Gli angeli dei nostri tempi: i volontari dell’associazione Chiara per i bambini del Mondo

Come asseriva Wim Wenders “gli angeli dei nostri tempi sono tutti coloro che si interessano agli altri prima di interessarsi a sè stessi”. Forse Wenders parlava anche dei volontari dell’associazione Chiara per i bambini del Mondo. Li ho conosciuti ed ho avuto la possibilità di poterci passare alcune significative serate insieme ad assistere dei senzatetto presso la stazione di Roma Termini.

La video intervista a Luciano Biazzetti fondatore dell’associazione

La prima serata siamo partiti in nove in un furgoncino colmo di capi di abbigliamento e cibo natalizio tra cui non potevano mancare qualche cassa di champagne e prosecco per brindare. Era la notte del 25. Luciano Biazzetti è il padre dell’associazione, l’autista del furgone e soprattutto un uomo di rara gentilezza ed esperienza. Col sorriso sulle labbra ti racconta per ore le sue innumerevoli avventure tra persone indigenti e bisognose ma anche tra i bambini dell’Africa e del Brasile dove Chiara per i bambini del mondo ha tirato su con le proprie mani una scuola. Cos’ è riuscita a dare nuova vita ad una favela largamente colpita dalla povertà, dalla criminalità ma dove vive anche una grande voglia di cambiare. Quando salgo sul furgone con la telecamera, inizio a guardarmi intorno e a fare la conoscenza degli altri volontari. C’è chi segue Luciano da 4 mesi, chi da 2 anni, chi da 5 anni. Sono padri di famiglia, insegnati, ragazzi giovani che due volte a settimana decidono di dedicare il loro tempo agli altri. Arriviamo alla Piazza dei Cinquecento, lì dove fermano tutti gli autobus. Spento il motore si avvicina un clochard. Porta la sua casa tra le mani tenendo il suo piccolo guardaroba nello zaino raccattato chissà dove. Ci sorride e ci saluta, “vi stavo aspettando, auguri”. Mercoledì, 2 gennaio sono morti di freddo due senzatetto a Milano e Roma.

Ora capisco, parlando con queste persone che il freddo è uno dei loro nemici più acerrimi contro il quale nulla si può fare. In pochi minuti i volontari sistemano il tavolo e predispongono le derrate alimentari. Si avvicinano in molti: stranieri, forse immigrati e molti italiani. Mi colpisce subito una signora anziana distinta e di una cordialità antica. Chiede se può servirsi e mangiando ci racconta la sua storia. La prima di tanti vissuti personali che conoscerò con l’associazione. La signora ci spiega che è costretta a cibarsi alla mensa dei poveri dato che la sua misera pensione le permette di pagare solo un piccolo bugigattolo per dormire riparata dal freddo. Un altro signore (da 46 anni in strada) dalla capigliatura bizzarra e dalla parlantina svelta dorme in macchina a San Lorenzo e durante il giorno si dedica al volantinaggio. Un altro invece mi confessa di dormire sotto al Cnr (consiglio nazionale delle ricerche) e di sentirsi una cavia. Secondo lui il problema principale è il lavoro. Non sbaglia: molti di quelli che vengono per un caffè caldo e una fetta di panettone sono uomini di una cinquantina di anni che hanno perso il lavoro e che combattono con struggente sussiego per non barattare e perdere la loro dignità.

Mi sono domandato come si faccia in uno stato del genere. Forse travisando quelle difficoltà in un racconto mentale che ripetuto all’infinito diventa prima realtà e, poi, la loro salvezza: un signore mi ha detto che quando si sveglia la mattina si alza, fa colazione e va a prendere un po’ di sole per Roma mentre fa una passeggiata ammirando i monumenti. Quella sera del 25 dicembre ho visto persone chiedere un aiuto che mai avrei pensato avessero bisogno. Sono stato tradito dalla loro umiltà nell’avvicinarsi e nel chiedere. Mi ha sferzato il cuore, l’educazione di due bambini di forse 6 o 7 anni accompagnati dai propri genitori.

Il nostro Babbo Natale, Valerio, ha regalato loro un paio di guanti e una sciarpa. Anche mercoledì 2 gennaio, Chiara bambini per il mondo era a Roma Termini. Durante il tragitto Luciano ha raccontato di quando portavano il loro aiuto anche alle persone che dormono alla stazione Tiburtina. Lì i senzatetto si raggruppano in fazioni spesso contraddistinte dalla differente nazionalità e, sovente, la serata termina in una pericolosa rissa per tenere qualche vestito in più. Questa volta, a Roma Termini, i volontari hanno portato decine di cartoni colmi di capi di abbigliamento. Il freddo è tagliente. I clochard si ammassano come in uno sciame e terminata la raccolta non restano neanche quella decina di scatoloni, divenuti ormai mura di una casa. Tra loro spicca una ragazza di nome Chiara (fittizio) che dice di studiare ingegneria informatica all’Università nonostante siano anni che vive per strada. Al caldo del primo piano della stazione, ci intrattiene con una sinfonia al pianoforte.

Un altro signore straniero si avvicina per ringraziare e per spendere due parole con noi. Vuole raccontarci come è la vita per strada. L’uomo denuncia la mancanza di strutture che dovrebbero raccogliere quasi 10 mila persone (le strutture preposte all’accoglienza del comune di Roma possono raccogliere massimo 1533 persone), tutti hanno diritto ad un riparo. Ci spiega perché è così incessante soprattutto la richiesta di pantaloni nuovi: durante la notte con un taglierino bucano le tasche per rubare il portafogli. “Il problema più grande -confessa- non sono i soldi ma i documenti”. Una volta persi, l’iter per riacquisirli diventa eccessivo. Così si diventa degli invisibili. Il giovane è schietto e confessa di aver commesso, anche se saltuariamente, dei piccoli furti per poter sopravvivere. Ma la criminalità nelle ore più buie intorno a Termini è terribile. Gli chiediamo dove dorme. C’è chi prende sonno al caldo della stazione prima di essere buttato fuori al gelo per passare la notte, chi tra due intercapedini, chi dorme addirittura in piedi, chi su un carrello per prevenire i molti furti, chi sulla linea di autobus N7, quella notturna.

Prima di andarcene un clochard ha chiesto ad un nostro volontario: “Roberto, tornate anche lunedì?”. E facendoci gli auguri e stringendoci le mani, molti ci hanno ringraziato per la nostra amicizia, per il nostro affetto, per le nostre chiacchierate e per un po’ di normalità. A pensarci bene Wenders non aveva tutte le ragioni. Dalla in una sua canzone affermava: “Gli angeli, Sono milioni di milioni e non li vedi nei cieli ma tra gli uomini sono i più poveri e i più soli quelli presi tra le reti”.