Dalla Leopolda all’Ubalda, torna la campagna elettorale

Guardando ciò che succede in questi giorni in politica, potremmo ben mutuare da Pirandello il titolo della sua commedia composta in pieno dopo grande guerra “Ma non è una cosa seria”. Assistiamo, da parecchi mesi, o anni – l’Italia è costantemente in campagna elettorale, un po’ come quegli automobilisti che ti tampinano da vicino, aspettando l’attimo per il sorpasso – alle varie sceneggiate trasmesse dalla tv, riportate sui media, e anche sostenute dai social, novità alla quale si sono rivolti i politici con grande prontezza.

 

Renzi – parliamo un po’ di lui – dopo avere organizzato una rete di ‘trolls’ volontari a costo zero, – sono quelli che su FB intervengono nelle discussioni denigrando gli avversari politici – ha gestito un profilo dal nome ‘Matteo risponde’, dal quale pare che cancellasse ogni commento negativo, cioè, praticamente, una cifra. Non abbiamo notizia del fatto che sia ancora attivo o meno, certo il treno gli avrà tolto parecchio tempo che avrebbe dedicato a Facebook. Oggi siamo tutti abituati al palcoscenico mediatico, da ‘Carta bianca’ a ‘Che tempo che fa’, da ‘In mezz’ora’, a ‘Uno mattina’. Eccetera. Giletti fucilato dalla Rai promette battaglia da La 7, Porro si sfoga sui giornali, la Gabbanelli è pronta a continuare le sue campagne, senza, questa volta, il controllo Rai. Bruno Vespa, con il suo ‘Porta a Porta’, dal canto suo, è quello buono per tutte le stagioni, quello che rimane sempre a galla perchè è sempre disponibile per i vincitori. D’altronde, come farebbe a presentare i suoi – a parere di chi scrive ndr. – inutili e noiosi libri, se non alla Rai, dove sabato scorso, di mattina, Tiberio Timperi gli ha dedicato dieci abbondanti minuti per la sua ultima creazione?

Pare che i libri di Vespa, che è arrivato a presentarli a Montecitorio, con Berlusconi a fianco, siano autoreferenziali, nel senso che interessano solo lui. Nei corridoi di via Teulada, e nei giardini di Saxa Rubra, i meglio informati sussurrano all’orecchio dei meno informati, che pare che sia più potente di Mario Orfeo, e anche di Costanzo e di Pippo Baudo. Ma queste sono chiacchiere di corridoio. Insomma, tutti questi mezzi di comunicazione ci trasmettono un unico messaggio: la campagna elettorale è quasi all’orgasmo.

Quanto più ci avviciniamo alla fatidica data, tanto più i protagonisti sono presi da crescente frenesia. Berlusconi che, perseguitato da una Magistratura ad orologeria per un ormai putrescente Ruby Ter – mentre la pulzella ormai più che maggiorenne si appresta probabilmente a diventare nonna – nega qualsiasi accordo con Renzi e il ‘suo’ PD; Renzi che fa altrettanto, negando ogni combine presente o futura con il Cav, – anzi, ex -; il M5S che nega ogni coinvolgimento con chicchessia, specialmente con la Lega – non più lombarda per motivi di opportunità: dove andranno a finire le sorgenti del patrio fiume, e i riti costà celebrati? Forse ne faranno tre, uno per il nord, uno per il centro, e il terzo sul Sele, per il sud.

Sullo sfondo vagano come anime in pena personaggi in cerca, non d’autore, ma di seggi, tipo Casini, Orfini, Alfano e frange di cespugli vari; mentre pare che Verdini abbia trovato rifugio sotto l’Ala protettrice del Berlusca, anche lui Quattrostagioni. Una cosa è certa: le preferenze degli Italiani – secondo i sondaggisti, impegnatissimi: quasi quasi sarebbe anche inutile andare alle urne – si divideranno in tre: ancora l’ormai decotto PD di Renzi – dove Emiliano che spera nei miracoli ha voluto rimanere – , la rediviva Forza Italia, con l’immarcescibile Berlusconi, e il M5S di Di Maio, new entry e per questo inviso a tutti. Senonchè, sia per il primo che per il secondo, il nemico da battere, il bersaglio comune è proprio Di Maio e il suo Movimento, sia da parte di B., che di R. A buon diritto si può immaginare che se nessuno dovesse ottenere il famigerato 40%, sia B. che R. potrebbero far fronte comune contro il M5S, in nome della governabilità, nel cui nome abbiamo assistito a molte e più gravi nefandezze.

 

Dalla Leopolda – che ricorda tanto un famoso film con la Fenech, solo che quella era l’Ubalda, ma non c’è tanta differenza – Matteo Renzi ha promesso – udite udite – ancora i famosi ottanta euro, da estendere alle famiglie con figli. Non s’è ben capito a chi fossero riservati prima. E qui, ci tocca proprio dirlo: ma che, vossignoria niente niente vuole ancora prendere l’esimio pubblico per quella parte del corpo poco nobile sdoganata come Lato B – con buona pace di Berlusconi, che in questo caso non c’entra – ma magari vorrebbe che di lui si parlasse anche nel contesto, secondo il motto americano ‘Parlatene anche male, purchè ne parliate’? Ed è offensivo pensare che gli Italiani possano ancora cadere in questa trappola elettorale. “Ragazzi, siamo in modalità campagna elettorale” ebbe a dire mesi fa don Matteo da uno dei tanti palchi da cui ci propina il Verbo. Volendo significare: basta litigare ora, prima andiamo al governo, e poi ricominciamo. Senonchè qualcuno meno paziente ha ricominciato subito, e qualcun altro è volato su altri nidi, non di cuculo. Mentre Bersani guarda ancora in corridoio per vedere se finalmente è arrivata la mucca. Un’altra indecenza è quella che M.R. continua a ripetere, a proposito del milione di posti di lavoro ‘censiti dall’ISTAT’: come a dire che se domani si dovesse scoprire che questa è una clamorosa bufala, la colpa sarebbe dell’Istituto di Statistica, e non del più noto don Matteo, bufale-maker peggio di Pinocchio.

Mentre nessuno guarda, qualcuno le bufale, le fake-news, se le fa in casa, per essere pronto a smentirle e dimostrare la slealtà degli avversari. Tornando all’ISTAT, la verità è che il 93% dei nuovi assunti lo sono a tempo determinato, mentre il restante 7% è la trasformazione di un contratto precario. Impazza ancora la clamorosa bufala renziana – quella sì – che magnifica la Buona Scuola, quando ormai è stata squalificata da tutti.

 

E questo è l’ennesino insulto alla nostra intelligenza. Pare poi che ci sia una carta segreta per la coesione dei sinistrocentrici, cioè lo Ius Soli, che, se approvato di notte e con l’ennesima fiducia, porterebbe – vai a capire per quali alchimie – all’unità delle frange del PD, fuoruscite, con il ceppo centrale del partito. Insomma, la campagna elettorale da noi non è una cosa seria – ma certamente non lo è in nessuna parte del mondo – finchè i candidati – mai termine fu meno appropriato – continueranno a prenderci per micchi. Il risultato è che B. un giorno sì e l’altro pure tuona contro Di Maio & Co; i quali, giustamente, non entrano in polemica, glissando su certe affermazioni. Renzi continua a stringere mani, creare gruppi di lavoro, scuole di politica – se te l’insegna lui, sta certo che duri poco – apparire in televisione, – è finito lo Zecchino d’Oro, e se l’e fatto scappare – indire congressi, per così dire, leggermente di parte: la sua; mentre tutte le contestazioni che don Matteo si è dovuto sorbire, i vari insulti e parolacce, seguiti da espliciti inviti ad andare non si sa bene dove a fare non si sa bene cosa, li abbiamo dovuti scoprire nei social, perché la Rai, bontà sua e di Mario Orfeo, li ha cestinati. Meglio poi non ascoltare i programmi, che dovrebbero rappresentare il motivo principe di una scelta. Fra elemosine di ottanta euro, promesse di mille euro alle pensioni minime, matrimoni gender, yoga insegnato a scuola, – Gentiloni dall’India – ci perdiamo in un mare di teorie ideologiche, o presunte tali, condite di demagogie in confezione spray.

 

Oggi la campagna elettorale si fa sui social, su Internet, meno nelle piazze – quasi per niente – e in televisione. La costante è il fiorire di bufale nelle bocche degli eleggendi, bufale elettorali (modalità campagna elettorale), i quali manca poco che si esibiscano in giochi per bambini deficienti, quali considerano che sia l’elettorato. Tornare ancora con gli 80 euro, è davvero una cosa inqualificabile, da Cottolengo – con tutto il rispetto per i ‘diversamente intelligenti’. Parlare ancora di un milione di posti di lavoro, altrettanto: ma li leggete o no, i giornali? Oppure l’ISTAT è anch’esso il Verbo rivelato? E un Berlusconi che dichiara di non voler fare pappa e ciccia con Renzi e il PD, che invece sogna ancora la ‘Grossekoalition’?

La grande sceneggiata è davanti a noi, sul palcoscenico virtuale dei mezzi di comunicazione, ma non tutti abboccano. Secondo l’ISTAT – appunto – meno della metà degli aventi diritto al voto: se il partito assenteista fosse costituito, andrebbe al governo in un batter d’occhio con più del 60%. Non è finita: Laura Boldrini ‘scende in campo’, come ebbe a dire Berlusconi nel 94, e questo era temuto, e come tutte le cose temute, si è avverata. Ha già cominciato con un noioso – a sentir chi c’era – comizio in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, tema che , scusate il bisticcio, temiamo sarebbe uno dei suoi leit-motiv politici. Grasso, da par suo, sta alla finestra, ma non si espone. Da buon siciliano e ‘omo de panza’, aspetta il momento propizio. Certo, l’aver lasciato il PD con un pretesto banale – poteva accorgersi prima che non corrispondeva più a nulla, se non a Renzi – in un momento politico particolare, denotava un segreto proposito, staremo a vedere. Probabilmente, anzi certamente, avremo in Parlamento anche un nuovo partito, quello islamico. Ci proporranno leggi coraniche? La Sharia? La Jihad? Non è dato ancora di sapere, vedremo. Allora, tra residui di magazzino rispolverati ad hoc, gente ‘di sinistra’ messa in freezer e scongelata, o ritirata dalla politica, un Prodi un po’ più grigio, mai stanco d’esser trombato dai suoi, un Berlusconi che, nonostante tutto, mostra i segni del chirurgo plastico, e un M5S sul quale molti hanno grossi dubbi, la campagna elettorale va avanti, novella Arca di Noè, senza sapere dove approderà. Ma non è una cosa seria. A voi sembra una cosa seria? L’unica cosa seria è il destino degli Italiani, che hanno da risolvere ben altri problemi, che quelli che affliggono i nostri politici. Secondo i quali, ahimè, questa non è una cosa seria.

 

Roberto Ragone




ITALIA: TRA CAPORETTO E LE IDI DI MARZO LE "STELLE" CONDUCONO A CANOSSA

Emanuel Galea

 

CAPORETTO:

Il voto del 24/25 febbraio ormai è alle nostre spalle. Si sperava in una rivoluzione profonda, portatrice di una riforma sociale, politica ed economica. La campagna elettorale, se così si può chiamare, non ha lasciato altro che macerie, un quadro politico confuso e dei partiti che ancora si leccano le ferite. Ha lasciato a piedi politici di vecchia statura e questo non dispiace a molti. Sigle che, dietro di loro portavano storia e tradizione, come Fli, sono sparite dalla scena politica. Questa tornata elettorale ha lasciato segni pesanti. Molto eloquente il flop dei “nuovi”, da sinistra a destra. I risultati del voto del 24/25 febbraio registrano l’insuccesso di Ingroia e Giannino, entrambi capolista alla Camera per i rispettivi movimenti, entrambi rimasti fuori da Montecitorio. Stessa osservazione si può fare per Fini che passa dall’alto scranno della  Presidenza della Camera a un semplice “pellegrino” della politica. Casini deve accontentarsi di fare l’appendice di Monti e stessa cosa tocca a Vendola per avere abdicato a condurre la propria campagna elettorale e per aver delegato invece,  Bersani a rappresentarlo.  Quest’ultimo aveva dato tutto se stesso al momento delle primarie. Al momento della vera prova è giunto “spento” e scarico di contenuti. Monti ha scontato una politica fallimentare ed il voto non gli ha perdonato il fatto che , in fin dei conti, si è adeguato anche lui, alla “vecchia politica”. Berlusconi ha superato se stesso e nel suo sprint finale ha toccato il traguardo con il suo dito mignolo. Un suo successo personale ma, nulla rende all’esito generale. Non contribuisce a sufficienza per schiarire il quadro e tranquillizzare il Capo dello Stato. Senza alcun timore di essere smentiti, possiamo dire che il 24/25 febbraio è stata una vera Caporetto.  Il movimento Cinque Stelle, da questo amba aradam, è uscito illeso e con tutte le frecce ancora nel fodero.

LE IDI DI MARZO:

Il 15 marzo 2013 si darà il via alla XVII Legislatura. I neo deputati entreranno nel pieno esercizio delle loro funzioni. L'Assemblea procederà quindi all'elezione del proprio Presidente. Da questo momento inizieranno le prime votazioni ed emergeranno i primi ostacoli.
Bersani è stato più che esplicito sulle alleanze. “No al governissimo con il Pdl”, ha più volte ribadito. Ha invece proposto un governo “per il cambiamento” chiedendo la fiducia a M5S. La risposta di Beppe Grillo non è tardata ad arrivare e dalla sua solita postazione ha tuonato: ”Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (ne ad altri)” Da tirare fuori dal sacco rimane solamente la lista Monti. Se si considerano tutte le cose che  si sono detti durante la campagna elettorale, i “convenevoli” che si sono scambiati, c’è solamente da dubitare se questo matrimonio s’ha da fare. Molti ne dubitano. Eppure qualche decisione bisogna pur prenderla. Pesa su ogni e qualsiasi decisione la spada di Damocle del debito pubblico, gli adempimenti capestro del fiscal compact e la perdita di mercato, lavoro, produttività e scarsa fiducia nelle istituzioni. Ritornare alle urne sarebbe grave follia.  E’ stallo completo! Che fare?  Le Idi di marzo del 44 a.C. hanno visto l’assassinio di Giulio Cesare. Sia mai che le Idi di marzo di quest’anno assistano all’assassinio del Parlamento?

LE STELLE INDICANO CANOSSA:

A Bersani, uomo di dialogo e di buon senso, dopo la sua dichiarazione, ripetuta più di una volta e cioè che lui è pronto a servire il paese sia come capitano che come mozzo non gli rimane tanta scelta. Il piano in sette punti che vuole presentare al Parlamento ha scarsa possibilità di ottenere la fiducia. Un saggio suggerimento glielo ha dato il suo compagno Vendola. Anziché sfidare il M5S, dice Vendola, perché non fare un tentativo, andare a vedere le carte di Grillo. Al settimanale tedesco Focus, lo stesso Grillo ha lanciato un “salvagente” a Bersani, dicendo: "Se il Pd di Bersani e il Pdl di Berlusconi proponessero un cambiamento immediato della legge elettorale, l'abolizione dei rimborsi dei costi della campagna elettorale e al massimo due legislature per ogni deputato, noi sosterremmo naturalmente, subito un governo del genere”. Sono richieste che vengono dal basso, non chiamateli “populismi”. Nel programma del Pdl ed anche in quella di Monti e anche della stessa lista Giannino non mancano progetti interessanti per il rilancio dell’economia, del lavoro, dei consumi. Perché soffermarsi sui “sette punti”? Condividere quello che è buono, anche se proviene dall’orto degli altri, non significa andare a Canossa. E’ una prova d’intelligenza e segno di vero amore verso il proprio paese. Mai come oggi l’Italia ha chiamato la classe dirigente alle proprie responsabilità. Ci auguriamo che nessuno dei partiti mancherà all’appello.