CASO CESTE, CONDANNA BUONINCONTI: TRA COMPETENZE SPECIFICHE E LAVAGGI DEL CERVELLO TELEVISIVI

di Domenico Leccese

L'Osservatore Italia ha seguito da sempre il caso Ceste ed il processo all'unico indagato Michele Buoninconti, continuiamo a farlo dando voce ancora una volta alla dottoressa Ursula Franco (Medico – Criminologa e Consulente della difesa).

Quanto è difficile ancora fare il criminologo nel nostro paese?

Non lo immagina nemmeno. In Italia ancora si stenta a credere che le scienze criminologiche siano scienze esatte, purtroppo sia gli addetti ai lavori che il pubblico dei talk show televisivi sono ormai abituati ad una specie di criminologo che è una banderuola al vento perché parla spesso di casi che non conosce così semplicemente pour parler e per riempire uno spazio.

Perché in molti fanno fatica a credere alla sua ricostruzione nel caso Ceste – Buoninconti?

Per quanto riguarda la massa la mia ricostruzione non è stata pubblicizzata abbastanza ed il pubblico televisivo ha subito un lavaggio del cervello senza precedenti, per quanto riguarda gli addetti ai lavori non mi credono coloro che non hanno letto gli atti o che non hanno approfondito il caso partendo dal presupposto che la procura non possa essersi sbagliata e poi non mi credono coloro che non hanno dimestichezza con la psichiatria ed inspiegabilmente non accettano il parere di un esperto per presunzione o per un loro limite mentale.

Come ha fatto ad arrivare alla conclusione che non si tratti di omicidio?

Per risolvere questo caso ci volevano alcune competenze specifiche che di certo i carabinieri di Costigliole non avevano e che neanche i laureati in Legge hanno. Sono molti  i campanelli d’allarme che mi hanno fatto propendere per l’allontanamento volontario, il denudamento, segno chiarissimo di una psicosi letto invece erroneamente dalla procura come prova dell’omicidio, il ritrovamento degli abiti in cortile, prova del denudamento volontario che invece gli inquirenti hanno sostenuto fossero una messinscena, mostrando di disconoscere che cosa sia uno staging di una scena del crimine, se Buoninconti avesse disposti gli abiti in cortile non li avrebbe rimossi, ancora l’immediatezza con cui Buoninconti dette l’allarme, il ritrovamento del corpo a pochi centinaia di metri da casa e molto altro.

Lei ha analizzato anche il linguaggio di Buoninconti durante le interviste rilasciate a Chi l’ha visto?

Certo, non solo io ho analizzato il linguaggio di Buoninconti ma anche lo psichiatra dell’accusa dottor Pirfo, inviterei tutti coloro che ritengono Buoninconti colpevole a rivedersi quei video ed a ricredersi. Buoninconti non ha mai mentito, il suo racconto è credibile.
In tutte le interviste fornisce le risposte dopo un regolare tempo di latenza; non si serve di pause per costruirle; non perde mai il filo del discorso; non cambia mai il soggetto e se è il giornalista a farlo, egli ritorna sulla domanda per rispondere con precisione; non si cimenta mai in circonlocuzioni o discorsi evasivi. Il racconto è sempre fluente ed egli non si avvale mai di un linguaggio indiretto; non ripete mai le domande che gli vengono poste; né le evade; le sue risposte sono ben costruite e logiche ed egli non appare mai equivoco. Il racconto fatto da Michele nelle interviste è dettagliato, caratteristica del linguaggio di coloro che sono sinceramente decisi a fornire tutte le informazioni in loro possesso nell'intento di farsi aiutare a ritrovare il proprio caro. La sua esposizione, non è solo dettagliata, ma anche carica di emotività, non piatta e sterile come quelle degli uomini che uccidono le proprie compagne. Buoninconti ha fornito volontariamente agli inquirenti nuove informazioni mostrando una evidente ‘volontà di accuratezza’ e lo ha fatto su sua personale iniziativa, si è infatti recato al comando dei Carabinieri nei giorni seguenti alla scomparsa della moglie, per invitarli ad analizzare gli abiti di Elena. Fornire informazioni supplementari od invitare gli inquirenti ad indagare fanno parte delle iniziative messe in atto dai soggetti che desiderano essere di supporto alle indagini e sono realmente intenzionati a trovare il proprio familiare scomparso. Chi commette un omicidio generalmente fornisce una minima quantità di informazioni a ridosso dei fatti e soltanto se invitato a farlo e difficilmente si presenta sponta
neamente in caserma.

Per quale motivo allora Buoninconti è stato accusato di essersi contraddetto?

La sua narrazione è sempre stata la stessa e vi sono alcune imprecisioni, le imprecisioni nel racconto sono però ascrivibili ad un disturbo della memoria chiamato ‘amnesia psicogena’. La condizione di stress di Buoninconti dovuta agli accadimenti di quella mattina produsse nello stesso un disturbo del processo di memorizzazione di comune osservazione, ovvero il blocco della memorizzazione a lungo termine per cui i suoi ricordi di quei momenti, fissati inizialmente nella memoria a breve termine, a causa del suo stato d'animo, non si impressero in quella a lungo termine. Per tale ragione egli ha fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali di Elena in cortile, non si è ricordato l’esatta sequenza di alcuni fatti e delle telefonate, né se Marilena Ceste fosse stata a casa sua quella mattina e solo con l'aiuto dei testimoni Buoninconti è riuscito a ricollocare la maggior parte degli accadimenti di quella mattina nell'esatto ordine cronologico.

Lei crede che in America si sarebbe potuto condannare Buoninconti sulla base degli indizi consegnati ai giudici dalla procura di Asti?

Diciamo che non solo non lo avrebbero mai condannato ma neanche sarebbero stati presi in considerazione per un eventuale processo, comunque, senza scomodare gli Stati Uniti basta spostarsi a Pisa, pensi al caso di Roberta Ragusa, nonostante ci siano importanti indizi contro Antonio Logli quali una relazione extraconiugale, un probabile tentato omicidio da parte sua nei confronti della moglie che precedette di poco la scomparsa, un testimone che lo vide in strada durante la notte mentre lui ha sostenuto di essere stato a dormire, testimone che con tutta ptrobabilità assistette ad una colluttazione tra il Logli e sua moglie, nonostante tutto non si è ritenuto che il materiale raccolto dalla procura potesse essere sufficiente per trarre in arresto né tantomeno per rinviare a giudizio Antonio Logli.

Che cosa secondo la Procura di Asti prova l’omicidio?

Non ce l’hanno detto, l’autopsia non è stata in grado di stabilire la causa della morte di Elena quindi già non c’è certezza che sia stato commesso un omicidio, lo ripeterò in eterno non è dall’autopsia ma dalle indagini che si risale alle cause della morte della Ceste. Le risultanze escludono l’omicidio ed avvalorano una morte per assideramento, quella mattina non sono stati udite grida da parte dei vicini prova di una lite che poteva sfociare in un omicidio, non sono stati rilevati segni su Buoninconti prova di una colluttazione che per le modalità omcidiarie sostenute dalla procura ci sarebbero dovute essere, nessuno ha visto Buoninconti mettere il cadavere in auto ma soprattutto le risultanze degli esami effettuati da RIS sulle auto sono negative. Credere che Buoninconti abbia avvolto il cadavere in un lenzuolo del letto matrimoniale, come sostenuto dalla Deodato in requisitoria, e pensare che il lenzuolo abbia impedito al cadavere di lasciare tracce in auto è assurdo, antiscientifico.

Quindi che cosa prova per la Procura di Asti l’occultamento del cadavere?

Non ce l’hanno detto, Buoninconti secondo le due analisi delle celle telefoniche alle 9.00 non si trovava al Rio Mersa, quindi è escluso che stesse occultando un corpo, in più nonostante egli venga accusato di aver occultato un corpo tra i rovi nessun graffio è stato rilevato né sulle sue mani né sul suo volto, né peraltro egli era sporco del fango del Rio Mersa, né alcun testimone lo vide occultare il cadavere di Elena. Anzi il giudice ha completamento ignorato la testimonianza di Marilena Ceste, una vicina che disse di aver visto Buoninconti sotto casa
5 minuti dopo le 8.55, quindi alle 9.00.

Quindi la Procura avrà trovato un movente molto solido?

Assolutamente no, anche i giudici del riesame non solo hanno escluso la premeditazione ma hanno anche asserito per ben due volte che la procura non era riuscita a fornire un movente. Nessuna crisi matrimoniale precedette l’allontanamento di Elena che fu la conseguenza soltanto del disturbo psichico che la affliggeva e che aveva iniziato a manifestarsi qualche mese prima.

Che cosa si augura?

Mi auguro che non succeda mai più che un cittadino italiano subisca ciò che sta subendo Buoninconti. Credo che sussistano gli estremi per presentare una petizione al Parlamento europeo in quanto Buoninconti è anche cittadino dell’Unione europea che è tenuta a garantire i suoi diritti.
 




CONDANNA BUONINCONTI: LA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO PUNTA IL DITO SU INQUIRENTI E GIUDICI

di Domenico Leccese 

Dopo la condanna a 30 anni, inflitta in primo grado a Michele Buoninconti, torniamo ad intervistare la criminologa consulente della difesa Ursula Franco.

Che cosa si aspetta dalla motivazioni della sentenza del Tribunale di Asti ?
Nulla di nuovo, nessuna prova si è formata in dibattimento e le ordinanze che hanno condotto all’arresto di Buoninconti e poi al processo non sono sostenute da alcun indizio degno di questo nome, si è arrivati a condannare un innocente per un omicidio che non c’è stato sulla base di supposizioni illogiche che la procura non ha provato.

Le perizie dell’accusa, secondo lei non hanno provato nulla ma nonostante tutto Buoninconti è stato condannato a 30anni. Perché?

E’ proprio questo il punto, attraverso le errate interpretazioni degli inquirenti e dei giudici dei dati emersi dalle indagini si è ridotto un procedimento penale dell’anno 2015 ad un procedimento più vecchio di almeno cent’anni e dal punto di vista della psichiatria ci troviamo catapultati in un era pre freudiana, il goffo tentativo di affrancare la Ceste dalla malattia psichiatrica che già gli era stata diagnosticata dal perito dell’accusa è un segnale di un’arretratezza culturale che fa venire i brividi, coloro che negano la psicosi di Elena hanno grosse responsabilità nei confronti di Buoninconti perché hanno contribuito a farlo condannare per un omicidio che non c’è stato e sono responsabili pure dell’ulteriore dolore inflitto ai suoi figli ed anche dell’aver lasciato passare il messaggio che una malattia psichiatrica sia uno stigma di cui vergognarsi.

Che cosa intende dire quando sostiene che è stato un processo vecchio?
Intendo dire che non serve assolutamente a nulla fare delle perizie se non si è in grado di valutarne i risultati nel modo giusto. La perizia medico legale ha concluso che non si poteva ricavare una causa di morte dallo stato dei resti di Elena Ceste, l’inferenza dei medici legali che ipotizza una morte asfittica non ha valore di prova, non prova assolutamente l’omicidio, è un’idea che si sono fatta questi consulenti i quali non hanno potuto escludere l’assideramento ed hanno ripetuto in aula che era impossibile avere certezza della causa della morte della Ceste, quella dei consulenti medico legali rimane un’inferenza limitata allo studio dei resti della Ceste, l’inferenza finale su una causa di morte dubbia si fa dopo aver studiato gli atti. Il giudice Amerio ha condannato un uomo senza avere la certezza che fosse stato commesso un omicidio e niente di ciò che è emerso dalle indagini sorregge questa condanna.

La perizia sulle celle telefoniche invece cosa prova?
Prova l’esatto contrario di ciò che ha sostenuto la procura, prova che alle ore 9.00 Michele si trovava a casa e lo prova anche la testimonianza di Marilena Ceste, che è stata però completamente ignorata, la donna ha detto di aver visto Michele dalla finestra 5 minuti dopo le 8.55, quindi alle ore 9.00 proprio quando la procura sostiene che fosse ad occultare il corpo di Elena. L’interpretazione errata dei dati chiari delle due perizie telefoniche dell’accusa ha annullato il senso delle stesse. Se le celle hanno localizzato Michele al Rio Mersa solo alle 9.02.50 non vi è motivo di collocarlo lì prima, avendo invece a suo favore la testimonianza della vicina che lo vide dalla finestra proprio a quell’ora e tre telefonate tra le 8.55.4 e le 9.01.48 che agganciano la cella di casa sua.

Che cosa manca all’accusa secondo lei?
Manca la prova dell’omicidio, manca la prova del trasporto del cadavere in auto, manca la prova dell’avvenuto occultamento, mancano il movente ed eventuali intercettazioni probatorie, le intercettazioni presentate come tali sono paradossalmente un autogol per la procura, ma bisogna essere liberi da pregiudizi ed abili nell’analisi del linguaggio per leggerle nel modo giusto.

Da quanti mesi lotta per dimostrare la sua tesi innocentista su Buoninconti?
È dal 31 ottobre 2014 che ho risolto questo caso e per fortuna non sono complice dello strazio che ha condotto alla condanna di un innocente a 30 anni, da questo punto di vista sono serena ma umanamente ciò che è stato fatto a Buonincont ed a i suoi figli non riesco ad accettarlo.

Se potesse parlare agli italiani colpevolisti che gli direbbe?

Mi piacerebbe dire agli italiani di non farsi manipolare, di ribellarsi a questo stato di cose, al modo di lavorare degli inquirenti, alle violenze che i media riservano alle famiglie colpite da disgrazie come quella di Buoninconti, violenze di cui sono responsabili in primis le procure che fanno filtrare gli atti solo perché gli fa comodo, i contenuti degli interrogatori delle persone informate sui fatti spesso sono noti prima alla stampa che agli avvocati degli indagati. Non mi sembra che sussistano più i presupposti per chiamare questo paese una democrazia. Aprano gli occhi coloro che urlano all’assassino senza le competenze per giudicare ed in specie quando non vi è prova, alcuna, potrebbero essere loro stessi a breve le vittime di un nuovo errore giudiziario.

Qual è la sua soluzione?
Forse è una guerra persa, ma credo che ci sia bisogno di un garante che tuteli gli indagati, che impedisca alle procure di divulgare gli atti giudiziari e che vieti lo strazio degli impuniti talk show televisivi dove si passa il tempo a manipolare informazioni sui vari casi ed ad infangare gli eventuali sospettati solo per soddisfare l’odio morboso dei telespettatori ed infine c’è bisogno di lavorare per migliorare le competenze di chi indaga perché è proprio da lì che comincia l’errore e poi si propaga.