Afroamericano morto sotto la custodia della polizia: scontri alla Casa Bianca. Trump trasferito nel bunker sotterraneo

Sono una cinquantina gli agenti del Secret Service rimasti feriti nel corso degli scontri nella notte fra domenica e lunedì vicino alla Casa Bianca durante le manifestazioni per George Floyd, l’afroamericano morto sotto la custodia della polizia. Scontri violenti che hanno spinto gli agenti del Secret Service a trasferire Donald Trump nel bunker sotterraneo della Casa Bianca per un breve lasso di tempo venerdì. Diversi monumenti di Washington sono stati sfregiati con scritte anche al National Mall
Secondo quanto riferisce la Cnn, sono circa 4.000 le persone arrestate finora nelle proteste degli ultimi giorni.

Un uomo è stato ucciso a Louisville durante le proteste per George Floyd, l’afroamericano morto durante l’arresto a Minneapolis. Secondo quanto riportato dai media americani, fra i quali Abc e Cbs, l’uomo è morto dopo che la polizia e la Guardia Nazionale del Kentucky hanno “risposto al fuoco” per disperdere la folla. Il capo della polizia di Louisville, Steve Conrad, non chiarisce chi abbia sparato il colpo fatale. Le autorità non hanno per ora rilasciato neanche informazioni sulla vittima.
Morti anche in Iowa: due persone sono state uccise e un agente è rimasto ferito in una sparatoria a Davenport. Il capo della polizia locale, Paul Sikorski, ha riferito in una conferenza stampa che tre agenti hanno subito un agguato mentre erano in pattugliamento e che vari colpi d’arma da fuoco hanno colpito la loro auto e uno di loro, che tuttavia non è in pericolo di vita, è rimasto ferito. La polizia ha poi arrestato diverse persone che fuggivano dalla scena a bordo di un’auto.
Anche mentre crescono le tensioni tra forze dell’ordine e manifestanti, alcuni dirigenti di polizia e agenti si sono uniti ai dimostranti in segno di solidarietà. A volte chinandosi su un ginocchio – un atto di protesta popolare nel mondo sportivo americano per denunciare le iniquità razziali – come hanno fatto due agenti nel Queens, a New York, rimanendo in cerchio mentre venivano letti i nomi di altri afroamericani uccisi dalla polizia, come Trayvon Martin e Philando Castile. In Michigan lo sceriffo della contea di Genesee Chris Swanson ha marciato con i dimostranti, come pure il capo della polizia di Norfolk, in Virginia. In ginocchio anche alcuni agenti al Lafayette Park nella capitale, davanti alla Casa Bianca, a Miami e a Santa Cruz. Tutti episodi circolati sui social e diventati virali.
Mentre oggi, a Minneapolis, comparirà in tribunale Derek Chauvin, l’agente incriminato per l’uccisione di Floyd, in molte località degli Stati Uniti è andata in scena la sesta giornata di proteste, in alcuni casi anche fino a notte fonda. Coprifuoco in 40 città, con la Guardia nazionale mobilitata in 15 Stati. In totale nel weekend, secondo un bilancio del Washington Post, la polizia ha arrestato 2.564 persone, un quinto circa delle quali a Los Angeles. Le accuse includono la violazione del coprifuoco, furto e danneggiamento. A New York, invasa da migliaia di manifestanti, tra gli arrestati di sabato c’è stata anche Chiara de Blasio, figlia del sindaco della città.
Intanto, il presidente Donald Trump (che oggi terrà una videoconferenza con i governatori degli Stati, i rappresentanti delle Forze dell’ordine e i dirigenti della sicurezza nazionale), ha rilanciato su Twitter uno degli slogan della destra usato a fine anni Sessanta dall’allora candidato presidenziale Richard Nixon e da Ronald Reagan, all’epoca governatore della California: “Ordine e legge”. Il presidente, che venerdì all’inizio delle tensioni davanti alla Casa Bianca sarebbe stato condotto in un bunker sotterraneo, ha anche minacciato, sempre via Twitter, di fare intervenire l’esercito se gli amministratori locali democratici non useranno il pugno duro contro la violenza.
A Washington i tafferugli sono andati avanti fino a tarda sera davanti e nei pressi della Casa Bianca, dove la polizia ha usato i lacrimogeni e gli spray urticanti per rispondere al lancio di oggetti da parte di alcuni manifestanti, che protestavano anche contro Trump. In piazza Lafayette i dimostranti hanno acceso un grande falò, altri hanno acceso diversi piccoli roghi e danneggiato alcuni edifici. I poliziotti hanno usato diverse volte i lacrimogeni, i gas urticanti e le granate stordenti per disperdere la folla. Una volta sgomberati, i dimostranti, sfidando il coprifuoco, sono rimasti in zona e sono tornati a più riprese a fronteggiare gli agenti schierati con scudi e manganelli. Una cinquantina gli agenti del Secret Service rimasti feriti al termine degli scontri.
Tra gli episodi choc, a Minneapolis, quello dell’autocisterna lanciata ieri contro la folla di dimostranti sul cavalcavia di una superstrada che, incredibilmente, non ha provocato vittime: l’uomo che era al volante, un 35enne, è stato soccorso e arrestato dalla polizia dopo che era stato trascinato fuori dall’abitacolo dai manifestanti inferociti e picchiato. Il giudice dovrà accertare se il gesto di lanciare il mezzo contro la folla sia stato intenzionale o accidentale.
Medaria Arradondo, capo della polizia di Minneapolis, si è recato sul luogo dell’uccisione di Floyd “per rendergli omaggio”. Rispondendo in diretta sulla Cnn alla famiglia della vittima che chiede l’arresto anche degli altri tre poliziotti coinvolti, ha detto che “il silenzio e l’inazione sono complicità”. La morte di Floyd, ha aggiunto, è stata una “violazione di umanità”.
La Cina, intanto, attacca gli Stati Uniti e definisce il razzismo “una malattia cronica della società americana”. Le turbolenze manifestano “la gravità del problema del razzismo e della violenza della polizia negli Usa”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian.
Le proteste, infine, stanno coinvolgendo anche altri Paesi nel mondo: ieri, ad esempio, si sono tenute manifestazioni a Toronto, Berlino, Londra (11 arresti) e ad Auckland, in Nuova Zelanda.




Usa, agente uccide afroamericano a Milwaukee, protesta degenera in violenza

di Angelo Barraco
 
Milwaukee – Un agente di polizia spara e uccide un afroamericano armato. E’ accaduto a Milwaukee, città degli Stati Uniti nello Stato del Wisconsin. Una città che ancora oggi piange le vittime dello spietato serial killer Jeffrey Dahmer, noto come “Il cannibale di Milwaukee”. L’uccisione del ragazzo afroamericano ha portato ad una vera e propria protesta da parte dei cittadini contro la polizia e in centinaia si sono riversati in piazza. Ma la protesta è degenerata in violenza e sono state incendiate diverse auto, sono stati feriti agenti a seguito del lancio di mattoni, una stazione di servizio è stata messa in pericolo e la situazione era diventata ingestibile e le fiamme indomabili. I manifestanti hanno appiccato un incendio anche alla filiale di una banca che si trova nella zona nord della città, si tratta della banca BMO Harris che si trova vicino il luogo in cui vi sono stati gli scontri principali. Sono stati incendiati quattro edifici: una stazione di servizio, un negozio di ricambi per auto, un negozio di prodotti di bellezza e la banca appunto. Inoltre è stato saccheggiato un negozio di alimentari. Tom Barret, primo cittadino, ha chiesto alle famiglie di coloro che si trovano sul posto di “portarli a casa immediatamente”. Ma analizziamo bene i fatti che hanno portato a tutto ciò: la polizia ha fermato un auto con a bordo due ragazzi, l’autovettura si è fermata ma i due ragazzi si sono dati immediatamente alla fuga. Scatta l’inseguimento e un agente insegue uno dei ragazzi in possesso di un’arma semiautomatica. Il ragazzo afroamericano rincorso dall’agente di polizia è stato ucciso dall’agente di polizia, i motivi che hanno portato alla sua uccisione sono ad oggi tutti da chiarire. L’altro ragazzo invece è stato fermato. Malgrado i familiari del ragazzo ucciso avessero detto “Non vogliamo che nessun altro finisca in carcere o venga ferito”, quella sera è scoppiato il caos urbano. Ancora non sono chiari i motivi che hanno spinto gli agenti a fermare l’auto con a bordo i due ragazzi come non è chiaro se l’azione del poliziotto sia stata messa in atto a seguito una coercizione nei suo confronti. L’omicidio si colloca in un contesto di pregressa violenza, la polizia riferisce “Le ultime 24 ore sono state molto violente” in riferimento a cinque soggetti uccisi nel corso di omicidi e sottolinea che “Gli agenti sono in strada e si assumono rischi per la comunità con decisioni da prendere in pochi secondi”. 
 
Sangue e la violenza  New York, città multietnica e multiculturale diventa il teatro di un episodio di intolleranza religiosa. Nella moschea che si trova nel quartiere di Queens è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco un Imam mentre camminava per strada e tornava a casa al termine di una preghiera e il tutto si è svolto nei pressi della moschea  Al-Furqamm Jame Masjid a Ozone Park. Un uomo che gli stava accanto invece è stato colpito al torace. Il New York Daily sostiene che l’efferato omicidio è opera di un singolo soggetto.  Si apprende inoltre che i due uomini sarebbero stati rinvenuti a terra, un testimone inoltre avrebbe raccontato di aver udito cinque colpi. I testimoni raccontano che il killer indossava una maglietta blu scura e dopo aver sparato è immediatamente scomparso tra i vicoli della città. La polizia esclude che sia un “crimine di odio” ma tale affermazione viene data senza elementi oggettivi.