Campidoglio in bilico: prove di dittatura a 5 stelle

di Chiara Rai

ROMA – I Cinque Stelle danno prova di dittatura. Non concertazione. Non democrazia ma caos e dictat da parte dei neo amministratori pentastellati. L’ultima grossa prova è l’enorme bufera "stellare" esplosa in Campidoglio: il capo di gabinetto di Roma Capitale, Carla Raineri e l'assessore al bilancio Marcello Minenna, hanno rassegnato ieri le proprie dimissioni. Un epilogo che arriva dopo un fiume di polemiche sugli stipendi d'oro in casa Raggi. Sopra tutti il super compenso di 193.000,00 euro al giudice Raineri. Pensare poi, che le critiche e pressioni sulla sindaca finalizzate al taglio degli stipendi sono arrivate in questi ultimi giorni soprattutto dai vertici del Movimento, Grillo in testa, scatenando una vera e propria guerra intestina tra coloro che vogliono e si aspettano i tagli reali ai benefit della vecchia politica e i nuovi rampolli o meglio rampolle dei palazzi che si muovono ancora con la vecchia logica delle amicizie, parentele e nomine da centinaia di migliaia di euro. In questa storia ovviamente se ne lava ampiamente le mani il grande sconfitto delle amministrative e cioè il presidente del consiglio Matteo Renzi che lascia ai pentastellati tutti gli "onori" della cronaca caotica capitolina: "Rispetto il lavoro del sindaco – commenta – ha vinto lei, a lei onori e oneri, non metto bocca sulla squadra, chi vince ha la responsabilità e il dovere di governare". Adesso Renzi cavalca i primi “buchi neri” dei cinque stelle e rincara la dose con l’avvertimento alla sindaca. “Se Raggi non firma, Roma sarà fuori dalle Olimpiadi”. E sì, perché in ballo ci sono anche milioni di euro di rilancio per la Capitale che romani, imprenditori e amici di potrebbero vedere sfumati qualora Raggi decidesse di non candidare la Capitale ai Giochi. Sappiamo però che i motivi che avrebbero portato l'Anac, interpellata da Raggi, a dichiarare la nomina di Raineri "non conforme" sono sostanzialmente fondati su una errata applicazione del Tuel (Testo Unico degli Enti locali). Nei fatti avevano ragione le opposizioni: l'incarico di capo di gabinetto andava assegnato con un bando e non a chiamata diretta. Questo significa non solo che si trattava di una nomina d’oro – e su questo non c’è reato o difformità – ma che ci troviamo di fronte un’improvvisazione dei neo amministratori pentastellati che dall’oggi al domani si sono ritrovati “sindaci” senza la sudata gavetta, senza conoscere – la stragrande maggioranza – come funziona una macchina amministrativa e per di più paralizzando le città che amministrano per dare prova di un cambiamento che ad oggi appare fallimentare: bloccato lo stadio della Roma, la ristrutturazione delle Torri all'Eur, il futuro della Fiera di Roma e chi più ne ha più ne metta. Minenna, sostenuto dalla magistrata nella corsa a capo di gabinetto, è stato finora considerato un elemento essenziale della squadra a cinque stelle e, tra l'altro, si è sempre battuto per rivedere gli stipendi troppo alti dello staff, soprattutto quello del caposegretreria Salvatore Romeo. Ma Raggi non ha accettato i suoi consigli di buon grado e i maldipancia hanno costretto l’assessore alle dimissioni “irrevocabili”. Quindi non sarebbe stata solo la revoca dell'incarico di Raineri, ma anche il disaccordo su alcune nomine a spingere Minenna a dimettersi. I rapporti tesi con l'amministrazione sono iniziati dunque con le nomine di Salvatore Romeo e Raffaele Marra, considerati vicinissimi a Raggi e al suo vice Daniele Frongia. I ripensamenti non sono mancati anche per il ruolo del vicecapo di gabinetto vicario. In prima battuta questo incarico era stato assegnato a Raffaele Marra, dirigente pubblico che in passato aveva lavorato anche con Gianni Alemanno e Renata Polverini. La sua scelta non era andata giù al Movimento ed anche lui era stato revocato come vicario. Sono dunque passati soltanto due mesi dall'insediamento, dunque, per la sindaca Virginia Raggi non accenna a sciogliersi il nodo del capo di gabinetto, ruolo talmente delicato da accendere subito polemiche e dispute interne anche al Movimento Cinque Stelle. Il primo ad essere stato nominato alla guida dell'ufficio è stato Daniele Frongia, braccio destro della sindaca poi spostato nel ruolo di vicesindaco. Dopo di lui, si ragionò a lungo su Daniela Morgante, magistrato della Corte dei Conti e già nella giunta di Ignazio Marino. Morgante ebbe anche un incontro con la stessa sindaca ma poi la sua nomina cadde nel vuoto, con polemiche. Al suo posto si preferì Carla Romana Raineri, un altro magistrato che aveva già collaborato con il commissario Francesco Paolo Tronca e con l'ormai ex assessore al bilancio Marcello Minenna.