SIMONETTA CESARONI: IL DELITTO DI VIA POMA E QUELLA PISTA NON BATTUTA

di Angelo Barraco

Roma – Il 7 agosto del 1990 a Roma si consuma uno degli omicidi più efferati mai avvenuti in Italia. L’omicidio di Via Poma.
E’ una storia nota a Tutti quella di Via Poma, ma analizzando bene le dinamiche dell’omicidio e i dettagli presenti sulla scena del crimine, bisogna riflettere sul fatto che sembrerebbe vi siano state delle omissioni e che non sarebbe stato tutto svolto secondo dei criteri investigativi ben precisi e identificabili poiché la dinamica dell’omicidio mette in luce una verità, una verità che non ha sfiorato le indagini ma che era sotto gli occhi degli inquirenti e che poteva, probabilmente, far risolvere il caso molto prima.  Ma andiamo per gradi ed analizziamo bene quel giorno.

Simonetta Cesaroni è una ragazza di 21 anni che lavora come segretaria presso l’A.I.A.G. in via Poma 2, quartiere Prati.
Quel giorno Simonetta si reca a lavoro prima delle 15.30.
Il portiere infatti dice agli inquirenti di non averla vista entrare poiché Vanacore iniziava il suo lavoro a quell’ora.

Da qui inizia il mistero, i dati certi che si hanno provengono da ciò che fa e stabiliscono approssimativamente fino a che ora Simonetta è rimasta in vita.
Alle 17.15 telefona ad una collega di d’ufficio per sapere alcuni dati, alle 17.25 la collega richiama Simonetta e le comunica i dati. Alle 18.30 Simonetta avrebbe dovuto chiamare il suo datore di lavoro, Volponi, ma non lo fa.

Passano le ore e la famiglia si allarma, la sorella Paola con il fidanzato Antonello vanno da Volponi e quest’ultimo dice di non sapere dove si trovano gli uffici. Volponi scende allora con il figlio e insieme a Paola ed Antonello si mettono alla ricerca dell’ufficio e riescono a trovarlo. Il cancello è chiuso, suonano ma nessuno apre, allora il figlio di Volponi scavalca il muro ed entra per aprire il cancello. Si dirigono allora tutti verso la portineria dove ad accogliere loro c’è la moglie di Vanacore che si mette sulla difensiva e dice di non avere le chiavi. Dopo essere saliti al terzo piano la signora tira fuori le chiavi e apre la porta.
Il primo ad entrare è Volponi e gli altri a seguito, Volponi ispeziona le due stanze illuminate ma non vede nulla, poi si dirige al buio in fondo nella stanza del direttore dell’A.I.A.G. e fa la macabra scoperta. 

SCENA DEL DELITTO:
Il corpo si presenta in posizione supina, il reggiseno abbassato sul torace, presenta 29 coltellate inferte, secondo analisi, da un tagliacarte, poiché il tagliacarte ha un corpo largo e la punta stretta e le ferite corrispondevano esattamente a questo tipo di arma. Il corpo presenta moltissime ferite concentrate sul viso, addome, torace, pube e anche una tumefazione nella parte destra del volto di Simonetta, il colpo che l’avrebbe stordita.
All’interno delle ferite non sono state trovate tracce di tessuto ergo è stata colpita da nuda.
Simonetta ha perso molto sangue, circa 3 litri, ma nella scena del crimine non vi è traccia poiché tutto si presenta pulito, eccetto le macchie di sangue trovate sulla porta e sui telefoni.
La finestra della stanza dove è stato rinvenuto il corpo di Simonetta ha le tapparelle abbassate, nella sua borsa mancano i suoi gioielli, le chiavi, segno che l’assassino aveva intenzione di ritornare presso quel luogo e i vestiti, nella sua borsa sono state trovate anche delle polaroid non sviluppate. Nel pianerottolo dell’appartamento sono stati trovati segni di ripulitura, come vi è stata ripulitura anche all’interno dell’appartamento da parte dell’assassino.

BREVE SINTESI DEGLI ACCUSATI E DELLE MOTIVAZIONI
L’indagine ha inizio con la verifica di chi c’era nella palazzina in quelle ore, e da quella verifica vengono individuate sette persone: Vanacore, la moglie, i loro figli e l’ingegner Cesare Valle. Vanacore, interrogato, dice di non aver visto e sentito nulla poiché si trovava a casa dell’ingegner Valle in quelle ore (faceva assistenza ad esso) e di non aver visto nessun estraneo entrare ed uscire, Vanacore però fa confusione, si contraddice, cade nel dubbio e dopo tre giorni dall’omicidio viene arrestato con l’accusa di essere l’assassino di Simonetta Cesaroni.
Gli elementi a suo carico sono: Le sue dichiarazioni confuse ed incerte, il fatto che avesse le chiavi di tutti gli appartamenti e, poiché nell’appartamento non vi era segno di effrazione, soltanto chi era in possesso delle chiavi poteva essere entrato ed uscito, Vanacore puliva spesso gli appartamenti dello stabile e visto che il pavimento del pianerottolo tre aveva chiari segni di ripulitura, come d’altronde l’appartamento dove è stato rinvenuto il corpo, ciò ha fatto presupporre logicamente che l’azione di Vanacore, poiché ordinaria, non fosse vista come un’azione sospetta. Non riusciva a fornire un alibi concreto, in più c’era un altro elemento a suo carico: delle macchie di sangue sui suoi pantaloni. A questo si aggiunge anche l’atteggiamento ostile che assume la moglie di Vanacore. In seguito vengono svolte indagini sulla vita di Vanacore e salta fuori che aveva avuto rapporti extraconiugali e da testimonianze ed intercettazioni salta fuori che la figlia era andata via di casa perché lui esercitava su di lei “attenzioni particolari”.
Il 30 agosto 1990 Pietrino Vanacore viene scarcerato per mancanza di indizi a suo carico.
Nel 2008 sono state effettuate indagini presso la casa di Monacizzo, dove l’uomo risiedeva con la moglie, tali rilievi non hanno portato a nulla e nel maggio 2009 la procura di Roma ha deciso di archiviare l'indagine. Il 9 marzo 2010 Pietrino Vanacore si suicida. Il portiere decide di levarsi la vita a distanza di poco tempo dalle scadenze processuali e dalla deposizione che avrebbe dovuto fare in tribunale.

Dopo Vanacore viene indagato Federico Valle, nipote dell’ingegner Cesare Valle. Roland Voller, un austriaco intrattiene, per un errore dovuto al suo apparecchio telefonico, un rapporto telefonico con una donna, questa donna è la madre di Federico Valle. Il 7 agosto 1990 alle 16.30 Voller e la signora si parlano al telefono e lei mostra forti preoccupazioni per i comportamenti del figlio, poiché è andato in Via Poma a trovare il nonno Cesare Valle, ma non torna.

La sera stessa i due si parlano, lei è preoccupata perché Federico è tornato a casa sporco di sangue e presenta un taglio sulla mano. Federico Valle viene accusato di omicidio perché, secondo l’accusa, ingelosito per una possibile relazione del padre con una segretaria, sia andato in escandescenza e l’abbia uccisa per tali ragioni. A tal proposito ritorna sulla scena delle accuse Vanacore che viene imputato per complicità poiché viene accusato di aver aiutato il giovane ad aver ripulito la scena. La Signora, madre di Federico Valle nega di conoscere quest’uomo, il padre di Federico nega di aver mai conosciuto Simonetta Cesaroni e gli esami comparativi del sangue di Federico rispetto la macchia di sangue sulla porta danno esito negativo.
Federico Valle viene scagionato e prosciolto da ogni accusa nel giugno 1993.

Roland Voller si rivelerà un truffatore e le informazioni che darà su Via Poma si riveleranno false.
Dopo Valle: nel 2005 viene prelevato il DNA a 30 persone e comparato con indumenti di Simonetta adoperando le nuove tecnologie. Nel 2007, 29 sospettati vengono scartati e i sospetti cadono su Raniero Busco (all’epoca fidanzato di Simonetta), perché il suo DNA combacia con le tracce di saliva trovata sul corpetto di Simonetta.
Durante il processo di primo grado Raniero viene condannato a 24 anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali e del risarcimento, in separata sede, delle parti civili.
Sentenza di secondo grado: Raniero Busco viene assolto dall'accusa con formula piena.

Il 26 febbraio 2014 la Cassazione ha confermato l'assoluzione – che diventa definitiva – per Raniero Busco dall'accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni.
Quello al seno, che veniva considerato un morso ed era stato attribuito a Raniero, durante le indagini e le perizie, è stato smentito ed è stato appurato che in realtà era un taglio e non vi erano segni alcuni di arcata dentaria.

QUELLO CHE NON E’ STATO FATTO E CHE E’ STATO OMESSO.

Durante le indagini ci sono stati dei punti che sono stati omessi, o meglio dei dettagli.
Analizzando bene la scena del delitto è possibile notare che nella borsa di Simonetta vi erano contenuti dei rullini-polaroid. Quei rullini risalivano all’estate 1988, ovvero un’estate in cui Simonetta non era fidanzata con Raniero ma bensì con un tale Alessandro.
Che motivo avrebbe avuto Simonetta per portar dietro quei rullini?
Non ha nessun senso poiché nessuno porta con se vecchi rullini o vecchio materiale se non per darlo al diretto interessato, soprattutto se legato ad una sfera sentimentale.
Sono del parere che Simonetta avesse con se quei rullini perché quel giorno avrebbe dovuto incontrarsi con l’ex fidanzato, Alessandro, probabilmente per restituirli a lui. E se Alessandro fosse stato rifiutato e avesse perso la testa?  
L’ipotesi appena formulata, ripeto l’ipotesi, mostra chiaramente tanti punti fondamentali:
1: Simonetta ha aperto la porta a qualcuno che conosceva bene
2: Non aveva motivo alcuno di portare dietro quei rullini se non per darli alla persona a cui interessavano, Alessandro appunto, che aveva scattato quelle foto
3: Il corpo è stato aggredito secondo una dinamica confidenziale poiché non c’era disordine all’interno delle stanze e non vi era nulla fuori posto ergo Simonetta conosceva quella persona e non si aspettava quel gesto
4: Il modo in cui è stata denudata è un modo estremamente confidenziale, intimo, di qualcuno che quel gesto lo aveva già fatto e non di certo opera di qualcuno che uccide per rapinare o per violentare, infatti non è stata violentata
5: Simonetta è stata accoltellata per la maggiore al pube e agli occhi, come un gesto di sfregio alla sua sessualità e alla sua vista, come se qualcuno gli avesse voluto far pagare a lei la sessualità che lei ha negato all’altra persona e per quanto riguarda gli occhi, per non fargli vedere più nulla

Questa persona. Tale Alessandro non è mai stato indagato e non è mai stato sfiorato dalle indagini. Eppure sarebbe stato essenziale interrogarlo, almeno sarebbero potuti emergere scenari che adesso sono ben lontani dall’immaginario collettivo.
E se il suo agire non fosse stato solitario? Non si può non tornare a ricordare  il comportamento schivo della moglie di Vanacore all’arrivo dei familiari di Simonetta e al fatto che abbia negato di possedere le chiavi. Soltanto dopo, sotto insistenze, la consorte di Vanacore ha ceduto ed ha aperto.
Il pianerottolo come l’appartamento è stato pulito, e come ho già accennato poc’anzi, Vanacore spesso puliva gli appartamenti degli altri condomini nonché era anche in possesso delle chiavi di tutti gli altri appartamenti.
Il fatto che lui pulisse non destava sospetto ergo credo che non sia un azzardo ipotizzare che abbia potuto ripulire la scena del delitto: conosceva il palazzo e i frequentatori dello stesso e per di più  non poteva non essere a conoscenza che in quel periodo molti condomini non c’erano, di conseguenza maggiore sarebbe stata l’opportunità di agire indisturbati.

Non riesco a non includere Vanacore in un presunto coinvolgimento in questo caso. Un coinvolgimento non da attore principale, ma da personaggio “chiave”.
Nel processo Valle la sua posizione era stata centrata, ma probabilmente avevano sbagliato colpevole.