UMBERTO BOSSI: CONDANNATO PER VILIPENDIO

di Angelo Barraco
 
Bergamo – Umberto Bossi, presidente della Lega Nord, è stato condannato ad un anno e 6 mesi di reclusione con l’accusa di Vilipendio del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio dei Ministri. La condanna è sopraggiunta dal Tribunale di Bergamo e i fatti contestati risalgono al 29 dicembre del 2011, giorno in cui il presidente della Lega si trovava ad Albino, alla festa “Bèrghem Frecc” e dal palco aveva usato espresso le sue opinioni in merito all’allora Presidente della Repubblica Napolitano e Mario Monti. Inoltre, rivolgendosi al pubblico, disse: “Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica” e aggiunse “Napolitano, Napolitano, nomen omen, terun”, verso Mario Monti si era spinto anche oltre, in seguito a degli insulti molto coloriti che il pubblico aveva rivolto, Bossi aveva riferito “Magari gli piace anche”. Il video ha scatenato un putiferio e la condanna per vilipendio, ma cos’è il vilipendio? 
Art.290 Codice Penale: Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo, o la Corte costituzionale, o l’ordine giudiziario  è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato  o quelle della liberazione ovvero significa manifestare disprezzo o dileggio. Si tratta di un concetto di per sè indeterminato e questo ha attirato forti critiche da parte della dottrina, che ha qui ravvisato un conflitto con il principio di libera manifestazione del pensiero. La condotta in esame deve poi esplicarsi pubblicamente e tale pubblicità del fatto costituisce per alcuni autori una condizione obiettiva di punibilità. 
 
L’articolo 291 invece riguarda il Vilipendio alla nazione italiana: Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la reclusione da uno a tre anni. 
 
Ma con la condanna di Bossi si è scatenato anche il putiferio in merito alla libertà di espressione in una Repubblica democratica. Quanto vige la libertà d’espressione nel nostro paese? Il primo comma dell’articolo 21 della Costituzione Italiana dice chiaramente “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ciò va in contrasto con quanto accaduto a Bossi. C’è però una sentenza della Cassazione n.5864/1978 relativa all’articolo 290 del codice penale dove si dice chiaramente che: “Il diritto di critica e di libera manifestazione del pensiero supera il suo limite giuridico costituito dal rispetto del prestigio delle istituzioni repubblicane e decanta, quindi, nell'abuso del diritto e cioè nel fatto-reato costituente il delitto di vilipendio, allorché la critica trascenda nel gratuito oltraggio, fine a sé stesso. L'elemento soggettivo del reato di vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate, consiste nella coscienza e volontà di esprimere offensivi ed aggressivi giudizi nei confronti delle istituzioni tutelate con l'intenzione di produrre l'evento costituito dalla pubblica manifestazione di disprezzo delle stesse. (Fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto che l'agente non poteva non rendersi conto del carattere grossolano dell'offesa — pronunciata senza alcuna necessità e senza alcuna relazione con una obiettiva critica — e del significato vilipendioso della stessa). Integra l'elemento materiale del reato di vilipendio ogni espressione dal significato offensivo univoco esprimente disprezzo verso l'istituzione tutelata. Il corpo delle guardie di pubblica sicurezza fa parte delle Forze armate dello Stato e rientra, quindi, nel novero delle istituzioni il cui prestigio è tutelato dall'art. 290 del c.p.”