Pirozzi strizza l’occhio ai partiti di centrodestra: ok ma do io carte

Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e candidato alla presidenza della Regione Lazio, come fa spesso, parla di pallone e allude alla politica. Manda messaggi. Ai partiti del centrodestra perché prendano posizione, “ma le carte le do io”.

Agli avversari politici. A chi lo critica perché speculerebbe sul terremoto. Lo fa anche oggi nel cuore di Primavalle, periferia difficile della Capitale. E’ la seconda tappa del suo ‘tour’ (“ma io dico ‘giro’ perché sono italiano”) in quegli angoli del Lazio che per lui sono terremotati anch’essi “perché abbandonati”.

In mattinata incontra alcune famiglie in difficoltà: “Manca il lavoro, questa è la prima cosa – commenterà più tardi – La Regione può fare molto attingendo ai fondi europei su cui siamo in ritardo”. Lui intanto in campo c’è, e lancia frecciate a 360 gradi.

A partire dal governatore in carica Nicola Zingaretti: “Parla di civismo ma è un uomo di apparato”, per passare poi alla candidata M5S Roberta Lombardi e alla sindaca di Roma, Virginia Raggi.




Elezioni nazionali: Berlusconi riparte dalla Sicilia

“Il ticket Musumeci-Armao sarà la svolta per il rilancio dell’Isola – sospinta sul baratro del default dal malgoverno della sinistra – sul piano economico, del lavoro, delle infrastrutture”. Lo ha detto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. ”Io scenderò in campo personalmente – ha aggiunto – per invitare quei siciliani che, disgustati dalla politica e dai politici, si sono rassegnati e avevano scelto di non votare, ad aiutarci a dare vita ad una nuova stagione di vero buon governo per la ripresa e lo sviluppo della loro terra. Cambiare la politica, per cambiare la Sicilia: noi abbiamo le idee e gli uomini giusti per farlo. Sono lieto che si sia realizzata in Sicilia una coalizione di centro-destra con caratteristiche simili a quella con la quale ci candidiamo a vincere le elezioni politiche nazionali, una coalizione che potrà assicurare alla Sicilia e all’Italia cinque anni di buon governo”.




Ballottaggi, clamorosa vittoria del centrodestra. Lecce, Padova, Lucca e Taranto al centrosinistra

 

Trionfo del centrodestra ai ballottaggi delle amministrative 2017 che vedono la gran parte dei 22 capoluoghi di Provincia in gioco passare all'asse FI-Lega Nord-Fdi. E' per il Pd e tutto il centrosinistra, lo schiaffo è sonorissimo: cadono roccaforti "rosse" come Genova e Pistoia, dove il centrodestra non aveva mai vinto e cadono sei Comuni su sei – Piacenza inclusa – in Emilia-Romagna. Da oggi a Matteo Renzi, toccherà riannodare i fili di una sconfitta che rischia di minare anche la sua leadership: "il Pd isolato politicamente perde. Cambiare linea e ricostruire il centrosinistra subito", è il fendente lanciato dal leader della minoranza Andrea Orlando. E gli stessi Dem ammettono, per voce del capogruppo alla Camera Ettore Rosato: 'Abbiamo perso, ha vinto la destra'.

In una tornata elettorale che registra un'alta disaffezione dell'elettorato (affluenza al 46%, tredici punti in meno rispetto al primo turno) a fare rumore è, innanzitutto, è l'imporsi di quell'alleanza Fi-Lega-Fdi che, fino a qualche giorno fa, vedeva proprio in Matteo Salvini e Silvio Berlusconi tra i più scettici.
Eppure, laddove si presenta unito, il centrodestra vince, espugnando Genova con Marco Bucci e conquistando roccaforti rosse come La Spezia – con Pierluigi Peracchini – e Pistoia, con Alessandro Tomasi. Ma lo schema unitario è vincente anche a Monza, Lodi, nell' "ex Stalingrado" d'Itlia Sesto San Giovanni, ad Asti e a Verona, dove Federico Sboarina trionfa su Patrizia Bisinella, compagna dell'ex sindaco Flavio Tosi e sostenuta anche dal Pd. "Ora vado fino in fondo, a governare. I prossimi sono Renzi, Gentiloni e Boschi", esulta Salvini "vedendo" la trazione leghista del trionfo di oggi. "E' un risultato storico, il centrodestra ne faccia tesoro", è il messaggio, chiaro, che Giovanni Toti, dopo il trionfo del "modello" che porta il suo nome in Liguria, manda ai leader di Fi, Lega e Fdi, a cominciare proprio da Berlusconi. "Uniti si vince, no perditempo", incalza Giorgia Meloni anticipando un dibattito che, nei prossimi giorni, si farà infuocato.
Anche perché al Sud, dove è l'influenza di FI a prevalere in maniera netta su quella leghista, il centrodestra avanza ugualmente. Clamorosa è la vittoria a L'Aquila, dove Pierluigi Biondi ribalta il risultato del primo turno e ha la meglio su Americo Di Benedetto. Annunciato, il trionfo a Catanzaro di Sergio Abramo e al fotofinish quello a Rieti. In tutto, ai ballottaggi, il centrodestra prende 16 capoluoghi su 22 rivoluzionando, inoltre, il tradizionale trend negativo che aveva subito al secondo turno.

Oggi, a "piangere", è invece il Pd. Il centrosinistra si consola vincendo a Lecce con Carlo Maria Salvemini, a Padova con Sergio Giordani, a Lucca con Alessandro Tambellini e a Taranto con Rinaldo Melucci. "Poteva andar meglio", scrive in tarda notte Renzi su facebook confermando tuttavia come a suo parere le elezioni amministrative siano "un'altra cosa rispetto alle politiche". Eppure, in chiave di leadership di coalizione, il voto rischia di indebolire il segretario Dem. E da Mdp arrivano, in vista della kermesse di Giuliano Pisapia, i primi attacchi: "la destra è forte, o si cambia o si muore", sottolinea Arturo Scotto.

E il M5S? Dopo il "disastro" del primo turno, si consola strappando Carrara al centrosinistra (con Francesco De Pasquale) dopo 70 anni di governo "rosso" e avanzando nel Lazio, dove vince a Ardea e Guidonia. "Siamo in crescita inesorabile", sottolinea Luigi Di Maio. A Parma, però, a sorridere è il simbolo del dissenso interno al M5S, Federico Pizzarotti. "Ognuno nel Movimento si farà domande e si darà risposte", sono le parole della rivincita del sindaco emiliano che, con il suo "effetto Parma", potrebbe dare linfa ad una formazione ex M5S anche a livello nazionale.




IL CENTRODESTRA DOPO L’URAGANO

di Marco Mattei


C'era una volta il centrodestra di Berlusconi con Fini, Casini e Bossi. Ci furono anni nei quali tutti noi condividevamo l'entusiasmo della imminente Rivoluzione Liberale, alcuni comprendendone in maniera puntuale il significato altri vivendo solo l'entusiasmo contagioso di Berlusconi. Gli anni passavano e a fasi alterne il Centrodestra vinceva e perdeva ma consolidava il proprio elettorato sempre in attesa della promessa Rivoluzione Liberale. Nel 2001 vincemmo con percentuali bulgare ma nei 5 anni successivi la difficoltà a trasformare le promesse in azioni di governo deluse molti nostri elettori, soprattutto dell'area moderata. Poi ci fu la campagna elettorale del 2006 con lo smarcamento a tre punte. Fini e Casini, pensando di uscire sconfitti come coalizione tentarono di insidiare la leadership di coalizione a Berlusconi. Berlusconi fu l'unico a credere nella possibilità di vittoria e le tre punte si dimostrarono un flop perché come vaticinava Berlusconi una maggior coesione ci avrebbe fatto recuperare quella manciata di voti che mancarono per la Vittoria (20.000). Prodi avendo vinto senza maggioranza dopo due anni cadde e li paradossalmente inizio il nostro tracollo. Nel 2008 Berlusconi credendo di aver avuto una grande intuizione creó il PDL con una fusione a freddo tra FI e An. L'UDC si smarcó e la Lega rimase solo come alleato. Vincemmo di nuovo e di nuovo con percentuali Bulgare, l'elettorato, credendo che ci fosse vera coesione nel PDL e in un'alleanza di ferro con la Lega, al Senato ci diede oltre il 40 % dei consensi. Negli anni successivi vincemmo tutto, comune di Roma, Regione Lazio etc. ma nessuno comprese che la fusione a freddo era servita solo ad ingannare gli elettori. Non è più esistito un argomento, un punto programmatico, una tensione ideale capace di tenerci uniti. La Rivoluzione Liberale desiderata e spinta dal popolo dei moderati (gli ex FI, oltre il 50 % dell'elettorato) e tollerata dall'area integralista (ex An e Lega l'altro 50% della coalizione) è stata avversata dai più lanciando la coalizione su politiche avventuriste e di corto respiro. Casini oramai pontificava dall'opposizione senza mai superare il 4%, Fini inizió a smarcarsi dopo pochi mesi dall'elezione a presidente della Camera dei Deputati. E nel 2010/2011 inizió la stagione degli scandali. Nei 18 anni di coabitazione FI rappresentava il 20/30% dell'elettorato An il 10/15% e la Lega tra il 7 e il 9%. Questo elettorato deluso dalla frantumazione politica del Centrodestra molto più che dagli scandali ha cominciato ad abbandonare le Urne. Questo fatto insieme alla entrata di Grillo ha spinto alla fine l'elettorato moderato verso Renzi regalandogli il 40% alle europee del 2014. Oggi, saltando tutta un'altra serie di analisi, siamo alla frantumazione finale. La lega gioisce per il suo 14% che sommato al trionfante 4,5% di FdIAn non raggiungono neanche la somma dei tempi peggiori di An con Fini e Lega con Bossi. Il tutto senza contare che in termini assoluti quel 20% rappresentava qualche milione di elettori in più. Con tutto ciò sembra che SALVINI e la Meloni non comprendano che, senza l'area dei moderati, l'elettorato della Rivoluzione Liberale della prima ora , cioè Forza Italia in salute e capace di riportare quel 20 25% di elettori in coalizione, non potranno che continuare a fare testimonianza politica. La grande partita continua a giocarsi sull'elettorato moderato quello che gli slogan, se pur condivisibili di Meloni e SALVINI, non catturano ne stimolano a ritornare alle origini. Esiste un vastissimo elettorato moderato che l'NCD sperava di poter conquistata ma non vale neanche la pena di analizzare il perché del flop. Questo elettorato potrà restituire al Centrodestra la possibilità di vittoria abbandonando Renzi è il non voto se Berlusconi saprà indicare la via d'uscita dell'attuale coabitazione armata tra chi può realmente candidarsi a rappresentare valori ed elettori di quest'area ( e tra questi forse solo Tajani ha la statura politica per farlo) e chi ha colonizzato questo partito con metodi ed interessi che nulla hanno a che vedere con i nostri valori. La prima partita Berlusconi dovrà affrontarla internamente comprendendo che la strutturazione correntizia degli ex An è il vero ostacolo al rilancio del Partito. La seconda partita dovrà giocarla con Lega e FdIAn convincendo Meloni e SALVINI che una loro leadership è impossibile se l'obiettivo è il governo della Nazione. Ogni altra alchimia ci allontanerà dall'obiettivo principale e permetterà che il dibattito continui in maniera asfittica facendo a Renzi l'ennesimo regalo.




SILVIO C'E' E CRESCE IN CONSENSI: I SONDAGGI

Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4

/* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; mso-ansi-language:#0400; mso-fareast-language:#0400; mso-bidi-language:#0400;}

Chiara Rai

E’ ora che il Cavaliere faccia dei passi indietro per permettere al nuovo di esprimersi e non permettere che il centrodestra vada a perdere un facile accordo con la Lega. Se proprio vuole, può candidarsi ministro anche se la stanchezza degli italiani è talmente alta da augurarsi che possa decidere altro. Di fatto Silvio c’è e cresce in consensi rispetto ad un professore che arranca e ad un Pd che ha una bella zavorra con cui fare i conti.

Un estraneo in casa non è il massimo per Bersani che è meglio che studi bene assieme a Renzi i possibili colpi e boomerang nicchettiani.

Casini è inutile che sgomiti ad oltranza,  tanto la sua percentuale è destinata a sedimentare. E’ e continuerà ad essere poco meno di un ago, anche adesso che vorrebbe cavalcare la nuova concezione che supera destra e sinistra. Ma la prima Repubblica l’abbiamo già conosciuta e finché non si sostiuiscono le facce e i propositi, si possono cambiare mille casacche che la gente con idonea materia cerebrale non ci casca.

Berlusconi va, di fatto, verso una crescita di consensi. Secondo i sondaggisti di Tecnè per Sky TG 24 la coalizione nel complesso, inclusi La Destra di Storace e Fratelli d’Italia di La Russa (con un buon 2%), arriverebbe al 25,4% in recupero di quasi un punto.

In calo il centro sinistra, ma non per colpa del PD. Secondo il sondaggio di Tecnè il partito di Pierluigi Bersani sale ancora nelle intenzioni di voto degli italiani, arrivando a quota 35,3%. Nel complesso, però, il centro sinistra perde quasi un punto percentuale, per via in particolare della pessima prestazione di SeL, in calo al 4,1%.

Monti vale solo il 6%, mentre il centro dello schieramento politico italiano secondo Tecnè non va oltre il 12% mettendo insieme oltre alla lista che porta il nome del professore ex-premier, UDC (con il 4,8%) e Futuro e Libertà, con un pessimo 1,2%.