ANGUILLARA: COMITATO DI QUARTIERE NR 9 E DEMOCRAZIA (POCO) PARTECIPATIVA

di Simonetta D'Onofrio

Anguillara (RM) – Si sono riempiti la bocca. Hanno fatto dell’istituto dei “comitati di quartiere” il loro cavallo di battaglia, il tutto per avvicinare i cittadini alle scelte politiche del territorio. Sono stati fieri del risultato raggiunto (dopo circa tre anni e mezzo dal loro mandato elettorale), non passava giorno nel quale non vi fosse una presa di posizione forte, affinché si raggiungesse l’approvazione della cosiddetta “democrazia partecipativa”, ovvero, una forma di democrazia diretta con la quale i cittadini possono esercitare richieste, pareri su vari temi di interesse pubblico, come ad esempio l’ambiente o la gestione dei beni comuni.

Così doveva essere, direttamente ed esclusivamente funzionale allo sviluppo del senso critico e dell’opinione pubblica. Belle parole. Ma al peggio, come si dice, non c’è mai fine. Perché sta di fatto che è servita un’interrogazione consiliare, presentata lunedì 25 gennaio, dal Capogruppo “Scegliamo Italia”, Sergio Manciuria, per chiedere al Consiglio comunale, delucidazioni sui diversi fatti gravi, lesivi della dignità delle persone (tra l’altro è stata attaccata più volte la libertà di espressione, di cronaca, di critica, rivolte anche alla scrivente e a questo giornale da parte di alcuni consiglieri, per non presentare una versione edulcorata dei fatti, espressioni denunciate anche agli organi di garanzia della stampa) che denotano comportamenti poco trasparenti accaduti in questi mesi da parte del “Comitato di Quartiere 9”, quello che dovrebbe rappresentare, almeno sulla carta, i cittadini di Ponton dell’Elce, Albucceto, Colle Sabazio e La Riccia.

La decisione di presentare questa denuncia arriva personalmente da chi ha subito alcuni di questi comportamenti e che da decenni si è speso attivamente per il territorio. Ci spiega uno dei diretti interessati, che l’esigenza di portare a conoscenza i fatti nasce dopo aver chiesto ripetutamente spiegazioni e correzioni sia al consigliere Secondo Ricci, delegato ai Comitati di Quartiere e presidente del Consiglio Comunale, sia al suo collaboratore Benedetto Titocci (il quale periodicamente pubblica sul web i motivi per il quale si dovrebbe costituire un comitato di quartiere) che alla Presidente Martini e ad altri componenti del comitato stesso. Ma di risposte neanche a parlarne. A quanto pare, più bassi sono i livelli di rappresentatività, minori sono le garanzie che gli organi eletti rispettino le basilari regole democratiche.

Ma veniamo ai fatti. In un anno circa dalla costituzione del comitato oltre la metà dei componenti del direttivo non sono più nell’organico, alcuni perché hanno rassegnato le dimissioni, perché non “compatibili” con la presidenza del comitato. In un caso un consigliere è stato repentinamente allontanato dopo tre assenze (cosa che non è avvenuta con altri consiglieri forse meno antipatici). Un caso di allontanamento, inoltre, presenta elementi poco chiari.
 

Secondo il collega Silvio Rossi, membro del direttivo, colpito da un provvedimento di espulsione per “telefonate non consone”, così come le ha definite la presidente, si è reso necessario rendere pubblico alla cittadinanza, anche con l’ausilio dei media, i segnali (diversi) allarmanti elaborati dal comitato di quartiere (tanto da rendere necessario l’intervento di un’interrogazione consiliare presentata da Manciuria). Uno di essi, ad esempio, è proprio a seguito di una telefonata effettuata dalla scrivente (residente nel quartiere) che probabilmente è stata concepita dalla presidente come una “lesa maestà”, solo perché le si chiedeva di difendere gli interessi dei cittadini del quartiere.

Un deferimento che presenta numerosi aspetti discutibili. Non si rileva una ragione plausibile, se si eccettuano riferimenti a “offese” non meglio definite. Ma ciò che è meno chiaro è la risposta dei garanti, che invece di esprimere un giudizio circostanziato, rispondono con una comunicazione in cui “avalla quanto richiesto dalla maggioranza”.


La risposta è giunta senza che i garanti avessero ascoltato le ragioni della persona, nonostante ciò fosse stato richiesto e inserito nel verbale che gli stessi hanno scritto di aver preso in considerazione. Un giudizio che non sembra quindi dettato da una attenta analisi della situazione, come ha confermato una mail in cui uno dei garanti, che si è astenuto, ha chiesto di rivedere la decisione, in quanto è stata presa in sua assenza, e il foglio già scritto con la bizzarra formula di condanna, gli è stato portato da un altro garante, non chiedendogli il suo parere, ma proponendo un giudizio preconfezionato che lascia realmente molti dubbi.

Il giornalista Rossi ci sottolinea come: “Tutta la questione è fuori da ogni logica. Ho chiesto la motivazione per cui sono stato deferito, e mi è stato detto che il problema non è ciò che ho fatto io, ma tutto quanto successo all’esterno del direttivo. Sono stato deferito ai garanti, e ho chiesto di essere ascoltato. Non solo non hanno ascoltato me, ma ho saputo che neanche uno dei garanti è stato ascoltato, ma gli è stato portato solo il foglio da firmare. Inoltre i garanti possono esprimere un parere, ma l’eventuale espulsione dal direttivo avrebbe dovuto essere confermata dal direttivo. E dalla data del giudizio farsa dei garanti, il direttivo non si è più riunito ufficialmente. Ho chiesto al Presidente del Consiglio Comunale, che ha la delega ai quartieri, quale fosse la forma per ricorrere contro il giudizio dei garanti, se si riteneva questo non corretto, e mi è stato risposto che non è previsto nulla.

Quella dei Comitati di Quartiere corre quindi il serio rischio di sembrare una farsa istituzionale. Un organo che non ha le minime garanzie del rispetto delle persone, che la Costituzione riconosce, e che urla tutta la sua ingiustizia. Intanto mi sto muovendo per richiedere i danni d’immagine verso le persone responsabili delle azioni incriminate, anche verso chi in Comune ha le deleghe in materia, che doveva intervenire e se ne è praticamente lavato le mani ”.

Un'espulsione quindi, a quanto si evince, che non risponde a quanto stabilito dal regolamento comunale, ma assume i contorni di una vera e propria “epurazione”. Una “purga staliniana” per eliminare l’elemento scomodo, così come avviene quando la democrazia non viene rispettata.

Un comitato che, agli antipodi di quanto dovrebbe fare un organo di democrazia partecipata, si riunisce in maniera che potrebbe definirsi “carbonara”. Infatti, in barba al regolamento dei comitati di quartiere, che prevede la possibile presenza dei cittadini alle riunioni del direttivo, esclusi i casi di particolare riservatezza, dallo scorso ottobre ad oggi i consiglieri si sono riuniti, non si sa quando, non si sa in quale forma, non si sa per decidere cosa, dato che dopo il 15 ottobre non si trova traccia dei verbali delle riunioni (che devono essere pubblicati entro 15 giorni). Insomma, non se ne sa più nulla.

Intanto per domenica prossima 31 gennaio  2016  è stata programmata un’assemblea, della quale non sembra sia stata data la necessaria pubblicità. Non appare nulla sul sito del Comune di Anguillara, nulla neanche sul sito del del Comitato.

Per trovarne traccia in rete bisogna andare sul gruppo Facebook dello stesso, che nei suoi 274 membri annovera molte persone che non sono residenti nel quartiere. Sulle bacheche locali l’avviso è stato esposto solo giovedì 28 gennaio 2016, con tre giorni di anticipo, molti meno di quanto sono previsti dal regolamento. Regolamento evidentemente poco conosciuto dal direttivo, dato che l’avviso riporta anche un errore sull’articolo cui la riunione fa riferimento, cosa che ne determinerebbe a rigore di logica la nullità di convocazione, con il conseguente rinvio a data da destinarsi.

Cosa si deve pensare? Che la riunione indetta dalla Presidente e dal suo team intenda seguire le regole della filosofia del “meno siamo meglio stiamo” di arboriana memoria?