“Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga”: su Rai 3 la docufiction sul terrorista pluriomicida

Saranno gli investigatori i protagonisti dell’indagine e dell’arresto a raccontare la lunga caccia a Battisti

Andrà in onda il 1° aprile in prima serata su Rai 3 “Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga”, la docufiction coprodotta da Rai Fiction e Indigo Stories per la regia di Graziano Conversano che racconta la fine della fuga lunga trentasette anni e l’arresto dell’ex terrorista pluriomicida Cesare Battisti.

Una grande “caccia all’uomo”, frutto di una operazione internazionale che grazie alla costanza della Polizia di Stato e alla collaborazione delle forze dell’ordine boliviane, ha così reso giustizia alle vittime e ai loro parenti, con la condanna all’ergastolo in via definitiva in Italia, per quattro omicidi compiuti negli anni Settanta.

Trentasette anni tra Europa e Sud America, polemiche, intercettazioni e pedinamenti, durante i quali Battisti ha sempre trovato il modo di sottrarsi alla giustizia. Fino al 12 gennaio del 2019. Viene arrestato a Santa Cruz de la Sierra da una squadra speciale dell’Interpol formata da poliziotti italiani e boliviani. Al momento del fermo ha 64 anni, era in fuga più o meno dal 13 dicembre, quando la Corte Suprema del Brasile, paese in cui viveva dal 2004, ne aveva ordinato l’arresto in vista di una possibile estradizione in Italia, negata in precedenza dall’ex Presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

In Caccia all’uomo saranno gli investigatori i protagonisti dell’indagine e dell’arresto a raccontare la lunga caccia a Battisti: non solo strategia investigativa, tecnologia e mezzi innovativi, ma anche le emozioni di chi quotidianamente compie con abnegazione e grande professionalità il proprio mestiere nell’ombra. Una ricerca incessante, serrata e densa di colpi di scena per scovare il latitante in un territorio sconfinato del Sud America, con poche tracce da seguire, fatta da uomini e donne dello Stato abituati a lavorare lontano dai riflettori, con dedizione e spirito di gruppo.

Le testimonianze e le ricostruzioni dei poliziotti che hanno condotto le ricerche negli ultimi anni della sua clandestinità – Eugenio Spina, Giuseppe Codispoti, Emilio Russo e Cristina Villa – ci guidano in tutte le complesse fasi dell’operazione.

Caccia all’uomo ripercorre le contraddizioni dell’Italia degli anni di piombo, i complicati rapporti diplomatici tra i paesi coinvolti, ricostruisce le tante maschere e le mille vite di Battisti anche attraverso le testimonianze dei protagonisti di quegli anni e dei parenti delle vittime: Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi Torregiani, il gioielliere ucciso in un agguato dei PAC perché ritenuto un “giustiziere di proletari”, e Maurizio Campagna, fratello di Andrea Campagna, il giovane agente della Digos freddato da cinque colpi di pistola alla schiena esplosi proprio da Battisti. E ancora, Arrigo Cavallina, l’ex terrorista fondatore dei Proletari Armati per il Comunismo, Michele Valsenise, ambasciatore d’Italia in Brasile tra il 2004 e il 2009, lo storico Alessandro Giacone, i giornalisti Giovanni Bianconi e Carlo Bonini.

A corredo della narrazione materiale esclusivo fornito dalle forze dell’ordine: interviste agli investigatori e documenti che ricostruiscono la storia criminale di Cesare Battisti e la sua latitanza.

Caccia all’uomo. Cesare Battisti una vita in fuga è prodotto da Rai Fiction e Alessandro Lostia per Indigo Stories. Regia di Graziano Conversano; soggetto e sceneggiatura Giovanni Filippetto e Jan Ronca; direttore della fotografia Luigi Montebello; scenografia Barbara Vandi, Emanuela Rota; costumi Daniela Guastini; montaggio Michele Castelli; musiche Giorgio Spada; casting My casting; aiuto regia Adriano Candiago; fonico Davide Pesola; direttore di produzione Luca Guerra; produttore esecutivo Andrea Magnaschi; produttore RAI Lorenza Bizzarri.

Cast artistico: Andrea Cagliesi (Cesare Battisti); Alessandra Cheli (Cristina Villa); Martino D’Amico (Emilio Russo); Rosario Terranova (Giuseppe Codispoti).




Cesare Battisti teme il coronavirus: chiesti i domiciliari

Cesare Battisti, che sta scontando l’ergastolo per 4 omicidi nel carcere di Oristano, ha fatto istanza per beneficiare di misure alternative alla custodia in carcere per il rischio di complicanze in caso di infezione da Covid-19.

La notizia è stata resa nota all’ANSA dal legale, Davide Steccanella, il quale spiega che la richiesta è stata avanzata in settimana. “Teme il contagio. Inoltre da un anno e mezzo è l’unico in isolamento di alta sicurezza ad Oristano e da allora non vede parenti”, spiega Steccanella.

“Battisti rientra nella categoria degli over 65, inoltre ha delle patologie che lo mettono a rischio e la sua situazione carceraria non garantisce la sua salute da questo punto di vista – aggiunge Steccanella – . E’ scritto negli atti pubblici della richiesta: ha un’epatite B e un’infezione al polmone. Siamo in attesa della risposta del Tribunale, i giudici valuteranno la richiesta, ma non ci sono tempi precisi”. Il legale spiega che “la richiesta è che Battisti venga trasferito agli arresti domiciliari dai suoi parenti nel Lazio. Nel carcere ad alta sicurezza di Oristano, il mio assistito sta scontando un ingiusto isolamento ed è l’unico detenuto con l’alta classificazione di sicurezza ’62′”.




Cesare Battisti resta condannato all’ergastolo: lo ha deciso la Cassazione

No alla cancellazione dell’ergastolo per Cesare Battisti. Lo ha deciso la Cassazione che ha dichiarato oggi inammissibile il ricorso proposto dall’ex terrorista contro l’ordinanza con cui, il 17 maggio scorso, la Corte di assise di appello di Milano aveva negato la commutazione della pena dell’ergastolo in quella di trent’anni di reclusione.

La decisione della prima sezione penale della Corte di Cassazione è stata assunta stamani, all’esito dell’udienza in camera di consiglio. Le questioni sollevate con il ricorso, respinto, “concernevano – sottolinea la Suprema Corte – la persistente efficacia dell’accordo di commutazione della pena stipulato tra le Autorità italiane e brasiliane, in vista dell’estradizione dal Brasile, poi non avvenuta, nonché la legittimità della procedura culminata nell’espulsione del condannato dalla Bolivia”. La Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del Corte di assise di appello




I penalisti di Roma contro il ministro Bonafede per il video di Cesare Battisti postato su Facebook

La Camera Penale di Roma è pronta a presentare un esposto in relazione al video pubblicato ieri dal profilo Facebook del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, in cui si riprendono le varie fasi dell’arrivo di Cesare Battisti in Italia comprese le procedure di fotosegnalamento effettuato negli uffici della Questura della Capitale e quelle relative alle impronte digitali

Il video postato su Facebook dal ministro della giustizia AlfonsoBonafede su Cesare Battisti e “pubblicato sulla rivista online ministeriale purtroppo si aggiunge a quel riferimento al ‘marcire’ che il ministro dell’interno ha più volte espresso in suoi video”. Lo rileva Mauro PalmaGarante dei detenuticonfidando che “si provvederà a rimuovere tali video”. “Frasi e immagini che puntano ad acquisire consenso attraverso un linguaggio estraneo a quello del Costituente, finiscono per consolidare una cultura di disgregazione sociale”.

Il video ha suscitato tanti commenti negativi: “Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo!”, si legge a mo’ di titolo sul video postato.






Cesare Battisti, lunedì pomeriggio l’arrivo in Italia

Cesare Battisti, la fuga è finita. “Rientrerà in Italia nelle prossime ore, con un volo in partenza da Santa Cruz e diretto a Roma. Poco fa ho sentito al telefono il Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, che ho voluto ringraziare a nome di tutto il governo italiano per l’efficace collaborazione che ha portato alla cattura di Battisti”. Lo scrive il presidente del Consiglio Giuseppe Conte su Facebook. “E allo stesso modo ringrazio le autorità boliviane. È un grazie con il quale sento di interpretare anche il sentimento delle famiglie delle vittime e di tutti coloro che chiedevano fosse fatta giustizia. Siamo soddisfatti di questo risultato che il nostro Paese sta aspettando da troppi anni”, conclude.

In un primo momento si era pensato che l’ex terrorista dei Pac catturato in Bolivia da agenti boliviani con input degli investigatori italiani potesse arrivare subito in Italia. Poi il presidente brasiliano Jair Bolsonaro decide che Cesare Battisti sarà prima tradotto in Brasile dalla Bolivia con un aereo brasiliano e poi estradato in Italia secondo quanto riferisce la Tv Globo, principale emittente del Paese sudamericano, che cita le parole di Augusto Heleno, capo dell’Ufficio di sicurezza istituzionale della presidenza della Repubblica. Infine, una nota del Viminale sgombra il campo: l’aereo con a bordo Battisti arriverà in Italia domani nel primo pomeriggio, partirà della Bolivia e farà anche uno scalo tecnico. Comunque, un aereo del governo italiano con uomini dell’Aise – l’intelligence dell’estero e il cui contributo è stato fondamentale per arrivare all’arresto di Battisti – e investigatori della Polizia è decollato per la Bolivia. il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha precisato in un tweet: “Sarà espulso dalla Bolivia e sconterà l’ergastolo”.

Battisti è stato arrestato alle 17 di sabato (le 22 in Italia). Battisti camminava in una strada di Santa Cruz de La Sierra, nell’entroterra boliviano. Non ha tentato la fuga, agli agenti ha risposto in portoghese, poi è stato portato in caserma. La svolta da intercettazioni nelle indagini coordinate dalla procura generale di Milano.

E il deputato federale e figlio del presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha voluto subito mandare un messaggio al ministro dell’Interno: “Matteo Salvini, il ‘piccolo regalo’ sta arrivando”, ha scritto Eduardo Bolsonaro su Twitter.

Soddisfazione è stata espressa dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Il presidente si augura che Battisti venga prontamente consegnato alla giustizia italiana, affinché sconti la pena per i gravi crimini di cui si è macchiato in Italia e che lo stesso avvenga per tutti i latitanti fuggiti all’estero”. Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: ‘Finalmente giustizia per le famiglie, un risultato atteso da 40 anni’ .”Un nostro aereo è in viaggio per la Bolivia, atterrerà verso le 17 (ora italiana) con l’obiettivo di prendere in consegna Battisti e riportarlo in Italia. Ad attenderlo qui da noi ci saranno le nostre carceri affinché possa espiare le condanne all’ergastolo che i tribunali gli hanno inflitto a suo tempo con sentenze passate in giudicato, non certo a causa delle sue idee politiche, bensì per i quattro delitti commessi e per i vari reati connessi alla lotta armata e al terrorismo”.




Cesare Battisti arrestato in Bolivia. Bolsonaro a Salvini: “Il piccolo regalo sta arrivando”

Cesare Battisti è stato catturato in Bolivia. E il deputato federale e figlio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha voluto subito mandare un messaggio al ministro dell’Interno: “Matteo Salvini, il ‘piccolo regalo’ sta arrivando”, ha scritto Eduardo Bolsonaro su Twitter.

   La notizia della cattura è stata confermata da fonti italiane e dall’ambasciatore italiano in Brasile, Antonio Bernardini, che ha celebrato la cattura dell’ex terrorista latitante da dicembre affermando: “E’ stato preso! La democrazia è più forte del terrorismo”.

    Battisti è stato arrestato alle 17 di ieri (le 22 in Italia) da una squadra speciale dell’Interpol formata anche da investigatori italiani e brasiliani mentre camminava in una strada di Santa Cruz de La Sierra, popolosa città nell’entroterra boliviano. L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) non avrebbe opposto resistenza. Secondo alcuni media, indossava pantaloni e maglietta di colore blu, un paio di occhiali da sole e barba finta. Caricato in macchina e accompagnato in una caserma della polizia, Battisti non avrebbe proferito parola.

    La squadra speciale dell’Interpol aveva indirizzato le ricerche intorno a Santa Cruz poco prima di Natale. Ieri infine è stata circoscritta la zona nella quale Battisti si era nascosto, sono stati quindi compiuti appostamenti in almeno tre-quattro aree differenti, finché l’ex terrorista è stato accerchiato e bloccato con il supporto della polizia boliviana. Battisti aveva fatto perdere le tracce di sé dopo la decisione del magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf) brasiliano Luis Fux che il 13 dicembre ne aveva ordinato l’arresto per “pericolo di fuga” in vista di una possibile estradizione in Italia, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Michel Temer prima dell’insediamento di Jair Bolsonaro il primo gennaio 2019.

    Era stato proprio Bolsonaro ad imprimere un deciso cambio di passo alla vicenda, esprimendosi prima ancora di essere eletto a favore della riconsegna all’Italia di Battisti e rovesciando così la decisione dell’allora presidente Lula da Silva di concedere asilo politico all’ex terrorista condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi.




Mandato d’arresto per il terrorista rosso Cesare Battisti: pronta l’estradizione per l’Italia

“Cesare Battisti deve essere arrestato per evitare il pericolo di fuga in vista di un’eventuale estradizione”.

Il nuovo corso voluto da Jair Bolsonaro ha avuto conseguenze immediate sulla vicenda dell’ex terrorista dei Pac.

A ordinarne l’arresto, con un provvedimento immediatamente esecutivo, è stato un magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf) brasiliano, Luis Fux.

Che ha invece chiesto una decisione collegiale (pur definendosi favorevole) sulla possibilità che un capo di Stato annulli la decisione di un suo predecessore sulla concessione dell’estradizione.

Formalmente, il giudice Luis Fux ha revocato una misura a favore di Battisti, che lui stesso aveva concesso nell’ottobre dell’anno scorso. Lo ha fatto su richiesta della Procuratrice Generale, Raquel Dodge, per “evitare il rischio di fuga e assicurare una eventuale estradizione”, secondo un comunicato diffuso dalla stessa Procura.

Il Stf si era già dichiarato a favore dell’estradizione di Battisti nel 2010, lasciando però l’ultima parola all’allora presidente, Lula da Silva, riguardo alla sua permanenza nel paese.

Lula concesse all’italiano la residenza permanente in Brasile nelle ultime ore del suo mandato. Lo scorso 6 novembre Fux aveva presentato al Stf la sua relazione sul caso Battisti, chiedendo che sia esaminato in sessione congiunta da tutti i magistrati dell’alta corte. Il Stf deve decidere se un presidente può legalmente modificare una decisione del genere presa da un suo predecessore.

Il presidente eletto, Jair Bolsonaro, ha assicurato molte volte – l’ultima ieri, ricevendo l’ambasciatore italiano in Brasile – che intende concedere l’estradizione di Battisti, che considera un “piccolo regalo” per il popolo italiano.

Un atteggiamento che è stato molto apprezzato da Matteo Salvini. I media brasiliani danno per scontato che i legali di Battisti presenteranno un ricorso contro la decisione di Fux, chiedendo un parere dell’intero Srf. Ma l’ex terrorista dovrà aspettare la decisione dietro le sbarre. Al momento il suo legale si è limitato ad un “non comment” dopo aver precisato di non aver ancora avuto accesso agli atti del giudice:”l’ho saputo dai media”, ha detto. Battisti vive in Brasile dal 2009, e attualmente risiede a Cananeia, sulla costa dello stato di San Paolo. Nell’ottobre dell’anno scorso è stato arrestato a Corumbà, nello stato di Mato Grosso del Sud, mentre, secondo l’accusa, tentava di attraversare il confine boliviano con 6 mila dollari e 1.300 euro non dichiarati. Liberato dopo tre giorni, è rimasto comunque sotto processo per esportazione illegale di valuta.

Le condanne

In Italia Cesare Battisti è stato condannato a due ergastoli (gli ergastoli vengono considerati due, anche se nella sentenza unica del processo ai PAC si parla di condanna all’ergastolo, al singolare) per i delitti Santoro e Campagna e svariati anni di carcere, principalmente per concorso morale nell’omicidio Torregiani (13 anni e cinque mesi), concorso nell’omicidio Sabbadin, e per insurrezione armata (12 anni), possesso illegale di armi, banda armata, associazione sovversiva, rapina, furto a cui si aggiunse poi evasione; per quanto riguarda i quattro omicidi eseguiti dal gruppo dei PAC, in tre venne giudicato come concorrente nell’esecuzione (in due avrebbe sparato di persona i colpi mortali), in uno co-ideatore, anche se eseguito da altri; durante il processo ai PAC vennero stilati in totale 68 capi d’accusa, di cui 34 anche contro Battisti. Per alcuni capi d’accusa minori venne assolto. In primo grado ebbe solo una condanna a 6 anni per possesso di armi e banda armata, raddoppiati però a 12 per l’aggravante di finalità terroristica (associazione sovversiva), come previsto della legislazione speciale; ormai contumace, in appello (1986) e in via definitiva (1991, 1993 per il delitto Torregiani), subì l’ergastolo.

Gli omicidi addebitati a Battisti 

• 6 giugno 1978 a Udine, Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria; il delitto, subito attribuito alle Brigate Rosse, viene poi rivendicato il giorno dopo dai PAC con una telefonata al Messaggero Veneto. A sparare fu Battisti, che ebbe la collaborazione della complice Enrica Migliorati (fingendosi una coppia di fidanzati), studentessa di 23 anni, che non ebbe l’ergastolo come Battisti ma 22 anni di carcere (ne scontò 14 dopo la sua estradizione dalla Svizzera nel 1992) per concorso e parziale dissociazione. Santoro era accusato dai PAC di maltrattamenti ai danni di detenuti, in seguito a inchieste giornalistiche della stampa di sinistra, specie del quotidiano Lotta Continua, che lo accusarono di abuso d’ufficio e abuso di potere; nel volantino di rivendicazione, intitolato Contro i lager di Stato, i PAC scrissero che l’istituzione carceraria andava distrutta perché «ha una funzione di annientamento del proletariato prigioniero» e di «strumento di repressione e tortura».

• 16 febbraio 1979 alle ore 15 circa a Milano, Pierluigi Torregiani, gioielliere[; questo e il successivo delitto Sabbadin vengono rivendicati dai Nuclei Comunisti per la Guerriglia Proletaria con un volantino lasciato in una cabina telefonica di piazza Cavour a Milano. Battisti, che era in un altro luogo, occupato con l’omicidio Sabbadin, fu condannato come co-ideatore e co-organizzatore. Nel corso dell’assassinio di Pierluigi Torregiani, eseguito da un commando composto da Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi (con la complicità di Sante Fatone), venne coinvolto anche suo figlio adottivo Alberto, che da quel giorno vive paralizzato su una sedia a rotelle per un colpo sparato dal padre durante il conflitto a fuoco con gli attentatori. Torregiani, il 22 gennaio precedente, aveva ucciso un rapinatore durante una tentata rapina in un ristorante, in cui si trovava con i gioielli che aveva mostrato a una vendita televisiva; per recuperare i gioielli, Torregiani e un suo amico aprirono il fuoco contro i banditi armati che stavano svuotando la cassa del ristorante Il Transatlantico, e nello scontro che ne seguì morirono un rapinatore, Orazio Daidone, 34 anni, e un altro cliente, Vincenzo Consoli, commerciante catanese. Un altro dei clienti rimase ferito. Alberto Torregiani sostiene che i PAC scelsero il padre come vittima perché era stato diffamato dalla stampa locale e presentato come “giustiziere” (in un titolo su la Repubblica) e “sceriffo” contro gli “espropriatori proletari”. Secondo Battisti, i PAC consideravano Torregiani e Sabbadin come «uomini di estrema destra che praticavano autodifesa, che andavano sempre armati (una specie di milizia)», «giustizieri di estrema destra» e della “controguerriglia”, praticanti la giustizia sommaria. Alberto Torregiani ha dichiarato di voler chiedere il risarcimento danni allo Stato italiano, anziché a Battisti, vista la mancata estradizione.

• 16 febbraio 1979 alle ore 18 circa a Santa Maria di Sala, Lino Sabbadin, che svolgeva attività di macellaio. Battisti fu complice nell’omicidio facendo da “copertura armata” all’esecutore materiale Diego Giacomin, reo confesso («devo dire che fui l’autore degli spari e che mi trovavo insieme a un compagno dell’organizzazione» disse al processo), coadiuvato da Paola Filippi (autista) e sotto la direzione organizzativa di Pietro Mutti. Sabbadin, militante del Movimento Sociale Italiano, si era opposto con le armi al tentativo di rapina del suo esercizio commerciale, uccidendo Elio Grigoletto, 23 anni. Il figlio di Sabbadin, in un’intervista a una rivista della destra radicale francese, ha sostenuto che gli uccisori erano complici del rapinatore, ma la cosa è stata smentita, gli stessi PAC affermarono di aver voluto vendicare l'”espropriatore proletario”. Sabbadin aveva già subito un attentato dinamitardo da parte della Guardia Territoriale Comunista.

• 19 aprile 1979 a Milano, Andrea Campagna, agente della DIGOS[78]. Il delitto fu subito rivendicato dai PAC e poi da altri gruppi terroristici, per cui i PAC intervennero con una seconda telefonata di rivendicazione in cui viene definito «torturatore di proletari». L’omicidio fu eseguito con diversi colpi d’arma da fuoco al volto, di cui fu riconosciuto come l’esecutore materiale, mentre Pietro Mutti e un altro complice aspettavano in automobile. Campagna aveva partecipato ai primi arresti legati al caso Torregiani, in qualità di guidatore dell’auto con a bordo i capisquadra, ed era apparso in televisione accanto ad alcuni membri dei PAC e dell’Autonomia Operaia appena arrestati.

Sia Andrea Campagna sia Antonio Santoro furono in seguito insigniti della medaglia d’oro al merito civile “alla memoria”.




Cesare Battisti: il Tribunale gli concede la libertà

SAN PAOLO – Il giudice José Marcos Lunardelli del Tribunale regionale federale della terza Regione ha concesso la libertà a Cesare Battisti, accogliendo la richiesta di habeas corpus avanzata dagli avvocati dell’ex terrorista, che era stato arrestato due giorni fa a Corumba’ nel Mato Grosso do Sul.

La decisione del tribunale con sede a San Paolo è provvisoria, sottolineano i media. L’aspettativa comunque è che Battisti possa lasciare il carcere di Corumba’ nelle prossime ore. I suoi difensori, Igor Sant’Anna Tamasauskas e Otavio Mazieiro, hanno divulgato una nota alla stampa informando che stanno prendendo “tutte le misure necessarie” affinché il loro assistito sia liberato “già stanotte”




Cesare Battisti arrestato in Brasile: in auto forse aveva anche cocaina

Arresto in Brasile confermato per Cesare Battisti: lo ha deciso il giudice federale, Odilon de Oliveira, durante l’udienza di custodia svoltasi in videoconferenza nella sede della polizia federale di Corumba’. Il magistrato ha ritenuto che ci fossero i presupposti per la custodia cautelare in carcere. Secondo il giudice del Mato Grosso do Sul – stato del Brasile centro-occidentale dove Battisti è stato fermato dalla polizia stradale – l’ex terrorista “di fatto” stava cercando di varcare il confine del Brasile in direzione della Bolivia. Per de Oliveira, dunque, la misura preventiva nei confronti dell’italiano è necessaria proprio per scongiurare il “pericolo di fuga”.

Mentre Roma ribadisce la ferma volontà di assicurarlo alla giustizia italiana il prima possibile, all’indomani del suo arresto l’ex terrorista ha ostentato tranquillità e dichiara di “non temere l’estradizione” perché “protetto” da un decreto dell’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula. Un giudice federale ha comunque confermato il suo arresto per scongiurare il “pericolo di fuga”. “L’Italia è fortemente determinata a far sì che Battisti sconti la pena e la sconti nel nostro Paese”, ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, sottolineando che “sono stati fatti tutti i passaggi necessari” presso le autorità politiche e giurisdizionali brasiliane e assicurando che ne saranno fatti altri.

L’impegno per riportare Battisti in Italia va avanti da anni ma negli ultimi tempi, con l’insediamento del nuovo presidente brasiliano Michel Temer, di tutt’altro colore politico rispetto a Lula e alla Rousseff, si è impressa una decisa accelerazione. Nei mesi scorsi il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha dato mandato all’ambasciatore italiano in Brasile di richiedere formalmente alle autorità di riavviare le procedure per estradare l’ex terrorista, condannato all’ergastolo per quattro omicidi. La richiesta è stata sottoposta in Brasile ad una “prima analisi tecnica”, secondo indiscrezioni della stampa brasiliana, ma intanto ha ottenuto il consenso di due ministri ‘pesanti’: quello della Giustizia, Torquato Jardim, e degli Esteri, Aloysio Nunes Ferreira. Per quest’ultimo, in particolare, un eventuale via libera all’estradizione di Battisti sarebbe un gesto “importante dal punto di vista diplomatico”.

Il governo brasiliano avrebbe anche già trovato il modo di aggirare il decreto Lula, quello che nel 2010 concesse a Battisti lo status di rifugiato politico e quindi un visto permanente in Brasile. In base ad una delibera della Corte Suprema del 1969, infatti, “la pubblica amministrazione può annullare i propri atti” in presenza di un vizio oppure revocarli “per ragioni di convenienza o di opportunità”. Battisti evidentemente non crede, o ostenta di non credere, a questa possibilità e sfacciatamente dichiara di sentirsi ‘blindato’ dal decreto dell’ex presidente-operaio. Una sicurezza tradita però dai fatti.

E’ infatti ipotizzabile che la sua tentata fuga in Bolivia sia conseguenza proprio del pressing del governo italiano sul presidente Temer, che gli ha fatto temere che il Brasile non fosse più un luogo sicuro per lui. Alla polizia l’ex militante dei Pac, che ha cercato di fuggire a bordo di un taxi boliviano, ha raccontato di voler andare in Bolivia per “pescare e fare shopping”. Una spiegazione alla quale gli agenti brasiliani non hanno creduto. Corumbà, la città al confine nella quale è stato fermato, dista centinaia di chilometri dal luogo in cui vive Battisti. Inoltre l’ex terrorista aveva con sé cinquemila dollari e duemila euro in contanti e per la legge brasiliana per portare fuori dal Paese cifre in denaro superiori ai diecimila real (circa tremila euro) bisogna dichiararle alle autorità. Tra gli oggetti trovati nell’auto anche una ‘polvere di colore biancastro’: gli inquirenti non escludono che possa trattarsi di cocaina, gli esami sono in corso.

In serata l’udienza in videoconferenza con un giudice federale, Odilon de Oliveira, conosciuto in Brasile per aver incarcerato supertrafficanti, che ha confermato il suo arresto. Al momento Battisti è accusato di evasione fiscale e riciclaggio ed il magistrato ha ritenuto che ci fossero i presupposti per la custodia cautelare in carcere visto il pericolo di fuga dato che “di fatto” l’ex terrorista stava cercando di varcare il confine con la Bolivia.

Intanto dal mondo politico italiano si moltiplicano gli appelli per l’estradizione dell’ex militante dei Pac. “Non si perda altro tempo, il governo si adoperi con ogni mezzo affinché Battisti sconti la sua pena nel nostro Paese”, dichiara il vicepresidente della Camera e candidato premier del M5S, Luigi Di Maio. “Per il governo italiano è giunto di nuovo il momento di chiedere l’estradizione e di compiere ogni legittima azione per ristabilire il diritto”, dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. Ha parlato anche la cognata dell’ex terrorista Ivea Battisti per ribadire la sua innocenza e per accusare i pentiti che “si sono divertiti alle sue spalle”. Per Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pier Luigi ucciso nel 1979 durante una rapina organizzata dall’ex terrorista, “non c’è nulla da festeggiare, è un nuovo passaggio di questa battaglia interminabile. Magari siamo alla volta buona, questi due governi sono nelle condizioni di dare giustizia alle vittime”