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di Silvio Rossi
Davide Vannoni era solo un truffatore, e quanti hanno creduto nella validità del metodo stamina sono stati raggirati.
Quanto appena affermato non è l’arringa di un pubblico ministero, o l’accusa di qualche scettico, nel tentativo di ostacolare l’azione del discusso ideatore del metodo di cura. È invece il risultato dell’ammissione di colpa che lo stesso Vannoni ha implicitamente prodotto con il patteggiamento per l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa.
Una decisione che contrasta notevolmente con l’atteggiamento spavaldo avuto dall’esperto in comunicazione alle prime indagini, quando affermava che il metodo da lui creato era da premio Nobel, una scelta che significa smentire tutte le accuse al ministero di boicottare le sue ricerche, le dispute con gli scienziati internazionali, che hanno sempre bollato il metodo Stamina come inefficace e, in qualche caso “criminale”.
Sebbene lo stesso Vannoni continui ad affermare che il patteggiamento non sia un’ammissione di colpevolezza, interpretazione alquanto bizzarra, non riteniamo verosimile la proposta di accettare una pena che sfiora i due anni (l’accordo col Procuratore Guariniello è di un anno e dieci mesi), nonostante la non menzione nel certificato penale. Una pena che prevede, come misure accessorie, la rinuncia a effettuare nuovamente le infusioni, e il ritiro al ricorso contro il Comitato Scientifico del Ministero della Salute, presentato al Tar del Lazio, altro elemento che dimostra la rinuncia a difendere il metodo sia su tutta la linea.
Sarà il GUP Giorgio Potito il prossimo 18 marzo a decidere se approvare o meno la proposta di patteggiamento, che se da una parte mette fine alla disputa sulla validità del metodo Stamina, non fornisce risposte adeguata a quanti chiedono all’ideatore della terapia non convenzionale il risarcimento dai danni provocato dalle infusioni.
Tra questi il più attivo è Carmine Vona, classificato nell’inchiesta come “vittima numero 52”, venditore ambulante, che per colpa delle infusioni ha avuto un ictus che l’ha lasciato semiparalizzato. Si definisce amareggiato perché con questa procedura Vannoni non farà neanche un giorno di carcere, ma ringrazia lo stesso Guariniello perché perlomeno la verità è venuta fuori, per zittire quanti hanno speculato sul suo dolore.
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