Precari storici conservatori italiani: torna la protesta per una situazione che si trascina da 20 anni

Si è svolta mercoledì, 6 dicembre, la manifestazione dei precari AFAM dei Conservatori italiani, davanti alla sede del MIUR, in viale Trastevere. Alle 14,00 buone parte degli 800 precari storici, che vanamente avevano finora protestato con ogni mezzo per smuovere una situazione che si trascinava da circa vent’anni, si sono ritrovati sotto l’edificio di viale Trastevere che ospita gli uffici del MIUR, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per rendere tangibile – e udibile – l’espressione del loro disagio.

 

Roberto Ragone

#gallery-1 { margin: auto; } #gallery-1 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 20%; } #gallery-1 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-1 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */




Conservatori e precariato Afam: quando la scure europea pende sulle “dimenticanze di governo”

Sulla questione del precariato AFAM, di cui ci siamo occupati nei giorni scorsi, abbiamo voluto sentire anche il parere dell’avvocato Vincenzo De Michele, illustre giuslavorista, specializzato nella difesa degli interessi dei precari del pubblico impiego, difensore tra l’altro anche dei precari AFAM. Diversamente da come si era ipotizzato precedentemente, la mancata approvazione dell’emendamento del senatore Amidei non avrebbe coperto interessi privatistici, ma pare sia stata originata proprio da una forza di governo facente capo al partito di maggioranza relativa, il PD, secondo quanto ci ha descritto l’avvocato De Michele. Facendo ammenda di fronte a quanti sono stati colpiti ingiustamente da quanto riportato attraverso alcuni nostri articoli/denuncia, o colpiti si sono sentiti, e ai quali offriamo fin d’ora la più ampia possibilità di replica, com’è doveroso, a margine di questa faccenda che si trascina ormai da quasi vent’anni, con grave disagio di chi presta la sua opera nel settore pubblico, – e non parliamo soltanto dei precari storici di Conservatorio, comparto AFAM, ma di quanti aspettano, come loro, di poter lavorare con serenità e certezza nell’avvenire, mentre assistono con rammarico al pensionamento di loro colleghi, ormai anziani, che una vita da precario l’hanno vissuta interamente, e che riceveranno una pensione da precario – pensiamo, dalle parole dell’avvocato De Michele, di avere individuato il vero guasto che ha portato a questa situazione.

Ma a questo punto lasciamo che i veri responsabili della mancata immissione a ruolo dei precari AFAM – perché di quelli ci interessa di occuparci, – siano denunciati dalle parole dell’avvocato De Michele. Possiamo solo, facendo una piccolissima riflessione, dire che l’approvazione dell’emendamento del senatore Amidei avrebbe rappresentato, per questo governo e per la pubblica amministrazione, una via d’uscita da imboccare di corsa, per sottrarsi, a quanto afferma De Michele, a ben più pesanti sanzioni. Tenendo presente che l’operazione di deprecarizzazione AFAM sarebbe costata soltanto, in due anni, quattro milioni di euro, una cifra davvero irrisoria in una legge di bilancio. Cioè qualcosa che si potrebbe attribuire ad una città, o al suo sindaco, per una manifestazione folcloristica annuale.

 

Avvocato De Michele, chi è che può avere interesse a non far votare l’emendamento 56.13 del senatore Amidei, che permetterebbe la regolarizzazione dei precari storici dell’AFAM? In definitiva, chi può trarre vantaggio da una tale situazione?
Guardi, io sono stato a Bruxelles, al Parlamento Europeo, in commissione delle petizioni, come esperto della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo per quanto riguarda il problema del precariato, e ho stigmatizzato in maniera molto pesante il comportamento non solo dello Stato italiano, ma anche della Commissione europea, che non ha controllato la corretta applicazione della direttiva comunitaria da parte degli Stati membri, e in particolare da parte dell’Italia, e non ha proceduto a presentare ricorso per inadempimento, nei confronti dell’Italia. Dopo la mia relazione in Commissione Petizioni al Parlamento europeo, esattamente il giorno dopo, è uscita la circolare Madia, quella che da’ attuazione al D.L. 75 del 2017, che era stato peraltro richiamato dalla Commissione europea come documento d’interesse, ai fini di verificare se, e in che misura lo Stato italiano volesse risolvere una volta per tutte il problema del precariato pubblico. Come ben sapete, però, dal D.L. 75 del 2017, e quindi dalla circolare Madia, sono esclusi i docenti di Conservatorio AFAM, per i quali doveva essere previsto un percorso autonomo. Qual è il problema di fondo in questa strana vicenda? Io non credo neanche che ci sia l’interesse di un privato: io credo che questa sia stata una reazione, da parte soprattutto del Partito Democratico, come componente principale del governo nazionale, una reazione a quello che è successo in Parlamento europeo, dove tutti gli Italiani in Commissione Petizioni, in particolare la Sinistra, il M5S, e addirittura i Socialisti, con il francese Martin, hanno capeggiato l’intervento a favore dei precari pubblici italiani, e dei precari in generale dell’Unione Europea, e quindi l’intervento della Commissione contro l’Italia. Mentre il rappresentante del PD nella Commissione Petizioni Cozzolino, come era già successo per la verità il 28 febbraio del 2017 per la questione della stabilizzazione del rapporto di lavoro dei giudici onorari, i giudici di pace in particolare, il PD su questa condizione è stato fermo. Quindi, ha sostanzialmente assunto un atteggiamento negativo in effetti alla stabilizzazione del precariato storico. Quale può essere la motivazione politica, rispetto a tutto questo? La motivazione politica è legata ad un procedimento che è in corso in Corte di Giustizia, sollevato dalla Corte d’Appello di Trento, che, contestando la posizione assunta dalla Cassazione sul precariato scolastico, – quindi non parliamo del precariato AFAM, parliamo del precariato scuola – la Cassazione è intervenuta sul precariato scolastico, per difendere essenzialmente le scelte del PD con la Buona Scuola,- cioè la Legge 107 del 2015, con la stabilizzazione del precariato scolastico – in quell’occasione la Cassazione ha detto sostanzialmente che non si applicava ai precari della scuola il D.L. 368 del 2001, per cui dopo 36 mesi di servizio, anche non continuativo, il rapporto non si trasformava a tempo indeterminato, come invece la Corte di Giustizia aveva imposto con la sentenza Mascolo, e che la stabilizzazione dei precari della scuola era condizione sufficiente per rimuovere le competenze dell’abusivo ricorso ai comparti del risarcimento del danno. Quindi, io faccio la causa, sono precario da dodici, tredici, quattordici anni, comunque più di tre anni, se, data la 107 del 2015, o in base a qualsiasi altro evento, vengo immesso in ruolo, nel corso del giudizio, la Cassazione sulla scuola ha detto che ai docenti non spetta il risarcimento del danno, e anzi, rigetta la domanda. Accontentatevi. Chi non è stato stabilizzato non può avere neanche il risarcimento del danno, mentre un’altra invenzione della Cassazione, invenzione, diciamo, ‘renziana’, per cui, anche se hai raggiunto le tre supplenze, non hai diritto a nulla, né al risarcimento del danno, puoi essere stato stabilizzato, soltanto se hai fatto quattro supplenze all’anno. Ora queste sentenze non piacciono all’AFAM. Tuttavia, i giudici nazionali di merito hanno stabilito che il 368 del 2001 non si applica al precariato AFAM. Puoi fare quanti anni di servizio vuoi, ha diritto al risarcimento del danno soltanto se hai fatto quattro supplenze annuali. Perchè hanno assimilato erroneamente la disciplina del reclutamento del personale della scuola alla disciplina di reclutamento AFAM. Sulla base di questo errore, la corte d’appello di Trento – un errore però che dipende dalla Cassazione e dalle indicazioni che ha dato la Cassazione – perchè sia per il personale della scuola che per il personale AFAM, le supplenze annuali vengono stipulate ai sensi dell’art. 4, comma 1 della legge 124 del 49, sono le famose supplenze annuali. Mentre nel comparto AFAM ci sono solo supplenze annuali, e non ci sono anche le supplenze, diciamo, sull’organico di fatto, le supplenze fino al 30 giugno. Quindi per il comparto AFAM il problema delle supplenze di fatto non si pone, nell’anno accademico dal primo novembre fino al 31 ottobre dell’anno successivo. Questo è, però sempre ai sensi dell’art. 4. Applicandosi la stessa norma che ritroviamo nella disciplina della scuola, la Cassazione ha indotto a condizione la giurisprudenza di merito e la gente ha detto che anche per il comparto AFAM non c’è alcun tipo di tutela nel senso della stabilizzazione. Quindi ci si aspettava che, come è stato fatto per il precariato pubblico con la circolare Madia, passasse questo benedetto emendamento, per trasformare la graduatoria della 128 in graduatoria ad esaurimento per l’immissione in ruolo. La cosa paradossale è che la Corte d’Appello di Trento ha contestato giustamente le sentenze della Cassazione, sostenendo che un docente AFAM, il professor Rossato, assunto e messo in ruolo nel 2016, con decorrenza dal primo gennaio 2014, – l’immissione in ruolo, ai sensi dell’art. 19 comma 1 del D.L. 104 del 2013, Decreto Legge Letta sul precariato scolastico e sul precariato AFAM,- ebbene, questo lavoratore, che aveva fatto la causa davanti al Tribunale di Trento, e gli era stata negato il diritto al risarcimento del danno e la stabilizzazione, era andato in appello e aveva continuato ad insistere sulla stabilizzazione e sul risarcimento del danno, a questo professor Rossato capita in appello l’immissione a ruolo. E la Corte d’appello dice, vabbè, è stato immesso a ruolo, ma perchè non deve avere anche il risarcimento del danno per dodici anni di precariato, perchè il professor Rossato è stato precario con supplenze annuali dal 2003 fino all’immissione in ruolo, nel 2015. In questa causa ci siamo costituiti con il professor Rossato, insieme ad importanti colleghi e sigle sindacali, per cui la Corte d’Appello ha riconosciuto non solo il risarcimento del danno, ma si applica anche al personale AFAM il D.L. 368 del 2001. Temo che questa ritorsione abbia indispettito il Partito Democratico e abbia bloccato l’iter delle immissioni in ruolo. Una vendetta rispetto al fatto che un docente AFAM che era stato immesso in ruolo con la 143, adesso si trova a contestare tutto il pasticcio fatto dalla Cassazione sul precariato scolastico per difendere l’immondizia della legge sulla Buona Scuola, la 116 del 2015. C’è di fondo una situazione di profondo disagio dell’attuale partito di maggioranza di governo, il Partito Democratico, che invece di tutelare gli interessi dei lavoratori, e insistere sulla stabilizzazione di tutti, compresi i precari del comparto AFAM, come aveva tentato di fare il governo Letta, con due Decreti Legge, 101 e 104 del 2003, non solo se ne strafrega dei precari pubblici, non solo fa il Jobs Act, ma addirittura si dimentica di delineare un percorso di stabilizzazione per i precari per eccellenza, che sono quelli del comparto AFAM. In Corte di Giustizia abbiamo rappresentato anche questa situazione assurda, cioè che chi, come i docenti della 143, non ha fatto un concorso, perchè concorsi da venticinque anni non se ne fanno, nel comparto AFAM, ma è stato immesso in ruolo semplicemente per il tramite di quella graduatoria, quando quella graduatoria permanente è stata trasformata in graduatoria a esaurimento, e per accedere a quella graduatoria ha avuto bisogno soltanto di 360 giorni di servizio, quindi senza alcun titolo di accesso di tipo concorsuale, perchè concorsi non se ne facevano, e quindi non aveva bisogno di accedere a quella graduatoria tramite concorso. Quindi chi, inserito nella graduatoria tramite la 128, che ha dovuto maturare tre anni accademici di servizio, l’idoneità, l’abilitazione all’insegnamento accademico, e ha dovuto superare una procedura concorsuale, questi stanno fuori. Quelli della 143 invece sono a ruolo. Questa situazione l’abbiamo rappresentata perfettamente alla Corte di Giustizia. Quello che vedo, poi, che siamo al di là del giochetto di non far passare l’emendamento, che costa soltanto pochissimo per l’immissione in ruolo stabile del personale, il riflesso della mancata approvazione di questo emendamento sarà pagato in termini molto cari, e questa volta la Corte di Giustizia interverrà proprio sulla questione che riguarda il processo del comparto AFAM.

Mi dica avvocato, ma il governo italiano non rischia una sanzione per non aver ottemperato alle prescrizioni dell’Unione Europea?
Assolutamente sì. Io ho insistito davanti al Parlamento Europeo affinchè la Commissione europea facesse partire le richieste per inadempimento e procedura d’infrazione. La procedura d’infrazione e il ricorso per inadempimento. Questo comporta gravi conseguenze, perchè un inadempimento da parte di uno dei principali stati membri dell’UE, come l’Italia, all’applicazione della più importante delle direttive sociali, come la direttiva del contratto a tempo determinato, che non riguarda soltanto, beninteso, i Conservatori, riguarda tutti i precari. Che poi stabilizzano quelli che vogliono, stabilizzano i raccomandati delle autorità indipendenti, e lo fanno addirittura con legge dello Stato, e quelli che sono stati inseriti presso l’Autorità garante della concorrenza sul mercato, e altre tipologie di dipendenti, sono stati inseriti perché raccomandati. Perché amico di chi, amante di chi, compagno di chi, figlio di chi, allora si trova un percorso finanziario per la stabilizzazione. E non hanno neanche fatto il concorso, e non so se alla fine hanno l’attitudine a svolgere l’attività impiegatizia di concetto che svolgono, con una retribuzione più elevata, rispetto a quella percepita nella stessa tipologia di mansioni in altri settori del pubblico impiego. I Conservatori, per i quali non ci sono concorsi, la procedura concorsuale non è prevista, si continua a precarizzare i rapporti. Tenga presenta che al Parlamento europeo sono pendenti ancora molte petizioni che sono state presentate da docenti di Conservatori AFAM. Tutte le petizioni del precariato pubblico, compreso quello dei docenti AFAM della 128, sono all’attenzione della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo. E con ogni probabilità, a gennaio, la Commissione per le petizioni proverà a mandare in adunanza plenaria l’intero Parlamento sul problema del precariato pubblico in Italia, che è il problema più grave. Quindi ne vedremo delle belle, anche perché sulla questione della stabilizzazione del precario che supera i 36 mesi vengono eccezioni alla Corte di Giustizia, e non solo nella causa dello Stato e del docente AFAM, ma anche per ciò che riguarda il precariato pubblico siciliano, la causa Santero, fra poco uscirà la sentenza della Corte di Giustizia e ci dirà qual è la sanzione più adeguata, per questo tipo di abuso continuato e reiterato. In questo senso riguarderà tutti, non soltanto i precari pubblici. Quindi praticamente noi, del PD, del Parlamento italiano, che ormai va a morire, del fatto che non abbiano voluto approvare un emendamento, diciamo, obbligato, un atto dovuto, per l’intero ruolo di personale qualificatissimo, che non venga approvato l’emendamento, a me dispiace, perché si poteva risolvere subito la questione, però sappiamo a chi attribuire la responsabilità.

Roberto Ragone




Misteri d’Italia, distruzione dei Conservatori di musica: ecco di chi è la “gelida manina”

Sulla questione AFAM – precari dei Conservatori di Musica – e dell’emendamento fantasma proposto dal Senatore Bartolomeo Amidei, che appare e scompare poi in commissione, prima della sua approvazione, oltre che all’argomento della stabilizzazione di precari di Conservatorio, che si trascina vergognosamente da quasi vent’anni, nella più totale indifferenza di un governo che bada soltanto a raccattare voti, senza sanare la situazione di precariato storico degli appartenenti ad una delle eccellenze della nostra nazione, appunto l’AFAM, Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, e in più appoggia chi vorrebbe colpire al cuore i Conservatori Musicali, abbiamo registrato il parere autorevole del professor David Macculi, docente di composizione, direttore d’orchestra e compositore, membro dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei, attualmente docente al Conservatorio di Adria, in provincia di Rovigo.

 

Professor Macculi, a proposito della annosa questione dei precari a vita, di cui i Conservatori di Musica si sono serviti, e si servono ancora oggi, per il loro malpagato funzionamento, e per l’inserimento finalmente in ruolo dei quali sarebbe di giovamento approvare l’emendamento presentato dal senatore Amidei, emendamento che sparisce ogniqualvolta ci si avvicina ad una approvazione, nell’assenza di una qualsivoglia certezza, lei non può riferire l’autore/autrice di questa sparizione. Tuttavia, ragionando in ipotesi, per ovvie ragioni, lei me ne potrebbe fare qualcuna?

Bè, le ipotesi sono un po’ a tirare a indovinare. Tuttavia, l’insistenza con la quale il governo fa fallire qualsiasi tentativo di sistemare questi precari, fa pensare che ci sia dietro qualcos’altro, perché altrimenti non si spiega tutto questo impegno, qui non stiamo parlando di servizi segreti, o di armi segrete, o di appalti miliardari. Stiamo parlando di ottocento precari, non sono ottantamila, sono ottocento. Sono precari già in carico dello Stato, che quindi, dal punto di vista della finanziaria non costano quasi niente, o niente; cioè c’è solo l’adeguamento dello stipendio, ma stiamo parlando di poche briciole. E tra l’altro costa di più tenerli precari che tenerli a ruolo. Di fronte a questo, si può pensare che ci potrebbe essere, o ci potrebbe essere stato, dato che la cosa io l’ho già denunciata nell’incontro pubblico che c’è stato l’anno scorso a Rovigo, nel settembre del 2016. Se si va nell’ipotesi di smantellare, o comunque chiudere i Conservatori, o defunzionalizzarli o ridurli, o quello che sia, è ovvio che questi precari danno fastidio. Metterli in ruolo è un problema in più, per cui fa comodo sfruttarli finchè servono, e poi… tanti saluti. L’anno scorso c’era anche in piedi – ma comunque adesso è difficile trovare una documentazione scritta che lo possa dimostrare – ma c’era anche l’ipotesi che il DPR sul reclutamento, quello che dovrebbe uscire adesso, finalmente – ma l’anno scorso aveva tutt’altro tipo di impostazione – e cioè, secondo il DPR come era l’anno scorso che doveva essere presentato il 26 settembre del 2016, – una settimana dopo, nel 2016 ci fu l’incontro di Rovigo – ecco, questo DPR prevedeva che i precari della 128 avrebbero dovuto fare concorsi prima nazionali, poi, dopo averli superati, anche concorsi di sede. Mentre nel frattempo si sarebbe proceduto alla statizzazione dei pareggiati non si sa in che termini, ma a condizione che, secondo il MEF, una volta statizzati, non aumenti il tetto di spesa complessiva. Per non aumentarlo, bisogna che si faccia una riforma che porti alla chiusura di alcuni Conservatori. Così l’organico complessivo in Italia rimarrebbe invariato. Ecco questo è più o meno lo scambio che si era pensato di fare l’anno scorso. Io questa situazione l’ho denunciata pubblicamente in un incontro a cui erano stati invitati sette parlamentari, e uno dei promotori fu proprio il senatore Amidei, e lui in quell’occasione fece un intervento molto energico e molto incisivo sulla legge 128 e su questa situazione. Poi, il 19 settembre era stato già preceduto da un’interrogazione parlamentare del marzo del 2016, il cui testo fra l’altro lo scrissi io, in cui già adombravo questa ipotesi, che cioè i precari della 128 fossero merce di scambio. Il risultato di quell’incontro è stato che il DPR che era già pronto, e doveva essere presentato il 26 settembre, non è stato più presentato. Lo stanno presentando adesso, ma in tutt’altra forma. Questo DPR prevedeva non solo il concorso che quindi sarebbe andato avanti per degli anni, ma il concorso su posti che nel frattempo sarebbero stati occupati dai docenti dei pareggiati, i quali sarebbero entrati in ruolo senza concorso e senza niente. Tenendo presente che questi dei pareggiati sono stati assunti con procedure sconosciute, e non si sa neanche se sono musicisti, e i pareggiati tra i docenti precari della 128, di concorsi ne hanno fatti a centinaia, e tutti basati su titoli artistici, e quindi è una doppia presa in giro. Non solo, ma addirittura ci sono diversi colleghi della cosiddetta graduatoria della 128 che furbamente sono andati a insegnare nei pareggiati, proprio paventando questo tipo di situazione. Perché poi ci troviamo in una situazione in cui si va anche contro l’art. 3 della Costituzione, dato che il governo tratta in modo diverso docenti precari della stessa graduatoria, e cioè: se sono stati docenti di Istituti parificati, sono più meritevoli che non quelli che sono stati docenti di Istituti statali. E questo lo dice il governo, non lo dice Macculi. Questo rende l’dea di dove stiamo andando a finire. Quindi questa cosa è stata denunciata pubblicamente, oltre che con interrogazioni parlamentari, per cui hanno dovuto tentare di annacquare in qualche modo, hanno fatto finta l’anno scorso di voler risolvere il problema della 128, in modo da togliere armi all’opposizione, e poi all’ultimo momento l’hanno fatto saltare, quando non c’era più niente da fare. Quest’anno stanno ripetendo lo stesso gioco. La cosa si era risolta con la legge Madia, eravamo arrivati fino al Consiglio dei Ministri, quindi le Commissioni tutte d’accordo, Senato e Camera, e qui c’è stata la manina segreta che ha tolto il comma, dal Consiglio dei Ministri, quando di solito è il Consiglio dei Ministri, quello del 19 maggio, discute semplicemente se approvare o no, non si mettono a vedere i commi, non entrano nel merito. Quindi c’è stata una manina che ha continuato. La stessa cosa è successa adesso al Senato. Per la commissione bilancio era tutto a posto, l’emendamento del senatore Amidei presentato, segnalato con priorità, io ho parlato anche con la Puglisi, la senatrice, la relatrice della settima commissione, tutto a posto, poi all’ultimo momento il testo 1 ce l’aveva, il testo 2 ce l’aveva, nel testo 3 non c’era più.

 

Resta da chiedersi chi sia materialmente che opera queste manovre

Quello è da capire. Infatti il 19 settembre di quest’anno c’è stato un grosso scontro in Senato. Io ho cercato di capire chi e perché, e nella lettera al capo dello Stato l’ho scritto chiaramente, “Signor Presidente della Repubblica, voglio sapere chi e perché ha interesse a mantenere i Conservatori in questa situazione di completo dissesto organizzativo e funzionale, oltre che di disagio anche per la vita personale e professionale di così tanti docenti”. Che ci sia questo interesse è evidente, ed è evidente che si tratta di qualcuno del governo, ed è grave. Io suppongo si tratti di Paolo Troncon. È stato il direttore del Conservatorio di Castelfranco Veneto, dove poi non è stato più rieletto, ed è stato presidente della Conferenza dei direttori fino all’ottobre dell’anno scorso, del 2016. Lui è il mentore segreto – non tanto segreto, lo sappiamo tutti, – sia di Elena Ferrara, senatrice della 7^ Commissione, sia soprattutto di Filippo Crimì, deputato della 7^ e relatore eccetera eccetera. Non il Crimi, senatore dei M5S. Questo è il Filippo Crimì, deputato del PD di Modena. Questo Crimì ha studiato anche musica ed è stato anche allievo di Troncon. E Troncon ha l’ambizione di fare il supermanager dei futuri Politecnici musicali. Io poi, nella lettera al Capo dello Stato, lì ho anche scritto cosa significa cambiare denominazione e struttura al Conservatorio. Io ne ho scritto anche la storia, ho scritto, ve lo ricordate, il Conservatorio esiste come denominazione e come struttura da cinquecento anni. Quasi come l’Università che esiste da ottocento in tutto il mondo, che ha copiato non solo la struttura, ma anche il nome. Nel 1795 a Parigi è stato aperto il Conservatoire de Paris, stiamo parlando della Rivoluzione Francese. E poi è stato aperto il Konservatorium, scritto con la kappa, a Lipsia, a Praga, a Berlino, insomma, in tutti i paesi centroeuropei, nella prima metà dell’Ottocento, Budapest, e finanche in Sudamerica e in Nordamerica, in Inghilterra, dove assunse il nome di Conservatory, sempre derivato dall’italiano. Per arrivare a Pechino, ma non Pechino adesso, che c’è di tutto, io sto parlando di Pechino anni ’40, cioè ai tempi della Lunga Marcia, della guerra civile. Fra le tante cose Mao Tse Tung si è preoccupato di aprire un Conservatorio con la struttura e la denominazione italiana, derivata dall’italiano, a Pechino. E non è stato chiuso neanche con la Rivoluzione Culturale. Adesso la Elena Ferrara, Crimì e Troncon sono andati oltre la rivoluzione culturale, perché in Italia, se lei legge la legge 508 del ’99, dove c’è il cambio di denominazione, e si chiameranno Istituti Superiori di Studi Musicali, ecco l’Italia sarà il primo e unico paese del mondo a non avere più il Conservatorio. Si sta andando verso i poli musicali o politecnici, in modo che i Conservatori diventino più o meno licei musicali, e come tali non abbiano più la capacità di avere rapporti e relazioni nazionali e internazionali come adesso, cioè, se in un Conservatorio piccolo come Adria, dove insegno, ci vengono allievi dalla Cina, dal Giappone, dal Brasile, capisce bene che qui stiamo parlando di un’indotto, che qui non si tratta di migranti extracomunitari disperati, con tutto il rispetto, naturalmente, ma stiamo parlando di un’indotto di fascia altissima, cioè di gente che ti porta soldi, che non te ne chiede, ma sono loro che li stanno dando a te. E a loro volta fanno pubblicità nel loro paese, sull’Italia, abbiamo una pubblicità che non è quella dei profughi, è una pubblicità di cui abbiamo bisogno.

 

Ma com’è possibile che due o tre persone possano condizionare tanto la politica italiana?

Non lo so, sono poche persone. Tutti lo sanno, ma non riusciamo a fermarle.
Tutti lo sanno, ma nessuno fa niente.
Esatto, Amidei queste cose le sa benissimo adesso. E poi lui è molto attivo perché sa benissimo che se chiude il Conservatorio di Adria, dalla cui circoscrizione viene lui, non ci fa una bella figura, e non fa un bel servizio. Cioè, ad Adria, se lei chiude il Conservatorio, non ci rimane nient’altro. anche Campobasso, lei chiuda il Conservatorio a Campobasso, e che ci rimane? Se chiude il Conservatorio di Foggia, che ci rimane?

 

Quindi il bersaglio è l’AFAM, in definitiva?
Sì, esatto, non so se le ho dato in’idea di quello che ci si prospetta. Io questo l’ho denunciato nella mia lettera al capo dello Stato. Le posso dire già da adesso, che mi ero dimenticato di dirle prima, che già il 12 settembre del 2016, cioè con un DPR, decreto presidenziale, firmato dal Presidente della Repubblica, fatto di notte, col quale i docenti dell’Istituto pareggiato di Ancona, che nel frattempo era fallito, sono stati immessi nei ruoli dei Conservatori di Stato, senza nessun concorso, senza nessuna verifica. Dopodichè Troncon fa polemica anche sui giornali, soprattutto sui giornali, contro i docenti della 128 che vogliono entrare in ruolo senza concorso e senza titoli artistici. Proprio lui. E poi è strano che proprio lui che è veneto che porta avanti un discorso che porta alla rovina soprattutto del Veneto, la regione che ci rimette più di tutti è il Veneto, che ha sette Conservatori.

 

Mi sbaglio, o chi ci guadagna di più sarebbe la Toscana?

Ne ha solo uno, ma con la statizzazione diventano quattro. Anche l’Emilia Romagna, che, essendo di sinistra, da cinque Conservatori se ne ritrova dieci. I pareggiati lì sono Ravenna, Rimini, Modena, Reggio Emilia e Carpi. Poi a Reggio Emilia non vorrebbero essere statizzati, perché stanno bene così. Questa cosa di Ancona, che io ho messo nella lettera al capo dello Stato, la tenga presente, perché è una cosa grave. Ed è contro la Costituzione. E questo quando eravamo sotto referendum per la riforma costituzionale, ecco, un governo che ci ha fatto fare un referendum per la riforma della Costituzione, e poi ci propone delle situazioni così incostituzionali.

 

Ringraziamo il professor Macculi per la sua disponibilità, soprattutto nel dire chiaramente le cose come stanno, secondo lui. Per ciò che riguarda il prof. Paolo Troncon, gia ad aprile del 2016 definiva i Conservatori come “Un’auto di marca che non fa tagliandi da anni, con problemi meccanici e di carrozzeria di varia natura, che non sono stati risolti e che si sono stratificati l’uno sull’altro.” In definitiva, riconoscendo l’incapacità, l’incompetenza e il menefreghismo del governo dell’epoca – ministro dell’istruzione Stefania Giannini – nel voler finalmente risolvere l’annosa questione di ingiustizia sociale. Ma da questo, su cui possiamo anche essere d’accordo, specialmente quando si attribuisce al governo la colpa di ciò che non è stato fatto, a voler demolire l’auto di marca per sostituirla con una flotta di più svelte ed economiche utilitarie, che di marca non sono, e che non garantiscono le stesse prestazioni e la stessa qualità, ce ne corre. Senza contare, come descritto dal professor Macculi, di voler essere colui che questa operazione di rinnovamento vuole ascrivere a suo merito, ma a modo suo.

L’ingiustizia, e non solo la presunta incostituzionalità dell’operazione, andrebbe a colpire chi ha fatto della musica il proprio scopo di vita, scartando altre soluzioni magari più redditizie e meno scomode, accontentandosi di uno stipendio certamente inadeguato alle proprie competenze e ai propri titoli faticosamente conquistati alla tastiera di un pianoforte o sulle corde di un violino, solo per amore di ciò che si fa. Sperando che un giorno qualcuno avrebbe riconosciuto il loro valore e li avrebbe comparati ad impiegati di concetto, magari meno preziosi, ma certamente meno silenziosi e più ammanigliati. Pare poi che la senatrice Ferrara abbia riconosciuto la paternità della manina galeotta, cioè abbia ratificato quello che si è dimostrato essere un segreto di Pulcinella, dato che più o meno tutti ne erano al corrente – il che porterebbe in causa anche l’on. Crimì – difendendosi col dire che lei è d’accordo con l’operazione Troncon: e questo sarebbe anche legittimo. Lo diventa meno, quando si va a vedere che la senatrice Ferrara, durante l’intervento del senatore Amidei alla sala Koch, aveva dichiarato la sua approvazione dell’emendamento 56.13. Il metodo adottato per evitare l’approvazione dell’emendamento Amidei, poi, lascia riflettere molto. Il fatto che sia sparita parte di ciò che è all’approvazione del Senato, senza invece manifestare il proprio dissenso e chiedere un dibattito nel merito, o dissociarsi ufficialmente dall’approvazione, non è degno di una persona che voglia essere nella pubblica amministrazione alla guida di un paese. Naturalmente se ciò che è ipotizzato risultasse vero, ma le stesse reazioni della senatrice Ferrara sui social, verso chi l’accusa, lasciano riflettere su chi esprime certe tesi.

Non ci rimane che esprimere fortissimi dubbi riguardo specifiche competenze nel campo specifico della musica della senatrice Elena Ferrara.

 

Curiosità, diciamo così, desta anche la risposta alla lettera inviata dal prof. Macculi al Presidente della Repubblica [LETTERA AL PRESIDENTE MATTARELLA] nel merito di questa questione e che il presidente Mattarella ha fatto redigere ed inviare al professor Macculi da un suo collaboratore, [RISPOSTA DEL PRESIDENTE MATTARELLA] e nella quale dichiara che il presidente “Non può adottare misure nel senso da Lei richiesto. Egli, infatti, non dispone di alcuno strumento diretto di intervento su altri Organi dello Stato nell’esercizio di competenze ad essi assegnate dall’ordinamento.” Tutto ciò, dopo aver ‘salvato’ l’Istituto pareggiato di Ancona, già fallito, con un DPR redatto di notte, e che il 12 settembre del 2016 ha trasformato in docenti di ruolo, a tutti gli effetti, gli insegnanti di detto Istituto pareggiato, senza alcun concorso, nè verifica.

 

Roberto Ragone




Misteri d’Italia, il caso AFAM: chi c’e’ dietro al tentativo di distruggere i Conservatori di musica?

AFAM non è l’acronimo di una agenzia governativa di servizi segreti, ma significa Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, in pratica l’essenza, il nocciolo duro dell’insegnamento musicale nei nostri Conservatori di musica: una eccellenza, filtrata atrtraverso il tempo, di tutti i docenti che insegnano nei nostri Conservatori di musica, e la cui preparazione e dottrina trasmettono agli allievi. Si tratta di una ‘nicchia’ culturale, ma molto importante, uno dei muri maestri della nostra storia e cultura, appunto, quella della musica così definita, ‘colta’, nella quale la nostra nazione ha ampie e preziose tradizioni.

Da qualche tempo, però, qualcuno vuole distruggere questa impalcatura, pur solida, a favore di altre soluzioni più ‘a buon mercato’, colpendo la struttura di Istituzioni Musicali plurisecolari, per sostituirle con altri organismi più ‘facili’, e magari – dice qualcuno – serbatoi elettorali. Per ben due volte, infatti, dalla Legge di Bilancio, di recente discussione, è stato ‘sfilato’ – e l’impersonale è d’obbligo – all’ultimo momento un emendamento del Senatore Bartolomeo Amidei, che avrebbe sanato una situazione incancrenita da decenni, portando al ruolo un migliaio di precari che da sempre conducono in tutto e per tutto i Conservatori, e che avrebbe impegnato una spesa irrisoria, circa tre/quattro milioni di euro – presenti nelle pieghe di bilancio –  da spalmare in due anni.

 

Tutto ciò, a vantaggio di Istituti musicali privati o pareggiati, per statizzare i quali sarebbero a disposizione 50 milioni di euro, quindi, ça va sens dire, una spesa molto più alta.

Il che nella patica causerebbe un afflusso di docenti ‘statizzati’ e immessi al ruolo – quindi a tutti gli effetti dipendenti dello Stato – verso i Conservatori superstiti (molti sarebbero costretti a chiudere), escludendo, per la loro immissione al ruolo, coloro che da tanti anni, e con titoli ed esami, quindi con pieno merito, insegnano da precari a vita nei Conservatori. Titoli ed esami non presenti nei curricula dei neo assunti, in quanto provenienti da Istituti privati o pareggiati, senza un filtro.

 

Puntata di Officina Stampa del 23/02/2017 con ospiti il Maestro Aldo Ragone, docente di Pianoforte Principale al Conservatorio Statale di Musica Lorenzo Perosi di Campobasso e il Maestro Carlo Pari docente di pianoforte principale presso il Conservatorio statale di musica Benedetto Marcello di Venezia e l’Istituto Musicale Corelli di Cesena. A dibattere il tema del precariato nei conservatori anche il Dottor Filippo Sica referente AFAM FLC CGIL per l’Istruzione Musicale in Campania.

 

Di questa questione, il Senatore Amidei ha fatto l’argomento di più di un intervento in Senato, oltre ad aver presentato l’emendamento che ‘qualcuno’ ha inteso, all’ultimo momento, fare sparire dalla Legge di bilancio. Abbiamo raggiunto il Senatore  nella sua sede per avere da lui una descrizione dei fatti in prima persona.

Senatore Amidei, intanto grazie per la sua disponibilità. La questione è complessa, ma semplice nella sua evoluzione. Ci descriva i fatti, visto che lei è la persona più al corrente di tutto.
Partiamo dal DDL Martini, che prevedeva di cambiare nome ai Conservatori, trasformandoli in Politecnici Musicali. Il DDL Martini è poi tramontato. Questo decreto prevedeva di prendere insegnanti da Conservatori, dalle Scuole di Musica, Istituti Musicali pareggiati eccetera, e di statizzarli, cioè renderli a tutti gli effetti docenti statali. Quindi, sostanzialmente, la cosiddetta statizzazione degli istituti Musicali pareggiati. E doveva prevedere l’immissione in ruolo dei precari AFAM, Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, e quindi dare attuazione alla Legge 508 del 1999. Però, praticamente, dopo 18 anni, ancora non è stato fatto nulla. Quindi, si è persa un’altra occasione per dare attuazione a questa legge che vergognosamente viene ignorata da diciotto anni, e nella quale il costo previsto era veramente irrisorio, e nel mio emendamento, il n. 56.13, era previsto di stanziare un mln di euro per il 2018, e 3 mln per il 2019. Il che è sostanzialmente una cifra irrisoria, dato che andavamo a porre fine a quella situazione di insegnanti precari da tantissimi anni, gente che andrà in pensione da precari, con incarichi annuali, perché poi di fatto il costo per lo Stato cambia poco, rispetto ad avere docenti a tempo indeterminato. Questo doveva avvenire tramite una graduatoria nazionale, di quella legge, la 104 del 2013, con le modificazioni della 128, dove si andavano a pescare in queste graduatorie i precari, trasformandole in graduatorie nazionali ad esaurimento, utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento. Questo riguardava coloro che erano a contratto a tempo determinato, trasformandoli in docenti non solo a tempo indeterminato, ma anche determinato, avvantaggiando naturalmente coloro che da più anni si trovavano in questa situazione. Quindi ripartendo dagli anni 2018 e 2019, ci sarebbe stato una sorta di turn over del personale AFAM  e statali, per arrivare alla copertura del 100%, ad esaurimento di queste graduatorie nazionali. Invece, cos’è successo, che hanno preso degli Istituti privati, diciamo parificati e privati, e li hanno statizzati. Tra l’altro, negli Istituti privati l’ammissione degli iscritti non è avvenuta con le regole di chi, pur con incarichi anno per anno, ha insegnato nei Conservatori e negli Istituti Statali, dove titoli ed esami erano condizioni fondamentali per l’ammissione; questi docenti provengono da Istituti privati in cui non c’è un controllo, o magari la stessa rigidità di selezione, e quindi si trovano ad essere a tempo indeterminato a tutti gli effetti, cioè immessi in ruolo.

Pare che questo ‘guasto’ sia stato originato dal partito al governo, per motivi elettorali. Mi sbaglio?
L’ho detto nel mio intervento, (in Senato ndr.) che la colpa di questo governo, è quella di aver voluto trascinare vergognosamente per tanti anni una situazione in cui né il decreto Martini, né lo stesso ministro Morando, non hanno voluto,  – perché è inutile che ci raccontiamo balle, –  non hanno voluto porre fine a questa situazione di precarietà che si trascina ingiustamente da molti anni. Hanno preferito premiare chi proveniva da Istituti privati e non riconoscere una posizione di merito a coloro che provengono dall’AFAM. Per ciò che riguarda il perché e il percome, lo lascio immaginare a ciascuno che voglia fare le proprie considerazioni, ma sta di fatto che questo è un vilipendio perpetrato ai danni di una intera categoria di insegnanti che da tantissimi anni attendono giustizia, e nonostante le varie promesse fatte anche dalla sottosegretaria D’Onghia, che sappiamo essersi appena dimessa, anche la D’Onghia, e nonostante le promesse dello stesso Morando, piuttosto che Martini, ci siamo trovati di fronte ad una presa in giro vergognosa. Io stesso sono stato fautore di un convegno alla sala Koch del Senato, forse neanche sei mesi fa, a cui ha partecipato la D’Onghia, e in cui c’era stato un impegno da parte dei parlamentari del PD intervenuti – e della stessa sottosegretaria D’Onghia – che sembravano tutti convergere in questa decisione, di porre mano alla legge 128 per far diventare a tempo indeterminato tutti gli insegnanti che da tanti anni sono precari, e che andranno a terminare la loro carriera come precari.

 

Quindi questa eccellenza italiana dell’AFAM, perché di tale si tratta, è stata prevaricata a vantaggio di chi proviene da Istituti privati, nei quali, come lei ha ribadito, non c’è un controllo per le ammissioni per titoli ed esami, come invece la legge prevede per gli statali precari di Conservatorio. Cioè, in pratica, statali di nome, statizzati senza controllo di validità didattica.
Esattamente.

Allora coloro che provengono  dall’AFAM, che fine faranno?
Che fine faranno, poveretti? Chi lo sa?

In pratica rimangono disoccupati e basta.
Rimangono, o disoccupati, o continueranno ancora ad essere precari. Anzi nella migliore delle ipotesi, ingiusta, come ho già ribadito, in ingiusta ipotesi che rimanessero precari, è una vergogna, perché si vedono passare davanti persone che probabilmente, uso il dubitativo, hanno meno titoli.

 

Secondo lei chi c’è dietro a questa manovra? Perché certamente, per come è stata orchestrata, qualcuno c’è che muove i fili.
È una bella domanda. Ma purtroppo non posso risponderle, perché non ho certezze. Io do’ la colpa al governo, e lo dico a chiare lettere,  e a voce alta. Ma andare a tirar fuori le ragioni, preferirei che lo dicessero altri. Una cosa è certa, che il governo si è comportato in maniera vergognosa. L’ho detto in aula e lo ribadisco anche sulle pagine del suo giornale.

 

Comunque vadano le cose, senatore, ci sarebbe una soluzione per rimediare alla situazione dell’AFAM?
Sì, la soluzione, per ciò che riguarda l’AFAM, ci sarebbe. Innanzitutto gli emendamenti, andando alla Camera, debbono rimediare a questa cosa, e io mi sto già attivando per proporre a qualche collega deputato che ripresenti il mio emendamento. Bisogna semplicemente recepirlo e votarlo, perchè così ritorna al Senato per il voto definitivo. Un emendamento che per ben due volte è stato scartato dalla legge di Bilancio, lo diciamo per maggiore chiarezza. Per la verità, era tutto accantonato. Poi, hanno deciso dopo, adducendo motivi che a mio parere sono ingiustificati.

 

Quindi c’è una possibilità, una speranza.
Sì, se vogliono, sì. Siamo ancora in tempo.

Fin qui l’intervista con il Senatore Amidei, paladino di una categoria poco nota, in Italia, paese di cantanti rock e di calciatori strapagati. Una categoria, tuttavia, che costituisce una delle tre colonne della nostra cultura, la musica – quella colta – la letteratura – non quella di facile consumo – e la pittura. Siamo ancora in tempo a salvare migliaia di famiglie, considerando l’indotto, che vivono di musica nei Conservatori, o ne fruiscono le immediate pertinenze, dato che molti Conservatori sarebbero costretti a chiudere, a vantaggio dei nuovi Politecnici Musicali.

Colpiti sarebbero famiglie, imprese commerciali e artigiane, fabbriche di strumenti musicali, dipendenti degli Enti musicali e di Conservatorio, teatri, cittadini della parte attiva di questo Paese, il cui destino sarebbe peggiore di quello degli esodati della legge Fornero, da un giorno all’altro, senza possibilità di riciclo; docenti – pochi – che, nella migliore delle ipotesi, andrebbero in pensione da precari, con gli effetti negativi che ben si possono immaginare sull’ammontare dell’assegno mensile.

Dopo aver dedicato una vita intera ad una disciplina che non sarà mai del tutto apprezzata e riconosciuta, dati i tempi e i luoghi – e i governi, aggiungiamo noi. E senza che nei nuovi organismi sia garantita una qualità d’insegnamento come quella che ora è presente nei Conservatori. Avere la certezza dell’eccellenza dell’insegnamento è fondamentale. Ogni anno migliaia di giovani vengono a studiare e a prepararsi con i nostri docenti, da tutto il mondo, e portano all’estero la loro preparazione.

Qualcuno insiste a dire che l’arte non è importante, nella vita corrente, che è solo un optional, che ‘con l’arte non si mangia’. Noi diciamo che non è così, e che l’arte è imprescindibile. Immaginiamo cosa sarebbe l’Italia senza le sue eccellenze, o se la qualità dell’insegnamento musicale dovesse subire un degrado: un paese vuoto, senza un background, senza storia; in definitiva senza alcun interesse da parte del mondo e di chi lo considera come un’eccellenza mondiale nel suo complesso, e lo visita ogni giorno con grandissimo rispetto. Pensiamo a ciò che hanno scritto Goethe, o George Byron. L’arte e la storia di un Paese sono il Paese stesso.

Un Paese senza storia nè arte semplicemente non esiste. Cultura, civiltà, storia, sono le basi per avere un posto nel mondo. Purtroppo, oggi si sacrifica tutto al profitto e alle clientele elettorali,  a cominciare dai piccoli interessi di bottega, per finire alle ingiustificate e ingiustificabili – se non con interessi molto personali – trivellazioni entro le dodici miglia che sconvolgeranno i nostri mari e la vita di interi piccoli paesi di pescatori, rompendo quell’ordito che fa di una nazione un luogo vivo e vivibile. Ma forse di storia, civiltà antica, arte e via discorrendo, ne abbiamo troppo: perciò non valorizziamo nulla, lasciando che prenda piede quella tanto comoda ignoranza delle masse che ci fa sentire bravi e ‘sportivi’, in poltrona davanti al televisore e ad una partita di calcio; quando, e quest’anno non avremo questo privilegio, l’Italia partecipa ai mondiali, ed è un florilegio, dappertutto, di bandiere tricolori, mai apparse in altre occasioni più consone. ‘Panem et circenses’, l’ignoranza fatta politica e stile di vita.

Roberto Ragone

 




Buona scuola, Conservatori di musica: il girone dei condannati al precariato

 

di Roberto Ragone

 

Tutto il mondo invidia la nostra storia, i nostri monumenti, le nostre vestigia gloriose. Ma di questo, noi Italiani, che ci viviamo dentro, non ci rendiamo conto finchè non andiamo all'estero, dove, per esempio, in America, a Washington, una tavolo fiorentino del '500 in noce massello è esposto al Metropolitan Museum: da noi, lo troviamo in vendita presso qualche buon antiquario. Pare che le stime globali calcolino che circa il 60/80 percento delle opere d'arte del mondo sia in Italia. Ormai saturi gli spazi museali, il più di tele, sculture, eccetera, trova posto nei sotterranei, nelle cantine dei nostri musei. Insomma, di cultura e di arte l'italiano medio ne ha fin sopra i capelli, a quanto pare. Analogamente a quanto succede per la buona musica. E fin qui sarebbe nulla. Il guaio è che la politica – per non dire 'i politici' – seguono quest'ultima corrente. Sempre pronti a sponsorizzare personaggi da piazza del Popolo o piazza San Giovanni, come gli ultimi più celebrati rapper, stanno letteralmente distruggendo la struttura della musica classica, chiudendo le orchestre sinfoniche, o provocandone la chiusura con l'interruzione di erogazione di fondi; chiudendo, o trasformandone la vera natura, i conservatori di musica, oggi affidati in toto ad un esercito di insegnanti precari, riconfermati anno per anno, senza prospettiva di una pensione adeguata, senza scatti di anzianità, senza una sicurezza lavorativa, insomma precari a vita, fino all'età della pensione.

Di questa situazione abbiamo già scritto,
con il supporto del maestro Carlo Pari, che, da musicista, s'è dovuto trasformare in consulente legale, politico e sindacalista della categoria, riuscendo a portare in sede politica le varie questioni che concernono lui e i suoi colleghi.
In realtà, la deprecarizzazione sarebbe un diritto già acquisito, se non fosse che nella stanza dei bottoni le istruzioni pare siano diverse, e le cose vengono tirate per le lunghe, invece di trovare una soluzione che doverosamente metta fine a queste situazioni 'all'italiana' decisamente inique, visto che le coperture finanziarie sono già presenti e disponibili.

Un'ultima nota polemica:
è vergognoso che proprio coloro a cui viene demandata la tutela dei nostri patrimoni culturali – e qui ci mettiamo a buon dovere tutta la tradizione musicale italiana – non siano in grado, non solo, di adempiere al loro compito, ma che li disprezzino, nei fatti se non nelle parole.

Un esempio per tutti: oggi un insegnante di Conservatorio, precario, dopo aver conseguito titoli di studio anche di alta specializzazione – al termine dei dieci anni di studio – e dopo essere bene o male entrato in graduatoria, dopo aver conseguito titoli didattici ed artistici (pubblicazioni, concerti e insegnamento), guadagna poco più di un bidello di scuola media. Dopo la caduta di Renzi, un nuovo Presidente del Consiglio, un nuovo Ministro dell’Università e Ricerca e un nulla di fatto per le molte voci e istanze provenienti dal mondo della scuola dell’università e ricerca e AFAM.


A distanza di qualche mese siamo ad intervistare nuovamente il Prof. Carlo Pari che si occupa in prima persona della questione Conservatori per fare il punto, un bilancio, di questo travagliato biennio 2015-2016 per il mondo della conoscenza.

Maestro, un nulla di fatto quindi. Siete stati così tanto vicini ad una risoluzione della vostra condizione lavorativa con la legge di stabilità, poi la crisi del Governo Renzi, un nuovo Ministro, nuovi interlocutori, eccoci punto e a capo insomma. Tanto lavoro per nulla?

Tanto lavoro per nulla proprio non direi. Guardi, non credo ci sia mai stata una tale convergenza politica sulla questione del precariato nell’AFAM – Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica Ndr. – come quella manifestatasi nella fase pre-referendaria e questo è indubbiamente merito di un importante e costante lavoro da parte degli addetti al settore, primi su tutti, i precari. Tutto il mondo politico si è stretto, con ragione aggiungo, attorno alla questione del precariato storico nell’AFAM, con particolare riferimento alle Graduatorie Nazionali ex lege 128 del 2013, con una attenzione e volontà mai manifestata prima. Certo non bisogna mai abbassare la guardia, ma io credo che la strada per le graduatorie nazionali 128 sia oramai segnata. Si tratta ora di tempo e di trovare lo strumento normativo, ma dopo che la netta decisione politica di trasformare ad esaurimento le stesse, in analogia con quanto precedentemente avvenuto per le simmetriche e gemelle Graduatorie Nazionali ex lege 143 si sia già concretizzata in ben due proposte, governative e ministeriali, nonché nei diversi emendamenti alla legge di stabilità, atti che hanno avuto l’ampio sostegno di tutte le forze politiche, vedo ora molto difficile si possa tornare indietro da questa impostazione.

 

Non ha paura quindi che siano state solo tante promesse da parte del Governo per ricucire quel lacerato rapporto con il mondo della scuola all’unico scopo di portare a casa il si al referendum?
Il quadro generale va visto nell’insieme. Il referendum da lei citato, è stato senz’altro un fattore di convergenza influente, ma vi sono altri aspetti non di minore importanza come il possibile impatto economico dovuto ai recenti sviluppi giurisprudenziali sulla annosa questione in materia di contratto a termine per violazione di norme comunitarie.

Ci dica qualcosa in più.
Il discorso è tecnico. La recente sentenza Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 7 novembre del 2016, n. 22552, ha infatti ricostruito in via interpretativa la disciplina applicabile in caso di reiterazione dei contratti a termine a seguito della declaratoria di illegittimità dell’art. 4, commi 1 e 11 della legge 124 del 1999 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale, n. 187 del 2016. In appoggio alla legge della scuola la Suprema corte afferma quindi che, il rinnovo dei contratti a termine, per la copertura di posti vacanti in “organico di diritto”, entro un termine massimo di 36 mesi, va ritenuto giustificato, mentre solo il superamento del suddetto limite costituisce abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato da parte della pubblica amministrazione. “La Buona Scuola” tuttavia, non ha secondo la Suprema Corte eliminato gli illeciti costituiti dalla reiterazione di contratti a termine per il solo fatto di aver previsto procedimenti di stabilizzazione, in quanto, solo la concreta utilizzazione di tali procedimenti da parte del docente è idonea ad evitare l’abuso e a costituire una misura risarcitoria. L’ astratta chance di stabilizzazione infatti, sebbene sia idonea a cancellare l’illecito sul piano comunitario, non costituisce, per il diritto interno, misura idonea a sanzionare l’abuso e a fungere da misura risarcitoria in forma specifica a favore del personale scolastico, in quanto connotata da evidente aleatorietà. In particolare conclude la Corte e qui sta il succo, la misura della stabilizzazione è idonea misura risarcitoria in forma specifica nel seguenti tre casi:
a) Nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo.
b) Nella ipotesi della certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della legge n. 107/15;
c) Nella stabilizzazione assicurata ai docenti attraverso precedenti strumenti concorsuali o selettivi diversi da quelli contenuti nella citata legge 107/2015.
Solo al di fuori di queste ipotesi il docente ha diritto al solo risarcimento del danno, nel rispetto dei criteri di quantificazione affermati dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza, pronunciata dalle Sezioni Unite, 15 marzo 2016, n. 5072, la quale individua, quale parametro normativo, l’art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n. 183.

Quindi lei sta dicendo in sostanza che i precari transitati in ruolo o inclusi nelle GAE non avrebbero diritto a nessun risarcimento del danno per gli anni di precariato subiti?

Esattamente. La Cassazione Lavoro, rispondeva proprio a quei precari che erano già transitati in ruolo con “La Buona Scuola” del governo Renzi e chiedevano ora a fronte dei numerosi anni di precariato il risarcimento dei danni, dicendo loro che non avevano diritto a niente poiché essi erano già stati risarciti con la loro stessa assunzione. Si è in sostanza fatto passare l’assunzione, che era una legittima aspettativa, come sanzione anti-abusiva, annullando così di fatto la sanzione stessa. Però vede, i continui tentativi della magistratura di “arginare i danni” in un momento così delicato di recessione del nostro paese fanno si che “preclusione” diventi paradossalmente “soluzione”. Va da se infatti che ora il Ministero abbia tutto l’interesse ad esaurire le graduatorie nazionali, viso che anche in uno stato di pre-ruolo il personale incluso non ha più diritto al risarcimento dei danni.

Però la Legge della scuola ha previsto dei fondi per risarcire la violazione dei 36 mesi, o sbaglio?
No, non sbaglia, è corretto. Ma se i risarcimenti sono troppi, la situazione può diventare incontenibile. Pensi solo che da uno studio che abbiamo commissionato ad un consulente del lavoro, è emerso che risarcire i 1200 precari inclusi in 128 costerebbe, secondo i parametri stabiliti dalla Cassazione a SSUU, più di dieci milioni di euro, mentre stabilizzarli nulla per il primo anno e dal secondo circa 3 milioni per la ricostruzione di carriera.

Lei ritiene che si debba puntare solo sul fattore economico quindi come fattore deterrente?
No, non solo. Solo sull’art. 19 della legge n. 128 del 2013 sono stati sollevati ben due pregiudizi di legittimità costituzionale in violazione degli artt. 3 e 117 della carta fondamentale. Il primo dei due quesiti, mira proprio a stabilire se l’art. 19 della Legge 128, con cui di fatto si è applicato un diverso trattamento al personale dello stesso settore nella risoluzione asimmetrica delle due graduatorie nazionali 143/128 sia compatibile con all’art. 3 della costituzione. Il secondo quesito invece si interroga sul rapporto dell’art. 19 con il diritto dell’Unione Europea. Vede quando lo Stato emana una legge, tale legge non può sottrarsi ai parametri di diritto comunitario. Posto che l’Italia ha recepito la normativa europea con il numero dei rinnovi possibili (fino a 36 mesi) occorre chiedersi se una legge che prevede che del personale con tre anni accademici di servizio e il superamento di un concorso selettivo venga incluso in apposite graduatorie nazionali utili solo al tempo determinato sia compatibile con il diritto dell’unione e quindi per analogia se compatibile con l’art. 117 della carta fondamentale.  Infatti il personale in oggetto andrebbe assunto, o eventualmente, licenziato e risarcito. Certamente non può essere incluso in apposite graduatorie nazionali per essere utilizzato nuovamente a tempo determinato.

Lei è convinto che il Ministero e la politica siano a conoscenza di questi aspetti più legali che non di merito?

Come dicevo, c’è in essere una concomitanza di fattori. Il MIUR è certamente consapevole delle cause collettive ed individuali del precariato. Anche gli atti giudiziari di tutela hanno indubbiamente influito. L’aspetto della asimmetria nella risoluzione delle due graduatorie nazionali è stato inequivocabilmente evidenziato all’atto della presentazione del d.p.r. Poi intendiamoci, alcuni precari da 128 sono andati in pensione, altri ci andranno presto. È anche una questione di buon senso. Ma cosa si deve aspettare? Sono piccoli numeri. Parliamo di poche centinaia di docenti che vengono già utilizzati da anni e che sono necessari. Sono già previsti in partita di spesa. Non parliamo di chissà quale aggravio. Il MIUR e la politica, hanno infatti sempre precisato che risolvere il precariato nell’AFAM non è una questione di spesa o di bilancio visto l’esiguo impegno economico.