Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
Dalla Capitale alla Toscana: Gervasi e Salera verso nuovi incarichi ecclesiastici
Nel corso della storia, la Chiesa ha spesso sperimentato un intricato legame tra potere e fede, dando luogo, talvolta, a episodi di ambiguità e autoritarismo. Questo aspetto sembra oggi riemergere nel cuore del Vicariato di Roma. Le recenti riforme istituzionali promosse da Papa Francesco, culminate nella Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione del gennaio 2023, avevano l’obiettivo dichiarato di rendere più trasparente e aperta la gestione ecclesiastica, allineandola ai principi di uguaglianza e democrazia. Tuttavia, alcune voci all’interno della Chiesa stessa segnalano che queste modifiche normative potrebbero avere l’effetto opposto, aprendo le porte a una gestione autoritaria.
Il nuovo assetto, che ha sostituito la precedente costituzione Ecclesia in Urbe, ha subito suscitato critiche per le sue contraddizioni. Nel dicembre 2023, Papa Francesco ha approvato un nuovo Regolamento Generale del Vicariato, destinato a chiarire e applicare In Ecclesiarum Communione, ma che non è stato pubblicato ufficialmente. Questo silenzio istituzionale ha generato molteplici interrogativi e sospetti sulla reale natura della riforma, spingendo alcuni a vedere in essa un possibile rafforzamento del potere centrale, concentrato nelle mani del Vicario, Mons. Baldo Reina.
In questo contesto di trasformazioni, sembra che Mons. Dario Gervasi potrebbe essere presto destinato a Grosseto, mentre Mons. Daniele Salera sarebbe in procinto di trasferirsi a Siena per supportare il Cardinale Lojudice, rafforzando la presenza di figure di rilievo nelle diocesi toscane.
Il Ritorno della “Legge ad Personam”?
Un punto particolarmente critico della nuova gestione risiederebbe in quella che alcuni definiscono una sorta di “legge ad personam”, applicata in ambito ecclesiastico per favorire certe figure o escluderne altre da ruoli chiave. Questo principio, associato al clientelismo, desta preoccupazione in quanto sembra contrastare con l’idea di uguaglianza proclamata dalla Chiesa stessa e dai valori democratici. Il potenziale accentramento del potere e l’assegnazione di incarichi specifici a figure già consolidate all’interno del Vicariato di Roma alimentano dubbi circa l’effettiva apertura e trasparenza che la riforma avrebbe dovuto portare.
Riorganizzazioni e possibili conseguenze
Le riforme non si limitano alla riorganizzazione dei ruoli, ma interessano anche la struttura di controllo all’interno del Vicariato. Tra le modifiche previste, si vocifera che Mons. Reina possa ottenere poteri simili a quelli previsti in Ecclesia in Urbe, e che l’eliminazione della Commissione Indipendente di Vigilanza, istituita per garantire trasparenza e giustizia, sia ormai all’orizzonte. La soppressione di alcuni ruoli, come quello dei vescovi ausiliari e dei direttori, potrebbe accentrare ulteriormente la gestione della Diocesi nelle mani di pochi.
Le reazioni a questa “retro-riforma” vanno oltre le semplici divergenze normative, ponendo questioni più ampie di equità e coerenza rispetto ai valori fondanti della Chiesa. Invece di promuovere una distribuzione del potere che rispecchi i principi evangelici, il Vicariato potrebbe andare incontro a un’involuzione, trasformandosi in una struttura accentrata e chiusa. Se i timori legati a un nuovo autoritarismo trovassero conferma, questa riforma rappresenterebbe un momento delicato per la Chiesa, chiamata a rispondere delle proprie scelte nel rispetto della trasparenza e dell’uguaglianza che predica.
Correlati