Agrigento, antimafia: si costituisce un favarese

AGRIGENTO – Si è costituito il 58esimo soggetto coinvolto nella maxi retata antimafia dello scorso lunedì 22 gennaio dove i carabinieri di Agrigento hanno arrestato 56 presunti boss e affiliati di Cosa nostra. Si tratta di un favarese, 26 enne, il quale, sentendo elevata la pressione investigativa nei suoi confronti, ha deciso di consegnarsi presso la caserma dei Carabinieri di Villaseta (Ag), sede del Reparto Operativo di Agrigento. Il giovane deve rispondere dell’accusa di “Traffico di sostanze stupefacenti” aggravato dal “metodo mafioso”. E così, dopo i rilievi segnaletici, è stato ristretto agli arresti domiciliari.

 

 




AGRIGENTO, MAFIA: SGOMINATA RETE DI MATTEO MESSINA DENARO

Redazione
 
Agrigento – Un’osperazione dei Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento ha portato all’arresto di sette persone per associazione mafiosa accusate. L’operazione ha portato in carcere i presunti fiancheggiare del superboss Matteo Messina Denaro ed è stata denominata Triokola, nome antico di Caltabellotta, luogo da cui ha avuto origine l’inchiesta. A finire in manette sono stati Giuseppe Genova, su cui pende l’accusa di essere il capo della famiglia mafiosa di Burgio (Ag), Andrea e Salvatore La Puma, rispettivamente padre e figlio, Vincenzo Buscemi, Gaspare Ciaccio, Massimo Tarantino, Luigi Alberto La Scala. Gli arresti sono stati eseguiti tra Sambuca di Sicilia e Burgio. Gli inquirenti ritengono che i fiancheggiatori avrebbero “bonificato” le campagne della zona per consentire gli incontri tra i mafiosi con il presunto boss Leo Sutera, arrestato in un primo momento e poi rimesso in libertà, gli investigatori lo ritengono vicino a Matteo Messina Denaro. 



MAFIA, SEQUESTRATI BENI PER OLTRE 1 MILIONI A 5 BOSS AGRIGENTINI

Duro colpo alla mafia agrigentina. La Direzione investigativa antimafia di Agrigento ha concluso un'indagine che ha portato al sequestro e alla confisca di beni per un valore complessivo di oltre un milione e mezzo di euro, riconducibili a cinque esponenti mafiosi, tutti attualmente detenuti. I provvedimenti sono stati emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, sulla base delle indagini economico-patrimoniali effettuate dalla Dia su delega del procuratore aggiunto Bernardo Petralia.


Beni confiscati.
In particolare a Giuseppe Falsone, 44enne di Campobello di Licata, già capo di Cosa nostra agrigentina ed ex latitante tra i trenta più pericolosi, catturato a Marsiglia nel 2010, è stata confiscata un'impresa a Campobello di Licata per la coltivazione di cereali e allevamento del valore di 35.000 euro. Tredici terreni, 3 fabbricati e 4 conti, per complessivi 870.000, sono stati sequestrati a Simone Capizzi, 71enne, e al figlio Giuseppe, 48enne, elementi di spicco del clan di Ribera, il primo condannato all'ergastolo per l'omicidio del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli del 4 aprile 1992 ad Agrigento; il secondo tratto in arresto nel luglio 2006 e attualmente detenuto a seguito di sentenza definitiva che lo ha condannato a otto anni di reclusione. Poi Damiano Marrella, 67enne, esponente della cosca di Montallegro, cui sono stati sequestrati un immobile, fondi d'investimento e altri rapporti bancari per 300.000 euro. A Pasquale Alaimo, 45enne appartenente al clan di Favara, condannato a 13 anni, sono stati confiscati immobili, automezzi, polizze assicurative, libretti di deposito, fondi comuni d'investimento, un conto corrente bancario per 270.000 euro.