COLPITA LA CAMORRA A ROMA:CONFISCATO IMPERO DA 80 MILIONI

Redazione
 
Roma – I Carabinieri di Roma hanno confiscato beni per un valore di 80 milioni di euro a quattro imprenditori che risulterebbero coinvolti nei traffici della camorra napoletana. Tre di loro erano noti alle forze agli inquirenti poiché erano stati arrestati nel gennaio del 2014 nel corso dell’indagine denominata “Margarita”, nota con il nome di “Pizza Ciro”, che portò in manette 20 perone e al sequestro di diversi locali nel centro di Roma. Le indagini hanno appurato che tre imprenditori, fratelli, avrebbero esercitato un’attività di riciclaggio per la camorra napoletana, per conto del Clan Contini. Dalle indagini dirette dalla DDA di Roma e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo è emerso che le loro disponibilità economiche e i loro beni –erano proprietari di numerosi ristoranti-pizzerie nelle vie principali della capitale e con un volume d’affari incongruente con i redditi dichiarati- sarebbero state gestite con l’ausilio di prestanome per occultare le ingenti risorse economiche di illecita provenienza. 

Dalle indagini dei carabinieri, è emerso che tre fratelli imprenditori sarebbero stati "stabili riciclatori" per conto della camorra napoletana, al servizio, in particolare, del clan Contini. I tre imprenditori napoletani Antonio, Luigi e Salvatore Righi, partendo dunque dalla gestione della piccola pizzeria del padre a Napoli in via Foria, si erano trasferiti negli anni 90' a Roma e in poco tempo erano diventati proprietari di fatto di una holding di società attive nella gestione di numerosissimi ristoranti-pizzeria ubicati della Capitale, con un volume d'affari sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Le indagini hanno dimostrato che l'impero economico dei fratelli Righi veniva gestito con modalità illecite, mediante una rete di società intestate a prestanome, finalizzate al reimpiego e all'occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita ed alla sottrazione delle imprese acquisite e gestite con il denaro sporco a possibili misure di prevenzione patrimoniale. Inoltre, sull'ascesa imprenditoriale della famiglia Righi sicuramente ha influito il loro coinvolgimento nel sequestro di persona a scopo di estorsione di Luigi Presta, avvenuto a Napoli nel 1983. All'epoca, Ciro, la moglie e i figli Luigi, Salvatore e Antonio Righi furono arrestati, poiché sospettati di aver riciclato parte del riscatto di un miliardo e settecento milioni di lire pagato dalla famiglia Presta per ottenere la liberazione; a conclusione di un tortuoso iter giudiziario, Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio

 

 

Gli affari a Roma Il vincolo con il clan Contini non impediva ai Righi di proporsi quale punto di riferimento sulla Capitale per altri sodalizi camorristici, prescindendo dagli equilibri e delle alleanze tra i vari clan napoletani; del resto l'esperienza investigativa ha spesso evidenziato come ai riciclatori non venga richiesto quell'impegno di fedeltà esclusiva normalmente preteso dagli affiliati appartenenti alle componenti militari dei clan. Le indagini dei Carabinieri di Roma hanno infatti rivelato la vicinanza di Antonio Righi anche al clan Mazzarella, avendo egli svolto attività di riciclaggio e supporto logistico per conto di Oreste Fido, reggente del gruppo di Paolo Ottaviano operante in zona Mercato-Santa Lucia a Napoli, nonché la vicinanza di Ivano Righi, figlio di Salvatore, al clan Amato-Pagano, degli "scissionisti" di Secondigliano. L'accertamento dell'affiliazione, quali concorrenti esterni, dei tre fratelli Antonio, Luigi e Salvatore Righi a clan camorristici napoletani ha determinato lo spostamento da Roma a Napoli della competenza giurisdizionale sul procedimento, con il conseguente invio degli atti alla Procura della Repubblica – DDA – di Napoli che, valutando il corposo quadro indiziario già acquisito dalla DDA e dai Carabinieri di Roma, peraltro suffragato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, lo ha messo a sistema con i risultati di un più ampio lavoro investigativo sul clan Contini.

 

 

Il calcio nel mirino dei fratelli Righi C'era anche il mondo del calcio nel mirino degli imprenditori Righi per impiegare il denaro frutto di attività illecite. Dalle indagini è emerso che a Napoli la famiglia Righi negli anni ha mantenuto delle basi operative rappresentate da alcuni locali e dal Centro Sportivo e dalla Società Sportiva "Mariano Keller", titolare di una squadra di calcio attualmente militante nel campionato di Serie D girone H. In generale, il mondo del calcio delle serie minori è un settore in cui i Righi avrebbero poi nel tempo investito per impiegare somme di denaro nero a loro disposizione: le indagini hanno svelato un intervento del clan Contini, su richiesta di Salvatore Righi, nei confronti di alcuni calciatori del Real Marcianise, affinché perdessero un incontro con il Gallipoli Calcio che, a conclusione della stagione 2008/2009 del campionato di Lega Pro, girone B, aveva bisogno di una vittoria, effettivamente avvenuta, per accedere alla serie B.

 

 

I beni confiscati Nel gennaio 2014 e nei mesi successivi, in esecuzione di decreti di sequestro anticipato emessi dal Tribunale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – DDA di Roma si è quindi proceduto al sequestro per la confisca dei beni e rapporti finanziari di Righi e Mariotti. Oggi, il provvedimento di confisca odierno colpisce la quasi totalità dei beni e rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 80 milioni di euro ed in particolare: 28 esercizi commerciali di bar-ristoranti-pizzerie, a Roma (24), Napoli e Provincia (3) e Gabicce Mare (1);41 beni immobili a Roma (16 fabbricati), Napoli (12 fabbricati), Caserta (5 fabbricati), Benevento (7 terreni), Rieti (1 terreno); 385 rapporti finanziari-bancari; 76 veicoli, di cui 57 autovetture, 1 roulotte, 18 motocicli; 77 società titolari di parte dei beni; 300mila euro di denaro contante rinvenuti nel corso delle operazioni