Centrodestra: “A noi la presidenza del Senato”. La Camera al M5S

La presidenza del Senato deve andare a Forza Italia. A deciderlo sarebbero stati, a quanto si apprende, i tre leader del centrodestra nel corso del vertice a palazzo Grazioli in vista della partita per la presidenza delle Camere che si apre venerdì. Insomma sarà un esponente del partito di Silvio Berlusconi il nome che la coalizione proporrà agli altri partiti. In pole c’è Paolo Romani, l’attuale capogruppo, anche se – viene spiegato- non sarebbe il solo nome sul tavolo. Nella rosa ci sarebbe anche quello di Anna Maria Bernini, vice presidente dei senatori nella passata legislatura. La decisione di scegliere un nome di Forza Italia per la presidenza di palazzo Madama va incontro a quello che Giorgia Meloni predica da tempo e cioè che in una logica di coalizione essendo Salvini il candidato premier gli altri incarichi vanno divisi tra le altre forze del centrodestra. Quanto al leader della Lega, i presenti alla riunione hanno evidenziato come il segretario del Carroccio sia assolutamente determinato nel voler essere il presidente del Consiglio della coalizione di centrodestra.

La riunione “Il centrodestra – si legge in una nota diffusa al termine del vertice – propone ai capigruppi parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5S il presidente della Camera. A tal fine anche per concordare i nomi i leader del centrodestra invitano le altre forze politiche ad un incontro congiunto domani“.

Prima dell’incontro Berlusconi ha riunito lo stato maggiore di Forza Italia. Dal vertice azzurro sarebbe emerso che il Cavaliere punta su Paolo Romani, attuale capogruppo di Forza Italia al Senato, per il vertice di Palazzo Madama che Fi rivendica per sé. Ovviamente la candidatura di Romani è al centro dell’incontro con il leader della Lega e la presidente di Fdi.

Su Romani è stato posto il veto di M5s per una condanna a suo carico per peculato anche se, ha precisato lui nei giorni scorsi, “la Cassazione ha chiesto alla Corte d’Appello di riconsiderare” la sentenza.




CONCORSI PUBBLICI: ECCO LE NOVITA' APPROVATE DALLA CAMERA

di A.B.
 
Roma – Il M5S e il PD hanno presentato due emendamenti che sono stati approvati alla Camera e che riguardano due importanti novità: lo stop ai dirigenti condannati per danno erariale e l’eliminazione del voto di laurea come limite per l’accesso ai concorsi pubblici. Quindi questa barriera non sarà più presente e l’accesso sarà più facilitato. Per quanto riguarda i dirigenti, si delega il governo a prevedere i casi in cui vi è una condotta dolosa e tale condotta, della Corte dei Conti, porta alla revoca dell’incarico o del suo mancato conferimento.
 
Per quanto riguarda la dirigenza, diventano licenziabili anche i vertici e potrebbero essere cacciati qualora saranno valutati in modo negativo. Il dirigente però, per non essere cacciato via, può chiedere di essere “demansionato”, c’è da sottolineare inoltre che gli incarichi non saranno più a vita.
 
L’azione disciplinare non sarà più una formalità ma dovrà essere portata a termine. Visti i casi di "finti malati" che ci sono stati in Italia in tutti questi anni, anche qui la situazione cambia poiché le funzioni di controllo passano dalle Asl all’Inps. “Pulizia” negli uffici dei ministeri e dell’Authority, tagli per semplificare ed accelerare la produzione. Arriva anche la Carta della cittadinanza digitale. Per le emergenze basterà chiamare il numero unico 112 per chiedere aiuto. 



ROMA : STOP AI VITALIZI DEI DEPUTATI CONDANNATI

di A. B.
 
Roma – Dagli uffici di presidenza del Senato e della Camera è arrivato lo stop ai vitalizi per 8 senatori e 10 deputati condannati. Tra i nomi inclusi nella lista vi sono anche quelli di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Si apprende inoltre che avrebbero votato a favore il Pd, Ap, Sel, FI invece è uscita senza aver votato e Lucio Barani (Gal) è uscito protestando. Si sono astenuti invece Lega e M5S. I senatori che sono stati raggiunti dalla delibera sono:  Silvio Berlusconi, Marcello Dell'Utri, Vittorio Cecchi Gori, Pasquale Squitieri, Antonio Franco Girfatti, Giorgio Moschetti, Vincenzo Inzerillo e Franco Righetti. Alla Camera sono dieci i vitalizi sospesi, intanto il provvedimento scatena l’ira del Movimento cinque stelle che parla di “farsa”. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera ed esponente del M5S  scrive su facebook “Ricordate la sospensione del vitalizio agli ex parlamentari condannati? Oggi in Ufficio di Presidenza alla Camera abbiamo saputo quanti saranno coloro a cui si applichera' quella norma. Su 1543 ex Deputati che stanno percependo ingiustamente un vitalizio, anche oltre i 3000 euro al mese, solo 10 avranno il vitalizio sospeso. 10 sfigati che non avevano nessun partito a proteggerli, mentre tanti altri condannati, i cui reati non furono inseriti nella delibera, sono tutti salvi”. 



GIORNALISTI E DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA: ECCO COME CAMBIA LA LEGGE

di Ch. Mo.

Roma – All’indomani dell’approvazione dall’aula della Camera delle nuove norme sulla diffamazione a mezzo stampa, la legge in merito ai giornalisti e alla diffamazione a mezzo stampa sta cambiando. Con 295 sì, 3 no e 116 astenuti, il nuovo testo entrato in vigore elimina la condanna alla reclusione in carcere per i giornalisti e prevede esclusivamente pene amministrative con l’obbligo di rettifica senza commento a favore dell’offeso. A breve, il ddl tornerà al Senato per il quarto passaggio parlamentare.

La modifica alle legge n. 47.La normativa va a modificare la legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 e il codice penale in materia di diffamazione. Nella regolamentazione d'ora in poi rientreranno anche le testate giornalistiche online e radiotelevisive.


No al carcere. Per i giornalisti che si sono macchiati di diffamazione a mezzo stampa, non sarà più previsto il carcere, bensì pene dai 5 mila ai 10 mila euro. Per quanto riguarda invece la dichiarazione del falso, le sanzioni vanno dai 10 mila ai 50 mila euro. Alla condanna è associata la pena della pubblicazione della sentenza, mentre in caso di recidiva è prevista anche l'interdizione dall'esercizio della professione da uno a sei mesi. La rettifica tempestiva sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità.


Meno responsabilità ai direttori. Non saranno più responsabili degli tabella non firmati i direttori delle testate giornalistiche. Inoltre, sarà obbligatoria l’eliminazione dai siti e dai motori di ricerca delle informazioni diffamatorie.


La clausola “salva cronisti”. A meno che non si tratti di diffamazione dolosa, quanto pagato dal direttore o dall'autore della pubblicazione a titolo di risarcimento del danneggiato avrà natura di credito privilegiato nell'azione di rivalsa nei confronti del proprietario o editore della testata.


La pubblicazione della rettifica. Rettifiche e smentite andranno pubblicate sui giornali senza alcun commento menzionando espressamente il titolo, la data e l'autore dell'articolo ritenuto diffamatorio. Il direttore sarà obbligato ad informare l’autore del servizio della richiesta di rettifica.


Le responsabilità del direttore. Il direttore o il suo vice risponderanno a titolo di colpa se vi è un nesso si causalità tra omesso controllo e diffamazione. È comunque esclusa per il direttore al quale sia addebitabile l'omessa vigilanza l'interdizione dalla professione di giornalista.


Il segreto professionale. Anche i pubblicisti d’ora in poi potranno opporsi al giudice nella rivelazione della provenienza delle proprie fonti, proprio come accade per i professionisti.


Le querele. Qualora la querela dovesse essere pretestuosa, il querelante potrebbe essere condannato al pagamento di una somma di 10 mila euro. Chi invece attiva in malafede o colpa grave un giudizio civile a fini risarcitori rischierà, oltre al rimborso delle spese e al risarcimento, di dover pagare a favore del convenuto un'ulteriore somma determinata in via equitativa dal giudice che dovrà tenere conto dell'entità della domanda risarcitoria.




ANTICORRUZIONE: VIA LIBERA DELLA CAMERA

di Matteo La Stella
Roma- Arriva dall'Aula della Camera il definitivo lasciapassare per il ddl anticorruzione. Il testo di legge è stato accolto da 280 si, 53 no e 11 astenuti. A Montecitorio l'Aula ha scartato uno per uno gli emendamenti, lasciando il testo di legge invariato rispetto alla bozza già passata per il Senato, benedicendo così definitivamente il ddl anticorruzione. Tra i contrati M5S e FI, la Lega invece si è astenuta.
Gli umori sono alle stelle, il Premier Matteo Renzi twetta soddisfatto -”Anticorruzione e falso in bilancio sono legge. Quasi nessuno ci credeva. Noi si. Questo paese lo cambiamo, costi quel che costi. #lavoltabuona-”. A twettare ci pensa anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando che chiude la sua sfilza di cinguettii così-”Con la nuova legge #anticorruzione il falso in bilancio ritorna ad essere un reato punito con sanzioni severe”-.

IL TESTO
Il ddl passato definitivamente alla Camera è stato costruito sulla base di un testo presentato più di due anni fa da Pietro Grasso, unico suo atto da Parlamentare prima di diventare presidente del Senato. La legge reintroduce il reato di falso in bilancio, obbliga i condannati a restituire quanto dovuto e peraltro rinforza i poteri dell'Anac.
Le novità contenute nel testo sono:

CORRUZIONE
La pena per corruzione propria, che vede un pubblico ufficiale andare contro i doveri d'ufficio, si alza dai 4 agli 6 anni nel minimo e dagli 8 ai 10 anni nel massimo. L'effetto è quello di allungare i termini di prescrizione del reato. Schizzate verso l'alto anche le pene per peculato, corruzione per l'esercizio della funzione e corruzione in atti giudiziari.

Concussione anche nel pubblico servizio:
Il reato di concussione minaccia anche gli incaricati a pubblico servizio, con pene invariate: dai 6 ai 12 anni.

Pena più corta per chi collabora con la giustizia:
Sconti di pena da un terzo a due terzi per chi fornisce le prove, aiuta ad incastrare gli altri responsabili o il sequestro delle somme.

Patteggiamento, si può cone delle condizioni:
Il patteggiamento è possibile solo nel caso in cui ci sia stato il versamento anticipato ed integrale del costo o del guadagno del reato stesso.

REATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA
La pena massima è quella dei boss, che dai 12 ai 24 anni di pena si innalza, fino a diventare dai 15 ai 26. Per i luogotenenti della stessa invece, la pena prevista, dai 9 ai 14 anni, diventa invece dai 12 ai 18 anni. Qualora l'associazione fosse composta da 3 o più persone, sono previsti dai 10 ai 15 anni dietro le sbarre (ora dai 7 ai 12) e oltretutto, se il gruppo è armato sono previsti dai 12 ai 20 anni di pena (ora dai 9 ai 15).

FALSO IN BILANCIO TORNA REATO
Il falso in bilancio, spesso utilizzato per la costituzione di fondi neri, torna ad essere reato. È prevista una distinzione tra società quotate e non quotate. La pena per aver falsificato il bilancio di un'attività quotata in borsa è dai 3 agli 8 anni. Per le altre società, nel caso in cui di proposito si espongano-”Fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”- si rischiano pene da 1 a 5 anni. Per questi reati niente intercettazione, utilizzabile solo per pene superiori ai 5 anni. I fatti di lieve entità vengono puniti con il carcere da 6 mesi a 3 anni. Inserita anche la non punibilità per -”Tenuità del fatto”-. Salgono invece le sanzioni pecuniarie per ogni tipo di società: le teste di serie dei brend rischiano di pagare dalle 200 alle 600 quote. Inoltre per le piccole società, che non possono fallire grazie al codice civile, è prevista la procedibilità a querela di parte.

OBBLIGO DI INFORMARE AUTORITA' ANTICORRUZIONE
Il pm che segue l'azione penale per i reati contro la pubblica amministrazione, deve tassativamente informare il presidente dell'Autorità Anticorruzione, dandogli notizia dell'imputazione.




FROSINONE, L'AMMINISTRAZIONE OTTAVIANI TAGLIA I COSTI DELLA POLITICA

Redazione

Frosinone – Taglio dei costi della politica, abolizione di privilegi e benefit, razionalizzazione della spesa pubblica. Temi caldi del dibattito politico e soprattutto dell’ultima campagna elettorale per le elezioni politiche e regionali. Temi sui quali l’amministrazione Ottaviani, precorrendo i tempi e operando scelte coraggiose, ha avviato un percorso virtuoso che l’ha portata ad essere una delle poche amministrazioni, se non l’unica in Italia, ad avere sforbiciato in maniera concreta consistente i costi della politica.

“In questi giorni – ha dichiarato l’assessore alle Finanze del Comune di Frosinone Riccardo Mastrangeli – abbiamo letto sui giornali che i presidenti di Camera e Senato hanno deciso di tagliarsi del 30% l’indennità. Gesto sicuramente apprezzabile, ma, forse, poco coraggioso, visto che qualche sforzo in più, in questo senso, poteva esser fatto, se paragonato a quanto fatto dall’amministrazione Ottaviani che, prima di ogni altra in Italia e in tempi non sospetti, più di sei mesi fa, con una scelta senza precedenti nel nostro Paese, ha tagliato del 50% le indennità di sindaco e assessori, facendo confluire il risparmio in un fondo che finanzierà progetti di grande rilevanza sociale”.

“Inoltre – continua Mastrangeli – l’amministrazione Ottaviani ha ridotto del 70% le spese di staff rispetto al passato e ha deciso l’abolizione dell’uso delle auto blu da parte di sindaco e assessori, che si spostano con mezzi propri per gli impegni istituzionali, e l’abolizione dell’uso dei cellulari di servizio, tant’è che sindaco e assessori hanno deciso di accollarsi in proprio ogni spesa in questo senso. Gesti forti, concreti con i quali abbiamo voluto dare un segnale inequivocabile ai politici di professione, a quelli che hanno scambiato la politica per un lavoro, intendendola come fonte di reddito unica, anziché come volontariato sociale o come missione civica. Noi riteniamo che si fa politica non per obbligo, ma per aiutare la gente a risolvere i propri problemi e chi fa politica, in nome di un bene superiore, deve saper rinunciare a qualcosa di proprio e non pensare alla propria dimensione autoreferenziale. Per questo abbiamo voluto tendere la mano ai cittadini per far capire che, coloro ai quali hanno dato le delega per costruire una città e una società migliori, stanno dallo loro parte e non stanno occupando il potere per meri fini personalistici. Nel Paese, in questi ultimi anni cittadini e classe politica hanno marciato in direzioni opposte, parlando due lingue diverse e rimanendo distanti anni luce. La classe politica ha chiesto sacrifici; ha imposto cure da cavallo, trattamenti lacrime e sangue ai cittadini, salvo poi non arretrare di un millimetro dalle proprie posizioni di privilegio in barba a una povertà dilagante e alla disperazione di tanti giovani in cerca di un lavoro. Davanti al vuoto degli annunci, che più volte abbiamo sentito a livello nazionale, il nostro è stato un gesto vero che ha, poi, una finalità di indubbia valenza sociale”.

“La speranza – ha concluso Mastrangeli – è che anche altri possano seguire veramente e concretamente l’esempio del Comune di Frosinone per creare istituzioni sempre più vicine ai cittadini”.