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SIMONETTA CESARONI, NUOVE PISTE: DUE SCONOSCIUTI NEL CORTILE PRIMA DEL RINVENIMENTO DEL CORPO

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Tempo di lettura 5 minuti Patruno: "Io credo che si debba ripartire da una analisi di tutte le ipotesi, e quindi di tutte le dinamiche omicidiarie possibili".

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In "Via Poma. La ragazza con l'ombrellino rosa" Igor Patruno riportava una testimonianza inedita. Alle 22.30 del 7 agosto 1990, un testimone residente nel comprensorio di via Poma, non ascoltato dagli inquirenti all’epoca dei fatti, vide accanto alla fontana quadrata un uomo ed una donna. Ora ci sono nuove piste, il giornalista Patruno, in un'intervista inedita racconta a L'Osservatore d'Italia la pista del fotografo…nel dicembre del 1990 il proprietario di un ristorante dei Castelli rilasciò una dichiarazione spontanea al commissariato di Albano. Sostenne di aver visto a cena, nel suo locale, Simonetta Cesaroni insieme ad un individuo nel luglio di quell’anno, ovvero meno di un mese prima dell’omicidio e altro ancora

Di Cinzia Marchegiani

Ventiquattro anni dopo il delitto di Via Poma è ancora un mistero. Igor Patruno, ospite di "Chi l'Hai Visto? Storie" nella puntata del 13 agosto scorso, ha raccontato a Giuseppe Pizzo, autore del lungo servizio dedicato a Simonetta Cesaroni, di alcuni negativi che la ragazza aveva nella borsetta e di un fotografo che potrebbe averla incontrata qualche giorno prima della morte. Patruno, con il suo libro "Via Poma. La ragazza con l'ombrellino rosa" (Edizioni Ponte Sisto), ha condotto una approfondita inchiesta giornalistica su questo oscuro cold case italiano. Un lavoro accurato e denso di suggestioni investigative, realizzato studiando le carte dell’inchiesta, analizzando centinaia di tabella ed interviste e, soprattutto, seguendo direttamente tutte le udienze del processo a Raniero Busco, l’ex fidanzato della vittima, definitivamente assolto quest’anno.

 

Patruno, da dove si deve ripartire per tentare di dare un nome all’assassino, o agli assassini, di Simonetta Cesaroni?

Io credo che si debba ripartire da una analisi di tutte le ipotesi, e quindi di tutte le dinamiche omicidiarie possibili. Anche se non è semplice, perché è davvero passato troppo tempo, si dovrebbe riesaminare la posizione di molti soggetti toccati dalle indagini solo marginalmente e si dovrebbero riesaminare tutte le piste, anche quelle scartate perché considerate non percorribili. Il sangue di gruppo A ritrovato sul lato interno della porta dell’ufficio dove venne uccisa Simonetta e sul telefono situato nella stanza dove la ragazza lavorava, può aprire nuove piste investigative? Di chi era quel sangue? Negli anni ’90 si raccoglievano indizi, si verificavano gli alibi e al massimo si metteva sotto controllo il telefono degli indiziati. Le analisi genetiche muovevano i primi passi e i kit allora disponibili non sempre davano risultati attendibili. Oggi si utilizzano tecniche sofisticate per estrarre il DNA dai campioni biologici e per confrontarlo con quello dei sospettati. Quello di via Poma è un omicidio sospeso tra queste due modalità investigative. I reperti biologici vennero analizzati nel ’90 con le modalità allora disponibili. Tuttavia un dato resta incontrovertibile. Dalle numerose perizie emerse che le tracce ematiche repertate sul lato interno della porta e sul telefono, quindi in due stanze diverse dell’ufficio, erano di gruppo A. Quello sulla porta risultò appartenere ad un soggetto maschile, quello sul telefono non rivelò il genere, ovvero non si riuscì a stabilire se il soggetto era maschile o femminile. Riepilogando, nel 1990 si stabilì che le due tracce ematiche sono entrambe di gruppo A, che appartengono a due soggetti diversi e che uno di questi soggetti è certamente un maschio, mentre dell’altro non si conosce il sesso. In ventiquattro anni questi elementi erano quasi andati “dimenticati”. C’è voluta la super perizia richiesta dal presidente della prima corte d’Appello di Roma per farli tornare alla ribalta. Sono elementi cruciali che aprono piste mai seguite, oppure abbandonate troppo in fretta. Il sangue di gruppo A indica la presenza, sulla scena del crimine, di due soggetti. Non si può escludere che fossero un uomo ed una donna.

 

Nel tuo libro riporti una testimonianza inedita. Alle 22.30 del 7 agosto 1990, un testimone residente nel comprensorio di via Poma, non ascoltato dagli inquirenti all’epoca dei fatti, vide accanto alla fontana quadrata un uomo ed una donna. Chi erano?

Sì. La testimone vide due individui, un maschio ed una femmina, che non aveva mai notato prima fermarsi nel cortile, parlare sottovoce, e poi uscire in fretta. Trattandosi di una residente la sua testimonianza è importante perché ci dice che alle 22.30 (ovvero tre quarti d’ora prima che il corpo venisse scoperto) due sconosciuti transitarono nel cortile. La testimone aggiunge che avevano un’aria agitata. È una pista che andrebbe approfondita! Eravamo rimasti in sospeso su un’altra pista finora non approfondita, quella del fotografo… Prima di raccontare del fotografo occorre dire che Simonetta aveva in borsa dei negativi. Glieli aveva dati, qualche tempo prima, su esplicita richiesta della ragazza, Alessandro. Alessandro era stato il primo fidanzato di Simonetta. Si trattava dei negativi di foto scattate a Passo Scuro proprio da Alessandro, nell’estate del 1988. Quei negativi vennero poi stampati dalla polizia e le foto vennero date ai giornalisti. Bisognerebbe chiedersi perché Simonetta aveva quei negativi in borsa. Oggi tutto è digitale, ma all’epoca i negativi uscivano fuori solo dovevano essere portati a stampare o fatti vedere a qualcuno che se ne intendeva… Per esempio un fotografo… Sì! Nel dicembre del 1990 il proprietario di un ristorante dei Castelli rilasciò una dichiarazione spontanea al commissariato di Albano. Sostenne di aver visto a cena, nel suo locale, Simonetta Cesaroni insieme ad un individuo nel luglio di quell’anno, ovvero meno di un mese prima dell’omicidio. Il ristoratore non conosceva Simonetta, ma la riconobbe dalle tante foto pubblicate dai giornali. Nel settembre del 1990 quell’individuo tornò a cena da solo. Il ristoratore ci parlò, cercando di non insospettirlo e senza fare riferimento all’omicidio. L’individuo gli disse che era un fotoreporter di guerra, che era appena tornato dal Golfo Persico e che collaborava con La Repubblica. La dichiarazione spontanea venne sottoposta al magistrato, ma venne liquidata perché non c’era alcuna possibilità di riscontro. E così la pista del fotografo si perse… Ammesso che l’assassino non avesse le chiavi dell’ufficio, perché Simonetta gli avrebbe aperto la porta? Se non è entrato con le chiavi, allora non c’è un’altra spiegazione possibile: Simonetta lo conosceva! Potrebbe aver avuto un appuntamento…

La scena del delitto potrebbe far pensare ad una ragazza che ha reagito ad una aggressione inattesa, e ad un assassino che forse non era inizialmente intenzionato ad uccidere?

La presenza di leggere striature sul pavimento, come se qualcuno vi avesse passato qualcosa (forse gli abiti scomparsi della ragazza) per raccogliere uno sgocciolamento di sangue e il sangue “commisto”, lasciano pensare che l’assassino abbia avuto una perdita ematica consistente e che abbia cercato di ripulire le zone del pavimento dove era caduta. Si è detto più volte che potrebbe essersi ferito durante l’accoltellamento, oppure che potrebbe aver avuto un episodio di epistassi, ovvero di perdita spontanea di sangue dal naso. Io credo che le cose siano andate diversamente. La ferocia dell’omicidio rivela una reazione violenta. Potrebbe essere stata Simonetta a ferirlo, proprio con il tagliacarte, forse perché la situazione stava prendendo una piega che la spaventava, che la faceva sentire minacciata. A quel punto, accecato dal dolore, l’assassino avrebbe reagito con un manrovescio e poi, recuperato il tagliacarte, avrebbe portato sul corpo della vittima quelle orribili ventinove coltellate.

Il vero killer di Simonetta ancora è libero e sa che nonostante la scena sia stata depredata delle prove più importanti, esiste un filo, per ora invisibile, che forse lo porterà a lui. Solo persone armate di grande passione e capacità investigativa hanno permesso che questo orribile delitto non sia stato depennato come un cold case senza volto e senza tracce…Igor Patruno è uno dei professionisti della carta stampata che ha permesso che ciò non avvenisse. Quando le riflessioni, le idee, e le piste vengono elaborate, studiate e con abilità messe su un foglio bianco, nemmeno il tempo 24 di lunghi anni può scolorire quelle pagine…. che forse tra le tante righe nascondono il nome dell’assassino. 

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 10/08/2014 SIMONETTA CESARONI: IL DELITTO DI VIA POMA E' ANCORA UN MISTERO 24 ANNI DI PROCESSI, TUTTO DA RIFARE

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Isola delle rose e isola dei famosi: due esperimenti sociali agli antipodi

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L’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due realtà molto diverse tra loro, sia dal punto di vista sociologico che motivazionale, che riflettono cambiamenti significativi nella società nel corso del tempo.

L’Isola delle Rose è un’isola artificiale costruita nel 1967 al largo della costa italiana vicino a Rimini. Fu creata come una micronazione autoproclamata dallo scienziato e ingegnere italiano Giorgio Rosa, con l’obiettivo di sfidare la sovranità territoriale italiana e promuovere l’ideale di libertà e indipendenza. L’Isola delle Rose rappresenta una sperimentazione sociale e politica, con l’idea di creare una comunità utopica basata sulla cooperazione e l’autogestione.

D’altra parte, l’Isola dei Famosi è un reality show televisivo in cui un gruppo di persone famose viene portato in un’isola remota e deve affrontare sfide fisiche e mentali per sopravvivere e guadagnare premi. L’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento e sulla competizione, con l’obiettivo di attirare l’attenzione del pubblico e generare interesse attraverso il dramma e le dinamiche interpersonali.

Le differenze sociologiche tra le due realtà sono evidenti:

  1. Finalità e motivazioni: L’Isola delle Rose era motivata da ideali di libertà, indipendenza e sperimentazione sociale, mentre l’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.
  2. Struttura sociale: L’Isola delle Rose aveva una struttura sociale basata sull’autogestione e la cooperazione tra i membri della comunità, mentre l’Isola dei Famosi ha una struttura gerarchica con ruoli definiti e dinamiche di potere.
  3. Approccio alla vita quotidiana: Sull’Isola delle Rose, i residenti dovevano affrontare le sfide della vita quotidiana in un ambiente isolato e autonomo, mentre sull’Isola dei Famosi i concorrenti affrontano sfide create artificialmente per l’intrattenimento televisivo.
  4. Rapporto con il mondo esterno: L’Isola delle Rose era isolata dal resto del mondo e tentava di sfidare le autorità nazionali, mentre l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che ha una forte connessione con il mondo esterno attraverso la trasmissione televisiva e i social media.

In conclusione, l’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due esperimenti sociali molto diversi tra loro, che riflettono valori, ideali e obiettivi differenti. Mentre l’Isola delle Rose rappresentava un tentativo di creare una comunità utopica basata sulla libertà e l’autogestione, l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che si concentra sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.

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Dalla disco music alla Trap music: il fascino della “Febbre del sabato sera” è ancora vivo e vegeto

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La storia della disco music ha radici profonde nella cultura musicale afroamericana e ha attraversato diverse fasi e influenze nel corso degli anni, influenzando generazioni di appassionati di musica e ballerini.

Negli anni ’70, la disco music ha avuto origine nei club notturni di New York City e Philadelphia, dove DJ come DJ Kool Herc, DJ Afrika Bambaataa e DJ Grandmaster Flash iniziarono a sperimentare con mixaggi elettronici e a suonare registrazioni di musica funk e soul a velocità più elevate. Questa nuova forma di musica da ballo ha catturato l’immaginazione delle persone e ha rapidamente guadagnato popolarità nelle discoteche di tutto il mondo.

Tra i primi artisti che hanno contribuito a definire il suono della disco music ci sono stati i Jackson 5, con hit come “Dancing Machine”, e artisti come Donna Summer, Gloria Gaynor e i Bee Gees, che hanno dominato le classifiche con brani come “Love to Love You Baby”, “I Will Survive” e “Stayin’ Alive”, rispettivamente. Questi brani sono diventati inno della cultura disco e hanno contribuito a definire il suo stile e la sua estetica.

Barry White è stato un altro artista iconico della disco music, noto per le sue canzoni romantiche e sensuali che includevano “Can’t Get Enough of Your Love, Babe” e “You’re the First, the Last, My Everything”. Le sue produzioni orchestrali lussureggianti e la sua voce profonda e sensuale hanno reso le sue canzoni dei classici della disco music.

Negli anni successivi, la disco music ha subito un declino di popolarità verso la fine degli anni ’70, ma il suo impatto sulla cultura musicale è rimasto significativo. Elementi della disco music sono stati incorporati in generi musicali successivi, compresa la dance music degli anni ’80 e ’90 e la musica house e dance pop contemporanea.

Più recentemente, il genere trap music ha guadagnato popolarità, soprattutto tra i giovani, con artisti come Future, Travis Scott e Migos che hanno portato avanti il suono e lo stile della trap music. Anche se la trap music ha radici diverse dalla disco music, entrambi i generi condividono un focus sull’energia e sul ritmo che li rende irresistibili per molti adolescenti e giovani amanti della musica da ballo.

In definitiva, la disco music ha avuto un impatto duraturo sulla cultura musicale e continua a influenzare la musica e la cultura pop contemporanee, dimostrando che il fascino della “febbre del sabato sera” è ancora vivo e vegeto per molte persone di tutte le età.

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Le note disciplinari a scuola: perché?

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Secondo il parere di alcuni docenti, da quando si utilizza il registro elettronico si è più propensi a cliccare sulla voce note per richiamare il comportamento non corretto di alcuni alunni.

Questa modalità è molto più diffusa nelle scuole secondarie di II grado piuttosto che negli altri gradi scolastici. Il perché di questo spartiacque rispetto agli altri gradi d’istruzione dipende dall’età degli alunni.

Nell’immaginario collettivo l’adolescente attua comportamenti più atipici rispetto ad altre età, nonché “degni” di una nota disciplinare in cui viene esplicato l’errore del comportamento dell’alunno da parte del docente.

Perché l’adolescente?

L’adolescente è maggiormente coinvolto nella fragilità del suo cambiamento e pertanto più volubile nel mettere in atto atteggiamenti non coerenti. È un’età di passaggio tra la pubertà e l’adolescenza costellata dai primi amori, le prime relazioni e i primi atteggiamenti di rivalsa sociale.

Un’età in cui il ragazzo/a si pensa in un’ottica di indipendenza da tutto e da tutti, in cui l’ego si esprime in modo alto, pensando di essere leader e di poter assumere comportamenti di ogni tipo. A volte la scaltrezza di un adolescente è peggiore di quella che può assumere un adulto.
In tutto ciò, la genitorialità e, a volte nemmeno la scuola, riesce a scalfire atteggiamenti non congrui alla convivenza sociale da parte di alcuni adolescenti.

È una fase di vita in cui ci si sente “grandi”, in cui ci si oppone alla correttezza e alla presa di coscienza di sé e dell’altro. Un passaggio difficile per la maggioranza dei ragazzi/e: alcuni adolescenti non riescono a darsi una collocazione nel mondo circostante, cadendo spesso in situazioni poco sicure (es. alcool, droga, fumo etc …).

Di concerto tali atteggiamenti vengono riflessi nel contesto domestico e scolastico.
In quest’ultimo caso, il docente è costretto a segnalare, mediante una nota disciplinare, il comportamento incoerente dell’alunno/a.

È in tal senso che il giovane mette in atto comportamenti spesso oppositivi e ribadisce la sua “innocenza”. Qui nascono i dissapori tra alunni e docenti e si spezza una sorta d’incantesimo che segna il percorso dello studente. Nascono raffronti con il docente che ha segnalato una nota disciplinare sia da parte dell’alunno che dei genitori. Quest’ultimi “pretendono” spiegazioni dall’insegnante e spesso sono contrari alla nota assegnata al figlio/a. In casi più sporadici, invece, è lo stesso genitore che chiede aiuto agli insegnanti poiché non riesce a tollerare il comportamento del figlio/a.

In questo contesto, i docenti e i genitori ricoprono un ruolo essenziale per la crescita e l’evoluzione del ragazzo/a. Queste due figure educative devono premunirsi di pazienza, stabilendo le regole da seguire e cercando di accompagnare il giovane verso la strada migliore per lui/lei.

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