Yara Gambirasio, oggi la Cassazione decide il futuro di Massimo Bossetti

Un delitto crudele, un’inchiesta record senza eguali in Italia e nel mondo, un processo in cui la prova scientifica è protagonista assoluta. Dopo lunghe e complesse indagine raccolte in 60 faldoni, per Massimo Bossetti condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio arriva l’ultimo grado di giudizio: la Cassazione renderà definitiva la sua condanna, la annullerà senza rinvio oppure gli permetterà di sperare con un altro processo. Venerdì 12 ottobre davanti ai giudici della prima sezione della Suprema Corte arriva un caso di cronaca che da otto anni continua a dividere l’Italia e il mondo.

26 NOVEMBRE 2010. Sono le 18.40 circa quando Yara, 13 anni, esce dalla palestra di Brembate di Sopra (Bergamo) e di lei si perdono le tracce. La giovane ginnasta va nel centro sportivo di via Locatelli per consegnare uno stereo, poi il buio la ingoia lungo i 700 metri che la separano da casa. Alle 18.49 il suo cellulare nero viene spento per sempre. Le ricerche non trascurano nessuna pista: dall’allontanamento volontario al rapimento. Un operaio di un cantiere edile di Mapello dove conducono i cani molecolari usati per le ricerche, viene fermato su una nave diretta in Marocco perché sospettato. Pochi giorni dopo le accuse crollano: non è lui l’assassino di Yara.

26 FEBBRAIO 2011. Mamma Maura e papà Fulvio smettono di sperare: il corpo della loro bambina viene trovato da un appassionato di aeromodellismo in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri da casa. L’autopsia svela le ferite alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: Yara era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l’ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso, dopo una lunga agonia, avviene quando alle ferite si aggiunge il freddo.

9 MAGGIO 2011. Su slip e leggings della vittima viene isolata una traccia biologica da cui è possibile risalire al Dna di ‘Ignoto 1’. Dopo il confronto con centinaia di profili si può affermare che il sospettato è figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Viene riesumata la salma dell’autista di Gorno, la probabilità che siano padre e figlio è del 99,99999987%, ma non basta per dargli un nome. Si riparte dal Dna mitocondriale (indica la linea materna) e la comparazione tra ‘Ignoto 1’ e Ester Arzuffi (traccia nelle mani degli investigatori dal 27 luglio 2012) porta al match: la probabilità che siano madre e figlio è del 99,999%.

16 GIUGNO 2014. Il presunto assassino di Yara ha un nome: è Massimo Bossetti, 44 anni, residente a Mapello. Sarà il ministro dell’Interno Angelino Alfano ad annunciare via Twitter le manette. Sposato, padre di tre figli, il suo Dna (acquisito con un alcoltest) combacia con ‘Ignoto 1’. Per lui l’accusa è di omicidio con l’aggravante di aver adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà. Un delitto aggravato anche dall’aver approfittato della minore difesa, data l’età della vittima. Il 3 luglio 2015 inizia il processo davanti alla Corte d’assise di Bergamo.

1 LUGLIO 2016. Dopo l’ultimo appello dell’imputato, che continua a dichiararsi innocente e a chiedere una perizia sul Dna, i giudici condannano Bossetti all’ergastolo, come chiesto dal pubblico ministero Letizia Ruggeri, e riconoscono l’aggravante della crudeltà. Viene assolto invece “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di calunnia nei confronti di un ex collega. Su di lui, detto ‘Il favola’, pesa l’inclinazione alle bugie, l’assenza di un alibi e quel Dna che è un macigno per l’accusa.

17 LUGLIO 2017. A Brescia i giudici del processo d’appello confermano la sentenza di primo grado. “Concedetemi la superperizia” sul Dna così “posso dimostrare con assoluta certezza la mia estraneità ai fatti. Cosa dovete temere?”. Anche in questo caso le parole dell’imputato non fanno breccia sulla giuria. Bossetti torna dietro le sbarre del carcere di Bergamo dove sta scontando l’ergastolo per l’uccisione di Yara.

12 OTTOBRE 2018. Ultimo atto del processo per la morte della 13enne di Brembate. I giudici della prima sezione della Cassazione dovranno decidere, dopo aver ascoltato le parti, se confermare la sentenza, annullare la condanna senza rinvio oppure accogliere le eccezioni – ben 23 – sollevate dalla difesa e riaprire un nuovo processo d’appello dove potrebbe essere concessa la perizia sul Dna invocata da sempre, a gran voce, da Bossetti.




Omicidio Yara: valida la prova del Dna per Bossetti

BRESCIA – E’ valida la prova del Dna perché “non sono stati violati i principi del contraddittorio e delle ragioni difensive” riguardo la prova regina che ha portato all’ergastolo Massimo Bossetti per il delitto di Yara Gambirasio. “Si deve ribadire quindi ancora una volta e con chiarezza che un’eventuale perizia, chiesta a gran voce dalla difesa e dall’imputato, consentirebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull’operato del Ris”, scrivono i giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia confermando il carcere a vita per il muratore di Mapello. I giudici aggiungono che “non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazioni” del Dna trovato sul corpo della tredicenne. Ed è per questo che una perizia sarebbe stata un controllo del lavoro dei consulenti dell’accusa e della parte civile.

La Corte d’Assise e d’Appello di Brescia spiega che in ogni caso non sarebbe possibile effettuare un’ulteriore analisi per comparare le tracce trovate su slip e leggings della ragazzina e il Dna di Bossetti perché il campione, utilizzato per fare diversi test, è terminato.

«Quello che è certo, in ogni caso, è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazione (due tecnici di analisi, ndr) – si legge in un passaggio delle motivazioni -; si deve quindi ribadire ancora una volta e con chiarezza che una eventuale perizia, invocata a gran voce dalla difesa e dallo stesso imputato, non consentirebbe nuove amplificazioni e tipizzazioni, ma sarebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull’operato dei Ris (e, quindi la famosa perizia generica sarebbe necessariamente limitata a una mera verifica documentale circa la correttezza del l’operato del Ris e dei consulenti dell’accusa, pubblica e privata)».

Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia poi, il «clamore mediatico» attorno al processo per l’omicidio di Yara Gambirasio «non ha influenzato in alcun modo la regolarità e la serenità» del giudizio. «La difesa si è lamentata del processo e del clamore mediatico – spiegano – che aveva coinvolto la vicenda di Yara; è indubbio, infatti, che il processo per l’omicidio di Yara, oltre a svolgersi nelle aule di giustizia, con le garanzie a cui si è fatto riferimento, si è svolto parallelamente sui media alimentandosi di notizie vere e false, senza peraltro in alcun modo influenzare la regolarità e serenità del processo giudiziario».




Verdetto Corte d'Assise su omicidio Yara, Bossetti: "Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi"

 

BRESCIA – A Brescia si attende il verdetto della Corte d'assise d'appello sull'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra, per il quale Massimo Bossetti in primo grado è stato condannato all'ergastolo.

Bossetti, all'inizio delle sue dichiarazioni spontanee nel processo d'Appello a Brescia, ha voluto rivolgere un "sincero pensiero" a Yara. "Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi – ha detto Bossetti -, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà".
Bossetti ha chiesto scusa per "il comportamento scorretto" tenuto nella prima udienza quando era sbottato alle affermazioni del sostituto pg. ""Pensate però come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali", ha detto, leggendo dei fogli estratti da una cartella rossa. Dopo le dichiarazioni del muratore, che si è sempre proclamato innocente, i giudici si riuniranno in camera di consiglio per la decisione.

I giudici della Corte d'assise d'appello di Brescia sono stati chiamati a decidere sul destino di Bossetti. Come già fatto in primo grado, il muratore di 46 anni, sposato e con tre figli, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, dichiarerà di essere innocente nelle speranza che, come dicono i suoi legali, "qualcuno finalmente gli dia retta". "Da tre anni invoco la mia innocenza, da tre anni chiedo anche tramite i miei avvocati l'unica cosa che può consentire di difendermi, la perizia in contraddittorio sul Dna. Posso marcire in carcere per un delitto atroce che non ho commesso senza che mi sia concessa almeno questa possibilità?", ha scritto Bossetti Bossetti a un quotidiano: "Confido che finalmente sia fatta Giustizia e io possa tornare a riabbracciare i miei cari da uomo libero e innocente quale sono, anche se ho una vita stravolta e comunque segnata per sempre. Lo spero io, lo devono sperare i Giudici, sono convinto che lo speri Yara da Lassù, almeno fino a quando il suo vero assassino che è ancora libero e sta ridendo di me e della Giustizia, sconterà la giusta pena".

Quindi, dopo le sue parole comincerà l'attesa per una sentenza o per un'ordinanza, qualora i giudici, presieduti da Enrico Fischetti, dovessero decidere di accogliere l'istanza di ripetizione dell'esame del Dna trovato sul corpo della ragazza uccisa che secondo gli accertamenti scientifici appartiene a Massimo Bossetti. La Corte potrebbe altrimenti uscire con la conferma dell'ergastolo inflitto in primo grado oppure con un aggravamento della pena di sei mesi di isolamento diurno perchè, come chiesto dal sostituto pg Marco Martani, deve essere condannato anche per la calunnia ai danni di un suo collega di lavoro verso il quale avrebbe cercato di indirizzare le indagini. Per questo reato il muratore era stato assolto in primo grado ma il pm di Bergamo Letizia Ruggeri aveva impugnato la sentenza. Oppure, sulla scorta di quanto emerso dagli atti del processo bergamasco e dalla discussione in aula a Brescia, i giudici potrebbero decidere di assolverlo, come chiesto in modo anche veemente dai suo difensori, Claudio Salvagni e Paolo Camporini. I difensori hanno infatti provato a introdurre elementi nuovi, compresa una fotografia del campo di Chignolo in cui fui trovato il corpo che metterebbe in dubbio il fatto che il cadavere della tredicenne sia rimasto lì per tre mesi, come ricostruito dall'accusa. Un elemento che aveva causato dure reazioni delle parti civili: "E' una foto tarocchissima", aveva esclamato uno degli avvocati della famiglia Gambirasio, Andrea Pezzotta. Quell'elemento, è ancora "su judice": la Corte aveva consentito infatti che se ne parlasse in aula, precisando, però, che si riservava di valutarne l'ammissione nel fascicolo che, allo stato, "è quello di primo grado".




Omicidio Yara: Bossetti condannato all'ergastolo

 

di Angelo Barraco

Brescia – Dopo oltre quindici ore di Camera di consiglio, la Corte d’Assise d’appello ha confermato la condanna all'ergastolo di Masimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio. Ricalcata in pieno la sentenza di primo grado.
  Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di 46 anni è stato già condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la bambina di tredici anni di Brembate che scomparve misteriosamente il 26 novembre 2010 e venne rinvenuta cadavere dopo tre mesi. Massimo Bossetti ha parlato davanti ai Giudici per circa mezz’ora, ribadendo a gran voce la propria innocenza e invocando giustizia e ulteriori verifiche ai fini di far luce sulla verità. Ha ripercorso la vicenda passo dopo passo, ribadendo la propria innocenza e sottolinenando di essere vittima “del più grande errore giudiziario di tutta la storia”. Ha ribadito la sua innocenza sottolinenando “non sono io l'assassino, mettetevelo in mente. La violenza non fa per me. Chi ha ucciso Yara è un pazzo, un sadico, e io non lo sono. Perché non è mai stata fatta una perizia psichiatrica su di me? Dimostrerebbe che non sono niente di tutto questo”.
Ha rivolto un pensiero a Yara, dicendo che quella ragazzina “poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà”. Si è inoltre scusato per il comportamento scorretto che ha tenuto nel corso della prima udienza a seguito delle affermazioni del sostituto pg “pensate però come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali”, ha dichiarato. Ha parlato inoltre delle modalità che hanno portato al suo arresto, precisando che nel preciso momento in cui fu fermato si è sentito come “una lepre che doveva essere sbranata da innumerevoli cacciatori”. Si è chiesto a gran voce il perché di tutto ciò, rivolgendosi ai presenti in aula, poi ha aggiunto “Io non sono un assassino”. Quello di Bosseti è il racconto di un padre che sente fortemente l’assenza dei figli che gli chiedono quando tornerà a casa: “Ai miei figli dico: non uscirò da un'altra porta: uscirò a testa alta dallo stesso, immenso portone da cui sono entrato”. Ha parlato delle accuse nei suoi riguardi: “Voi siete liberi di credere o non credere ma io vi ribadisco la mia innocenza. Se fossi stato io il colpevole non avrei resistito, avrei confessato, non sarei stato più in grado di gestire nessun aspetto della mia vita”. In merito al DNA ha detto invece che secondo lui “è sbagliato. E' un errore. Ecco spiegato quello che non è spiegabile in natura. Rifate la prova del Dna e vedrete che i risultati mi daranno ragione”.




Omicidio Yara: depositate motivazioni ergastolo Bossetti. Pronta una nuova battaglia

di Chiara Rai

Sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale i giudici della Corte d'assise di Bergamo hanno condannato all'ergastolo, il primo luglio scorso, Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio, 13 anni, scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre del 2010 e trovata uccisa a Chignolo d'Isola, a pochi chilometri da casa esattamente tre mesi dopo. A quanto si è saputo, è probabile che il pm Letizia Ruggeri che ha condotto le indagini e ha rappresentato l'accusa, presenti ricorso in appello contro l'assoluzione del muratore dall'accusa di calunnia nei confronti di un ex collega di lavoro. Adesso Bossetti prepara una nuova battaglia rappresentata dal processo in Appello: "Il killer è ancora in libertà". Ne è fermamente convinto il muratore di Mapello

La condanna Bossetti è stato condannato all’ergastolo, lo scorso 1 luglio, per il delitto aggravato dalla crudeltà e dalla minorata età della vittima. I giudici lo hanno invece assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di calunnia nei confronti di un ex collega su cui aveva puntato il dito. Una mancata imputazione che gli è valsa un piccolo sconto di pena: l’accusa aveva chiesto per l’imputato anche l’isolamento diurno per sei mesi.

I Giudici: "Bossetti animo malvagio" Quello di Yara Gambirasio è stato un "omicidio di inaudita gravità". Lo scrivono i giudici di Bergamo nelle motivazioni della condanna all'ergastolo di Massimo Bossetti, definendo quest'ultimo un soggetto "dall'animo malvagio". Per i giudici, l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio è "maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora". A disvelare l'animo malvagio sono, secondo i giudici, l'aggravante della sevizia e crudeltà. "Le sevizie in termini oggettivi e prevalentemente fisici – scrivono – la crudeltà in termini soggettivi e morali appagano l'istinto di arrecare dolore" e mostrano l' "assenza di sentimenti di compassione e pietà".  

 

Bossetti chiese di ripetere l'esame del DNA “Sarò un ignorantone, ma non sono un assassino. Vi supplico, rifate il Dna”. E’ questo l’ultimo appello che Massimo Bossetti ha rivolto ai giudici della Corte d’Assise di Bergamo prima che venisse condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, uccisa a Brembate di Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata cadavere il 26 febbraio 2011 in un Campo di Chignolo d’Isola. Il verdetto di primo grado arriva a sei anni dal delitto, dopo indagini lunghe e complesse, terminate con l’arresto di Bossetti il 16 giugno 2014

 




YARA GAMBIRASIO: BOSSETTI IN AULA "QUEL DNA NON MI APPARTIENE"

di Angelo Barraco
 
Bergamo – E’ il corso il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, unico imputato per il delitto è Massimo Giuseppe Bossetti. Oggi è stato interrogato in aula e Bossetti, che ha messo in discussione, per la prima volta, l’appartenenza del dna “Quel dna non mi appartiene. E' un dna strampalato, e che per metà non corrisponde. E' dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda visto che non ho fatto niente e voi lo sapete”. Nel corso del dibattimento si è parlato anche delle tanto discusse ricerche che avrebbe fatto Bossetti su ragazzine, alla domanda su tale questione Bossetti ha risposto: “No, assolutamente, sono sincero, non esistono ricerche di questo genere nei nostri computer, assolutamente” e ha puntualizzato inoltre che in intimità, con la moglie, guardavano siti pornografici ma ha specificato che non ha mai guardato siti di ragazzine e ha aggiunto “A me piace anche la cronaca nera”. Bossetti parlò anche del suo arresto, ricostruendo il suo fermo avvenuto il 16 giugno del 2014 “Non sapevo come fare, stavo svenendo, non capivo più niente. Non avevo mai visto tante forze dell'ordine, come se fossi uno spacciatore, neanche fossi stato Totò Riina”. Ma è stato un interrogatorio lungo e da L’Eco di Bergamo vi riportiamo alcuni stralci di questo dibattimento. Si è parlato del furgone, il pm chiede a Bossetti se lo riconosce, la risposta è la seguente: “Escludo categoricamente che sia il mio. La cabina è uguale, ma il cassone è diverso”. Si parla della sera del delitto, Bossetti dice “Non mi ricordo nulla di quella sera”, in merito a tale osservazione viene sollevata la questione di quanto detto in precedenza tra Bossetti e Marita in carcere e lui risponde “Forse l’ho anche detto a Marita dove sono andato. Ma io non me lo ricordo”. Poi Bossetti ha parlato del carcere, di come lo vive, di come lo ha vissuto all’inizio, di cosa ha provato e prova ogni volta, nel vedere i programmi che parlano della morte della piccola Yara Gambirasio e vede il suo volto accostato. Sottolinea poi: “Se uno è innocente, su che cosa deve cedere?” ha aggiunto inoltre “Ho ricevuto pressioni da tutti” per confessare, ma non ha fatto nomi. Ha parlato poi di Yara dicendo: “Non c’è sera che non preghi per lei: lei ha pagato con la vita. È stata una brutalità che le ha strappato la sua innocente quotidianità”.



BOSSETTI: "MENTONO TUTTI". ISRAELE, MAIL TOP SECRET E DNA ARTIFICIALE

Redazione

Bergamo – L'esame di Bossetti è appena cominciato e proseguirà la prossima udienza ma già ci sono state le avvisaglie del clima con cui proseguirà tra continui battibecchi tra pm e i difensori. Cominciati peraltro  con un duro scontro relativo ad alcune e-mail inviate dall'amministratore delegato di Hacking Team, David Vincenzetti al personale interno alla società e a investitori in cui il manager scriveva di presunte congratulazioni da parte dei carabinieri del Ros di Roma riguardo la soluzione del caso. Le mail lette dai legali di Bossetti provenienti dalla società di sicurezza informatica della quale cinque ex dipendenti sono indagati a Milano per accesso abusivo in sistema informatico e violazione del segreto aziendale, erano dei giorni successivi al fermo del muratore di Mapello, il 14 giugno del 2014. Il pm Ruggeri e i legali di parte civile si erano opposti alla lettura delle mail perché "non sappiamo da dove provengano". I difensori hanno spiegato che i documenti erano stati ricavati dal sito di Wikileaks.org. "Ci opponiamo alla lettura – avevano spiegato – perché tra le altre cose vi potrebbero essere anche dei reati legati alla violazione della privacy, in quanto non sappiamo come queste mail siano state acquisite". In una mail si faceva inoltre riferimento a un Paese, Israele, e alla possibilità di creare un Dna artificiale. L'avvocato Andrea Pezzotta, parte civile, si era opposto alla lettura con toni molto decisi: "Io non posso presentarmi con un documento che mi ha dato mia sorella e leggerlo alla Corte. Tra le altre cose, vi potrebbero essere estremi per un reato". Il pm Letizia Ruggeri avevo definito la vicenda "semplicemente esilarante". I giudici hanno ritenuto queste mail "non pertinenti alla materia" di cui si stanno occupando e non le hanno ammesse, anche alla luce delle dichiarazioni di due carabinieri del Racis che avevano estrapolato i primi dati dai computer della famiglia Bossetti e che hanno escluso di aver utilizzato il software Galileo fornito da Hacking team. Anche se i difensori hanno definito quei documenti "allarmanti". Chi si è seduto su quella sedia e ha parlato a quel microfono prima dell'unico imputato Massimo Bossetti, nell'aula della Corte d'assise di Bergamo nella quale dal luglio scorso si sta celebrando il processo per l'omicidio di Yara Gambirasio, "ha mentito". La pesante, inedita accusa del carpentiere di Mapello arriva nel tardo pomeriggio, pochi minuti dopo aver ricostruito la sua vita lavorativa ("ho cominciato a 14 anni come manovale") e familiare, dal matrimonio con Marita Comi nel '99, ai tre figli fino alla decisione di andare a vivere a Mapello.

Il 26 novembre 2010, giorno in cui Yara scomparve dalla palestra di Brembate di Sopra, gettando un intero paese nell'angoscia che divenne disperazione tre mesi dopo, quando il corpo della ragazza fu trovato in un campo di Chignolo d'isola, non lo ricorda. "E' passato tanto tempo, è insensato chiedermelo, come faccio a ricordarmi?", ha detto più volte. E' convinto di essere andato al lavoro, quel giorno, come sempre: "Io garantivo tutti i giorni la presenza nei cantieri (che in quel periodo erano due, a Palazzago e Bonate, ndr), poi si decideva se dovevamo andare avanti o no". Perché passava per Brembate per tornare a casa? "Perché era la via più scorrevole". Comunque "non ho mai visto né conosciuto Yara", afferma sicuro. Bossetti racconta che era solito "tutte le sere" fermarsi a una delle tre edicole che trovava lungo la strada per "comperare figurine, braccialetti" per i suoi figli "tanto che mia moglie mi sgridava perché li viziavo troppo". Ed è alla contestazione del pm che gli rammenta come degli edicolanti sentiti in aula nessuno lo ricorda come cliente abituale che Bossetti risponde a muso duro: "Mentono". Chi mente? E l'imputato allarga la platea: "Presidente, io non sto mentendo, ma tutti quelli che hanno preso questo posto prima di me hanno mentito, salvo i miei consulenti". Bossetti non ricorda se quel pomeriggio del 26 novembre di oltre cinque anni fa pioveva o nevicava. Ma nei colloqui intercettati con la moglie in carcere, riferisce che c'era brutto tempo. "Probabilmente ne avevamo parlato poi ma guardi dottoressa che tutte queste domande che lei mi sta facendo, me le ha fatte anche mia moglie. Mia moglie mi ha fatto un terzo grado anche più di lei, perché aveva fiducia negli inquirenti e a me sembrava quasi mi mancasse di rispetto".
 




BOSSETTI AI FUNERALI DEL PADRE: "QUANDO MANCANO I GENITORI NON SI È PIÙ NESSUNO"

di Angelo Barraco
 
BergamoMassimo Bossetti oggi ha partecipato ai funerali del padre Giovanni Bossetti, deceduto alle 5 di mattina del giorno di Natale in seguito ad una lunga malattia. I funerali si sono svolti presso la chiesa di San Vittore Martire a Terno d’Isola (Bergamo). Bossetti è stato autorizzato dalla Corte d’Assise di Bergamo a lasciare la cella e  partecipare ai funerali del padre, gli agenti lo hanno fatto entrare in chiesa da una porta laterale e gli agenti lo coprivano dai fotografi. Inoltre un agente della polizia penitenziaria era al suo fianco durante il corso della cerimonia e altri agenti controllavano che nessuno entrasse in contatto con l’imputato o che venissero scattate foto. Nel corso della cerimonia, Bossetti ha rivolto un pensiero nei confronti del padre: “Si possono avere sorelle, fratelli, moglie e figli ma quando mancano i genitori non si è più nessuno. Papà riposa in pace”. Finita la cerimonia, Massimo Bossetti e la madre Ester Arzutti si sono abbracciati e sono scoppiati in lacrime, ha abbracciato poi la moglie Marita Comi che era seduta dietro di lui. Il corteo funebre è continuato in direzione Terno d’Isola, dove verrà tumulata la salma di Giovanni Bossetti. Finita la cerimonia invece Massimo Bossetti è stato condotto in carcere dagli agenti della polizia penitenziaria. 
 
Giovanni Bossetti aveva lavorato per anni come operaio per l’azienda tessile “Pozzi”, di Parre, paese di origine della famiglia Bossetti. In seguito alla nascita dei figli però era arrivata anche la malattia e l’uomo ha dovuto affrontare continui ricoveri in ospedale. Si trovava proprio in ospedale quando apprese che il figlio era stato fermato poiché accusato dell’omicidio della piccola Yara, ma le notizie negative in casa Bossetti non si fermano poiché emerge dagli esami del Dna effettuati per conto della Procura di Bergamo che Massimo Bossetti è in realtà figlio di Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno morto nel 1999. Il legale della famiglia Bossetti  aveva scritto in una nota: “in considerazione del gravissimo lutto che ha colpito la famiglia, chiedo  la massima riservatezza e il massimo rispetto per il dolore dei famigliari. In questo momento, pare indelicata e fuori luogo la descrizione di dettagli che riguardano più la sfera privata che la necessità di informazione relativa al processo Bossetti. La famiglia resta unita nel dolore per la perdita di Giovanni Bossetti, marito premuroso e padre affettuoso. La famiglia ringrazia, certa della sensibilità dei mezzi d'informazione”. L’avvocato Salvagni avrebbe voluto riferire la notizia a Massimo Bossetti il giorno stesso, ma non è permesso ai legali di entrare in carcere nei giorni festivi. “Avrei voluto correre in carcere per dare la notizia a Massimo, rinunciando al pranzo di Natale ma mi è stato impedito da una burocrazia cieca, sorda e insensibile. Per me Massimo non merita questo trattamento”. 



BOSSETTI PARTECIPERÀ AI FUNERALI DEL PADRE

di Angelo Barraco
 
Milano Massimo Bossetti è stato autorizzato dalla Corte d’Assise di Bergamo a partecipare ai funerali del padre. Un grave lutto ha colpito la famiglia Bossetti il giorno di Natale. Alle 5 di mattina si è spento, in seguito ad una lunga malattia, Giovanni Bossetti, padre di Massimo Bossetti. L’uomo aveva lavorato per anni come operaio per l’azienda tessile “Pozzi”, di Parre, paese di origine della famiglia Bossetti. In seguito alla nascita dei figli però era arrivata anche la malattia e l’uomo ha dovuto affrontare continui ricoveri in ospedale. Si trovava proprio in ospedale quando apprese che il figlio era stato fermato poiché accusato dell’omicidio della piccola Yara, ma le notizie negative in casa Bossetti non si fermano poiché emerge dagli esami del Dna effettuati per conto della Procura di Bergamo che Massimo Bossetti è in realtà figlio di Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno morto nel 1999. I funerali di Giovanni Bossetti  saranno celebrati martedì 29 mattina alle 10 nella chiesa parrocchiale di San Vittore a Terno d’Isola. La camera ardente sarà allestita nella struttura ospedaliera e il feretro sarà portato dall’ospedale alla chiesa. Il legale della famiglia Bossetti scrive in una nota: “in considerazione del gravissimo lutto che ha colpito la famiglia, chiedo  la massima riservatezza e il massimo rispetto per il dolore dei famigliari. In questo momento, pare indelicata e fuori luogo la descrizione di dettagli che riguardano più la sfera privata che la necessità di informazione relativa al processo Bossetti. La famiglia resta unita nel dolore per la perdita di Giovanni Bossetti, marito premuroso e padre affettuoso. La famiglia ringrazia, certa della sensibilità dei mezzi d'informazione”. L’avvocato Salvagni avrebbe voluto riferire la notizia a Massimo Bossetti il giorno stesso, ma non è permesso ai legali di entrare in carcere nei giorni festivi. “Avrei voluto correre in carcere per dare la notizia a Massimo, rinunciando al pranzo di Natale ma mi è stato impedito da una burocrazia cieca, sorda e insensibile. Per me Massimo non merita questo trattamento”. 



YARA, COLPO DI SCENA DEI RIS: LE SFERE DI METALLO SUL CORPO SONO DEL FURGONE DI BOSSETTI

di Angelo Barraco
 
Milano – Nel processo a Massimo Bossetti ha reso la sua il comandante dei Ris di Parma Giampiero Lago, riferendo in merito alle sfere di metallo trovate sul corpo della piccola Yara Gambirasio: “Gli esiti del lavoro di comparazione tra le sfere di metallo trovate sul corpo e quelle acquisite dall'autocarro Iveco Daily dell'imputato supportano le ipotesi che sia stato il tessuto del sedile del mezzo all'origine di quelle particelle trovate sul cadavere”. Queste sfere di metallo non potevano essere il risultato di una contaminazione da parte del terreno di Chignolo d’Isola. Ha inoltre aggiunto: “Ci chiedemmo come una ragazza di 13 anni, con una vita normale, che andava in palestra, a scuola, potesse avere quelle particelle” e per tale motivo sono stati eseguiti dei rilievi a quattro ragazzi della stessa età della piccola Yara e nei loro abiti sono state trovate 9 particelle di questo tipo, invece nel corpo di Yara c’erano circa un centinaio. L’analisi passa quindi alle persone che potessero essere entrate in contatto con quelle sferette e sulle tute di operai, tornitori  e soggetti che svolgono simili professioni sono state trovate “migliaia” di queste sferette. Sull’autocarro di Massimo Bossetti, riferisce, sono stati eseguite analisi poiché è muratore, in particolare le analisi sono state eseguite sull’abitacolo e le sferette trovate risultano dello stesso tipo. 
 
Rinvenimento tracce sul furgone di Bossetti nel febbraio scorso. le tracce di sedile del veicolo di Massimo Bossetti, unico indagato per l’omicidio di Yara, avrebbero avuto riscontro con quelle trovate nel corpo di Yara.  Il 26 novembre 2010 Yara sarebbe salita sul furgone di Massimo Bossetti. L’analisi dei Ris ha stabilito che i fili di stoffa trovati nella parte esterna dei leggings di Yara apparterrebbero proprio  ai sedili dell’Iveco Daily di Massimo Bossetti.
 
Processo. Verso la metà del mese di settembre, in aula, viene ascoltato Ilario Scotti, colui che ha rinvenuto il corpo il 26 febbraio del 2011 a Chignolo d’Isola. L’uomo ha ribadito quanto dichiarato durante la fase investigativa ma ha detto anche altro. L’uomo ha raccontato che mentre quel 26 febbraio attendeva l’arrivo delle forze dell’ordine, c’era un uomo rimasto a guardarlo ai bordi del campo per circa un quarto d’ora ed è andato via quando ha udito le sirene: “Quando andai a recuperare l'aereo mi sembro' di vedere un mucchio di stracci, poi capii che era un cadavere e chiamai il 113. Mentre aspettavo vidi un uomo calvo, di 50-55 anni, al volante di un'utilitaria: ha posteggiato all'inizio della stradina, e' sceso dall'auto e poi e' salito con i piedi sui dei blocchetti di cemento da dove e' rimasto a guardarmi per 10-15 minuti, poi si e' allontanato quando si sono sentite le sirene”.
 
Prima dell’uomo è stata interrogata la sorella di Yara, Keba Gambirasio, che ha parlato della sorella riferendo in aula: “Non mi ha mai parlato di ragazzi più grandi o di avere confidenza con alcuni di loro. Non aveva rapporti con persone più grandi, me lo avrebbe detto o lo avrei saputo: io conoscevo tutte le sue frequentazioni, i compagni e gli amici del Centro estivo. Lei non mi mostrava mai il suo cellulare, ma so che nei contatti aveva solo numeri di parenti e compagni di scuola. Quando andavamo in vacanza stavamo dai parenti e frequentavamo solamente loro, e per uscire di casa chiedevamo sempre il permesso ai nostri genitori. La sera in cui è scomparsa avevamo discusso per portare lo stereo in palestra, ma poi avevamo deciso che lo avrebbe portato lei”. Chi è l’uomo misterioso che si trovava sul luogo del delitto?
 
L’iter: Il 3 Luglio è iniziato presso il Tribunale di Bergamo, il processo a carico di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello accusato di aver ucciso la piccola Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate il 26 novembre del 2010 e ritrovata tre mesi dopo in un campo, esattamente il 26 febbraio 2011.  In Tribunale non ci sono stati i genitori di Yara che si costituiranno parte civile e saranno presenti in aula nel momento in cui dovranno testimoniare poiché vogliono evitare la pressione mediatica. L’attesa mediatica è stata tanta, come d'altronde dall'inizio di questa vicenda. Molti si sono accalcati fuori dal Tribunale di Bergamo per poter vedere qualcosa, cogliere l’attimo in cui entra il presunto Killer ed assaporare in diretta un momento che prima avevano visto soltanto attraverso uno schermo televisivo. L’udienza di è stata blindata e sono stati centellinati i posti per i giornalisti e le troupe televisive. Bossetti, in carcere dal 16 giugno dell’anno scorso, ha voluto presenziare in Aula ed è arrivato in Tribunale a bordo del furgone della Polizia ed è entrato dall’ingresso secondario, è stato condotto in aula ed è stato fatto entrare nella gabbia degli imputati. 
 
Racconto di una testimone: Yara Gambirasio e Massimo Bossetti si conoscevano? Nell’elenco dell’accusa per il processo a Massimo Bossetti, accusato per l’omicidio di Yara Gambirasio, figura la testimonianza di Alma Azzolin, di Trescore Balneario. Il suo racconto è reputato dagli inquirenti fondato. Risulta a verbale che una mattina tra agosto e l’inizio dell’anno scolastico 2010, la donna fosse parcheggiata a fianco al cimitero di Brembate e avesse notato una macchina color chiaro modello Station Wagon e alla guida dell’auto vi era un uomo su cui era salita una ragazza. La donna ha dichiarato che l’uomo fosse Massimo Bossetti e che la ragazza fosse Yara. La donna avrebbe visto Bossetti e Yara insieme circa 3 mesi prima della scomparsa. Lei frequentava il centro sportivo di Brembate poiché la figlia svolgeva attività sportive proprio lì.  La testimone pare non avere dubbi: “Ho visto Bossetti e Yara insieme prima della scomparsa della piccola” aggiungendo che “È lei la ragazza vista in macchina con Bossetti accanto alla palestra agli inizi di settembre”.
 
Massimo Bossetti è in carcere dal 16 giugno 2014 ed è accusato di essere l’assassino di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010,intorno alle 18,30 quando esce dal palasport di Brembate di Sopra e da quel momento non si saprà più nulla di lei fino al 26 febbraio 2011, dove viene ritrovata per puro caso. Ma oltre all’accusa di omicidio su Bossetti pende l’accusa di calunnia verso un collega, secondo l’accusa , Massimo Bossetti durante gli interrogatori avrebbe cercato di sviare le indagini e indirizzare gli inquirenti verso di lui sull’omicidio e come possibile colpevole. Per l’omicidio di Yara le aggravanti contestate quelle di aver “adoperato sevizie e aver agito con crudeltà” e aver “approfittato di circostanze di tempo (in ore serali/notturne), di luogo (in un campo isolato) e di persona (un uomo adulto contro un'adolescente di 13 anni) tali da ostacolare la pubblica e privata difesa”.



YARA GAMBIRASIO: BOSSETTI CERCO’ DI FUGGIRE IL GIORNO DELL’ARRESTO

Redazione

Non si placano le voci sul giorno dell’omicidio della piccola Yara e dell’arresto del suo possibile assassino Massimo Bossetti. Secondo quanto riportato dalle forze dell’ordine, Massimo Bossetti cercò di fuggire quando le forze dell'ordine, vestite in borghese, andarono ad arrestarlo. Lo ha ricordato oggi durante l'udienza del processo a Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, l'ex comandante del Ros di Brescia, Michele Lorusso, che ha ricostruito le fasi iniziali delle indagini. Lorusso ha rivelato che ci si era concentrati sull'ambiente della palestra, sull'istruttrice Silvia Brena e su altre persone ma senza trovare niente. L'istruttrice era stata al centro anche di intercettazioni quando, dopo il ritrovamento del corpo di Yara, Dna della donna era stato trovato sul giubbino della vittima. Ma gli accertamenti l'hanno scagionata. Lorusso ha poi parlato di Bossetti. Ha spiegato che il muratore la sera del rapimento era nella zona della palestra di Brembate Sopra, e il suo cellulare aveva agganciato la cella del paese per molto tempo. Non era andato dal commercialista, come aveva detto, e non aveva risposto a ripetute chiamate del fratello.

Dalle indagini e' emerso anche che Bossetti si assentava spesso dal cantiere di Palazzago in cui lavorava con scuse legate alle sue condizioni di salute. Lorusso ha poi ricordato il giorno dell'arresto: "Il nostro personale in borghese ha finto di cercare un extracomunitario vestito di nero, ma l'imputato ha capito e ha cercato di fuggire". Nella successiva perquisizione a casa sua e' stata trovata la documentazione legata alla contabilita' nel sottotetto, ma due bolle di accompagnamento erano nel comodino della camera da letto: una del 26 novembre 2010 (giorno della scomparsa di Yara) e una del 9 dicembre per un metro cubo di sabbia in una ditta di Chignolo.