Strage via D’amelio, Fava dopo audizione Fiammetta Borsellino: “Chiarezza su depistaggi”. Ecco i “servitori infedeli”

“Tra il ’92 e il ’94 si è assistito al più clamoroso depistaggio che la storia della Repubblica ricordi. Per questo chiederemo agli attuali responsabili dell’intelligence cosa è accaduto tra il ’92 e il ’94”. L’ha detto il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava nella conferenza stampa seguita all’audizione di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nella strage di Via D’Amelio il 22 luglio 1992.

Per Fiammetta Borsellino “se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato”. In vista dell’anniversario della strage, la figura di Paolo Borsellino è stata ricordata oggi, fra l’altro, in aula, dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, dall’Anm e da diversi esponenti politici.

I depistaggi ad opera di uomini delle istituzioni

Le istituzioni che cercavano la verità su Borsellino depistate da uomini delle istituzioni. Lo certifica la Corte d’Assise di Caltanissetta nelle 1865 pagine di motivazioni della sentenza con cui si è concluso, poco più di un anno fa, l’ultimo processo sulla strage di via d’Amelio: «Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana», si legge nel documento, in cui i magistrati puntano il dito contro i servitori infedeli dello Stato che imbeccarono piccoli criminali, trasformati in informatori di Cosa nostra, costruendo falsi scenari sugli autori dell’attentato al giudice Borsellino.

Il 20 aprile del 2017 la Corte ha condannato all’ergastolo per strage Salvino Madonia e Vittorio Tutino e a 10 anni per calunnia Francesco Andriotta e Calogero Pulci, finti collaboratori di giustizia usati per mettere su una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata l’ergastolo a sette innocenti. Accuse prescritte per per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di rocambolesche ritrattazioni nel corso di vent’anni di processi, cui i giudici hanno concesso l’attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri. Ed è a questi “altri” che la corte si riferisce nelle
motivazioni della sentenza. A quegli investigatori mossi da «un proposito criminoso», a chi «esercitò in modo distorto i poteri».

Gli infedeli

Il riferimento della Corte d’assise è al gruppo che indagava sulle stragi del ’92 guidato da Arnaldo la Barbera, funzionario di polizia poi morto. Sarebbero stati loro a indirizzare l’inchiesta e a costringere Scarantino a raccontare una falsa versione della fase esecutiva dell’attentato e a compiere «una serie di forzature, tradottesi anche in indebite suggestioni e nell’agevolazione di una impropria circolarità tra i diversi contributi dichiarativi, tutti radicalmente difformi dalla
realtà se non per la esposizione di un nucleo comune di informazioni del quale è rimasta occulta la vera fonte».

Perché i depistaggi?

Ma quali erano le finalità di uno dei più clamorosi depistaggi della storia giudiziaria del Paese? La corte tenta di avanzare ipotesi: come la copertura della presenza di fonti rimaste occulte, «che viene evidenziata – scrivono i magistrati – dalla trasmissione ai finti collaboratori di giustizia di informazioni estranee al
loro patrimonio conoscitivo ed in seguito rivelatesi oggettivamente rispondenti alla realtà», e «l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato».

L’agenda rossa di Borsellino

I magistrati dedicano parte della motivazione all’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, il diario che il il magistrato custodiva nella borsa, sparito dal luogo
dell’attentato. La Barbera, secondo la corte, ebbe un «ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione, connotata da una inaudita aggressività, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre». La Barbera è morto, l’inchiesta sulla scomparsa dell’agenda rossa è stata archiviata, ma a Caltanissetta, forze a maggior ragione dopo questa sentenza, si continuerà a indagare.




Palermo, villa confiscata diventa la nuova sede del Centro Studi Borsellino

PALERMO – Inaugurata ieri in via Bernini 52 nel capoluogo siciliano la nuova sede del Centro Studi Borsellino. La lussuosa villa sede del Centro è stata confiscata ai costruttori Sansone accusati dalla magistratura di aver favorito la latitanza del boss Salvatore Riina deceduto lo scorso 17 novembre.

La sede è composta da una grande sala riunioni con camino, ampie stanze che serviranno allo svolgimento delle attività del Centro

Fino al 1993 i fratelli Gaetano e Pino Sansone operavano nel capoluogo progettando diverse abitazioni-presidio di cosa nostra tra cui questa villa oggi finalmente divenuta simbolo della legalità. Presenti all’inaugurazione diverse personalità tra cui Salvatore e Rita Borsellino, il sindaco Leoluca Orlando, Nando Dalla Chiesa e i Picciotti della Lapa del Teatro Ditirammu che con letture canti ed esibizioni hanno intrattenuto e commosso i numerosi presenti.

Salvatore Borsellino ha commentato la lussuosa villa divenuta sede con sottile e divertente ironia

“Altro che latitanza – ha detto Salvatore Borsellino – ricotta e cicoria, non ho mai visto un posto cosi a Palermo, una casa davvero bellissima. E’ fortemente simbolico che questo presidio nasca qui in quello che in passato è stato ben altro che rispetto al presidio della legalità che vuole essere oggi e tuttavia, malgrado rappresenti un bel traguardo, non posso non pensare che di presidi ne servano altri e altrove”. Il tono poi diventa sommesso e un certo rammarico traspare dalle sue parole che non possono ignorare che il Centro stesso e la sua gestione non godono di aiuti e piena considerazione della istituzioni cittadine e persevera una certa indifferenza da parte di una grande fetta di palermitani che voltano le spalle per disinteresse: “Lì devo fare tutto da solo, non ho nessun aiuto economico o di altra natura – spiega Salvatore Borsellino – oramai in troppi si sono dimenticati di quella Palermo, specie chi la città la dirige. Cerimonie come questa sono importanti ma c’è un’altra Palermo che ha altrettanto bisogno che la mafia continui ad essere combattuta”. E’ un passo che arriva dopo i tanti già fatti e che anticipa quelli che in futuro verranno compiuti soprattutto dai giovani, custodi più fedeli in assoluto che troveranno casa e accoglienza in un posto dove potersi esprimere meglio; è questo il commento positivo ed ottimista detto tra le lacrime da Rosa Mistretta, moglie di Vito Parrinello, recentemente scomparso, fondatore della compagnia tradizionale popolare degli artisti di strada mescolata al Rock Pop e Folk che come precedentemente detto hanno commosso i presenti con le loro esibizioni e letture. Un valore positivo per una Palermo che segue la strada a piccoli passi per un futuro diverso.
Paolino Canzoneri




IL RICORDO DI BORSELLINO: CROCETTA NON È GRADITO DALLA FAMIGLIA

di Angelo Barraco

Palermo – Alla vigilia della commemorazione del 23esimo anniversario per la strage in Via D’Amelio, per ricordare la morte del Giudice Paolo Borsellino ucciso dalla mafia, le polemiche non mancano, soprattutto in seguito a quanto emerso dal Governatore della Sicilia in un’intercettazione con il suo medico Matteo Tutino. Rita Borsellino, la sorella del magistrato, ha inviato un sms a Crocetta, dicendo che la sua presenza non è ben gradita. L’intercettazione di Crocetta, pubblicata su l’Espresso, ha scosso gli animi di chi crede ancora in quel tipo di lotta e in quel tipo di giustizia che è diventata un simbolo per un’Italia ormai attorniata e piegata dalla corruzione, dal malaffare e dalla prevaricazione dell’interesse individuale a discapito dell’interesse collettivo. Sulle intercettazioni di Crocetta i pm smentiscono e dicono inoltre che di tale conversazione non vi è traccia nelle inchieste della Procura, ma il direttore dell’Espresso ribadisce che c’è, ma non h aggiunto altro.

Intanto Crocetta, vista la situazione sul filo di un rasoio e le polemiche che rimbalzano come biglie d’acciaio sull’asfalto ghiacciato, si è rifugiato presso la sua casa di Castel di Tusa, tra Palermo e Messina. Non ha fatto sapere se parteciperà o meno alla commemorazione di Paolo Borsellino. Alla manifestazione vi saranno le massime autorità dello Stato come il presidente Sergio Mattarella, il guardasigilli Andrea Orlando e il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Non presenzieranno i figli di Paolo Borsellino; Lucia, Fiammetta e Manfredi. Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, ha detto il giorno dopo la smentita: “Rita gli ha scritto dopo che si sono diffuse le prime notizie che davano per certa l'intercettazione che riguarda Crocetta. Lo stesso pensavo io. Ora però sospendo il giudizio. Se le intercettazioni fossero in realtà una macchina del fango sarebbe un atto di sciacallaggio, aspetto che lo dica la magistratura. Ma in questo momento di incertezza Crocetta farebbe bene a evitare di presentarsi”. Crocetta intanto si è autosospeso.