La forza delle donne: un viaggio tra Matilde Serao e le mogli dei Jihadisti

Carducci ne parlò come “la più forte prosatrice d’Italia” ma lei si definiva “una fedele ed umile cronista della memoria”. Matilde Serao, nata nel 1856 in Grecia, a Patrasso, da un esule napoletano, fu una delle penne femminili che riuscirono ad arrivare al successo. Giornalista e scrittrice, dedita fino al momento della sua morte alla carta stampata, ebbe diversi campi di spicco e fu fondatrice del giornale “Il Giorno”. La Serao, nella primavera del 1916, in pieno conflitto mondiale, pubblica una raccolta di articoli sulla guerra, usciti sul suo quotidiano «Il Giorno» dal maggio 1915 al marzo 1916. Attraverso la Grande Guerra, la giornalista elogia le donne italiane, capaci di sostituire in ogni attività gli uomini chiamati al fronte. La scrittrice sprona le donne ad accettare la guerra e le sue terribili conseguenze con spirito di cristiana rassegnazione, le conforta e le incita a continuare a lavorare e a fronteggiare le difficoltà del conflitto. Di grande interesse appaiono gli articoli che ritraggono, in tono documentaristico e bozzettistico, l’ambiente popolare napoletano.

La guerra fornisce alla Serao molto materiale utile per celebrare il mito della donna italiana, virtuosa, onesta, lavoratrice. Lasciate improvvisamente sole dagli uomini chiamati al fronte, fidanzate, mogli e madri si rimboccano le maniche in una situazione di sofferenza inensa e imparano ad affrontare una nuova condizione che segna l’avvio del processo di emancipazione femminile e della decadenza della società patriarcale italiana. La lontananza degli uomini permette a molte donne di mostrare le proprie capacità e le proprie qualità e spesso .
In uno dei suoi articoli leggiamo: “Pur in punta di piedi, cercando di non fare rumore e non recare disturbo, le vediamo in prima fila, a guidare non solo famiglie orfane di un capo, ma anche aziende, uffici, amministrazioni comunali. Per poi essere rimandate a casa, a guerra finita, senza neppure un grazie.”

Appare chiaro che l’autrice riesca a dar voce ad una categoria che, in quel tempo rimaneva in disparte sulla scena mondiale, anche se fautrice dell’evoluzione. Le donne di cui parla sono donne forti, estremamente sofisticate nei pensieri e nell’intelletto, tanto da riuscire a tirare su un intero popolo in punta di piedi.

Nello scenario contemporaneo Europeo, le donne vivono un’emancipazione sempre in crescita, dettata dall’evoluzione tecnologica e strumentale che permette un costante incremento del lavoro femminile, ma nello scenario Mondiale, le cose sono molto diverse da quello a cui siamo abituati. Donne e madri come prigioniere di guerra, anche oggi, proprio come raccontava la Serao, che in silenzio devono crescere i propri bambini, spesso già colpiti da atti terroristici, costrette a vivere sulle rovine di una città, luogo dello scontro armato che ha portato alla morte di migliaia di persone.

A Sirte, in Libia, da sempre roccaforte dell’Isis, si sono tenuti violentissimi scontri tra i Jihadisti ed i soldati del governo, che con l’aiuto di numerosi Raid aerei Americani, sono riusciti a sconfiggere i miliziani. Le donne ed i bambini, ovviamente non sono stati uccisi, mogli e figli dei Jihadisti, vivono in una casa circondariale nella stessa zona.

Una testimonianza arriva da un servizio televisivo delle Iene, nel quale si intervistano varie donne, di diverse etnie (Nigeriane, Tunisine, Senegalesi ed Egiziane) tenute prigioniere nelle carceri libiche, le quali raccontano le storie più diverse. Alcune di loro non dicono di essere state costrette a seguire i propri mariti, ma che una volta arrivate a Sirte, chiedevano di poter tornare nel paese natale, ma i mariti o, in alcuni casi i padri, glielo impedivano, costringendole a vivere nella guerriglia, sotto l’attacco di bombe. In altri casi, pare che siano state convertite all’islam e fatte sposare a dei Jihadisti in quanto orfane.

Argomento comune a tutte è la disperazione nel sapere che, etichettate come “donne della Jihad” non possono rientrare nel loro paese, in quanto gli stati in questione hanno già negato il visto, a quanto pare chi parte per paesi come Sirte o Misurata, non può tornare indietro. La Libia, devastata, allo stesso tempo non può fronteggiare la presenza di così tante persone.
L’unica colpa di molte di queste detenute è stato l’obbligo che avevano, grazie al contratto di matrimonio, del seguire i loro uomini. Come accadde nel dopoguerra per le donne di cui parlava la Serao, realizzate, alla fine, anche lavorativamente, le mogli dei Jihadisti si augurano che possano aprirsi scenari migliori insieme ai loro figli, magari in paesi appartenenti alla loro Patria.
Giulia Ventura




AGENZIA MATRIMONIALE PER GLI JIHADISTI: UNA FRANCESE E IL SUO "SAVOIR FAIRE" CON I TERRORISTI

Redazione

Faceva da 'agenzia matrimoniale' per i jihadisti: è la storia di Maeeva, una francese di 21 anni arrestata nelle scorse settimane a Parigi mentre scendeva da un aereo proveniente dalla Siria. Secondo radio RTL, che oggi rivela la notizia, la ragazza è sospettata di aver indotto numerose giovani connazionali a partire in Siria e in Iraq e sposare combattenti dello Stato Islamico (Isis). "Sono pentita", dice alla polizia. La sua storia comincia nella primavera del 2014. Maeeva, racconta RTL, arriva in Siria per impegnarsi "nell'umanitario" e vivere sotto al regime della sharia.

Conquistata dalle teorie dell'Islam radicale, si sposa un combattente jihadista e comincia a sua volta a reclutare giovani francesi grazie a una semplice connessione internet e un telefono cellulare. Dietro allo schermo dello smartphone, la ventunenne racconta la sua vita sul posto e induce tante altre ragazze a seguire l'esempio. Un servizio completo, tra consigli di cuore, istruzioni di viaggio, e la promessa di trovar loro un compagno sul posto. Ma se proprio non possono partire, allora suggerisce loro di condurre operazioni kamikaze nel territorio francese. Anche nota come Oum Zahra, la giovane è ora nelle mani della giustizia francese in attesa di giudizio. Secondo gli ultimi dati del governo di Parigi, sono circa 278 i francesi rientrati dalla Siria. Un centinaio di loro sarebbero in prigione.