Roma, Atac: i grillini bocciano l’integrazione degli stipendi ai dipendenti in solidarietà

ROMA – I lavoratori di Atac SpA in cassa integrazione possono aspettare. Martedì pomeriggio, 14 aprile, l’Assemblea Capitolina ha respinto a maggioranza, 24 voti contrari e 14 favorevoli, la mozione 79/2020 a firma della consigliera Svetlana Celli. Che impegnava l’Amministrazione a «trovare le risorse necessarie a integrare l’assegno previsto dal Fondo Bilaterale» e rendere meno gravosa la vita degli autoferrotranvieri. Determinante la chiusura a riccio dei Cinque Stelle.

«E questi sarebbero gli amici dei lavoratori, non scherziamo», chiosa un dipendente della controllata Atac, «dal 2016, anno del loro insediamento in Campidoglio, siamo passati dalle 37 alle 39 ore settimanali, subito il concordato preventivo e ora la solidarietà. Verificatori e sosta sono in cassa integrazione al 100 per cento e percepiscono l’80 per cento dello stipendio base. Come fanno ad andare avanti? Questa crisi non la possiamo pagare solo noi, l’Amministrazione avrebbe dovuto attivarsi in tempo, invece vota contro».

«Stiamo vivendo un vero dramma», si sfoga una di quelle lavoratrici a casa dal 23 marzo scorso, «ci hanno lasciato con 800 euro al mese, una cifra che in tempi normali glieli riportano con 5 ore di lavoro al giorno». Duro il commento di Claudio De Francesco, Segretario della Faisa-Cisel: «Bocciare un atto del genere, che aiuta i lavoratori in difficoltà economiche, è da incapaci. Non ci sono più parole, solo parolacce per questa maggioranza. Ma tanto manca paco al voto, meno di anno e poi libereremo Roma».

La mozione poneva l’accento «sulla condizione economica di tutti i lavoratori che, stanti le necessarie misure restrittive adottate con D.P.C.M. hanno dovuto interrompere, ridurre o modificare la propria attività lavorativa», ricordava che Atac ha «attivato il Fondo Bilaterale di Solidarietà per 9 settimane e per circa 3000 unità» e, infine, evidenziava che l’assegno erogato «è drasticamente ridotto rispetto al normale stipendio, nonostante questi lavoratori siano stati enormemente esposti al rischio di contagio, anche più di altri lavoratori di altri settori produttivi».

Considerato inoltre che «in data 24 marzo la Regione Lazio ha approvato la DGR di trasferimento ad Atac della quota prevista dal Fondo Nazionale», circa 240milioni di euro, e che «l’Amministrazione possa e debba prevedere delle misure straordinarie di intervento e regolamentazione e di sostegno», il documento impegnava Sindaca e Giunta «a ricercare le risorse necessarie ad integrare l’assegno previsto dal Fondo Bilaterale di Solidarietà in modo da rendere meno gravosa la ripercussione economica sugli autoferrotranvieri dipendenti da Atac Spa».

D’accordo il PD: «Roma Capitale deve mettere in campo azioni su queste aziende», ha dichiarato il capogruppo Giulio Pelonzi durante l’intervento in Consiglio, «azioni che finora sono andate troppo a rilento, perse dietro a tematiche burocratiche». «Esprimo voto favorevole», aggiunge il consigliere Francesco Figliomeni di Fratelli d’Italia, «è un contributo sicuramente utile. Atac sta vivendo un momento di grande criticità e i lavoratori hanno dovuto vedere anche la cassa integrazione, disposta in maniera unilaterale, senza una minima discussione di nessun tipo, con addirittura la latitanza dell’Amministrazione».

Nonostante questo, e le oggettive difficoltà, la maggioranza grillina ha pensato bene di tirare dritto e di votare contro questa mozione, senza dare una spiegazione plausibile. «Nei giorni scorsi», evidenzia, infine, la consigliera Celli, «era circolata l’ipotesi di utilizzare i 240 milioni di euro della Regione per colmare il gap che c’è tra l’assegno previsto dal fondo e lo stipendio base dei lavoratori. Ma finora non sono stati prodotti i necessari atti attuativi dall’Amministrazione». Con buona pace dei dipendenti.




Roma, coronavirus: ATAC assicura i dipendenti

ROMA – Atac fa sapere che è stata firmata una polizza assicurativa a favore dei dipendenti che dovessero ammalarsi a causa del coronavirus. La polizza prevede alcune indennità per il ricovero e la convalescenza e varrà collettivamente per tutti gli 11.142 dipendenti in forza fino alla fine dell’anno in corso. Inoltre, attraverso l’adesione alla polizza, Atac sosterrà l’Istituto Spallanzani di Roma con un contributo di € 0,50 per dipendente.




Roma-Viterbo, nuovo orario: il Comitato Pendolari chiama in causa Regione e Atac

Il Comitato Pendolari RomaNord fa quadrato intorno al nuovo
orario
della ferrovia Roma-Viterbo
presentato da Atac SpA in occasione
della riunione del 4 settembre in Regione, alla presenza dei Sindaci del
viterbese e dell’asse Flaminia. E non mancano le perplessità. “Non possiamo fare
a meno di notare che la nostra ferrovia assume sempre più le sembianze di una gommovia”, attacca Fabrizio Bonnani, nella nota
inviata questa
mattina all’assessorato e alla direzione regionale ai
trasporti, all’Azienda e ai Sindaci stessi.  

“L’orario pubblicato dal Comune di Riano è riferito all’extraurbano”,
recita il documento, “ci chiediamo dove siano finiti i riferimenti sui treni
urbani in vigore dal 16 settembre. Riportiamo l’impietoso confronto, in
allegato, con l’orario invernale precedente, che alleghiamo anch’esso. Si
evidenzia infatti una forte diminuzione dei treni in totale, un corrispondente
aumento delle corse bus sostitutive, un accorciamento delle percorrenze (quindi
tanti km in meno da verificare sul contratto di servizio attuale) e addirittura
bus diretti da catalano a Montebello, sembra senza fermate intermedie, in
fascia alta”.

“Per questo vorremmo conoscere i
razionali che hanno portato alla stesura e condivisione di questo nuovo orario,
nel rispetto della normativa vigente di ANSF”.
Una volta esaurite le considerazioni iniziali, la lettera entra nello specifico,
con quesiti che richiedono risposte. “C’è la riattivazione degli incroci? Perché
sono state cancellate corse che prima erano in fascia di entrata/uscita da
scuole? Tra le ore 12.21 e le 18.21 ci sono solo 4 treni da Viterbo, mentre nel
precedente orario tra le 12.40 e 18.16 ce ne erano 6 disponibili e con partenze
differite di 20 minuti (12.40 invece di 12.21) in modo da raccogliere un bacino
di utenza maggiore, soprattutto all’uscita delle scuole. Dopo le 18.21 non ci
sono più treni da Viterbo”.

E ancora, “quali sono i criteri
adottati per la distribuzione dei bus sostitutivi lungo tutta la giornata?
Perché ci sono corse bus da Montebello a Catalano (es. in partenza ore 9) che
non hanno le indicazioni di fermata nei comuni, ma hanno una “X”? Sono bus
diretti? Se così fosse, a cosa servono? Avete tenuto presente che questo
aumento di trasporto su gomma su vie di comunicazione già ‘affollate’ porta
conseguentemente a un aumento di traffico, tempi di percorrenza, stress e
inquinamento? Questa è l’intermodalità ecosostenibile che si intende
perseguire?”

“Se l’orario proposto entra in
vigore nella versione in cui è stato diffuso ci saranno, secondo noi, grossi problemi:
tanti pendolari e anche tanti genitori sono anche molto preoccupati per gli
spostamenti dei loro figli tra gli istituti dei comuni nella parte alta, che
non si riesce a gestire con l’offerta di trasporto appena comunicata. Vi
chiediamo quindi di analizzare nel dettaglio la tabella degli orari, anche
confrontandola con la proposta a voi pervenuta tramite l’associazione TrasportiAmo e alcuni Sindaci nella
riunione del 4 settembre scorso, per rivederla al fine di fornire un servizio
pubblico adeguato alla domanda e al contratto vigente e di integrarla con i
treni relativi al servizio urbano da Montebello a Roma-Flaminio”.

“Inoltre”, conclude la nota, “vorremmo sapere se le stazioni extraurbane verranno riaperte la mattina e soprattutto in orario di passaggio dei treni poiché spesso questa estate erano inesorabilmente chiuse, come segnalato da più utenti in transito”. Qualcuno si prenderà la briga di rispondere nell’interesse dei cittadini? Sono aperte le scommesse.




Atac green, parte la 1campagna “+Ricicli +Viaggi”. Peccato lasciar fuori i Municipi

“Un bonus speciale per l’acquisto dei biglietti Atac per chiunque ricicli la plastica nelle stazioni metro”. È quanto dichiara la Sindaca Virginia Raggi nell’inaugurare, questa mattina, il progetto “+Ricicli +Viaggi” per la raccolta e il riciclo delle bottiglie di platica in PET che consente agli utenti, in cambio, di accumulare punti, attraverso le App MyCicero e TabNet, e scontarli direttamente per l’acquisto, a partire dai 5 minuti successivi al conferimento, di uno o più titoli di viaggio in vendita sulle App di B+ (Bit 100 minuti, 24/48/72h e abbonamento mensile).

“Il meccanismo è
semplice” sottolinea la Sindaca, per ogni bottiglia di qualunque formato avviate
a riciclo, inserita in una delle tre macchine eco-compattatrici installate da Coripet (Consorzio per il Riciclo del
PET) nelle stazioni di Cipro Metro A,
Piramide Metro B e San Giovanni Metro C, i passeggeri
riceveranno un bonus, che verrà versato nel borsellino virtuale dell’App da
scontare per comprare illimitatamente uno o più biglietti. “Roma è la prima
città italiana, e fra le prime in Europa, a promuovere quest’iniziativa. Una
vera e propria innovazione per combattere l’inquinamento da plastica, che punta
all’economia circolare: tutte le bottiglie raccolte, torneranno infatti a
essere nuove bottiglie”.

L’innovazione
tecnologica è stata realizzata grazie alla collaborazione dei partner MyCicero
e Tabnet che hanno sviluppato il sistema e che finanzieranno gli ecobonus
erogati per tutti dodici mesi della sperimentazione.  “In questo modo sarà possibile – recita la
nota del Campidoglio – premiare i comportamenti responsabili dal punto di vista
ambientale e fidelizzare i clienti che usano il canale mobile, che risulta in
costante crescita”. 

https://www.facebook.com/virginia.raggi.m5sroma/videos/1100697020123843/?t=1

Per ogni bottiglia in
PET, di qualunque formato (da 0.25cl a 2 litri), si riceverà un bonus di 0,5
centesimi di euro, al momento, e nei minuti successivi l´inserimento delle
bottiglie nell´eco-compattatore è possibile utilizzare l´ecobonus per
l´acquisto scontato dei titoli di viaggio. “In un solo colpo – conclude la
Raggi – incentiviamo l’acquisto del biglietto e compiamo una buona azione a
favore dell’ambiente, perché anche i piccoli gesti sono importanti”.

Seppur sperimentale,
piccolo inciso, l’iniziativa poteva essere organizzata diversamente, in modo da
offrire il servizio in maniera più capillare possibile. Sarebbe stato opportuno
coinvolgere i Municipi e, contestualmente, le associazioni territoriali
riconosciute, i centri anziani per esempio, o, in alternativa, prevedere l’installazione
delle macchine eco-compattatrici nelle stazioni/fermate delle metropolitane periferiche.
In quelle zone, soffocate dal traffico veicolare, dove tale bonus potrebbe
essere un ulteriore incentivo per raffinare la raccolta differenziata. Si
auspica quanto prima un’implementazione in questa direzione. O giù di lì.




Atac, certificata la “morte” delle Ferrovie regionali. Di chi sono le colpe?

Riduzione
della velocità commerciale, soppressioni incroci, battuta d’arresto agli
attraversamenti e nei deviatoi: queste, in sostanza, le pesanti restrizioni
della Direzione Esercizio Atac in vigore da lunedì 1 luglio, e riferite agli esercizi delle ferrovie Roma-Viterbo e Termini-Giardinetti. Provvedimenti emanati in applicazione del Decreto 1/2019 (Allegato B) dell’ASFN – Agenzia Nazionale per la Sicurezza
delle Ferrovie
, che subentra all’USTIF
– a Roma come nel resto d’Italia – nel monitoraggio della sicurezza anche delle
linee isolate.

A
sancire il passaggio le modifiche inserite all’articolo 2 comma 4 del Decreto
Legislativo 162 del 10 agosto 2007
(“Attuazione
delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e
allo sviluppo delle ferrovie comunitarie
”), apportate con il Decreto Legge 148 del 16 ottobre 2017 convertito, con
modificazioni, tramite la Legge 172 del
4 dicembre 2017
recante “Disposizioni
urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili
”. Al comma 4,
infatti, è stato aggiunto che il “presente
decreto non si applica alle reti
funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviario ed adibite unicamente
a servizi passeggeri locali, urbani o suburbani
, nonché alle imprese ferroviarie che operano esclusivamente su tali
reti, fino al 30 giugno 2019
” e che “entro il 31 dicembre 2018,
l’ANSF individua le norme tecniche e gli standard di sicurezza applicabili alle reti funzionalmente isolate dal resto
del sistema ferroviario
nonché ai gestori del servizio che operano su tali
reti, tenendo conto delle caratteristiche delle tratte ferroviarie, dei
rotabili e del servizio di trasporto, fermo restando quanto previsto dai
trattati internazionali per le reti isolate transfrontaliere
.

Di fatto, com’è già successo per le ferrovie complementari interconesse alla rete nazionale di RFI, in ossequio al Decreto del Ministero dei Trasporti 5 agosto 2016, licenziato in seguito al disastro ferroviario avvenuto in luglio sulla Andria-Corato in cui morirono 23 morti persone, anche le linee isolate sono soggette agli obblighi individuati nel Decreto Legislativo 162 e, di conseguenza, al Decreto 1/2019 dell’ANFS. Sotto controllo dell’USTIF, istituiti nel 1986 con l’obiettivo di mettere ordine proprio nelle reti complementari ex-concesse, realizzate per lo più dall’industria privata tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, restano solo le metropolitane, le tranvie e gli altri impianti leggeri di trasporto su rotaia e a fune. “Nel rilasciare le autorizzazioni di propria competenza – rimarca la normativa – l’ANSF valuta le misure mitigative o compensative proposte dai gestori del servizio sulla base di una analisi del rischio che tenga conto delle caratteristiche della tratta ferroviaria, dei rotabili e del servizio di trasporto”.

Il che applicato nelle linee in gestione – ma ancora per poco – all’Atac, è un’ecatombe, una Walterloo, in quanto sia la Roma-Viterbo che la Termini-Giardinetti non presentano standard di sicurezza rispondenti alle Direttive ANSF. Tanto da costringere l’Azienda Capitolina a ricorrere alle “misure mitigative”, previste nel Decreto 1/2019 dell’Agenzia, al fine di garantire la continuità al servizio. Ma si può parlare ancora di servizio?

Nella tratta extraurbana della Viterbo, quella maggiormente colpita, la Disposizione Operativa n. 135 del 29/ 06 /2019, nelle more dell’adeguamento tecnologico e normativo, dispone: 50 Km/h velocità massima consentita, “salvo eventuali limitazioni più restrittive di velocità notificate secondo le modalità regolamentari in vigore”; abolizione tutti gli incroci; battuta d’arresto su tutti gli attraversamenti, “pertanto tutti i treni prima di impegnare gli stessi devono arrestarsi e l’agente di condotta può riprendere la marcia dopo essersi accertato del relativo stato di libertà e dell’assenza dei transiti sugli stessi”; battuta d’arresto su tutti i deviatoi di linea non comandati da ACEI, “pertanto tutti i treni prima di impegnare tali enti devono arrestarsi e l’agente di condotta può riprendere la marcia dopo essersi accertato del corretto posizionamento degli stessi”. Inoltre, “nella tratta Catalano-Viterbo viene istituito servizio a Spola” e “si abolisce la sede obbligatoria di giunto di Vignanello e rimangono confermate le sedi obbligatorie di S. Oreste e Castelnuovo”.

Per quanto attiene la tratta urbana: “la circolazione dei treni in senso opposto rispetto a quello per cui il binario è attrezzato non è ammessa se non in caso di interruzione accidentale del binario attrezzato, al solo fine di consentire ai treni già in circolazione di superare il tratto interessato dall’anormalità, garantendo le necessarie condizioni di sicurezza; “Per i treni deve essere garantita la presenza del secondo agente in cabina, in possesso di abilitazione per la frenatura dei rotabili col compito di vigilare sulla corretta applicazione dei segnali di linea; Ai convogli non dotati di dispositivo di train-stop non è consentita la circolazione sulla tratta urbana; I treni straordinari per trasferimento materiali rotabili circolanti ad agente unico devono viaggiare alla velocità massima di 50 km/h; Qualora un movimento di manovra debba oltrepassare il punto protetto dal segnale di protezione, deve essere preventivamente interrotta la circolazione dei treni nel tratto di linea attiguo”. Analogo discorso nella Giardinetti, ora limitata a Centocelle (Disposizione Operativa 136 del 29/06/2019), solo che la velocità massima consentita passa dagli attuali 50km/h ai 30 Km/h.

Devastante l’impatto, 22 treni extraurbani sospesi e solo parte di questi sostituiti coi bus, così come annunciato da Atac nel presentare l’orario estivo, che, coincidenza, entra in vigore proprio il 1 luglio. I treno depennati sono: il 300, 302, 304, 305, 307, 309, 310, 311 (tratta Montebello-Catalano e viceversa), il 400 e 401 (tratta Vignanello-Viterbo e viceversa), il 500 e 501 (tratta Montebello-Sant’Oreste e viceversa), il 600 e 617 (tratta Flaminio-Catalano e viceversa), il 803, 808, 809, 816, 820 (tratta Viterbo-Catalano e viceversa) e, infine, il 817 e 821 (tratta Viterbo-Civitacastellana e viceversa). “I treni 300, 302, 304, 305, 307, 309, 310, 311, 500 e 501- prosegue la nota – saranno sostituiti da un servizio di bus che seguono lo stesso orario dei treni sospesi, compatibilmente con la situazione del traffico. I treni 600 e 617 saranno cancellati tra Flaminio e Montebello e viceversa e sostituiti da bus tra Montebello e Catalano e viceversa”. Mentre nella tratta urbana “non saranno effettuati i treni: da Flaminio ore 9.38; da Montebello ore 13.10 e 22.18”.

“Siamo diventati una gommovia”, ironizza un lavoratore dell’Azienda. “La Roma-Viterbo è morta”, tuona il Comitato Pendolari della RomaNord, “sono quasi due anni che si sa questa cosa, maturata subito dopo la tragedia ferroviaria di Andria e Corato e nessuno ha fatto nulla per prevenire. È una vergogna, l’ennesima. Uno schiaffo che non possiamo tollerare, un immane e apocalittico disservizio che ha come primi responsabili i dirigenti di Regione Lazio e Atac, incapaci nonostante il molto tempo avuto, di fare gli interventi necessari per evitare lo sfacelo. Con la prima che si trascina con le aggiudicazioni della gara per il raddoppio tra Riano e Morlupo da ormai 7 mesi e attualmente il contratto con le aziende aggiudicatarie dei due lotti non è ancora stato firmato. Ricordiamo che per fare il progetto esecutivo le ditte hanno a disposizione altri 3 anni. L’acquisto dei nuovi treni non è ancora perfezionato, ma se dovesse essere firmato oggi, questi nuovi mezzi non arriverebbero prima della fine del 2021″.

“Quelle poche corse effettuate saranno lentissima, al limite dello sfinimento per il povero e (sempre più) martoriato pendolare della Romanord. Si potrà prendere il treno forse solo di domenica, quando ci saranno meno corse e meno utenti, e questo è veramente paradossale. La conseguenza sarà l’abbandono della linea per salire sulle automobili private per spostarsi a Roma, con la chiusura di fatto dell’extraurbano…ma forse qualcuno vuole proprio questo? Chi sta sbagliando deve pagare”. Da qui l’invito: “Sollecitate i vostri sindaci, assessori e cittadini (non solo gli utenti della ferrovia) a prendere coscienza del problema e a farsi promotori di una forte azione sociale per evitare il peggio. Noi faremo altrettanto, ma dobbiamo essere uniti…soprattutto in questo momento”.

“Quarant’anni
fa questi paesini contavano ciascuno 4000 abitanti circa, oggi la loro
popolazione è più che raddoppiata e quel trenino per come lo conoscevamo non ha
migliorato il suo servizio, anzi da quello che dicono gli attuali utenti la
situazione è peggiorata. Un tema da Conferenza dei Sindaci – approva Stefano Rossi, attivista di Fratelli d’Italia di Riano – una richiesta di finanziamenti
e miglioramenti da spingere tutti insieme. Oggi quella tratta deve essere potenziata e
non abbandonata, i binari devono essere raddoppiati e le corse devono essere
intensificate
, per incoraggiare l’utenza a non optare per il mezzo
privato per raggiungere Roma (considerando che anche Flaminia e Tiberina non
sono state adeguate) ma per quello pubblico. Questioni politiche, questioni di
cui partiti e amministrazioni comunali dovrebbero farsi carico non lasciando da
soli i cittadini che, non adeguatamente rappresentati, si sono organizzati da
soli e da qualche tempo per chiedere miglioramenti”.

Reazioni pesanti anche dal mondo sindacale. Le RSU Cisl delle ferrovie, in risposta alle Disposizioni 135 e 136, hanno tempestivamente inviato un fonogramma ai vertici aziendali e all’ANSF. “Le sottoscritte RSU – recita il testo – fanno presente che il Personale tutto non è stato né formato né informato sull’Allegato B al Decreto ANSF N° 1/2019 e del contenuto dell’allegato 1 del decreto stesso, riguardo norme tecniche e standard di sicurezza applicabili alle reti funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviari, nonché ai gestori del servizio che operano su tali reti, in cui entra in vigore il Regolamento per la circolazione ferroviaria emanato dall’ANSF con decreto 4 del 2012. Per la tratta extraurbana al quinto capoverso [della Disposizione n.d.r.] si legge ‘nella tratta Catalano Viterbo viene istituito servizio a spola’. Tale servizio impone un altro regime di circolazione che confligge con l’attuale e senza una regolamentazione con successiva formazione e informazione mette a rischio i lavoratori deputati a dirigere la circolazione treni, alla condotta e alla scorta dei convogli ferroviari. Dovrebbe essere emanata una Disposizione Operativa che contenga: Norme Generali; Norme Integrative, Generalità; Norme Impiantistiche; Normative di Esercizio. In mancanza di ciò non si capisce come possano i Dirigenti di Movimento gestire la circolazione dei treni a spola”.

Il documento sottolinea altresì che “le modifiche interessanti la circolazione treni vanno emanate e coordinate nei tempi e nei modi previsti per ottemperare alle normative di legge quali ad esempio il TU 81/2008 in materia di salute e sicurezza relativamente alla formazione e informazione. L’azienda ha invece cambiato il quadro normativo e il regime di circolazione treni (Catalano Viterbo) con le disposizioni in oggetto, emanate il 29 giugno 2019 e da applicare a far data del 1 luglio 2019. L’obbligo della formazione e informazione è un obbligo di legge che non può essere disatteso. Invitiamo pertanto i soggetti in indirizzo affinché prima di applicare quanto contenuto nelle Disposizioni Operative in oggetto sia effettuata la dovuta formazione e informazione al personale tutto. Si invitano le segreterie sindacali a chiedere urgente riscontro al Direttore di Esercizio della mancata formazione e informazione su quanto da egli disposto nelle Disposizioni Operative e sulla mancata emissione di Disposizione Operativa che regoli il servizio a spola tra Catalano e Viterbo”.

Sulla Giardinetti è il Blog Sferragliamenti dalla Casilina a tirare le fila: “Analogamente a quanto sta accadendo sulla Linea C, anche sulla Termini-Centocelle la politica ha vinto sulla logica. Nonostante infatti, gli annunci pomposi degli scorsi mesi che, non è possibile nascondere, ci avevano ammaliato con la prospettiva del rilancio della linea a Tor Vergata, oggi i nostri più cupi timori sul passaggio sotto la legislazione ANSF si stanno avverando. Le disposizioni imposte determineranno un sostanziale abbattimento della velocità commerciale che, unitamente alla battuta di arresto su tutti gli attraversamenti (i treni si dovranno fermare anche col semaforo verde!), completeranno la distruzione della linea, che verrà abbandonata dai passeggeri perché troppo lenta. Il nostro appello, che rivolgiamo con forza agli assessori Alessandri e Meleo, è che si acceleri quanto prima al declassamento della linea da ferrovia a tramvia: un atto formale, di natura puramente burocratica, che potrebbe cancellare di colpo queste assurde imposizioni”. “Uniamoci all’appello di Sferragliamenti della Casilina – rilancia Gianfranco Gasparutto, consigliere del Municipio VI del PD -per chiedere all’assessore Linda Meleo e al Presidente della Commissione Mobilità Pietro Calabrese di procedere al declassamento della linea da ferroviaria a tranviaria in modo da rendere queste disposizioni ininfluenti”.

L’iniziativa del Blog trova un suo fondamento nel parere espresso dalla Direzione Regionale Infrastrutture e Mobilità in risposta al Ministero (prot. n. 3556 del 16/05/2019), dove rileva come la Giardinetti “non possa essere inserita tra quelle individuate come ferrovie isolate in quanto la stessa ha caratteristiche tranviarie. Il servizio svolto su tale linea ha velocità massima di 50 km/h, ridotta a 30 km/h in corrispondenza degli attraversamenti, tutti regolati da impianti semaforici di tipo stradale con circolazione a destra e marcia a vista”. “Tali caratteristiche generali della linea sono peraltro sostanzialmente corrispondenti alle norme tranviarie UNI 11174 e UNI 7156″.

E ancora: “Rispetto alle tranvie tradizionali la linea ha alcune caratteristiche specifiche che, pur nell’ambito del classico regime di circolazione di tipo tranviario sopra descritto, ne accrescono il livello di sicurezza e di efficienza quali: sede completamente protetta; Viale del stazioni controllate da ACEI con itinerari di ingresso e di partenza protetti da segnali di tipo ferroviario; scambi comandati elettricamente dai rispettivi impianti ACEI e non dal macchinista del treno. Tali caratteristiche la rendono del tutto conforme alla tipologia di tranvia veloce così come definita dalla Norma UNI 8379. Le caratteristiche specifiche della linea quali scartamento ridotto e alimentazione a 1,5 KV cc non si ritiene che possano in alcun modo essere considerati motivo ostativo alla definizione della linea in questione come linea tranviaria. Alla luce di quanto riportato in precedenza – conclude la nota – si ritiene urgente un incontro per una valutazione congiunta di quanto sopra con la partecipazione di ATAC SpA e USTIF”.

Appare logica una domanda: ma è colpa dell’Agenzia? Certamente no. Anzi: “La presa in carico della gestione della sicurezza da parte dell’ANSF tramite può considerarsi una svolta positiva”, si apprende dall’ultimo numero del giornalino interno La Marmotta a cura delle RSU Cisl-Cgil sempre delle ferrovie concesse, “che punta a superare la doppia normativa sulla sicurezza e allineare gli standard di tutta la rete italiana. Due diversi organismi di controllo sulla rete ferroviaria italiana andavano superati.  Ci sono adeguamenti più complessi, che richiedono tempo ma anche interventi da attuare subito. Tra questi la riduzione dei limiti di velocità e la messa in sicurezza dei passaggi a livello e il superamento del giunto telefonico”.

Su quest’ultimo – e rilevante – argomento, Atac istituiva nel 2014 (Ordine di Servizio 48 del 14/11/2014) un “Gruppo di lavoro interfunzionale in grado di garantire la messa a punto dell’informatizzazione ed emissione titoli di viaggio elettronici nelle biglietterie, l’informatizzazione della procedura di sicurezza del giunto telefonico, nell’ottica di miglioramento del servizio della linea ferroviaria Roma – Viterbo e nell’ambito delle linee strategiche di informatizzazione e digitalizzazione indicate nel Piano Industriale dell’Azienda”, formato, tra gli altri, dal Direttore dell’esercizio medesimo. Perché non è stato dato seguito?

Questa, come altre carenze croniche mai colmate in questi anni, pesano ora sull’andamento dei servizi, al personale quanto all’utenza. E ciò fa presupporre che, oltre alle responsabilità oggettive dell’Azienda, sia venuto meno il controllo analitico da parte di Roma Capitale, istituto ammesso negli affidamenti in house, e la mancata vigilanza della Regione Lazio, proprietaria delle infrastrutture.

Aspetti tutt’altro che irrilevanti, i quali impongono, almeno, la sostituzione o l’avvicendamento dei responsabili metroferro, dato che queste disposizioni suonano come l’ennesima sconfitta per le ferrovie concesse. Dopo il Premio Caronte alla Roma-Lido, che in questa vicenda si è salvata in corner, la multa comminata dall’Antitrust, confermata dal T.A.R, che altro deve succede? Qualcuno risponda.

David Nicodemi




Roma, la Commissione Trasporti del Comune punta i fari sulla questione dei Bus israeliani noleggiati da Atac

ROMA – Fari puntanti sulla commissione capitolina alla mobilità, in corso di svolgimento a Palazzo Senatorio, convocata d’urgenza dal Presidente Pietro Calabrese e incentrata sul contratto di noleggio dei settanta bus israeliani, rescisso il 21 giugno da Atac. Notizia resa pubblica dopo le infuocate dichiarazioni della consigliera Ilaria Piccolo (PD), diventate subito virali.

Alla commissione, che giunge all’indomani del decreto di omologa emesso dal Tribunale al concordato, “Grandissimo risultato per Roma e l’Italia intera – secondo il Ministro ai Trasporti Danilo Toninelli – l’Azienda non è finita in pasto ai privati come le autostrade o gli aeroporti. Ora avanti con il piano di rilancio. Complimenti a Virginia Raggi e alla sua squadra”, sono stati invitati a partecipare l’assessora alla Città in Movimento Linda Meleo, l’assessore al Bilancio Coordinamento strategico delle Partecipate Gianni Lemmetti, il Direttore Generale del Campidoglio Franco Gianpaoletti e il Presidente dell’Azienda Paolo Simioni. “Audizione di tutti i responsabili Atac – recita l’ordine del giorno – delle attività di noleggio dei cosiddetti 70 bus israeliani, dall’esame di fattibilità e verifica presso l’Azienda di Tel Aviv alla definizione degli atti idonei al noleggio come da contratto revocato in data 21 giugno 2019 da parte di Atac SpA”.

Stando al contratto di “Usufrutto di Materiale Rotabile”, registrato il 29 febbraio 2019 (n. 2977), la fornitura dei mezzi, Volvo B7RLE PIONER MERKAVIN, immatricolati nel 2009, 2011 e 2012, avrebbe dovuto seguire le seguenti scadenze: i primi 45 entro il 31 marzo e i restanti 28 entro il 15 aprile, espletata la nuova immatricolazione in Europa, a spese del fornitore. Ma cosa abbia effettivamente impedito il completamento di quest’iter ancora non si capisce. Problemi burocratici?

La commissione di questa mattina è utile anche per far chiarezza sulla fornitura dei nuovi bus Consip, sessanta dei quali sono fermi in un deposito a Bologna. Il rinnovamento della flotta svolge un ruolo preminente nel concordato concordatario, lo ha ricordato la Sindaca nel commentare l’omologa, ma finora, tra un ritardo e l’altro, per le strade di Roma si è visto poco. E questo al servizio, erogato all’utenza, non sta giovando davvero.




Roma, Atac. La vergogna dei bus arrivati da Israele: l’opposizione e la magistratura facciano il ruolo che gli appartiene

Le speranze di un servizio bus adeguato si stanno cuocendo sotto il sole mentre il contratto secondo ATAC è stato rescisso. L’opposizione e la magistratura facciano il ruolo che gli appartiene.

Non si resta indifferenti davanti ai 40 bus Iveco di linea che da Israele per conto di ATAC sono stati stoccati al km 31 della via Merammana Inferiore a La Botte di Guidonia nel Centro Polimar, mentre gli altri 30 sono rimasti a Salerno.

Polimar è un Gruppo che da 40 anni opera nelle attività delle pratiche automobilistiche con otto società satelliti e con sedi a Fiano, Pomezia, Roma Torrenova e Nettuno oltre a Guidonia.

40 bus sotto il sole senza pensiline a far da corollario ad un capannone su un terreno dove solo tre anni fa si produceva mais, grano e tabacco, costeggiato dal fiume artificiale dell’acqua sulfurea captata dalle cave che grazie a potenti pompe viene indirizzato a monte verso l’Aniene.

Che siano usati questi enormi bus a due porte color grigio te ne accorgi solo dalla pelle che manca totalmente sulla corona dello sterzo

Sono del 2008 e la carrozzeria si presenta integra: neanche un graffio segno che prima di mandarli in Italia sono passati in carrozzeria. Alcuni hanno ancora le vetrofanie in alfabeto ebraico quanto le targhe e le scritte di sicurezza, ma molti sono stati già romanizzati con la scritta ATAC e gli adesivi lungo le fiancate ed uno enorme sul retro del bus su cui campeggia ATAC – ROMA.

All’interno i posti a sedere sono pochi e comodi forse più utili per le linee extra urbane

Da notizie di oggi, dopo il solstizio d’estate, i bus di 11 anni fa non essendo euro 6 ma 5 ovvero l’insieme di Standard europei sulle emissioni inquinanti definiti nel 2008 che si applica ai veicoli stradali nuovi venduti nell’UE a partire dal 2009, non possono essere reimmatricolati ed ATAC ha deciso di rescindere il contratto.

Intanto la Società dopo le notizie stampa nel merito si è affrettata a confermare che non ci saranno problemi sull’anticipo del 16% ai fornitori (costo per nolo e manutenzione circa 500mila euro al mese) esistendo le misure idonee per garantirsi da eventuali danni.

Oltre che sull’anticipo c’è una polizza fideiussoria che tutela l’azienda da ogni inadempienza. Certo sarebbe anche giusto che i Romani sappiano il costo di certe polizze.

Ci si chiede se fosse necessario noleggiare dei bus usati da Israele quando l’Italia negli anni è stata brava a vendere le carrozze ferroviarie di terza classe dopo la guerra del Kosovo all’Albania o all’Algeria

Eravamo bravi a vendere le linee di costruzione delle 124 alla Russia delle 125 all’Egitto o della Tempra alla Turchia. Siamo stati da comica fantozziana quando nel 2018 abbiamo comperato a Napoli i vagoni della metro più grandi della linea ferrata e più larghi delle gallerie di 14 cm. Il costo del nolo o se fosse più adeguato l’acquisto consta ai responsabili ma da cittadino ricordo che l’Iveco di Ariano Irpino chiuse nel 2011 perché senza commesse e 350 lavoratori hanno esaurito anche la CIGS.

Per amor patrio siamo difensori dei cittadini che quotidianamente prendono i bus senza aria condizionata con il timore che vadano a fuoco o che non entri acqua piovana. Ma chi pensa agli utenti, quelli che vivono quotidianamente i problemi reali del trasporto pubblico. A loro, ai turisti, ai cittadini romani che pagano l’addizionale IRPEF, quanto il biglietto o la tassa di soggiorno, poco importa se il bus è a nolo o acquistato: vuole solo il servizio, ed un giorno in più, i tempi biblici di una ulteriore gara li reggono sulle spalle, solo loro.

Non siamo giustizialisti ma c’è un giudice a Roma quanto a Berlino?

Per molto meno la magistratura è intervenuta d’ufficio teorizzando reati senza autori. C’è un responsabile, un consigliere che andrebbe defenestrato per incapacità manifesta. Il merito economico del servizio ai cittadini deve essere riconosciuto ai lavoratori che producono gli autobus non a Società commerciali brave nel dare le giuste indicazioni.

C’è una risposta a tanta offesa agli utenti?

O tutto sarà dimenticato tra una settimana. Si auspica che la politica d’opposizione faccia la sua parte ed un giudice analizzi la convenienza economica e tenga in conto i concreti interessi di tutti i Romani e dei Turisti oltre ai costi già effettuati per la preparazione e la sanificazione dei mezzi che di certi non possono passare in cavalleria.




Roma, sfiorata tragedia: bus Atac travolto da albero

ROMA – Tragedia sfiorata a Roma in via Roberto Malatesta dove un bus Atac è stato letteralmente travolto da un albero di alto fusto caduto a causa del forte vento. Fortunatamente non si sono registrate vittime.




Ferrovia Roma-Viterbo, le RSU all’Atac: “Rispettate le disposizioni del Ministero?”

ROMA – Hanno chiesto di “essere convocati d’urgenza” i rappresentanti sindacali della Cgil e Cisl della ferrovia regionale Roma-Viterbo in gestione all’Atac, all’indomani del deragliamento verificatosi l’8 febbraio scorso presso stazione di Acqua Acetosa, che ha provocato la momentanea sospensione dell’esercizio e scatenato l’ira – legittima – dei pendolari. L’obiettivo è di avere “chiarimenti” sull’applicazione della D.O. 298 del 07.12.2016, che recepisce, per ciò che riguarda le ferrovie concesse, le “disposizioni contenute nella Circolare della DG STIF TPL n°7922 del 02/12/2016”.

Quel
fatidico venerdì un convoglio, intorno alle ore 15, sviava, durante le
operazioni di manovra, sul deviatoio contraddistinto sulla piantina aziendale col
numero 5, che mette in relazione i binari dell’attiguo deposito con quelli
destinati al servizio. È l’inizio di un lungo calvario per gli utenti della
RomaNord, la tratta urbana resta interrotta per tre ore circa, il tempo richiesto
dai tecnici aziendali per liberare dal treno il binario di circolazione pari
(direzione Montebello, Civita e Viterbo) e i relativi circuiti elettrici di blocco di cui la sede è
dotata.  

Alle ore 17.30, mentre il caos raggiungeva il
culmine, partiva dalla stazione di testa di Piazzale Flaminio un convoglio scortato dal capotreno per
effettuare il treno 134 (GrottarossaMontebello). Ma non potendo utilizzare il binario pari, ancora occupato, riceveva dalla DCT (Dirigenza Centrale Traffico) di Acqua Acetosa l’autorizzazione
a svolgere “servizio su binario
unico
percorrendo Il binario dei dispari da Flaminio a Grottarossa per
trasferimento materiale
”.

Decisione questa che,
stando ai rumors, sarebbe risultata
indigesta ai rappresentanti sindacali, al punto da chiedere all’Atac, col fonogramma 8 del 13 febbraio, di “essere convocati con urgenza per chiarimenti
in merito all’applicazione della Disposizione Operativa a firma del Direttore
di Esercizio, che recepisce quanto disposto dalla Direzione Generale per i
Sistemi di Trasporto e Impianti Fissi TPL n. 7922 del 02.12.2016
”.

Ma perché? Cosa
sarebbe successo di grave? Una risposta potrebbe emergere leggendo con la
dovuta attenzione la stessa Circolare ministeriale, cui l’Azienda capitolina fa
riferimento nella richiamata D.O. 298 del 07.12.2016. Che, infatti, al punto 3 chiarisce: “La
circolazione treni in senso opposto rispetto a quello per cui il binario è attrezzato
non
è ammessa
se non in caso di interruzione accidentale del binario attrezzato,
al
solo fine di consentire ai treni già in circolazione di superare il
tratto interessato dall’anormalità
, garantendo le necessarie condizioni
di sicurezza”.

In altre parole, solo
i “treni già in circolazione” possono
essere instradati “in senso opposto
rispetto a quello per cui il binario è attrezzato
”.  Il che, facendo un raffronto, potrebbe
stridere con quanto accaduto quel venerdì a Flaminio e giustificare così le
reazioni delle RSU. A questo punto vien da chiedersi: chi ha suggerito al DCT
di prendere quella decisione?  




Ferrovia Roma-Viterbo: Regione Lazio di nuovo condannata per le barriere architettoniche

La Corte di Appello di Roma ha nuovamente condannato la Regione Lazio, rigettando il ricorso presentato contro l’Ordinanza n. 3051 del 2016 emessa, dal Tribunale di Tivoli, in favore, della signora Maria Cristina Abballe di Rignano Flaminio. Impossibilitata a usufruire della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo per gli spostamenti giornalieri con il figlio Alessandro, affetto da una grave disabilità sia motoria che cognitiva e costretto alla sedia a rotelle, per la presenza delle barriere architettoniche nelle stazioni extraurbane della linea che l’Ente “aveva l’obbligo di eliminare”.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=ogJR7MA6DXk&w=560&h=315]

L’odissea di Maria Cristina è ampiamente conosciuta, anche negli ambienti di Atac, tanto da suscitare sdegno e stupore nell’opinione pubblica. Nell’ottobre del 2014 è stata al centro di un’inchiesta condotta dal giornalista Luca Teolato de Il Fatto Quotidiano, attraverso la quale è stato possibile conoscere le criticità, quotidiane, che la signora incontrava – e incontra – nel raggiungere la banchina della stazione e nel salire/scendere dai convogli ferroviari.

Temi
cardini dell’atto presentato il 29
gennaio
di quello stesso anno dall’avvocato Marianna De Collatore, legale della donna, presso il competente
Tribunale Civile di Tivoli. Con l’obiettivo, evidente, di riconoscere ad
Alessandro il sacrosanto diritto alla mobilità, palesemente negato benché
sancito dalla Costituzione Italiana.

Dopo
la vittoria in primo grado è giunta la conferma in Appello, con la sentenza
emessa l’8 gennaio scorso. “La Corte – spiega l’avvocato De Collatore – ha
chiaramente condiviso la tesi secondo la quale il concetto di stazione principale, ove vi è l’obbligo
di abbattere tali barriere, non è normativamente definito e che ad ogni modo
questa disparità di trattamento tra stazione principale e non, rappresenterebbe
una discriminazione, nelle more di quanto affermato in primo grado.  E che comunque la stazione di Rignano è sempre
presenziato da personale come ammesso dalla Regione e pertanto comunque è da considerarsi principale”. “In primis ha
rigettato l’eccezione di incompletezza del Giudice della Regione – prosegue il
legale – in quanto questa materia è specificatamente regolata da legge ad hoc che prevede competenza del
Giudice ordinario in luogo del Giudice amministrativo, ovvero il TAR”.

All’epoca
del ricorso, e fino al 2017, Alessandro frequentava la scuola Leonardo Vaccari con sede in Roma (viale Angelico), che si occupa
della riabilitazione psico-fisica e della integrazione didattica sociale dei
disabili, mediante cure cliniche necessarie e terapie riabilitative, nonché
della loro istruzione fino al conseguimento dell’obbligo scolastico e,
successivamente della loro formazione professionale in apposite strutture. E
Maria Cristina per poterlo accompagnare all’istituto, ma anche per tutti gli
altri spostamenti giornalieri, utilizza la stazione ferroviaria di Rignano che
rientra nella tratta extraurbana della Viterbo. Caratterizzata “dalla presenza di barriere architettoniche
recita il documento della ricorrente – che,
di fatto, rendono difficoltoso la salita e discesa dai treni ed in generale
l’accesso alla stazione medesima
”.

Una
storia segnata da contraddizioni e discrepanze, appalesate dagli atti ufficiali
emessi sia dalla Regione che da Atac, uscita comunque indenne nel procedimento
giudiziale. C’è un passaggio, memorabile, che potrebbe fugare ogni dubbio al
riguardo, una sorta di cortocircuito istituzionale. Va detto che prima ancora
di formalizzare il ricorso in Tribunale l’Abballe, dopo i tanti tentativi per
risolvere il problema rilevati infruttuosi, stremata, inviò, come extrema ratio, una raccomandata
(Protocollo 01594465) alla Legione dei Carabinieri Lazio di Rignano,
e per conoscenza alla Regione nonché all’Azienda Capitolina. Quest’ultima
rispondeva discolpandosi di qualsiasi addebito a suo carico, precisando che
“l’infrastruttura ferroviaria è di proprietà della Regione Lazio ed Atac che ne
è l’esercente” e che altresì “deve sottostare alle indicazioni ed approvazioni
del proprietario. Tutte le stazioni della tratta ferroviaria
extraurbana hanno ancora la presenza di barriere architettoniche
”. Peccato
che di lì a poco Atac medesima ha poi proceduto all’installazione dei tornelli
a tripode
, utilizzati fino a quel momento nella Linea A e B della metropolitana, proprio nell’atrio di quelle
stazioni (Riano, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Rignano Flaminio, S. Oreste,
Civita Castellana e Viterbo). Tornelli che, avendo una larghezza di soli 60
centimetri di apertura, “costituiscono – secondo quanto evidenziato dalla
Regione nella nota 393069 del 14/09/2012un’ulteriore barriera
architettonica
”, tale da “aumentare l’inaccessibilità
all’infrastruttura ferroviaria nel suo complesso”. Tuttavia, è stata la Regione
stessa, insieme al Ministero delle
Infrastrutture
(nota 2757 del 30/10/2012), a concedere il nulla osta
per quell’installazione. Ciò rappresenta soltanto un fulgido esempio delle
incoerenze riscontrate lungo il cammino giudiziale.

Infatti,
scorrendo il carteggio si scopre la volontà aziendale di procedere all’acquisto
“di idonea attrezzatura per il sollevamento delle carrozzelle ad altezza del
pavimento del treno per consentire l’ancoraggio delle carrozzelle stesse – protocollo
Atac 132466 del 20/09/2012 – qualora codesta Regione Lazio concordi”. Tanto da
presentare nei mesi successivi, con nota 182049
del 9/01/2013, il progetto pilota
per l’accesso al treno ai diversamente abili nelle stazioni extraurbane ed
urbane. Questo evidenzia, indiscutibilmente, il mancato superamento del
problema, al netto quindi dell’installazione dei tornelli. E lo dice a chiare
lettere la Regione Lazio nella missiva 14567
dell’11 gennaio 2013, dove afferma e
riconosce la “necessità di intraprendere, da subito, un percorso volto al progressivo
abbattimento delle barriere architettoniche presenti sulla tratta extra urbana

della ferrovia Roma – Civita Castellana – Viterbo, nelle more del necessario e
definitivo innalzamento di tutte le banchine”.

In
seguito, però, quando l’avvocato De Collatore ha provveduto, nel novembre del 2013 (prot. n. 176449), “a mettere in mora le Autorità
interessate”, la Regione dava riscontro (prot. n. 176449), sottolineando come l’abbattimento delle barriere architettoniche
fosse già stato effettuato nella stazione di Rignano, mediante l’apposizione “di un
cancello, regolarmente funzionante a fine banchina del binario I, lato Viterbo.
Mediante un citofono si chiama l’operatore di stazione che apre manualmente il
cancello
”. Il responsabile regionale del procedimento proseguiva
assicurando come “il passaggio da tale cancello avvenga in totale sicurezza”. E
lo stesso fece l’Azienda il 18 dicembre, attraverso il proprio legale. Che,
previa negazione implicita dell’accesso agli atti amministrativi, rimarcava che
“con decorrenza dal 21 gennaio 2013,
anche
presso la Stazione di Rignano Flaminio sarebbe stato disponibile un cancello di
ingresso a livello di banchina separato ed autonomo rispetto all’ingresso dei
passeggeri normodotati e dotato di campanello di avviso per il personale di
servizio tramite cui l’utente disabile, previa attivazione della suoneria,
avrebbe potuto accedere alla banchina della Stazione
”. Da ultimo il
legale dell’Azienda si “professava sorpreso – ha incalzato la De Collatore nel
ricorso – dalla richiesta di abbattimento delle barriere architettoniche che, a
suo dire, non esistevano da quasi un anno”.

Tutto
era risolto secondo i diretti interessati. Al punto che l’acquisto degli
elevatori e l’innalzamento delle banchine, come anni prima fece la compianta Met.Ro. nella tratta urbana, sono
rimasti su carta. Incredibilmente. “Vi è un mutamento nei progetti iniziali –
ha relazionato l’avvocato della signora Abballe -, gli unici lavori effettuati
da Atac, per come dalla stessa comunicato, riguardano la installazione di
tornelleria di ingresso, di cui non è dato conoscere il nominativo del
responsabile del procedimento, e l’apertura di cancelli nelle stazioni extraurbane,
ivi inclusa Rignano, che conducono direttamente alle banchine”.

Ma
la realtà è ben lontana da quanto prospettato: “le ridotte dimensioni dei
tornelli di ingresso non consentono il passaggio dei disabili su carrozzina – scrive
la De Collatore nel ricorso – il cancello laterale aperto per il passaggio
diretto sulla banchina non permette un accesso agevole e sicuro ad Alessandro.
Ciò è pur vero se si considera che la strada [laterale alla stazione di Rignano NDR] con una pendenza superiore
all’8% che conduce verso il predetto ingresso verte in una situazione di
degrado totale, assenza di asfalto e presenza di brecciolina”. Inoltre, “il
piazzale di riferimento dal quale si deve necessariamente passare per raggiunge
il predetto cancello non è stato ancora ristrutturato. Ed ancora il posto
invalidi che, le controparti sostengono di aver riservato alla Signora versa in
uno stato di degrado totale oltre che essere caratterizzato dalla presenza di
pozze di ristagno di acqua meteorica dovuta proprio alle irregolarità del
terreno ed all’assenza di accorgimenti per la convogliazione ed il relativo allontanamento
dell’acqua piovana. A ciò si aggiunga, altresì, che è tutt’ora presente l’ex
magazzino pericolante, in attesa di essere abbattuto, e che, in ogni caso,
l’apertura del predetto cancello è vincolato alla presenza di un operatore e
l’altezza del pulsante di richiesta non è assolutamente plausibile per le
persone diversamente abili”. E ancora: “poniamo per assurdo ma non improbabile
che, nel mentre la ricorrente si trova con il figlio davanti al cancello magari
in una giornata di pioggia (assenza di adeguato riparo) e proprio in quel
momento l’operatore si assenta per qualsiasi ragione, chi e cosa assicurerebbe
il passaggio alla carrozzina di Alessandro che, lo si ribadisce, non riesce ad
entrare dai tornelli di ingresso?”. Come si evince dal servizio de Il Fatto e
dalle immagini della perizia di parte.

Nell’Ordinanza 3051/2016 del 17/03/2016,
il Tribunale di Tivoli nella persona del Giudice
Marco Piovano
provvedeva ad accogliere l’istanza dell’Abballe e per effetto
ordinava alla Regione Lazio “di realizzare dalla data della presente decisione,
le seguenti opere presso gli impianti della stazione ferroviaria di Rignano
Flaminio secondo un piano che preveda: a) sistemazione, così come previsto in
motivazione, della strada di accesso secondario alla stazione b) installazione
di sistema di accesso al locale biglietteria; c) installazione di pedane per la
salita sui treni; d) installazione si scivoli per il passaggio sui binari”. Non
solo. “Per l’effetto, condanna la Regione Lazio, in persona del legale
rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di Abbale Maria Cristina,
nella sua qualità di genitore esercente la potestà sul minore Abbale
Alessandro, della somma di €. 3.000,00, oltre interessi legali come in
motivazione” e “pone a definitivo carico della Regione Lazio, in persona del
legale rappresentante pro tempore, le spese di CTU”. “Condanna la Regione Lazio
al pagamento in favore dell’Erario delle spese di giudizio nella misura di €.
2.176,20, oltre agli accessori dovuti”.

Nella
sentenza di primo grado, infatti, il Giudice Piovano riconosce la Regione Lazio
quale “proprietaria degli impianti della stazione ferroviaria in questione e,
tale veste legittimata passivamente”, per effetto del DLgs 422/1997 e “dell’Accordo di Programma 22.12.1999”, secondo il quale all’Ente “sono state assegnate a fa
tempo dell’1.1.2000, le funzioni di
programmazione e amministrazione inerenti la rete di trasporto ferroviario”. “Per
le stesse ragione va dichiarata la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio, così come pure
dell’Atac SpA, non proprietaria, ma gestore della linea secondo il contratto di
servizio inter partes il cui art. 22 sancisce come sia la Regione tenuta a ‘promuovere azioni per consentire l’accesso
al servizio delle persone diversamente abili
’”. “Non vi è dubbio –
esaminata la relazione, la piantina e le fotografie a corredo sia affatto o
difficilmente fruibile dalle persone con disabilità. Detta situazione è
oggettivamente discriminatoria
e, contrariamente a quanto sostenuto dai
resistenti Atac e Regione Lazio, anche l’avvenuta installazione del cancello
apribile su richiesta, posto al termine della strada (il secondo accesso
indicato dal CTU) non consente di ovviare ad alcunché, stante la condizione
della strada medesima (non solo in salita per il primo tratto, ma sterrata e
sassosa, certo non percorribile, non solo autonomamente dal disabile, ma anche
con l’assistenza di un ausiliario, se non con la macchina)”.

Inoltre,
“Il richiamo che i resistenti [Regione e
Atac NDR
] fanno all’art. 25 DPR 503/1996 in riferimento all’obbligo di
predisporre idonei meccanismi per consentire l’accesso ai disabili solamente
nelle stazioni principali, è incompleto; infatti, come sopra
rammentato, ai sensi del settimo comma del predetto articolo, le norme del
presente regolamento non sono vincolanti
per gli edifici e per gli impianti delle stazioni e delle fermate
impresenziate, sprovviste cioè di personale ferroviario sia in via temporanea
che in via permanente
; è quindi la stessa norma che, nella sostanza,
stabilisce quali siano le stazioni non principali, cioè non vincolate, facendo
riferimento alle stazioni non presenziate, cioè prive di personale, permanente
o temporaneo: tra queste, non può essere
fatta rientrare quella di Rignano
Flaminio,
che è stazione a fermata obbligatoria (cfr. sito dell’Atac) e dove la presenza,
sia pur temporanea, del personale è invece assicurata, così come di fatto ammesso
dalla stessa difesa dei resistenti principali e da come si deduce dal ripetuto
richiamo della possibilità delle persone disabile di utilizzare il cancello
apribile previo avviso citofonico al personale addetto. La stazione in parola è
quindi da considerarsi principale ai sensi del citato art.
25, con ogni conseguenza prescritta”.

Ordinanza che, come anticipato, è stata confermata dalla Prima Sezione Civile della Corte di Appello di Roma, con la sentenza 85/2019 pubblicata l’08/01/2019. “L’appello principale [della Regione ndr] è infondato”, scrivono i Giudici. “Una volta accertato che la Regione aveva l’obbligo di eliminare le barriere architettoniche, ne discende la sussistenza di una discriminazione indiretta ai sensi dell’art. 2 terzo comma L.67/06 , attesa l’idoneità della condotta emissiva dell’amministrazione a porre Abbale in una condizione di svantaggio rispetto alle altre persone; onde non paiono affette da illegittimità le statuizione del Giudice di primo grado in ordine al danno non patrimoniale”. Pertanto la Corte “rigetta l’appello della Regione Lazio; condanna la Regione Lazio alla refusione delle spese· che liquida in euro 6.500 ·per compensi oltre accessori in favore di Maria Cristina Abbale, nella qualità, con distrazione in favore del difensore; in euro 6.500 per compensi in favore di Atac spa; in euro 5.500 per compensi in favore dell’Agenzia del Demanio”.

“Siamo
in attesa di spontanea esecuzione delle disposizioni impartite nella Ordinanza
di primo grado – incalza l’avvocato De Collatore – , confermata in sede di
appello, ovvero di tutti i lavori di rifacimento della stazione di Rignano
Flaminio diretti ad abbattere le barriere architettoniche che ancora ad oggi
impediscono ad Alessandro, come anche a tutti i diversamente abili, di
utilizzare liberamente la stazione stessa, nonché di provvedere al risarcimento
del danno subito da Cristina pari ad euro 3000,00 oltre interessi nonché a
provvedere alla pubblicazione dell’ordinanza del dott. Piovani sul quotidiano
indicato”. Con l’avvertenza che qualora “tale spontanea esecuzione da parte della
Pubblica Amministrazione continuerà a difettare, si azionerà giudizio di
ottemperanza e/o riceduta esecutiva, con aggravio di spese per la Regione
Lazio, al fine di ottenere la tutela del diritto soggettivo di Alessandro a
muoversi liberamente”.

David Nicodemi




RomaTPL ancora non paga. Comune silente, Sindacati all’attacco

ROMA – Incassato il via libera al concordato preventivo di Atac da parte della maggioranza dei creditori (circa il 50%), l’Amministrazione Comunale ora potrà, finalmente, tornare a occuparsi dei 1000 lavoratori della RomaTPL, ancora fermi al palo, in attesa di ricevere la busta paga relativa a dicembre. Che doveva essere erogata, nel rispetto del Contratto Nazionale, entro il 31 passato.

C’è da dire che stavolta la vertenza sia,
considerati gli sviluppi degli ultimi mesi, più complessa di quanto si possa
immaginare, se letta con piglio oggettivo nella sua complessità. Poiché si
inserisce nel complicato Risiko del
trasporto pubblico locale romano, dove si gioca una partita da un miliardo di
euro, tra il salvataggio dell’Azienda Capitolina e l’affidamento dei 30milioni
di chilometri delle linee periferiche, e dove è necessario mantenere saldi gli equilibri.

Può sembrare ardito l’accostamento delle cose,
ma non va dimenticato che la RomaTPL è uno dei principali debitori di Atac,
insieme al Consorzio Metrebus (FS e Cotral), pertanto vien facile pensare che, in questa ottica, il
Comune abbia, nella fase antecedente all’approvazione del concordato, allentato
la presa al fine di avere nell’Assemblea dei creditori pure il consenso del
secondo gestore di TPL a Roma. Che, paradossalmente, malgrado le sue lacune, tiene
ancora in mano il banco.

Ma nelle supposizioni, ipotesi o semplice
equazione di un puzzle macchinoso, emerge, prepotentemente, il dramma che
stanno di nuovo vivendo gli autisti, ausiliari e amministrativi di quella
Società. Che oltre a subire questo, lamentano da tempo i metodi repressivi che sarebbero
stati adottati dal Capo del Movimento dall’inizio del suo mandato, circa un
anno fa, in RomaTPL e in COTRI, socio paritetico. Lo ha denunciato, come le altre sigle in
passato, l’Organizzazione Sindacale USB, nel documento inviato il 7 gennaio, ai vertici del
Campidoglio e al Prefetto di Roma, col quale ha aperto ufficialmente le
“procedure di raffreddamento e di conciliazione”. Si parla di “metodi
coercitivi e discriminatori” come “blocco dei cambi turno e pressioni nei
confronti dei lavoratori che denunciano malattia, guasti, Legge 104 ect.” e
della mancata “possibilità dei lavoratori di fruire delle ferie maturate”. Ma
non basta. L’USB sottolinea, “l’inserimento dello straordinario nei turni senza
l’autorizzazione dell’OdE” e un “uso eccessivo della repressione disciplinare”.
“Vista la gara”, incalza Claudio
De Francesco
del SICEL, “al peggio non
c’è mai fine”.

L’inciso infiamma la diatriba e mette, di conseguenza, in
guardia anche i dipendenti dello stesso COTRI. I quali, preso atto dei
trascorsi, rischiano anch’essi lo slittamento delle spettanze di dicembre, alla
stregua dei colleghi della RomaTPL, le quali, secondo gli accordi, dovrebbero
essere corrisposte entro il 10 di ogni mese.

David Nicodemi