Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, quando l’rpg diventa “action”

Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è uno spin-off della celebre saga, disponibile per le console della famiglia Xbox, PlayStation e Pc, con cui Square Enix ha voluto celebrare il 35esimo anniversario della saga. Il titolo il prodotto ideato dall’estroso Tetsuya Nomura e sviluppato dal rinomato Team Ninja di Koei Tecmo Games reinterpreta in chiave action la prima “fantasia finale” del 1987, preservandone la mitologia e alcuni elementi chiave. Ci teniamo a sottolineare che Stranger of Paradise non è un remake action del primo storico capitolo di Final Fantasy. Al contrario, rappresenta una libera interpretazione di un periodo antecedente a quella storia, che richiama buona parte degli archetipi del capostipite, ma che va a modificare rapporti, connessioni, anche alcuni elementi della lore. La storia del gioco si sviluppa in un mondo che ha smarrito la propria luce. Quattro Cristalli governano i quattro elementi principali, e la città di Cornelia è amministrata da una famiglia reale che da generazioni mantiene un flebile equilibrio tra le forze. L’entità Chaos tenta disperatamente di portare l’oscurità nel mondo e un’antica profezia recita che saranno i quattro Guerrieri della Luce a riportare la pace sconfiggendo Chaos. In questa classica trama nipponica fatta di cristalli, luce e oscurità, i giocatori faranno la conoscenza di Jack, che per qualche motivo inizialmente non ben definito percepisce dentro di sé la necessità di sconfiggere Chaos. È in possesso di uno dei quattro cristalli degli elementi e nel giro di una manciata di secondi stringe una solida e vicendevole amicizia con Jed e Ash, entrambi possessori di cristalli che lo seguiranno ovunque vada. Sfortunatamente Stranger of Paradise è un titolo che non brilla per scrittura ed è spesso accompagnato da dialoghi di caratura non certamente elevata e da una regia che alterna momenti chiari alla totale confusione. Tutto l’arco narrativo si risolve in una manciata di colpi di scena che vengono lanciati col contagocce nel corso dell’avventura, ma che poi esplodono tutti insieme da un determinato momento in poi. Per questo motivo, al netto di una scrittura dimenticabile, l’intreccio riesce comunque a interessare e a generare qualche momento di stupore in chi gioca. Nel corso della ventina di ore necessarie a portare a termine le missioni principali bisognerà sforzarsi di “credere” nell’insieme di elementi poco chiari che si riversano sullo schermo, in attesa delle principali rivelazioni su Jack e sul suo gruppo di amici, ai quali si aggiungono ben presto Neon e Sophie. Insomma, al netto di riferimenti e strizzate d’occhio ai vecchi appassionati della serie, Stranger of Paradise non verrà di certo giocato per la qualità della narrazione. Trattandosi di un titolo “action” una volta avviato il gioco c’è la possibilità di scegliere il livello di difficoltà dal menù iniziale. Questo di per sé non rappresenterebbe certo un problema, ma sfortunatamente la situazione diventa difficile per quanto riguarda il bilanciamento dell’esperienza che mette i giocatori di fronte a un action mediamente molto facile e che ha degli improvvisi e sporadici picchi di difficoltà. Per quanto riguarda la struttura, Stranger of Paradise è un titolo che si basa su una corposa quantità di missioni, scollegate tra logo e raggiungibili tramite un mappamondo che mostra le diverse regioni del continente. Tali missioni suggeriscono fin da subito il livello consigliato per essere affrontate, una dettagliata serie di ricompense conquistabili e una descrizione di quanto accaduto fino a quel momento e di quel che i protagonisti dovranno affrontare in battaglia. Una volta in gioco si affronteranno una serie infinita di avversari presi di peso dalla storia di Final Fantasy fino a completare una mappa che porterà inevitabilmente al boss che conclude la missione. Conquistata la vittoria si tornerà al mappamondo e via così fino ai titoli di coda. Niente open world, nessun hub centrale, né tantomeno altri personaggi con cui confrontarsi – se si esclude una meccanica piuttosto anacronistica che permette d’intrattenersi in alcuni dialoghi con gli abitanti di Cornelia direttamente dal menù del mappamondo.

Dal punto di vista della giocabilità, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin prende in prestito la formula già vista in Nioh e vi innesta una manciata di elementi tipici di Final Fantasy, come appunto le classi e le magie. Rigorosamente in tempo reale, il sistema di combattimento vedrà il giocatore assumere il controllo del solo Jack, che però potrà essere affiancato da due dei quattro compagni selezionabili e affidati all’intelligenza artificiale. Rispetto a Nioh, il protagonista del nuovo action RPG presenta tre diverse barre, rappresentate da energia, punti magia e logoramento: se le prime due non richiedono alcuna spiegazione, la terza si svuota quando si subiscono degli attacchi e una volta consumata del tutto induce un Crollo temporaneo, ossia uno stato in cui Jack rimane indifeso per diversi secondi e oltretutto vede ridurre i propri PM massimi. Paragonabile alla postura di Sekiro, quella del logoramento è una meccanica che il protagonista può sfruttare a proprio vantaggio per annientare in fretta e furia i suoi avversari, in quanto tutte le creature del bestiario possono essere indotte in stato di Crollo: aggredendo i nemici alle spalle o colpendoli ripetutamente per ridurre la barra del logoramento, Jack ha la facoltà di avvicinarsi al bersaglio ed eseguire un cosiddetto “Impeto Spirituale”, ovvero un potente colpo di grazia che pone fine alla vita del malcapitato e al contempo ripristina i PM dell’eroe. Frantumando i mostri cristallizzati con Impeto Spirituale e assorbendo la loro forza vitale, è infatti possibile incrementare a dismisura i PM massimi del protagonista, che tuttavia tornano ai valori standard in caso di sconfitta. Con tutta probabilità si tratta della meccanica più utile e importante dell’intero pacchetto, anche perché questa innesca una furiosa sequenza animata durante la quale il Guerriero della Luce diventa brevemente invulnerabile: pertanto, il suo abuso può essere determinante nelle sequenze più concitate e in presenza di molti avversari, che in caso contrario lo circonderebbero per colpirlo da più direzioni. Non meno interessante è anche la meccanica dello “Scudo Spirituale”, che a differenza del “parry” tradizionale consuma la barra del logoramento per travolgere e intimorire gli oppositori circostanti con una rapida ondata di energia. Tra l’altro, se eseguita con il giusto tempismo, questa non blocca soltanto gli attacchi in entrata, ma ripristina i PM e facilita i contrattacchi, consentendo a Jack di apprendere le “Abilità Istantanee”: tecniche nemiche che, una volta prese in prestito, non consumano punti magia e hanno un limitato numero di attivazioni, ragion per cui è consigliabile conservarle e impiegarle al momento più opportuno. Alle suddette soluzioni ludiche si aggiunge poi quella del Lux, una meccanica che sacrifica diversi segmenti della barra PM per scatenare un rabbioso power-up che infligge maggiori danni logoranti alle creature circostanti e assorbe in automatico i mostri annientati. A differenza di Nioh e delle produzioni di matrice soulslike cui questo era ispirato, non solo Final Fantasy Origin appare piuttosto accessibile anche a difficoltà Dinamica, ma gli sviluppatori hanno per giunta deciso di andare incontro ai neofiti del genere, includendo un selettore di difficoltà che appunto permette di incrementare o abbassare a dismisura il livello di sfida. Pertanto, se gli appassionati di esperienze proibitive come quelle alla From Software troveranno pane per i loro denti soltanto in modalità Difficile e Caotica, al contrario Dinamica e Narrativa andranno incontro alle esigenze di neofiti, azzerando il rischio di rimanere bloccati. Al netto di qualche picco improvviso e vertiginoso, il bilanciamento complessivo della difficoltà è inflazionato pure dalla presenza dei compagni, che a differenza di quanto accadeva nella prima demo di Stranger of Paradise tendono ad attaccare con maggior grinta e ad annientare da soli qualsiasi minaccia, boss inclusi.

Il sistema di combattimento di Final Fantasy Origin è supportato da un sistema di classi che spalanca le porte a una notevole stratificazione ludica: suddivise in tre categorie (base, avanzate e supreme), le classi del titolo mutano radicalmente i pattern di attacco e le skill del Guerriero della Luce, in quanto ognuna di esse dispone di un proprio albero delle abilità in cui sbloccare tecniche e talenti unici. Sono disponibili ben 28 categorie (chiamate job) e dopo averle provate tutte possiamo dire con assoluta certezza che non ci sono job più efficaci di altri: dal momento che ciascuno di essi è caratterizzato da punti di forza unici e altrettante debolezze, la loro fruttuosità in battaglia è stabilita soltanto dallo stile personale e dall’approccio adottato dall’utente. Se ad esempio il Samurai è la classe perfetta per chi ama realizzare lunghe catene di combo, il Ladro è l’unico job in grado di rubare le Abilità Istantanee in qualsiasi momento, mentre il Ronin privilegia gli attacchi a sorpresa. Ancora, se mestieri prettamente melee come il Lanciere o lo Schermidore sono indicati a coloro che provano maggiore soddisfazione in mischia, le svariate classi magiche esaltano il combattimento a distanza e possono lanciare fenomenali incantesimi ad area, ad eccezione del Mago Rosso, che al contrario utilizza sia attacchi corpo a corpo che a lunga gittata. Allo scopo di valorizzare sperimentazione e diversificazione, lo sviluppatore ha ben pensato di implementare il “cambio di assetto”, che attraverso la semplice pressione di un casto consente a Jack di passare da un job all’altro e di modificare istantaneamente l’intero equipaggiamento. In questo modo, il giocatore può impostare due classi contraddistinte da talenti diametralmente opposti e alternarle a seconda delle necessità, sfruttando a proprio vantaggio le rispettive peculiarità e al contempo i punti deboli degli avversari. Va infatti detto che diverse categorie di mostri sono particolarmente resistenti agli assalti fisici, mentre altri cadono con maggior rapidità se tempestati con attacchi magici o armi laceranti. Questo non solo incentiva l’utente a padroneggiare parecchie classi e armi diverse, ma l’alternanza diventa a tutti gli effetti una necessità primaria per potersi adattare di continuo alle diverse caratteristiche delle creature affrontate. Tuttavia, se da una parte la presenza di 28 classi diverse agevolano la diversificazione, dall’altra la troppa carne al fuoco spinge a cambiare job subito dopo aver completato l’albero della abilità associato. Saltando da un job all’altro, Stranger of Paradise non concede quindi il tempo necessario per assimilare a dovere i singoli talenti delle stesse, che molto spesso finiscono invece per non essere utilizzati affatto. Per quello che concerne l’aspetto estetico, giocato su Xbox Series X in modalità Performance, il titolo incappa di tanto in tanto in cali di frame rate leggeri quanto inspiegabili, specie se si considera la semplicità dei modelli poligonali e la povertà delle texture che ne tradiscono la natura cross-gen. Rinunciando a una maggiore fluidità per incrementare i dettagli grafici, la modalità Risoluzione restituisce invece una nitida immagine in Ultra HD. La vera lacuna del nuovo gioco di Square Enix va però ricercata nel character design: laddove l’efficace monster design ha portato sui nostri schermi delle fiere minacciose e degne di Final Fantasy, il design dei protagonisti risulta terribilmente anonimo e sottotono. Se a questo si aggiunge la grossolana espressività facciale e un lip-sync spesso assente, la data cornice tecnica di Stranger of Paradise lascia piuttosto interdetti. La situazione migliora non poco sul versante sonoro, grazie alla presenza di un accompagnamento musicale puntuale e variegato, che propone interessanti riarrangiamenti dei motivetti più apprezzati di tutta la saga. Passando al doppiaggio, durante i nostri test abbiamo preferito la voce giapponese a quella inglese, poiché meglio recitata e sorretta da accostamenti vocali più azzeccati. Sono invece i testi in italiano ad averci fatto storcere il naso, a causa di scelte di adattamento opinabili e dell’eccessivo ritardo con cui i sottotitoli appaiono sullo schermo. Tirando le somme possiamo dire che Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è un esperimento riuscito solo in parte. La sceneggiatura carente e il comparto tecnico anacronistico, senza dimenticare una direzione artistica svogliata, sono in questo caso controbilanciati da un sistema di combattimento stratificato e in buona parte mutuato da Nioh. Il piatto forte dell’intero pacchetto è certamente rappresentato dalla frenesia dell’azione e dalla profondità strategica offerta dal cambio di Assetto, che attraverso la pressione di un tasto muta completamente l’equipaggiamento e le capacità del protagonista Jack, consentendogli di adattarsi a qualsiasi situazione. Complice un livello di difficoltà tarato verso il basso, ne consigliamo l’acquisto a coloro che fino a questo momento si sono tenuti alla larga dai “soulslike”, poiché intimiditi dal livello di sfida elevato che contraddistingue il genere. Col supporto dei compagni e del selettore di difficoltà, al contrario Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin potrebbe essere l’occasione perfetta per cimentarsi con qualcosa di nuovo e ampliare i propri orizzonti videoludici. In ogni caso, se si è fan della serie e si vuole provare qualcosa di diverso dal solito, consigliamo vivamente di giocare questo titolo in quanto, nonostante i limiti descritti, rappresenta comunque un’esperienza divertente e assolutamente inedita nell’universo di Final Fantasy.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Gameplay: 8

longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise