Mafia Capitale, processo d’appello: pene ridotte a Buzzi e Carminati

Ridotte in appello le condanne per Massimo Carminati e Salvatore Buzzi nell’ambito del processo al Mondo di Mezzo. Per l’ex Nar ridotta la pena da 20 anni del primo grado ai 14 anni e sei mesi inflitti oggi. Per Buzzi dai 19 anni, ai 18 e 4 mesi di oggi.La terza corte di appello di Roma ha anche riconosciuto l’associazione mafiosa.

Ribaltato così quanto deciso in primo grado

I giudici hanno riconosciuto l’associazione a delinquere di stampo mafioso, l’aggravante mafiosa o il concorso esterno, a vario titolo, oltre che a Carminati e Buzzi, anche per Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi), Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi). Condannati anche Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi), Carlo Maria Guaranì (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 annu e 4 masi), Roberto Lacopo (8 anni), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi) e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi).

“Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate: lo abbiamo fatto in primo grado e lo faremo anche adesso. La corte d’appello ha deciso che l’associazione criminale che avevamo portato in giudizio era di stampo mafioso e utilizzava il metodo mafioso. Era una questione di diritto che evidentemente i giudici hanno ritenuto fondata”. Così il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini ha commentato a caldo la decisione dell’appello nel processo al Mondo di mezzo. In aula erano presenti anche il pm Luca Tescaroli e i procuratori generali Antonio Sensale e Pietro Catalani.
A luglio del 2017 i giudici di primo grado avevano escluso l’aggravante mafiosa per tutte le persone coinvolte dall’inchiesta, riconoscendo invece la corruzione e l’esistenza di due gruppi criminali. Per questo Massimo Carminati e Salvatore Buzzi erano stati condannati a 20 e 19 anni di reclusione in una sentenza che ha riguardato altre 44 persone, tra cui politici e uomini dell’amministrazione. Una sentenza storica in cui sono state inflitte pene pesanti proprio per gli episodi di corruzione con condanne, in alcuni casi, superiori alle richieste della Procura.
“Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma”. Così il sindaco di Roma Virginia Raggi subito dopo la sentenza della Corte di Appello di Roma.” Conferma, qualota ce ne fosse ancora bisogno, che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità. E’ quello che stiamo facendo e continueremo a fare per questa città e i cittadini”.

Per la difesa di Buzzi invece “Quanto accaduto è grave, è un atto assolutamente stigmatizzabile l’aver riconosciuto in questa roba la mafia. Credo che per molti cittadini da oggi sia molto pericoloso vivere in Italia: è una bruttissima pagina per la giustizia del nostro Paese” dice Alessandro Diddi, legale di Salvatore Buzzi.Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giosuè Naso, legale di Massimo Carminati, “Questa sentenza rappresenta per me una sorpresa, perchè già non condividevo la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto due associazioni distinte. L’insussistenza dell’accusa mafiosa mi sembrava inattaccabile: mi sbagliavo. Questo collegio ha invece riconosciuto l’esistenza della mafia. E se persino questo collegio, che è uno dei migliori della corte d’appello, ha riconosciuto l’aggravante mafiosa di questa, o io non capisco più nulla di diritto, ci può stare, oppure è successo qualcosa di stravagante che ha influito sulla sentenza. In questo Paese la magistratura mette bocca su tutto e si arroga il compito di moralizzare la società”.




Mondo di Mezzo: 20 rinvii a giudizio e una condanna. A processo anche ex capogruppo Pd, ex dg Ama e Buzzi

ROMA – Venti rinvii a giudizio e una condanna ad un anno di reclusione in abbreviato. E’ quanto deciso dal gup di Roma, Monica Ciancio in uno dei filoni dell’ inchiesta sul Mondo di mezzo. A processo, che inizierà il prossimo 19 settembre, tra gli altri per l’ex capogruppo Pd in Campidoglio, Francesco D’Ausilio e l’ex direttore generale di Ama, Giovanni Fiscon e il ras delle coop Salvatore Buzzi.
Contestati vari episodi, tra il 2011 ed il 2014, di corruzione, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio e finanziamento illecito.

La condanna riguarda Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi, a cui già sono stati inflitti tre anni nel filone principale. Nel filone di indagine sono coinvolti anche gli imprenditori Fabrizio Amore e Flavio Ciambella, Fabio Tancredi, ex direttore del decimo Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde-Protezione civile di Roma Capitale. A processo anche Nadia Cerrito, ex collaboratrice di Buzzi, Clelia Logorelli, quale dirigente preposto al settore verde di Eur spa, Giampaolo Cosimo De Pascali, appuntato dei carabinieri e all’epoca dei fatti in servizio presso l’Ufficio direzione Sovrintendenza centrale Servizi di Sicurezza, il presidente della cooperativa ‘Capodarco’ Maurizio Marotta. Per l’ex sindaco di Sant’Oreste Sergio Menichelli e Raniero Lucci (collaboratore di Buzzi) e Marco Placidi (ufficio tecnico comune di Sant’Oreste) il giudice ha disposto la trasmissione degli atti per competenza alla Procura di Tivoli.




MAFIA CAPITALE: SIA CON ALEMANNO CHE CON MARINO C'E' STATO IL BOOM DELLA COOP DI BUZZI

Alberto De Marchis

Roma – Più con Alemanno che con Marino? Pare di sì. Il rapporto del gruppo di Mafia Capitale, guidato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi "è stato diverso con le due giunte capitoline precedenti", quella guidata da Gianni Alemanno e la seconda guidata dall'attuale primo cittadino Ignazio Marino. Lo ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nel corso dell'audizione in commissione parlamentare Antimafia. Con la prima giunta, ha proseguito, "si registra una esplosione del fatturato delle cooperative che facevano capo a Salvatore Buzzi e c'era una influenza sulle nomine di vertice delle società partecipate dal Comune". Mentre con l'amministrazione Marino, "i contatti a livelli apicali non ci sono più però non c'è dubbio che rimane la presenza pesante di Buzzi e del mondo delle cooperative. Buzzi agisce sempre di intesa con Carminati". I dati di Pignatone parlano dunque chiaro.

"Sotto la giunta Alemanno – ha proseguito il magistrato – e' avvenuta anche la nomina di soggetti graditi al vertice di societa' partecipate dal Comune. Ma anche con l'amministrazione successiva (giunta Marino, ndr) il gruppo che fa riferimento a Buzzi ed a Massimo Carminati poteva contare su amici e propri candidati. Le indagini hanno portato alla luce il metodo raffinato con cui il sodalizio criminoso si inseriva negli apparati comunali con una attivita' di lobbyng illecita finalizzata ad imporre nomi o ad ostacolare e rimuovere quei soggetti con i quali non era possibile intavolare accordi".




MAFIA CAPITALE: IL RAS DELLE COOPERATIVE BUZZI CHIEDE DI PATTEGGIARE

Redazione

Roma – Il ras delle cooperative Salvatore Buzzi chiede di patteggiare una condanna a tre anni e sei mesi di reclusione e 900 euro di multa. La Procura di Roma darà parere negativo alla richiesta. La richiesta di patteggiamento da parte di Buzzi,uno dei principali indagati nell'inchiesta sulla cosiddetta Mafia Capitale accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, corruzione ed altro, è stata fatta con un'istanza depositata al gip Flavia Costantini a fronte della richiesta di giudizio immediato formulata recentemente dalla Procura per 34 indagati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in occasione della prima 'retata' dello scorso dicembre. Il processo è fissato per il prossimo novembre.




ROMA, AMA: PANZIRONI CONDANNATO A 5 ANNI

di Maurizio Costa

Roma – La scia di Mafia Capitale continua a mietere le sue vittime. L'ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, è stato condannato a 5 anni e 3 mesi per 841 assunzioni sospette avvenute tra il 2008 e il 2009.

Il pm di Roma, Corrado Fasanelli, aveva chiesto questa condanna già a dicembre, quando lo scandalo della mafia a Roma aveva appena messo in subbuglio l'amministrazione capitolina.

Panzironi avrebbe assunto 841 persone in Ama, tra il 2008 e il 2009, in 41 casi con chiamata diretta senza concorso e senza bandi. L'accusa è di abuso d'ufficio e falso. L'ex ad di Ama non potrà più accedere ai pubblici uffici e dovrà risarcire il comune di Roma.

I giudici hanno anche condannato Luciano Cedrone, ex direttore del personale (3 anni e 1 mese); Bruno Frigerio, ex presidente della commissione esaminatrice (3 anni e 3 mesi); Gianfranco Regard, ex capo settore legale di Ama (1 anno e 1 mese). Assolti Ivano Spadoni, Lorenzo Allegrucci, Sergio Bruno e Giovanni D'Onofrio.

Il sindaco di Roma, in una nota, ha dichiarato che:

"la sentenza di condanna a carico dell'ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, getta piena luce sulla vicenda nota come Parentopoli, e dà ragione al Campidoglio che si era costituito parte civile. Gli anni della giunta Alemanno hanno segnato, anche nelle aziende comunali, il momento di massimo buio: favoritismi, assunzioni a chiamata nominale, abusi d'ufficio, falsi. Tutto, come si evince dalla sentenza di condanna, per favorire gli amici degli amici e occupare aziende che devono invece essere al servizio dei cittadini. Noi abbiamo denunciato fin dall'inizio quello che era avvenuto e, una volta arrivati al governo della città, lo abbiamo avversato operando in piena trasparenza e usando lo strumento delle gare e dei bandi pubblici. D'altra parte, la vicenda di Parentopoli e le relative responsabilità politiche hanno sin dall'inizio preannunciato quanto avremmo compreso con chiarezza grazie all'indagine sul Mondo di mezzo, di cui lo stesso Panzironi è protagonista. Alla luce della sentenza di oggi, Ama sta procedendo a verificare tutte le possibili strade per metter la parola fine a quella stagione. Per quanto riguarda Roma, la nostra amministrazione ha deciso di rivalersi anche in sede civile: chiederemo almeno 100.000 euro per il danno d'immagine subito dalla città. Sono convinto che – come è successo già in sede penale – la magistratura riconoscerà le nostre ragioni e mi impegno fin d'ora a utilizzare tutti i soldi che riusciremo a ottenere per il decoro, in particolare per la cancellazione delle scritte che imbrattano i muri della città".