Sekiro: Shadows Die Twice, un’impresa titanica

Sekiro: Shadows Die Twice, l’ultimo videogame sviluppato da From Software per Pc, Xbox One e PS4, non delude le aspettative e si presenta come un titolo estremamente difficile, fatto per chi ha pazienza e soprattutto voglia di imparare dai propri errori. In un mix esplosivo fra dinamiche simili alla saga di Dark Souls insieme a componenti presenti nel primo originale Tenchu per Psx (sviluppato anche da From Software nel 1998). In questa nuova avventura la software house in partnership con Activision abbandona il mondo medioevale/fantasy dei Souls per abbracciare il Giappone feudale. Il titolo infatti è ambientato nel periodo Sengoku, un’epoca di crisi e molteplici conflitti interni che caratterizzarono il paese del Sol Levante tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVII secolo. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore impersona il Lupo, uno shinobi dotato di straordinarie capacità al quale è stato affidato l’onere, e l’onore, di proteggere l’Erede Divino, un giovane dal retaggio nobile nel cui sangue scorre un potere immenso capace, almeno così si dice, di sconfiggere addirittura la morte. Quando i comandanti del clan Ashina, una delle famiglie più influenti del periodo, iniziano a intravedere la possibilità che il loro dominio, ottenuto pochi anni prima attraverso un sanguinoso conflitto, venga messo in discussione dall’autorità del governo centrale, decidono di rapire l’Erede Divino per tentare di sfruttare il suo potere a loro vantaggio. Il protagonista, nel prologo-tutorial del gioco, tenta invano di salvarlo, finendo per perdere il proprio braccio sinistro. In suo soccorso arriva però un misterioso scultore, il quale non solo gli salva la vita, ma installa una protesi meccanica al posto dell’arto mozzato consentendo al Lupo, anche conosciuto come Sekiro, di tornare a combattere e di rimettersi sulle tracce del suo giovane Signore. Da questi eventi ha inizio l’avventura del Lupo, un’avventura difficile, che richiederà impegno e pazienza, che farà perdere le staffe per via della sua accentuata difficoltà, ma che sa anche regalare grandissime emozioni quando si riesce a superare un boss che sembrava impossibile da battere. La formula utilizzata da Sekiro è crudele ma in realtà non è nulla di nuovo. Il titolo di From Software e Activision infatti rispolvera la formula con cui, nei lontani anni 80 e 90 si giocava ai videogame, ossia: muori e riprova finché non ci riesci. Non ci sono scorciatoie o trucchetti che tengano, se si vuole arrivare alla fine del gioco servirà infatti pazienza, sangue freddo, nervi d’acciaio e soprattutto una grande, anzi grandissima dose di buona volontà. Insomma, in Sekiro chi si ferma è perduto. La produzione, visto l’altissimo livello di sfida e soprattutto visto il tipo di gioco, non è un titolo adatto a tutti, è molto probabile infatti che i casual gamer si arrendano quasi subito. Questo videogame, invece, è una vera e propria sfida per giocatori “duri”, per chi si vuole mettere in gioco e soprattutto per chi vuole riscoprire la bellezza di giocare in single player per portare a compimento un’impresa titanica, ma assolutamente non impossibile. La nostra esperienza con Sekiro, per ottenere il finale migliore ci ha tenuto impegnati per una sessantina di ore, ma se si vuole scoprire ognuno dei 4 epiloghi, ogni volta che si porterà a termine il gioco verrà proposta un’avventura nuovo +, dove potenziamenti e bonus ottenuti rimarranno attivi, ma i nemici saranno molto più forti e in alcuni casi introdurranno delle novità. Insomma, se si vuole completare Sekiro al cento per cento sono necessarie (per un giocatore medio) una gran dose di pazienza e moltissime ore di gioco.

Il nuovo gioiello di From Software è un titolo action in
terza persona, e come tale lascia dietro di sé praticamente tutta la componente
ruolistica che caratterizzava i vari Dark Souls e Bloodborne, prima su tutte
quella riguardante la creazione e lo sviluppo del personaggio tramite numerose
caratteristiche. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore controlla un
protagonista ben definito, dotato di una propria personalità e di due sole
caratteristiche base, ovvero Vitalità e Forza d’Attacco. Dalla prima dipendono
la salute del protagonista e la postura, ovvero la capacità di mantenere
l’equilibrio nonostante i colpi avversari, mentre la seconda ha, come
facilmente intuibile, un impatto sulla quantità di danni inferta dal
protagonista con la sua katana, unica arma principale presente nel gioco. A
questa si affiancano poi gli “Strumenti Prostetici”, ossia alcuni speciali
gadget che possono essere installati dallo scultore nel braccio meccanico del
protagonista dopo essere stati raccolti nel mondo gioco, e che gli conferiscono
la capacità di usare un rampino, di lanciare shuriken, di colpire i nemici con
una potente ascia a molla, di sfruttare una lancia per trafiggere i nemici o
per eliminare le armature più rudimentali, di lanciare getti infuocati e molto
altro ancora. In totale nel gioco sono presenti 10 strumenti prostetici
differenti, alternabili liberamente e che possono essere potenziati consumando
risorse e Sen, la valuta presente nel gioco. Andando avanti nella storia il
giocatore ha poi la possibilità di utilizzare svariate abilità, utili sia in
fase difensiva che in fase offensiva, il cui sviluppo e utilizzo è in questo
caso leggermente più articolato. Nel gioco esistono diversi tipi di arti di
combattimento, di arti marziali shinobi, di abilità latenti e di tecniche
Ninjustu, che si differenziano tra loro per modalità di utilizzo e metodo di
apprendimento. In generale tutte le capacità possono essere sbloccate in due
modi: o superando punti specifici della trama o consumando i punti abilità
accumulati raccogliendo esperienza fino a quel momento, a patto di aver già
raccolto il tomo relativo alla quella specifica tipologia di arte. Le abilità
latenti e le arti marziali shinobi, una volta apprese, entrano subito a far
parte del ventaglio di capacità in possesso del protagonista, offrendogli dei
vantaggi passivi o la possibilità di eseguire mosse in specifiche situazioni.
Le arti di combattimento e le tecniche Ninjutsu, che permettono al giocatore di
eseguire attacchi speciali o di perfezionare le sue doti stealth, invece devono
essere inserite nello slot dedicato presente nel menù ed è possibile tenerne
attiva solo una per volta. Insomma, come gli appassionati dei Souls avranno
notato, il tipo di gioco è leggermente diverso da quanto visto negli altri
titoli di From Software. Strumenti e abilità rivestono un ruolo fondamentale
all’interno di quelli che sono, di fatto, i veri tratti distintivi di Sekiro:
Shadows die Twice, ovvero il sistema di movimento e il combattimento. Il
protagonista infatti è dotato di capacità atletiche particolari che gli
permettono di saltare, di scivolare, di appendersi alle sporgenze e di
raggiungere punti apparentemente fuori dalla sua portata sfruttando il rampino
installato nella sua protesi shinobi. Lupo però essendo un ninja ha la capacità
di nascondere la sua presenza agli avversari muovendosi in posizione
accucciata, usando ripari, camminando sotto il pavimento delle tipiche case
giapponesi o scomparendo nell’erba alta e nell’acqua. Sfruttando tutte queste
tecniche il protagonista può facilmente evitare gli scontri, ridurre le
distanze che lo separano dai suoi obiettivi o coglierli di sorpresa con un
colpo mortale. Il lupo può sfruttare le sue abilità anche per tendere
imboscate, attirare i nemici in determinate zone e colpirli dove non desta sospetto,
e proprio in questo (assieme alla pioggia di sangue in stile Tenchu quando si
elimina un nemico) sta la genialità del titolo. In ogni caso, è bene
sottolineare che finire il gioco senza dover combattere è impossibile, in
Sekiro: Shadows die Twice si deve ricorrere alla katana tanto, sia contro i nemici
semplici che pattugliano le aree di gioco, sia contro nemici speciali e boss. A
caratterizzare le diverse tipologie di avversari, oltre al livello di
difficoltà degli scontri, spicca la gestione delle caratteristiche principali
degli stessi, che ricalcano quelle del protagonista. Ogni personaggio è infatti
dotato di una certa quantità di salute e di postura. La prima può essere
danneggiata portando a segno i colpi mentre la seconda diminuisce ogni volta
che il personaggio para, vede un suo attacco che viene deviato o subisce una
contromossa. Quando la postura, la cui velocità di recupero dipende anche dalla
salute e dalla capacità del giocatore di rimanere in guardia, arriva a zero, il
personaggio può essere sbilanciato, esponendosi ad un colpo mortale capace di
causare la morte istantanea dello stesso, almeno quando si tratta di nemici
base. Generali, boss intermedi e boss principali invece dispongono di più barre
della vitalità, il che richiede al giocatore di mettere al tappeto più volte
questi specifici avversari, i quali però spesso lo ricompensano con oggetti
fondamentali per proseguire, come nuove tecniche o con “Grani di Rosario” utili
per aumentare la vitalità e “Ricordi” che fanno crescere la forza di attacco
del Lupo. In Sekiro: Shadows Die Twice viene inserita la meccanica del Colpo
Mortale (presente anch’essa in Tenchu) per eliminare gli avversari in un colpo
solo. C’è la possibilità di sorprendere i nemici alle spalle o da dietro ed
eliminarli facilmente, ma per quanto riguarda gli avversari più forti e nei combattimenti
sarà possibile sferrare un colpo mortale a patto di rompere la postura del
nemico. Questo comporta non dare tregua al nemico, poiché l’indicatore si
svuota a velocità variabile a seconda di chi si ha di fronte, e al tempo stesso
giocare d’astuzia perché la postura è strettamente legata alla salute: meno se
ne ha, più lento sarà il suo ripristino. Ecco quindi che torna quel concetto di
pazienza e dedizione alla base non solo del gioco ma dell’intera filosofia su
cui è costruito. Il problema è che la ferocia con cui sono stati programmati
questi boss secondari li rende a volte al pari dei boss primari e soprattutto
una prova alla quale non ci si sente mai pronti, persino quando si pensa di
essere progrediti a sufficienza.

Per quanto riguarda il sistema di controllo base nel corso
dei combattimenti prevede l’utilizzo del tasto dorsale destro per sferrare gli
attacchi, di quello sinistro per parare o deflettere con il giusto tempismo i
fendenti dei nemici e l’utilizzo simultaneo dei due tasti per attivare l’arte
di combattimento equipaggiata. A questo vanno aggiunte poi la possibilità di
effettuare schivate e saltare sfruttando i tasti frontali, due mosse
indispensabili per evitare le 3 tipologie di colpi speciali in possesso dei
nemici che vengono preannunciate a schermo dalla comparsa di specifici kanji
(ideogrammi giapponesi), la capacità di utilizzare gli strumenti prostetici
equipaggiati o il rampino, delegati ai due grilletti posteriori, e la
possibilità di combinare insieme tutti questi effetti. L’utilizzo di questi
strumenti, rampino a parte, non è però illimitato e prevede il consumo di “Emblemi
Spiritici”, che possono essere raccolti esplorando, uccidendo nemici o possono
essere acquistati pregando presso gli idoli dello scultore, ossia l’equivalente
dei falò visti in Dark Souls. Per chi non lo sapesse quando ci si ferma a
pregare (a riposare nella saga di Dark Souls) sarà possibile recuperare
vitalità, recuperare oggetti curativi e potenziare il personaggio. Inoltre gli
idoli fungono da checkpoint e consentono al giocatore di viaggiare da un’area
all’altra di quelle scoperte nel mondo di gioco. In Sekiro: Shadows die Twice,
come è abitudine nei titoli targati From Software, viene permesso giocatore di
utilizzare una vasta gamma di oggetti, equipaggiabili in uno specifico menù
rapido che può essere passato in rassegna in qualunque momento tramite la croce
direzionale. Tra questi, oltre ai classici consumabili curativi o che
incrementano specifiche caratteristiche, sono presenti una borraccia, che nel
titolo prende il posto della famosa fiaschetta Estus, che consente al giocatore
di recuperare un po’ di salute. Una volta terminati gli usi, come già detto, il
giocatore non può fare altro che recarsi presso uno degli idoli dello scultore e
ricaricarne il potere, consentendo però ai nemici eliminati nelle varie zone di
tornare in vita, proprio come accadeva nei precedenti titoli di From Software. Quando
diciamo che Sekiro è un titolo difficile, punitivo e a volte tremendamente
irritante, lo diciamo con cognizione di causa. Durante l’avventura, infatti,
dopo esser morti non esiste la possibilità di tornare a raccogliere i propri
resti in caso di sconfitta. Quando muore, il giocatore perde irrimediabilmente
metà dei punti esperienza accumulati fino a quel momento, che però si azzerano
ogni volta che si sblocca un punto abilità, e metà dei Sen raccolti. Una
punizione severa, ma che si accompagna ad una caratteristica inedita. Come
conseguenza dei suoi servigi all’Erede Divino, Lupo ha ottenuto la capacità di
risorgere dalla morte, il che significa che non sempre cadere in battaglia
equivale al dover ripartire dall’ultimo checkpoint visitato. Sekiro ha infatti
la possibilità di sfruttare il potere del Drago che risiede nel suo sangue per
rinascere e continuare a combattere, seppur con delle precise limitazioni.
Innanzitutto non può risorgere a suo piacimento, ma solo una volta, almeno
nelle fasi iniziali. Dopo aver esaurito questo “bonus” la morte è definitiva e
si riparte dall’ultimo checkpoint, con tutto ciò che ne consegue. Per
ripristinare il potere dopo l’utilizzo è ovviamente sufficiente riposare presso
uno degli idoli, ma questa non è l’unica via. Abbattendo nemici e mandando a
segno colpi mortali, il protagonista può infatti ripristinare il potere del suo
sangue senza dover riposare. Il “rovescio della medaglia” è però rappresentato
dal Mal del Drago, un morbo che si diffonde nel mondo di gioco quando il sangue
del protagonista entra in “stagnazione” in seguito alle troppe morti
consecutive ed egli inizia ad attingere a quello dei vari personaggi o vendor
per tornare in vita. Un evento fortunatamente reversibile, ma che ha effetti
tangibili sullo sviluppo del gioco, primo su tutti la possibilità di ottenere
il cosiddetto “Aiuto Divino”. Il protagonista in caso di morte può infatti
ricevere una sorta di “grazia”, che gli consente di rinascere senza alcuna
penalità. La possibilità di ottenere questo favore parte da un limite massimo
del 30% e diminuisce gradualmente al diffondersi del Mal del Drago, esponendo
il giocatore a conseguenze più durature per ogni sconfitta subita. Ovviamente,
essendo un titolo single player, differentemente da Dark Souls, il giocatore
non potrà ricevere nessuna mano da un amico facendolo entrare nella propria
partita. Qui si combatte da soli, si muore da soli e si vince da soli. Inoltre,
tale regola è a nostro avviso assolutamente coerente in quanto se si fosse in
due contro un boss, danneggiare vita e postura sarebbe un gioco da ragazzi in
quanto un giocatore si limiterebbe ad attirare il nemico mentre l’altro lo
colpirebbe ripetutamente alle spalle. In Sekiro si è volutamente soli, ma ciò è
un bene in quanto da ogni sconfitta si impara qualcosa e a ogni vittoria ci si
sente estremamente emozionati e orgogliosi di se stessi.

Come ogni produzione From Software che si rispetti, anche in
questo caso il level design è un aspetto che è stato curato parecchio. In
Sekiro ci sono paesaggi mozzafiato, mappe stupende, visivamente evocative
grazie al loro fascino orientale espresso nel miglior modo possibile. Grazie
alla mobilità del protagonista, data dall’utilissimo rampino, le aree di gioco
acquistano un’ulteriore dimensione, quella verticale, aspetto che le rende
ancora più complesse che in passato. Le classiche scorciatoie che collegano le
diverse mappe sono sempre presenti, anche se meno d’impatto rispetto ai Dark
Souls. Ciò che invece non cambia è la bellezza delle fasi d’esplorazione,
durante le quali si apre la caccia dei segreti di ogni mappa: oggetti e altri
misteri nascosti in angoli impensabili. Parte del background narrativo è poi tutto
da scovare osservando le ambientazioni, che offrono scorci evocativi e pregni
del fascino nipponico che qui si unisce al gusto della corruzione palpabile
tipica delle produzioni From. Tecnicamente parlando Sekiro si presenta con
un’ottima qualità grafica, che però non fa gridare al miracolo se paragonata ad
altri titoli recenti. D’altronde il dettaglio grafico non è mai stato il punto
di forza della software house e lo si vede in modelli poligonali mai troppo
particolareggiati e in alcuni difetti ricorrenti come la telecamera a volte
problematica nelle fasi più concitate della battaglia, compenetrazioni
poligonali con cui è possibile colpire o essere colpiti attraverso i muri e
texture non di altissima qualità. Questi difetti sono comunque sopperiti
dall’elevata qualità artistica delle ambientazioni, di cui vi abbiamo appena parlato,
e dalle animazioni rese in maniera perfetta. Aspetto, quest’ultimo,
fondamentale in un titolo in cui il combattimento è basato principalmente sulla
lettura delle mosse del nemico. Ultimo ma non per questo meno importante
elemento è il comparto audio. Sekiro riesce a stupire anche per quanto riguarda
questo aspetto, infatti, le musiche sono evocative e sempre coerenti con ciò
che succede sullo schermo, gli effetti sonoro sono altrettanto incredibili e
sentire il clangore delle spade che si colpiscono l’un l’altra durante un
duello o il vento che soffia tra gli alberi è davvero da brivido. Il titolo
poi, differentemente da quanto visto nelle vecchie produzioni di From Software,
è doppiato interamente in un ottimo italiano. Grazie a questa importantissima
aggiunta sarà possibile per tutti capire meglio la trama e avere un quadro
globale ancora più preciso. Ovviamente il titolo può essere giocato in molte
altre lingue come l’inglese e anche in giapponese. Tirando le somme, Activision
e From Software con Sekiro: Shadows Die Twice hanno aggiunto alla bellezza di
un gameplay e un combat system del tutto rinnovato, la durezza e la difficoltà che
hanno da sempre caratterizzato la serie Souls. Lo ripetiamo ancora una volta,
questa produzione non è assolutamente adatta a qualsiasi tipo di giocatore in
quanto richiede impegno, pazienza, costanza e nervi saldi. Morire, morie e
ancora morire non piace a nessuno, proprio per questo motivo è facile scoraggiarsi
presto. Se invece si è alla ricerca di una sfida straordinaria, di un titolo
appagante, di un videogame che mette alla prova le proprie capacità, Sekiro
rappresenta tutto ciò di cui avete bisogno. A nostro avviso un titolo del
genere non può mancare in casa di ogni buon giocatore, ma se avete la
possibilità di poterlo provare perché siete indecisi sul doverlo acquistare o
meno, fatelo, in quanto portare a termine l’avventura del Lupo è una vera e
propria impresa.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise