CAPPELLANI MILITARI: CHI PAGA STATO O CHIESA?

 

di Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm)

In merito alle notizie riportate ieri dall'Agenzia di Stampa ANSA riferite all'articolo pubblicato sul quotidiano "La Repubblica", sulla questione relativa ai gradi dei cappellani militari, mi sembra doveroso precisare che i Radicali non hanno mai preso di mira nessuno tranne l'illegalità e gli sprechi.
Le proposte che i Radicali, su nostra iniziativa, hanno sempre portato all'esame delle Aule parlamentari non hanno mai inteso contestare la presenza dei membri della Chiesa cattolica nelle Forze armate ma, semmai, la forma, cioè il loro "status" di ufficiali e quindi gli eccessivi costi posti a carico del bilancio della difesa e non, come dovrebbe essere, della Chiesa.

Con mons. Angelo Frigerio, vice dell'Ordinario militare, e con lo stesso Ordinario, arcivescovo Santo Marcianò, ho sempre avuto un dialogo cordiale e rispettoso delle reciproche posizioni, oltreché dei ruoli e delle funzioni. La correttezza delle ragioni giuridiche della nostra proposta politica gli ha consentito di comprendere e condividere la necessità della riforma del loro particolare "status" nel senso da noi sempre richiesto.

L'inesistenza dell'intesa a cui fa espresso riferimento Don Frigerio e la palese violazioni del concordato commessa dal Governo italiano con la modifica unilaterale della disciplina in argomento, avvenuta con l'entrata in vigore del Codice dell'Ordinamento Militare, ci conferma ancora una volta l'assoluta mancanza di legalità che ha mosso l'azione politica e di Governo fino ad oggi.

Quindi, a dispetto di coloro che ci hanno respinto ogni legittima richiesta oggi possiamo dire, ancora una volta, che solo grazie alla nostra profonda devozione alla legge, al diritto e ai diritti, la Chiesa e lo Stato italiano oggi si trovano davanti a un tavolo di discussione che li attendeva dal 1985.

Occorre chiarire che alcuni parlamentari (in primis quelli del PD) nei loro interventi contro le proposte Radicali sostenevano che la disciplina del trattamento economico dei cappellani militari fosse tra le questioni tutelate dal Concordato, e quindi indirettamente elevata a norma di rango costituzionale, perché prevista dall'intesa di cui all'articolo 11, comma 2, dell'Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato Lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121.
Tuttavia, l'Ordinariato militare, fino al 9 ottobre 2010, era disciplinato da alcune norme (legge 1 giugno 1961, n. 512; decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490; decreto legislativo 28 giugno 2000, n. 216), poi abrogate dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 che all'Art. 17 (Servizio di assistenza spirituale) recitava testualmente: «1. Il Servizio di assistenza spirituale alle Forze armate, istituito per assicurare l'esercizio delle pratiche di culto del personale militare di religione cattolica e disimpegnato da sacerdoti cattolici in qualità di cappellani militari, e' disciplinato dal titolo III del libro V. ».
Il testo dell'articolo è stato modificato integralmente dal decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20 e attualmente stabilisce:  «1. Il Servizio di assistenza spirituale alle Forze armate, istituito per integrare la formazione spirituale del personale militare di religione cattolica e disimpegnato da sacerdoti cattolici in qualità di cappellani militari, fino all'entrata in vigore dell'intesa prevista all'articolo 11, comma 2, dell'Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato Lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, è disciplinato dal presente codice e, in particolare, dal titolo III del libro V.».
Il citato comma 2 dell'articolo 11 della legge 25 marzo 1985, n. 121 stabilisce che «L'assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell'autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa tra tali autorità.».

La recente riformulazione dell'articolo 17, voluta dal Governo Monti, conferma chiaramente che "l'intesa" a cui hanno sempre fatto riferimento le diverse Istituzioni parlamentari per dichiarare inammissibili gli emendamenti presentati dai Radicali nel corso della 16^ legislatura, non è mai esistita.
Con la modifica all'articolo 1621 del Codice dell'ordinamento militare noi, e i radicali, chiedevamo più semplicemente di porre il trattamento economico dei cappellani militari a carico della Chiesa, proprio perché quell'intesa mancante lo avrebbe permesso: non si può modificare una Intesa inesistente!

È evidente, quindi, che oggi i fatti ci hanno dato ancora una volta ragione sulla partitocrazia. Se la Chiesa li vuole "generali" o "colonnelli" che li paghi da se. Se poi invece li vuole ultimi fra gli ultimi e più fedeli servitori dello Stato, cioè senza gradi, allora ben vengano fra i cittadini in divisa e sono certo che l'Amministrazione militare non gli farà mai mancare i mezzi necessari per adempiere alla loro funzione pastorale, come ha giustamente chiesto Don Angelo Frigerio.
La dichiarata volontà di cambiamento espressa dall'Ordinario Militare è per me una grande soddisfazione ed è la conferma dell'assoluta correttezza di quanto, coi Radicali, abbiamo sempre sostenuto e che, invece, le più alte cariche dello Stato hanno sempre voluto negare.