponibile per gli abbonati Premium, si tratta al momento di una sezione sperimentale, che comprende un catalogo ristretto di video musicali, tra cui Ed Sheeran, Doja Cat e Ice Spice. La funzione è supportata su tutte le principali piattaforme dove Spotify è presente: iOs, Android, computer e smart tv, selezionando l’opzione “Passa al video” che sarà visibile solo per i brani supportati. A questo punto, i video verranno riprodotti nella sezione “In riproduzione ora”. Se si vuole tornare all’ascolto del solo audio si dovrà cliccare su “Passa all’audio”. I video musicali si potranno vedere anche a schermo intero, selezionando sul proprio dispositivo la modalità panoramica. “Nella nostra distribuzione beta iniziale, stiamo iniziando con un sottoinsieme limitato dell’intero catalogo, che include migliaia di video musicali. All’interno di questo sottoinsieme, diamo priorità a un’ampia gamma di generi e artisti famosi nei mercati di lancio”, ha affermato Sten Garmark, vice presidente global di Spotify, in una recente intervista. Per questa novità, Spotify non si limita a incorporare un video di YouTube o a collaborare con un’azienda terza. Il servizio ospita direttamente le clip, trasmettendole senza pubblicità, come fa con i brani ascoltati dagli utenti abbonati a Spotify Premium. Con i video musicali, Spotify aggiunge un ulteriore modo per gli artisti di interagire con il loro pubblico. Nel passato, l’azienda aveva reso disponibile Clips, con cui cantanti e band possono comunicare qualcosa ai fan, e Canvas, un’immagine a ciclo continuo di 8 secondi che i creatori usano per riempire lo schermo degli ascoltatori, in assenza di veri e propri videoclip. Insomma, gli abbonati italiani di Spotify potranno godere di una funzione estremamente importante che renderà l’approccio alla musica ancora più bello e intenso da vivere.

F.P.L.

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Contra Operation Galuga, il grande classico ritorna su pc e console

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Contra Operation Galuga è l’ultimo titolo del brand che ha fatto la storia dei videogames negli anni ‘80 disponibile per Pc, Xbox, PlayStation e Switch. Il titolo originale per chi non lo sapesse è un famoso videogame di azione e sparatutto a scorrimento laterale, sviluppato da Konami e pubblicato per la prima volta nel 1987 per le sale giochi. Il gioco segue le avventure di due soldati, Bill Rizer e Lance Bean, che devono affrontare le forze di un’organizzazione terroristica chiamata Red Falcon, che minaccia di invadere la Terra con una legione di alieni e robot. Il gioco è noto agli appassionati per la sua difficoltà elevata, il suo gameplay frenetico e la possibilità di giocare in cooperativa con un altro giocatore. Contra: Operation Galuga è stato ideato un reboot moderno della serie. Prende l’originale arcade e introduce tutte le modifiche che ritiene opportune, a partire dalla veste grafica rinnovata e dalle armi, ma ritorna all’azione secondaria Run & Gun 2.5D e al combattimento “soli contro tutti” tipico degli anni 80 e 90. I vecchi Bill Rizer e Lance Bean devono ricominciare la loro battaglia contro le migliaia di terroristi Red Falcon e gli alieni che stanno dietro a tutto questa misteriosa organizzazione. La storia inizia e finisce allo stesso modo, proprio come è stata scritta 37 anni fa, perché apre la strada a un futuro capitolo che racconta le cosiddette guerre aliene. Nel frattempo, le motivazioni che spingono le forze nemiche ad agire sono cresciute attorno a una tecnologia che mescola campi gravitazionali e wormhole. Gli sviluppatori hanno reso il contesto di gioco volutamente il più esagerato possibile, in linea con le performance istrioniche dei doppiatori e dei personaggi che interpretano. L’ingrassamento della sceneggiatura serve a dare più peso ai nativi di Galuga e, ciò che conta, a far crescere la lista dei personaggi giocabili. Perché, onestamente, nessuno gioca a un Contra per scoprire cosa sta succedendo, ma lo fa solo per sparare indipendentemente dal chi o dal perché. La trama è solo un semplice contorno.

Come accennato poco sopra, il gameplay di Contra: Operation Galuga è basato sullo stile corri e spara tipico della serie, in cui il giocatore deve correre, saltare e sparare ai nemici che appaiono da ogni direzione. Il giocatore può usare diverse armi, come il mitragliatore, lo spara-proiettili, il lanciafiamme, il missile a ricerca, il raggio laser e le bombe a frantumazione. Ogni arma ha una versione alternativa che può essere ottenuta raccogliendo dei power-up. Inoltre, il giocatore può sacrificare le armi in eccesso per attivare delle abilità speciali chiamate Overload, che hanno effetti vari come scatenare dei droni, creare una barriera o lanciare una pioggia di missili. Il gioco offre tre modalità di gioco: Storia, Arcade e Sfida. Nella modalità Storia, il giocatore può vivere la trama completa del gioco, con scene animate e dialoghi tra i personaggi. Questa modalità supporta il gioco cooperativo per due giocatori. Nella modalità Arcade, il giocatore può saltare direttamente nell’azione senza interruzioni narrative. Questa modalità supporta il gioco cooperativo per quattro giocatori. Nella modalità Sfida, invece, il giocatore può mettere alla prova le sue abilità con 30 missioni difficili, che richiedono di completare i livelli in un tempo limite, con munizioni limitate, con nemici più aggressivi e altro che serve a rendere l’esperienza di gioco un vero e proprio inferno di proiettili e distruzione. Una volta avviato il gioco dal menù si inizia ancora una volta dal famosissimo livello della giungla, per poi passare alla fase di scalata della cascata e arrivare all’interno della enorme base aliena. A differenza di Contra Evolve questo non è un remake, infatti anche quei livelli che raffigurano ambienti già visti in passato sono stati modificati. Ad esempio sono state eliminate le sezioni 2D verticali all’interno della base. In cambio però, sono presento più livelli dove si utilizzano i veicoli, anche se essi non rappresentano il massimo del divertimento. Una menzione speciale va fatta per i nuovi boss e per alcune versioni rifatte di quelli vecchi, perché sono veramente divertenti da uccidere e hanno meccaniche che piaceranno sia ai vecchi fan che a chi non si è mai avvicinato a un titolo del brand.

Per venire incontro ai neofiti, perché anche Contra Operation Galuga, come da tradizione della saga, presenta una difficoltà non certo trascurabile, Konami e Wayforward però hanno inserito poi delle novità volto a renderlo più accessibile. Oltre al selettore della difficoltà, che va a modificare precisione e potenza degli avversari, è infatti possibile adottare per i Contra anche una barra della salute, permettendogli così di resistere a un numero maggiore di colpi prima di venire sconfitti. Il tutto, sia ben chiaro, è assolutamente opzionale e i puristi potranno quindi godersi questa nuova avventura nel modo classico, senza risentire di questa facilitazione. In missione poi è possibile portare con se due potenziamenti passivi. Tra di essi spiccano un ancora maggior numero di colpi sopportabili, la possibilità di entrare in gioco con un’arma speciale già in dotazione e così via. Tutti questi upgrade, a dir la verità neanche troppo numerosi, sono acquistabili in un menu dedicato tramite valuta ottenibile in game, rendendo quindi necessario giocare per diverse ore prima di sbloccarli tutti. Così come la barra della salute, pure questi upgrade sono assolutamente opzionali ed è possibile godersi Contra Operation Galuga senza nessuno di essi. La difficoltà sarà ovviamente maggiore, così come però la gratificazione di aver portato a termine un run and gun dalla difficoltà non certo indifferente. Volendoci infine soffermare sull’aspetto grafico, è tutto sommato evidente come sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di più. Però trattandosi del remake di un titolo del 1987 il risultato è tutto sommato interessante. Contra Operation Galuga è una vera e propria lettera d’amore ai fan che lo amavano in passato, agli appassionati di retrogaming e per tutti quei giocatori in cerca di una sfida dall’alto tasso di difficoltà.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 6,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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