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Sulla Roma-Viterbo si viaggia con la porta aperta: ecco il video

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Tempo di lettura < 1 minuto L’episodio è stato impresso nel video girato da un passeggero

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È un grave inconveniente tecnico quanto capitato su di un treno extraurbano della ferrovia regionale Roma-Viterbo in gestione all’Atac, immortalato nel video diffuso sul gruppo facebook del Comitato Pendolari Roma Nord. E diventato subito virale. Ovviamente. Le immagini sono chiare, inequivocabili, e mostrano un convoglio, serie Alstom, in forza al parco rotabili della linea, marciare spedito con la porta spalancata.

Secondo l’autore del video, l’episodio è avvenuto giovedì pomeriggio, 28 novembre, durante la corsa partita alle ore 16 da Piazzale Flaminio e diretta a Sant’Oreste. Sul treno 200, facendo un rapido confronto con l’orario generale diffuso, nei canali ufficiali, dall’Azienda Capitolina, mentre transitava nella tratta urbana, e, precisamente, nel percorso da Saxa Rubra in poi. Inevitabili le polemiche e lo scalpore suscitato, data la singolarità e la pericolosità del caso.

Che una porta si possa guastare e rimanere aperta è ammissibile, magari a causa di una bottiglietta finita incautamente tra i leveraggi del predellino, ma che un convoglio continui a camminare in quelle condizioni è veramente assurdo. Cos’è accaduto? Perché il sistema di sicurezza non è intervenuto togliendo la trazione? E perché il personale non si è accorto di nulla? Si era accesa la spia sul cruscotto del banco di guida e quella sulla fiancata del treno?

Tra le incognite che si accavallano, soltanto una sembra avere una spiegazione logica. All’inizio del video si vede un passeggero pigiare più volte il pulsante dell’interfono, ma senza riuscire a mettersi in contatto con la cabina. Questo perché prima ancora di premere, avrebbe dovuto girare la “leva di emergenza”, collocata sopra la porta, che avrebbe azionato un cicalino in cabina e aperto la conversazione con il macchinista e capotreno. Ma anche con il solo allarme, il personale sarebbe stato comunque obbligato a fermarsi all’istante.

Costume e Società

Predappio, chiude lo storico ristorante “Del Moro”: un addio che profuma di tagliatelle al ragù e ricordi

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Dopo quasi mezzo secolo, una delle trattorie simbolo della cucina romagnola abbassa le serrande, lasciando dietro di sé un’eredità di amore e tradizione

A Predappio, tra le dolci colline dell’Appennino forlivese, c’è un luogo che racchiude il calore di una casa e i sapori di un tempo che sembra non voler svanire: il Ristorante Del Moro.

Da quasi mezzo secolo, Rino e sua moglie accolgono i clienti con sorrisi sinceri e una cucina che profuma di tradizione, diventando un punto di riferimento per chiunque abbia voglia di gustare la vera cucina romagnola.

Il signor Rino

Eppure, questo angolo prezioso di storia e sapori si appresta a chiudere i battenti entro dicembre, con un misto di nostalgia e gratitudine.

Il ristorante è famoso per le sue tagliatelle al ragù, fatte in casa seguendo una ricetta tramandata da generazioni. Ogni piatto, preparato con maestria e passione, racconta di mattinate trascorse a impastare e di profumi che si diffondono lentamente, avvolgendo ogni angolo della sala. Il rumore delle posate che si mescola alle risate dei clienti, il tintinnio dei bicchieri di un ottimo vino rosso locale, e la voce gentile di Rino che chiede: “Tutto bene?” sono ricordi che chiunque abbia varcato la soglia del Ristorante del Moro porta con sé.

Dietro a ogni pietanza c’è l’amore di una coppia che ha dedicato la propria vita a mantenere viva una cucina autentica, lontana dalle mode e vicina al cuore. Una conduzione familiare impeccabile, fatta di piccoli gesti e attenzioni, dove la cortesia è un ingrediente invisibile che arricchisce ogni portata.


Ma, dopo 48 anni di instancabile lavoro, Rino e sua moglie sentono che è giunto il momento di “passare il testimone”. “È arrivato il tempo di godersi un po’ di riposo, di riscoprire la vita senza orari e di lasciare spazio a nuove energie,” ha detto Rino con un sorriso, forse velato da un pizzico di malinconia.

La domanda che ora riecheggia tra i tavoli della trattoria è: chi prenderà in mano questa eredità? Chi avrà la forza e la passione per continuare a custodire un patrimonio che non è solo gastronomico, ma anche umano e culturale?

La speranza è che una giovane coppia del posto decida di raccogliere questa sfida, portando avanti non solo le ricette, ma l’anima di un luogo dove il tempo sembra fermarsi, e il cibo è una carezza al cuore.

Predappio si appresta a salutare un pezzo della sua storia, con la certezza che il profumo delle tagliatelle al ragù, l’ospitalità di Rino e il calore di quei momenti a tavola rimarranno impressi per sempre nella memoria collettiva. Perché il Ristorante “Del Moro” non è stato solo un ristorante, ma una casa per chiunque vi entrasse, anche solo per una sera.

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Editoriali

Vicariato di Roma: nuove riforme o ritorno all’autoritarismo? [INCHIESTA #5]

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Dalla Capitale alla Toscana: Gervasi e Salera verso nuovi incarichi ecclesiastici

Nel corso della storia, la Chiesa ha spesso sperimentato un intricato legame tra potere e fede, dando luogo, talvolta, a episodi di ambiguità e autoritarismo. Questo aspetto sembra oggi riemergere nel cuore del Vicariato di Roma. Le recenti riforme istituzionali promosse da Papa Francesco, culminate nella Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione del gennaio 2023, avevano l’obiettivo dichiarato di rendere più trasparente e aperta la gestione ecclesiastica, allineandola ai principi di uguaglianza e democrazia. Tuttavia, alcune voci all’interno della Chiesa stessa segnalano che queste modifiche normative potrebbero avere l’effetto opposto, aprendo le porte a una gestione autoritaria.

Il nuovo assetto, che ha sostituito la precedente costituzione Ecclesia in Urbe, ha subito suscitato critiche per le sue contraddizioni. Nel dicembre 2023, Papa Francesco ha approvato un nuovo Regolamento Generale del Vicariato, destinato a chiarire e applicare In Ecclesiarum Communione, ma che non è stato pubblicato ufficialmente. Questo silenzio istituzionale ha generato molteplici interrogativi e sospetti sulla reale natura della riforma, spingendo alcuni a vedere in essa un possibile rafforzamento del potere centrale, concentrato nelle mani del Vicario, Mons. Baldo Reina.

In questo contesto di trasformazioni, sembra che Mons. Dario Gervasi potrebbe essere presto destinato a Grosseto, mentre Mons. Daniele Salera sarebbe in procinto di trasferirsi a Siena per supportare il Cardinale Lojudice, rafforzando la presenza di figure di rilievo nelle diocesi toscane.

Il Ritorno della “Legge ad Personam”?

Un punto particolarmente critico della nuova gestione risiederebbe in quella che alcuni definiscono una sorta di “legge ad personam”, applicata in ambito ecclesiastico per favorire certe figure o escluderne altre da ruoli chiave. Questo principio, associato al clientelismo, desta preoccupazione in quanto sembra contrastare con l’idea di uguaglianza proclamata dalla Chiesa stessa e dai valori democratici. Il potenziale accentramento del potere e l’assegnazione di incarichi specifici a figure già consolidate all’interno del Vicariato di Roma alimentano dubbi circa l’effettiva apertura e trasparenza che la riforma avrebbe dovuto portare.

Riorganizzazioni e possibili conseguenze

Le riforme non si limitano alla riorganizzazione dei ruoli, ma interessano anche la struttura di controllo all’interno del Vicariato. Tra le modifiche previste, si vocifera che Mons. Reina possa ottenere poteri simili a quelli previsti in Ecclesia in Urbe, e che l’eliminazione della Commissione Indipendente di Vigilanza, istituita per garantire trasparenza e giustizia, sia ormai all’orizzonte. La soppressione di alcuni ruoli, come quello dei vescovi ausiliari e dei direttori, potrebbe accentrare ulteriormente la gestione della Diocesi nelle mani di pochi.

Le reazioni a questa “retro-riforma” vanno oltre le semplici divergenze normative, ponendo questioni più ampie di equità e coerenza rispetto ai valori fondanti della Chiesa. Invece di promuovere una distribuzione del potere che rispecchi i principi evangelici, il Vicariato potrebbe andare incontro a un’involuzione, trasformandosi in una struttura accentrata e chiusa. Se i timori legati a un nuovo autoritarismo trovassero conferma, questa riforma rappresenterebbe un momento delicato per la Chiesa, chiamata a rispondere delle proprie scelte nel rispetto della trasparenza e dell’uguaglianza che predica.

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Castelli Romani

Conflitti d’interesse e influenze familiari: il sistema Romagnoli nel Lazio

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Le vicende singolari di Carlo Romagnoli, figura di spicco nella Banca Popolare del Lazio, sembrano avere lo stesso tenore di quelle di suo figlio, Efrem Romagnoli, ex presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Latina.

Carlo Romagnoli è stato coinvolto in polemiche riguardanti conflitti d’interesse legati alla sua posizione nella Banca Popolare del Lazio, complicando ulteriormente la sua reputazione. Mentre Efrem è stato appena condannato per l’indebita assegnazione dello stabilimento Belvedere a Nettuno, un caso che ha sollevato interrogativi sulla gestione degli appalti e sull’influenza che le famiglie locali esercitano in ambiti professionali e giuridici.

Efrem Romagnoli ha ricoperto un ruolo predominante nell’Ordine dei Commercialisti per anni, consolidando una sorta di “feudo” familiare in un’area già notoriamente influenzata da reti di potere.

Dopo la sua presidenza, la sorella Raffaella ha preso il testimone, diventando la prima donna a guidare l’Ordine dei Commercialisti di Latina, il che evidenzia la continuità della presenza della famiglia in posizioni chiave. Questo legame familiare non solo solleva domande su un sistema con dinamiche che ricordano gli eredi al trono di sua maestà, ma evidenzia anche l’importanza di comprendere come le reti professionali e familiari possano influenzare le decisioni politiche e giuridiche in un contesto locale già critico.

In aggiunta, la presunta connessione tra Efrem Romagnoli e il giudice Lollo, noto per le sue controversie, alimenta sospetti su possibili collusioni all’interno del sistema giudiziario di Latina, dove i Romagnoli hanno accumulato innumerevoli incarichi. Questo scenario pone una questione cruciale: fino a che punto le dinamiche familiari possono influenzare la giustizia e la trasparenza in un territorio già segnato da scandali?

La situazione solleva interrogativi sul futuro della Banca Popolare del Lazio e sull’integrità delle istituzioni professionali e giuridiche locali, creando un quadro complesso di relazioni e responsabilità che merita un attento scrutinio. La vicenda Romagnoli non è solo una questione personale, ma riflette una più ampia rete di potere che coinvolge il settore bancario e il sistema giudiziario della provincia di Latina. Del resto, spesso per mantenere buoni gli equilibri, vige ormai una sorta di pratica consolidata delle assunzioni dei figli di personaggi chiave del mondo politico finanziario e giudiziario.

Ma chi è Carlo Romagnoli? È il padre di Efrem che è stato appena condannato e (in pratica Efrem curatore della confisca dello stabilimento balneare di Nettuno Belvedere, Efrem Romagnoli, sottratto in via definitiva a Fernando Mancini, è stato condannato dal Tribunale di Velletri per l’assegnazione dell’area demaniale, senza il consenso dello Stato ad un gestore di origine Campana. Il curatore, oltre alla condanna con sospensione della pena è stato condannato al pagamento di una multa di 1800 euro circa ed è stato rimosso dall’incarico della gestione dei beni di Mancini passati allo Stato) ha avuto un ruolo di rilievo nella Banca Popolare del Lazio, ricoprendo la carica di Presidente del Collegio Sindacale. Poi dopo alcuni fatti che lo hanno visto indagato c’è stato il passaggio di testimone da Carlo Romagnoli, ex presidente del Collegio Sindacale della Banca Popolare del Lazio, a sua figlia nel consiglio di amministrazione. Una mossa che ha sollevato dubbi sulla trasparenza e sull’equità della governance all’interno dell’istituto. Romagnoli, che ha guidato il Collegio per oltre due decenni, si è dimesso nel 2023, lasciando aperta una posizione strategica, mentre la banca affrontava polemiche per possibili conflitti di interesse. La nomina di sua figlia, che ha seguito le dimissioni di massa di alcuni membri del consiglio, è stata interpretata da alcuni come una mossa per mantenere il controllo familiare all’interno della banca, attirando critiche sull’assenza di una gestione indipendente e trasparente.
Le sue dimissioni sono state annunciate dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, Edmondo Maria Capecelatro, che ha ringraziato Romagnoli per il suo lungo servizio.
Inoltre Romagnoli e Giancarlo Natalizia della Natalizia Petroli, società cliente della BPl, non hanno brillato per dichiarazioni di conflitti d’interesse.

I collegamenti tra Carlo Romagnoli e Giancarlo Natalizia all’interno della Banca Popolare del Lazio hanno evidenziato infatti conflitti d’interesse legati alle posizioni occupate da entrambi e alle loro relazioni di affari. Romagnoli, presidente del Collegio Sindacale, ha supervisionato il lavoro del consiglio di amministrazione mentre Alessandro Natalizia, figlio di Giancarlo Natalizia (figura di spicco nella banca e presidente della Natalizia Petroli), è stato socio e amministratore della stessa Natalizia Petroli. Questo legame si è complicato ulteriormente quando Alessandro ha assunto posizioni in banca, sollevando dubbi sul conflitto d’interessi per la supervisione incrociata delle loro attività, vista anche la storica presenza della Natalizia Petroli come uno dei principali clienti della banca.

E non è una novità che le dinamiche interne alla banca sono state ulteriormente esacerbate quando la figlia di Romagnoli è stata inserita nelle liste per il Consiglio di amministrazione, una mossa che secondo alcune fonti sembra aver avuto il doppio intento di soddisfare requisiti di rappresentanza di genere e al contempo preservare l’influenza delle famiglie Romagnoli e Natalizia all’interno della struttura di governance della banca. Le preoccupazioni riguardo alla trasparenza e al controllo reciproco hanno suscitato critiche esterne, complicate anche dalle dimissioni di massa dell’amministrazione della banca.

Queste connessioni e il delicato equilibrio di potere tra le famiglie suggeriscono che i conflitti d’interesse nella gestione della banca vadano oltre semplici legami professionali, con implicazioni che potrebbero influenzare anche le scelte strategiche dell’istituto. Un istituto che storicamente chiude il bilancio in attivo ma che clamorosamente invece quest’anno ha chiuso il bilancio in perdita e questo ha implicato la mancanza distribuzione di premi di produzione al personale, riducendo il loro incentivo economico e influenzando negativamente il morale dei lavoratori. Inoltre, le riserve patrimoniali della banca potrebbero rischiare di essere intaccate per coprire le perdite, riducendo la capacità della banca di investire o offrire nuovi servizi.

Questi fatti rischiano seriamente di compromettere la fiducia dei soci e dei clienti, oltre a ridurre la competitività sul mercato.

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