Albano Laziale, rubrica psicologia: quando il bambino non parla

 

A cura della Dottoressa Chiara Marianecci – Logopedista

L’attenzione verso lo sviluppo del linguaggio dei bambini è sicuramente oggi molto alta da parte di insegnanti, genitori, pediatri e tutti coloro che si trovano a contatto diretto e continuo con i più piccoli. Questo particolare interesse è certamente aumentato da quando studi statistici, scientifici, osservazioni ed esperienza hanno evidenziato come i ritardi e/o disturbi di linguaggio vanno inquadrati tempestivamente, in quanto possono compromettere lo sviluppo del bambino, anche futuro, rispetto ad esempio agli apprendimenti scolastici, alla crescita emotiva, comunicativa e relazionale. Spesso un quadro di disturbo di linguaggio inoltre può presentarsi non in forma pura, ma in comorbidità con altre difficoltà: per questa ragione è sempre importante un inquadramento medico-diagnostico che ne definisca le effettive caratteristiche, in modo da individuare gli interventi più opportuni e agire quindi tempestivamente. Una valutazione medica va associata ad una valutazione logopedica, finalizzata proprio all’individuazione di un reale sviluppo atipico. È possibile individuare dei campanelli di allarme già nelle prime fasi di crescita:


1) il primo aspetto a cui porre attenzione è la lallazione nei primi mesi di vita: se intorno ai cinque mesi risulta ancora assente o particolarmente scarsa può essere un indice significativo
2) ritardo o assenza di sviluppo della gestualità intorno ai dodici mesi
3) ritardo nello sviluppo delle prime parole e nell’esplosione del vocabolario (ad esempio se il bambino produce meno di 20 parole a 18 mesi o meno di 50 a 24 mesi)
4) comprensione del linguaggio, legato al contesto, carente e assenza o inadeguatezza nello sviluppo del gioco simbolico (dai due anni)
5) nelle fasi successive possono essere riscontrate alterazioni rispetto allo sviluppo della fonologia, delle abilità morfosintattiche e di narrazione che dovranno opportunamente valutate.
6) otiti ricorrenti con probabile abbassamento della soglia uditiva durante i primi tre anni di vita
7) Oltre a questi aspetti riscontrabili direttamente col bambino, ci sono altri indici predittivi che è bene tener presente: primo fra tutti, la familiarità, se ci sono infatti altri casi in famiglia di ritardi/disturbi del linguaggio o dell’apprendimento il rischio è molto più alto e l’attenzione deve essere maggiore.

Nel caso di riconoscimento degli indici precoci descritti è bene condividere il tutto col pediatra che indicherà le più adeguate modalità di valutazione e approfondimenti medico-diagnostici con cui procedere. Utile potrebbe essere un consulto logopedico che, previa osservazione diretta ed anamnesi genitoriale, possa consigliare alla famiglia come meglio stimolare il bambino evitando atteggiamenti poco funzionali ma che spesso risultano molto comuni.

Logopedista Chiara Marianecci
Telefono 3497296063
chiara.marianecci@hotmail.it




DISFONIA: QUANDO LA NOSTRA VOCE CAMBIA

A cura della D.ssa Chiara Marianecci – Logopedista

Sono estremamente frequenti casi in cui la voce di una persona subisca importanti abbassamenti, sino alla quasi completa afonia, tali eventi risultano improvvisi, frequenti o magari consequenziali ad uno sforzo eccessivo o prolungato; in altri casi possono esserci variazioni di qualità vocali, in cui la persona percepisce la propria voce cambiata, più rauca o “sporca”, sintomi che magari si esprimono diversamente in base al momento della giornata. Tutto questo si accompagna spesso ad improvvisa affaticabilità durante l’eloquio, senso di corpo estraneo in gola, improvvise tensioni nella zona di collo e spalle, necessità di dover “raschiare” o tossire continuamente per togliere la sensazione di “velo”, imbarazzo nel comunicare con gli altri e quindi ripercussioni di carattere emotivo. Tutto ciò e altri sintomi di questa natura si verificano spesso in soggetti che per motivazioni personali e più comunemente lavorative, si trovano a dover sfruttare per più ore durante il giorno la loro voce: la categoria più a rischio, in cui dati statistici riportano un’incidenza altissima, è quella degli insegnanti.

I sintomi descritti nella maggior parte dei casi possono essere ricondotti ad una quadro di “disfonia”, tale patologia generalmente può essere di natura organica, quasi sempre secondarie ad interventi chirurgici o per neoformazioni come polipi o granulomi, o di natura disfunzionale. Per disfonia disfunzionale ci riferiamo ai casi prima descritti, ovvero quando professionisti della voce, sfruttando a lungo ed intensamente il loro organo fonatorio si ritrovano gradualmente o improvvisamente a sentirne un mutamento. Il primo consiglio da dover specificare è la necessità di un controllo specialistico di un otorino o meglio del foniatra, che attraverso strumentazioni può diagnosticare la natura e le caratteristiche della disfonia, tutto questo soprattutto se il disturbo persiste oltre i dieci giorni. Secondo passo da percorrere è quello di una valutazione ed eventualmente terapia logopedica, mirata ad un recupero e rieducazione della corretta funzione fonatoria; saranno poi tali specialisti a consigliare la supervisione di altri medici o terapisti. Tuttavia, ci sono dei suggerimenti che si possono seguire a scopo preventivo, che possono notevolmente agevolare il quotidiano di chi inizia a riscontrare tali sintomi, o chi pur non percependo nulla di tutto questo è a rischio per le proprie attività quotidiane. I consigli più utili sono: evitare sbalzi di temperatura, non bere bevande troppo ghiacciate; limitare lunghe conversazioni telefoniche (a telefono tutti siamo portati ad urlare e sforzare); parlare a distanza ravvicinata e non urlare inutilmente; evitare, soprattutto di sera, pasti abbondanti e di difficile digestione, in quanto ciò potrebbe accrescere il reflusso (spesso concausa o aggravante delle disfonie) e limitare la  normale  respirazione. Estremamente utile risulta respirare a bocca chiusa il più possibile, respirare correttamente (con una respirazione diaframmatica) e frequentemente quando si parla facendo attenzione a non rimanere senza fiato alla fine della frase; non parlare durante l’attività fisica  e in posture alterate; non fare “vocine” o sussurrare; non raschiare (in alternativa è più salutare un colpo di tosse o idratare bevendo); bere piccoli e frequenti sorsi d’acqua; evitare di bere alcolici, caffeina e di fumare (tutti questi fattori possono alterare la salute delle mucose). In alcuni casi può essere importante trovare dei momenti o periodi di riposo vocale ed utilizzare eventualmente strumenti vicarianti, come ad esempio il microfono. Questi sono consigli sfruttabili da chiunque, saranno poi gli specialisti a personalizzare e approfondire altri suggerimenti in base alle caratteristiche di ciascun “individuo disfonico”. Fondamentale è comprendere che i propri mezzi vocali non sono illimitati, anche la voce si stanca!    

Logopedista Chiara Marianecci – Centro Psicologia Castelli Romani, Albano Laziale

Tel: 3497296063, e-mail: chiara.marianecci@hotmail.it        




I "PICCOLI BALBUZIENTI": I SEGNALI DI ALLARME PER RICONOSCERE LA BALBUZIE INFANTILE

a cura della Dott. Chiara Marianecci – Logopedista

Fino agli anni Ottanta, nei casi di piccoli balbuzienti si consigliava di non intervenire in alcun modo, in realtà in questi casi c’è un’organizzazione neuro psicolinguistica diversa e di conseguenza è importante intervenire precocemente proprio per andare ad organizzare il sistema linguistico del bimbo. Lasciare la situazione così, potrebbe al contrario consolidare la disfluenza. La balbuzie spesso si manifesta tra i tre e cinque anni, fase in cui il bambino sta consolidando le sue competenze linguistiche. Ci sono dei segnali di allarme che i genitori possono cogliere ed eventualmente riferire ad un logopedista: ripetizioni multiple di una parte di parola (generalmente la prima sillaba), prolungamenti dei suoni iniziali di parola, tremori, tensioni o sforzo a livello dei muscoli delle labbra e della mandibola, modificazione del tono e dell’intensità della voce, espressioni fugaci di paura all’avvicinarsi di una parola, meccanismi di fuga per evitare l’uso di una parola fino a quando non si sente sicuro di poterla pronunciare correttamente (pause lunghe, rifiutarsi di parlare, sostituire parole, inserire suoni senza significato). Naturalmente è opportuno preoccuparsi solo se questi segni si manifestano frequentemente ed in diverse situazioni o cominciano a disturbare la possibilità di comunicare del bambino. La familiarità è un altro indice cruciale che legato ai segnali di allarme dovrebbe condurre il genitore a rivolgersi ad uno specialista, tanto più se la disfluenza si è presentata in modo stabile da tre mesi. Per i genitori che nonostante tutto preferiscono aspettare prima di intervenire, possono tenere presente alcuni consigli su come gestire la situazione: ascoltare pazientemente cosa il bambino dice e non come lo dice; permettere al bambino di completare l’espressione del proprio pensiero senza interruzioni; mantenere mentre il bambino sta parlando un naturale contatto oculare; evitare di completare o anticipare il pensiero del bambino; trovare almeno cinque minuti al giorno da dedicare al proprio figlio per parlare tranquillamente, senza fretta; dopo che il bambino ha parlato, riformulare attentamente ed in maniera rilassata alcune sue parole. Estremamente utile può essere il garantire al proprio bambino uno stile di vita scarsamente frenetico, rivolgersi a lui in maniera non affrettata, spegnere televisori o radio durante i pasti o nei momenti di conversazione. Questi consigli e comportamenti è opportuno che vengano seguiti da tutte le persone che sono quotidianamente a contatto col bambino, in modo da prevenire (in parte) che un “piccolo” balbuziente non si trascini quella che potrebbe diventare una grande difficoltà.

 

Logopedista Chiara Marianecci

Tel. 3497296063

e-mail: chiara.marianecci@hotmail.it

Centro Psicologia Castelli Romani




INGRESSO DEL BAMBINO ALLA SCUOLA ELEMENTARE: E' PRONTO? LE VALUTAZIONI DEL CASO

 a cura della Logopedista Chiara Marianecci  – Centro Psicologia Castelli Romani

Si parla sempre più frequentemente di difficoltà e disturbi specifici dell’apprendimento, ovvero lievi o gravi difficoltà riscontrabili nell’acquisizione della lettura, della scrittura e del calcolo, che possono compromettere non solo il rendimento scolastico del ragazzo ma creare anche quadri complessi di frustrazione, abbandono scolastico e fallimento. Al fine di avere una lettura più chiara del disturbo, fondamentale innanzitutto sarà comprendere come queste difficoltà (in quanto specifiche) non sono causate né da danni neurologici o sensoriali né tanto meno da ritardo mentale o deprivazione ambientale. È verificata ormai la forte vicinanza che c’è tra apprendimento scolastico e linguaggio del bambino.

Imprescindibile, a tale proposito, sarà quindi la conoscenza dei cosiddetti indici predittivi: quegli aspetti cioè tipici del linguaggio che dovrebbero, in primis, essere individuati da un genitore e/o da una maestra, e in secondo luogo trattati da uno specialista, in maniera particolare da un Logopedista.

Ma quali sono gli indici predittivi di cui si sta parlando? Come possono essere individuati? Come si può intervenire? La ricerca nazionale ed internazionale ha avuto modo in questi anni di verificare come alcuni aspetti appartenenti al sistema linguistico risultino cruciali per un buon apprendimento della letto scrittura.

A tal proposito, il primo aspetto che deve venire considerato è l’inventario fonetico: un bambino all’ultimo anno di scuola materna non può presentare dei suoni linguistici non ancora acquisiti; capita spesso cioè di trovare piccoli che perseverano l’espressione verbale errata di alcuni suoni (cuscino  cuccino, o magari non articolano adeguatamente la r o la s, la ci, la gi e tanti altri). Secondo aspetto da non sottovalutare è poi il possesso di un carente livello lessicale: un bambino che presenta un eloquio molto povero, che produce con fatica enunciati completi a quattro/cinque anni, o che manifesta difficoltà nel comprendere frasi in cui si possa utilizzare un termine meno comune rispetto al solito, necessita infatti di una maggiore stimolazione da questo punto di vista; un lessico povero potrebbe sfociare, in seguito, non solo in difficoltà di capacità di lettura e soprattutto in incapacità di portare a termine attività di composizione scritta (ad esempio temi) ed orale (ad esempio interrogazioni, esposizione libera di un argomento etc), ma anche e soprattutto nella comprensione di ciò che si ascolta e che si legge, aspetto cruciale per lo studio.


Altrettanto importanti inoltre sono le capacità meta fonologiche, tutte quelle capacità cioè di “manipolare” il linguaggio. Parliamo di quei giochi che spesso si fanno con le parole come, ad esempio, indovinare una parola che viene detta segmentata, riconoscere una rima, o cancellare la prima o l’ultima sillaba di una parola: tutte attività queste che un bambino all’ultimo anno di scuola materna dovrebbe saper fare naturalmente, perché ha raggiunto quello che viene definito come “livello di sviluppo linguistico adeguato”. In maniera particolare, capacità come quelle elencate, appaiono poi estremamente importanti per arrivare ad un corretto uso della lettura e della scrittura: abilità che iniziando da un lento processo di analisi in sillabe, raggiungono via via un maggiore automatismo. Determinanti infine sono tutte le attività manuali di “pregrafismo” e il possesso di un buon livello di memoria e attenzione, difficoltà queste facilmente riabilitabili quando carenti. Quello che si consiglia, in conclusione, dopo aver acquisito consapevolezza dei cosiddetti indici predittivi, andare a verificare se il proprio bambino presenti carenze da tutti questi punti di vista, quindi rivolgersi al più presto ad un logopedista di fiducia che possa, attraverso un ciclo di terapie, riabilitare le corrette funzioni linguistiche nel bambino e di conseguenza prevenire o in ogni caso limitare l’emergere di future difficoltà di apprendimento. Naturalmente non è scontato che sia sufficiente tutto questo affinchè un DSA possa ugualmente esprimersi.

Per info e contatti: 

Chiara Marianecci
Tel. 3497296063
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http://www.centropsicologiacastelliromani.it/