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“SPIE”… ZZATELI

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Tempo di lettura 5 minuti Quando la realtà supera ogni perversa immaginazione, ce n’è per tutti. Silenzio che il “Grande Fratello” ci ascolta.

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di Cinzia Marchegiani

Logiche dominanti e storie di spie e servizi segreti. I films a volte diventano noiosi al cospetto della realtà che stiamo assistendo a titoli di giornali e accuse spedite al mittente. Così la trama del film prende forma nei circuiti virali della rete e satelliti spia che con una freddezza e precisione porta a casa tesori e segreti custoditi nei bunker militari o in qualche multinazionale industriale.

E’ di pochi giorni la notizia dalle news orientali che la Cina pubblica precise accuse. Viene citato un rapporto delle agenzie di “intellingence” di sorveglianza globale che conferma l’esistenza di attività segrete di spionaggio americano. Il rapporto PRISM, programma di sorveglianza segreta del US Nationale Agency (NSA) sembra confermare che gli Stati uniti hanno montato la più ampia e costosa operazione di sorveglianza a lungo termine nella storia di internet. Ed è proprio dal rapporto dell’ormai noto Edward Snowden che escono fuori i documenti che spiegano come gli Stati Uniti, in questo intreccio di spy story, sorvegliavano non solo il governo cinese e i suoi politici ma soprattutto le multinazionali, istituti di ricerca scientifica molti cellulari.

La Cina accusa gli USA di aver condotto indagini capillari in vari dipartimenti governativi cinesi, lo stesso segretario generale della Cina, controllo degli armamenti e il disarmo, Chen Kai rimanda al mittente le accuse di furto informatico che l’America rivolge agli altri paesi: “l’America è andata ben oltre l'ambito della sicurezza nazionale, il rapporto ha sottolineato che la cooperazione senza soluzione di continuità tra gli Stati Uniti le agenzie di intelligence, il governo e il settore privato, con le loro capacità di elaborazione di dati enormi, ha permesso la sorveglianza apparentemente senza limiti. Sulla base di questi fatti, è assurdo e ipocrita che gli Stati Uniti sollevi critiche ad altri paesi del furto informatico o di sorveglianza. Verranno attuate una serie di misure governative che proteggerà la Cina dalle attività di spionaggio degli altri paesi, in primis il divieto del sistema operativo Windows 8 dai nuovi computer governativi e un amplificazione dei controlli di sicurezza su importanti prodotti e servizi IT.” La storia di segreti decriptati, di progetti militari o industriali carpiti da trame invisibili quanto pericolose sono l’opera di ingegneria dei pirati informatici che con l’abilità di Arsenio Lupin catturano informazioni della sicurezza di una nazione o di un brevetto innovativo costato fatica, ingegno e molto tempo. Ed ecco che, come un film di fantastoria che si rispetti, anche nella realtà arriva il colpo di scena che ribalta l’intrigo internazionale.

L’America diventa la vittima di hacker iraniani, che grazie a falsi account nei social network e un sito web fake sono riusciti a spiare militari e politici oltre di Israele, anche della stessa USA. La notizia è stata pubblicata oggi da un noto giornale americano che conferma come in una campagna di spionaggio lunga tre anni gli hacker iraniani abbiano fatto il grande bottino di informazioni di dati sensibili che riguardano soprattutto un ammiraglio a quattro stelle della marina militare, legislatori, e gli ambasciatori degli Stati Uniti oltre il personale dall'Afghanistan, Gran Bretagna, Iraq, Israele, Arabia Saudita e Siria.


L’azienda Sight Parteners che ha scoperto il cyber crime non ha voluto identificare le vittime sotto controllo, comunque i predatori iraniani hanno cercato le password e credenziali per accedere alle reti aziendali di governo e, così anche sui sistemi
d'arma e le trattative diplomatiche. Inquietante capire come le vittime siano state circuite e manipolate. L’agenzia Sight descrive in dettaglio il meccanismo perverso della messa in scena. Sono stati creati alcuni personaggi che sembravano lavorare come giornalisti per un sito il NewsOnAir.org, che poi si è scoperto essere un fake, che pubblicavano tabella presi dalla Associated Press, BBC, Reuters e altri media. Questi falsi giornalisti nella fase successiva dell’operazione hanno allacciato rapporti con personaggi della difesa e altre organizzazioni, e per costruirsi credibilità, gli hacker avrebbero fatto amicizia e quindi stretto legami virtuali con gli amici delle vittime di importanze strategia nazionale.

Così colleghi, parenti tramite collegamenti sui social network, tra cui Facebook Inc, Google Inc, LinkedIn Corp, e Twitter Inc erano stati presi di mira inconsapevoli del destino che li attendeva. L’operazione di fiducia è stata elaborata e ha assorbito molto tempo, si dice che sia stata attivata almeno dal 2011 ed è stata denominata la più alta ingegneria sociale di cyber crime. Una volta ottenuti 2000 collegamenti e la loro completa fiducia sono passati alla fase finale, dove hanno infettato i computer con link e software molto pericoloso, il malware dannoso ha permesso di depredare tutti i dati sensibili, oltre password dei personaggi chiave nella difesa militare. Un attività che con il tempo ha creato un buco di informazioni strategiche talmente laboriosa e raffinata che è stata paragonata ad una azione fuori radar, perché difficile da individuare. Analizzato dall’alto queste linee di azione si possono visualizzare sofisticate ragnatele, dove la Cina, l’America e la Russia rimangono sempre intrappolate l’una all’altra in strategie ermetiche lontane dalla nostra più generosa fantasia.

Il caso Snowden è al centro di questa ragnatela, e mercoledì scorso in un intervista alla NCB nega assolutamente di essere sostenuto economicamente dalla Russia oltre di non aver fornito alcun file segreto, ma gli Stati Uniti l’hanno accusato di furto di documenti di proprietà del governo, e di aver dato accesso a queste informazioni a persone non autorizzate che riguardano informazioni private di email, telefonate e tramite internet di centinai di milioni di americani. Ora è in asilo politico in Russia fino al primo agosto di questo anno, gli è stato detto che può ritornare in America affrontando la giustizia. Dalla controparte cinese, le accuse rivolte all’America sono pesanti, i documenti trapelati dall'ex imprenditore Central Intelligence Agency, Edward Snowden sono attività dettagliate di sorveglianza della National Security Agency (NSA) in tutto il mondo, acquisite da leader stranieri e cittadini.

Più di 120 leader mondiali sono stati sotto sorveglianza degli Stati Uniti dal 2009. Dai giornali cinesi si legge: ”La Cina è una delle vittime di Grande Fratello. Gli Stati Uniti attaccano regolarmente, si infiltrano e rubano nelle reti cinesi appartenenti a governi, istituzioni, aziende, università e grandi reti backbone di telecomunicazione. Gli ultimi dati della Rete Nazionale di Computer Emergency Response Technical Squadra Coordination Center della Cina hanno mostrato che 135 computer host negli Stati Uniti hanno creato 563 pagine di phishing mirate a siti web cinesi e che hanno portato a 14mila operazioni di phishing dal 19 marzo al 18 maggio. Il centro ha trovato 2016 indirizzi IP negli Stati Uniti che avevano impiantato backdoor in 1754 siti web cinesi, coinvolgendo 57mila attacchi backdoor nello stesso periodo.”

Di fatto le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali sono state gravemente violate e mettono in pericolo le relazioni tra due giganti della terra, Cina e America oltre la Russia. La Cina nel 2013 ha chiesto colloqui con gli Stati Uniti sulla polizia cyber spazio attraverso un gruppo di lavoro bilaterale, nonostante le rivelazioni di Snowden di sorveglianza elettronica degli Stati Uniti sulla Cina. L’accusa rimane un solco difficile da colmare, poiché gli Stati Uniti hanno intenzionalmente messo in pericolo la fiducia tra le due maggiori economie del mondo e in Cina, e i rapporti terminano con una battuta al vetriolo della Cina:”Gli Stati Uniti dovrebbero pulire la propria casa prima di puntare il dito contro gli altri.”

Quando la realtà supera ogni perversa immaginazione, ce n’è per tutti. Silenzio che il “Grande Fratello” ci ascolta.
 

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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