Virtus Divino Amore (calcio, I cat.), Fazio ci crede: “Situazione difficile, ma sono fiducioso”

Roma – Ha sfiorato il colpaccio la Prima categoria della Virtus Divino Amore che, nell’ultimo turno, si è arresa “alla distanza” alle qualità del Centro Sportivo Primavera. La seconda forza del girone G ha tremato a lungo al “Millevoi” chiudendo il primo tempo su un affannoso 2-2, poi nella ripresa ha allungato e guadagnato i tre punti grazie al 4-2 conclusivo. A parlare del match è Ivan Fazio, centrocampista classe 1986 indisponibile per l’occasione, ma comunque al “fianco” dei suoi compagni di squadra in tribuna. “I ragazzi hanno fatto una buona prova, sicuramente migliore di quella precedente contro la capolista Indomita Pomezia. Siamo andati sotto e poi siamo stati capaci di ribaltare il risultato grazie a una doppietta di Ascenzi, rientrato proprio domenica: un giocatore fondamentale per questo finale di stagione, così come Cuozzo. Nella ripresa il Cs Primavera ha fatto pesare la maggiore qualità complessiva e ha portato a casa la vittoria, ma la prova della Virtus Divino Amore è stata incoraggiante”. La situazione di coda del girone vede ben quattro squadre raccolte in un solo punto con la distanza dalla salvezza diretta che sembra ormai incolmabile. “Non dobbiamo fare calcoli – dice Fazio – Ora ci saranno una serie di scontri e dobbiamo farci trovare pronti: con l’assetto che abbiamo trovato ultimamente e coi rientri di determinati giocatori, sono fiducioso che possiamo salvarci” dice il centrocampista che tornerà a disposizione di mister Fagiolo in vista del match esterno di domenica prossima sul campo della Fortitudo Velitrum. “Hanno un buon vantaggio sulla zona play out, ma di regali in carriera non ne ho mai ricevuti e sono convinto che anche stavolta dovremo sudarci i punti. La Fortitudo all’andata vinse in maniera netta, ma sono convinto che quella differenza tra le due squadre non c’era: speriamo di riuscire a dimostrarlo nel match di domenica prossima”. Fazio è stato per un periodo lontano dalla squadra, ma ora è tornato a vestire la maglia della Virtus Divino Amore. “C’era stata una diversità di vedute, ma la passione per il campo e per questo gioco sono più forti di tutto e ora sono assolutamente concentrato su questo finale di stagione”.




Sarah Scazzi: condanna al fioraio, parla l’Avvocato Nicodemo Gentile

TARANTO – Si è concluso l’ultimo capito giudiziario sull’omicidio della piccola Sarah Scazzi, assassinata brutalmente e gettata in un pozzo nel fiore dei suoi quindi anni, in un triste e rovente 26 agosto del 2010. Giovanni Buccolieri, fioraio di Avetrana di 45 anni, è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione per false dichiarazioni al pm.

Il 9 aprile del 2011, Buccolieri racconta agli inquirenti di aver visto Sarah, triste e sconvolta, essere raggiunta da Cosima Serrano che a bordo della sua Opel Astra le intimava di salire con fare minaccioso e strattonandola.

Il suo racconto, impreziosito di dettagli, vede sul sedile posteriore dell’auto una figura femminile con i capelli legati. Due giorni dopo queste importanti dichiarazioni però tutto cambia, Buccolieri ritratta e riferisce che quanto da lui asserito non corrisponde al vero ma si tratta di un sogno.

Nel corso del processo Buccolieri si è avvalso della facoltà di non rispondere, tuttavia ha depositato una memoria difensiva di circa due pagine poco prima della lettura della sentenza, dove ha spiegato di essere stato suggestionato dall’attenzione mediatica riservata al caso.

Il Pubblico Ministero aveva chiesto per Buccolieri il massimo della pena, poiché avrebbe potuto aiutare le indagini grazie alla sua testimonianza.  Insieme al fioraio è stato condannato a due anni il suo amico Michele Galasso. Quest’ultimo aveva riferito agli inquirenti di non aver avuto nessun contatto con Buccolieri prima della sua deposizione, dalle intercettazioni però è stato appurato il contrario; i due infatti avrebbe concordato al telefono la versione del sogno da dichiarare agli inquirenti.

Ricordiamo inoltre che la Prima sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano, entrambe imputate per l’omicidio della quindicenne Sarah Scazzi.

Le due donne sono accusate di aver strangolato la giovane il cui corpo sarebbe successivamente stato occultato dallo zio Michele Misseri, condannato ad otto anni per occultamento di cadavere ma che oggi, a seguito di continue confessioni e ritrattazioni in merito ai fatti di quel terribile giorno, si proclama responsabile dell’omicidio.

Noi abbiamo parlato in esclusiva con l’Avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia di Sarah Scazzi

– Ve l’aspettavate la condanna di Giovanni Buccolieri?
Noi ce l’aspettavamo e oggettivamente eravamo abbastanza sicuri che questo venisse sancito anche da un Giudice. Il fatto che un Giudice abbia sancito, seppur in primo grado, questa verità è un’ulteriore conferma dell’impostazione accusatoria che adesso è una verità processuale che è veritiera. Si tratta di un elemento importante, fondamentale perché è l’elemento che trascina nella vicenda Cosima Serrano perché quella condotta di cui il fioraio è stato testimone oculare è la condotta che poi ha sancito l’esistenza di un sequestro di persona. Sarah viene ricondotta con violenza, con forza all’interno del mezzo poi portata a casa e uccisa. Quindi è un segmento fondamentale nella ricostruzione, se fosse venuta meno avrebbe aperto sicuramente a scelte anche nel processo madre, di revisione o comunque avrebbe rimesso in discussione la verità e quindi anche la posizione di Cosima e di Sabrina. Questa verità ci dice che non c’è nulla da ricercare.

– Secondo lei, a distanza di sette anni dall’omicidio, come mai il fioraio continua a dire che si sia trattato di un sogno? Avendo vissuto il processo di Avetrana e le indagini, sono il primo legale che è intervenuto in questa vicenda, era il 16 o il 17 settembre del 2010, ad oggi posso con certezza dire che il materiale umano che fa da sfondo a questa vicenda è davvero scadente: gente che per evitare il controllo dell’ispettorato perché aveva i dipendenti non in perfetta regola, familiari che per aiutare altri familiari si sono macchiati di reati abbastanza seri e soprattutto non hanno rispettato la memoria di Sarah. Probabilmente aveva delle situazioni di natura persona che doveva tutelare e voleva che non venissero alla luce e quindi inizialmente lo ha ammesso e ha detto la verità, poi da li tutta una serie di ritrattazioni anche molto goffe, rozze e benali che hanno inevitabilmente condotto la Procura di Taranto prima, e un Giudice adesso a individuare delle responsabilità penali.

Angelo Barraco

 

 

 

 




Palmina Martinelli: riaperto il caso della 14enne di Fano arsa viva in casa

Bari – Colpo di scena nell’omicidio di Palmina Martinelli, la 14enne di Fano trovata avvolta dalle fiamme all’interno della sua abitazione l’11 novembre del 1981 e morta 22 giorni dopo al Policlinico di Bari.

Dopo oltre 36 anni dalla terribile morte e dopo le tanto discusse sentenze che hanno portato all’assoluzione dei due imputati che oggi non potranno esse più processati la magistratura ha deciso di riaprire il caso ipotizzando il reato di omicidio volontario aggravato, al momento a carico di ignoti.

L’indagine è affidata alle pm Simona Filoni e Bruna Manganello,  questa nuova riapertura del caso è nata a seguito di un meticoloso studio dei precedenti fascicoli sulla morte di Palmina, custoditi a Bari e Brindisi.

Da questo studio è emerso che vi sono gli estremi per individuare eventuali corresponsabili.

La Procura di Bari vuole estendere le indagini anche nel familiare. Tra le prime cinque persone convocate ci sono Enrico Bernardi e Giovanni Costantini, entrambi assolti in via definitiva trent’anni fa.

Era stata la stessa Palmina a fare i nomi di Enrico e Giovanni poco prima di morire, quando ancora il suo corpo era gravemente ustionato e la sua voce sofferente e spezzata. Un giorno il medico le spiegò che le sue parole sarebbero state registrate su nastro e che in quella stanza vi era anche un Magistrato, Palmina raccolse tutte le sue forze e diede risposte chiare e perentorie: il medico chiese a Palmina di dirgli soltanto i nomi delle persone che le avevano fatto del male e lei rispose “Giovanni, Enrico”; il medico chiese anche il cognome di queste persone e Palmina rispose“uno Costantino”, l’altro? Chiede il medico, ma Palmina non lo sa. Il medico chiede: “Queste persone cosa ti hanno fatto” e Palmina risponse “Alcol e fiammifero”.

NUOVE INDAGINI “Ho la coscienza a posto, non avevo alcun motivo di commettere una cosa del genere. Mi sono sempre chiesto perché Palmina fece il mio nome. Dopo tanti anni mi auguro che si arrivi a una conclusione una volta per tutte” sono queste le parole rilasciate da Enrico Bernardi subito dopo aver lasciato la caserma dei Carabinieri di Bari dove sono cominciate le nuove indagini sulla morte di Palmina.

E’ stata convocata anche Tommasina Martinelli, sorella maggiore di Palmina e il marito Cesare Ciaccio, il titolare del distributore di benzina dove Antonio Martinelli fece sosta mentre stava accompagnando la sorella bruciata.

Mina Martinelli, altra sorella della vittima sentita pochi giorni fa dagli inquirenti ha dichiarato “Mi aspetto la verità, è quello che voglio e spero di arrivarci” aggiungendo inoltre “Credo che anche se è passato tanto tempo ci siano ancora possibilità concrete perché finalmente ci sia giustizia”. Sono state inoltre sentite quattro donne, tutte conoscenti della vittima e della sua famiglia all’epoca dei fatti.

Ma chi ha voluto la morte di Palmina e perché? La giovane venne ritrovata avvolta dalle fiamme sul piatto della doccia del bagno. Sin da subito fece i nomi dei responsabili che l’aveva arsa viva perché aveva rifiutato di prostituirsi.

Palmina rimase diversi giorni presso il Centro di Rianimazione del Policlinico di Bari e parlò con il pubblico ministero Nicola Magrone e il Dott. Tommaso Fiore. La ragazza parlò e le sue parole vennero incise su nastro e verbalizzate.

Con voce sofferente la giovane ha risposto alle domande “Chi ti ha fatto del male?” gli fu chiesto, Palmina rispose “Giovanni, Enrico” gli fu chiesto inoltre “Puoi dire anche il cognome di queste persone?” la giovane aggiunse “Uno Costantino. L’altro non lo so”. Le domande sono state specifiche e mirate “Cosa ti hanno fatto queste persone?”, Palmina ha risposto con la voce sofferente e provata “Alcol, fiammifero”.

Giovanni Costantino era un ragazzo di 19 anni di cui la Palmina era innamorata. Il giovane faceva il militare e lei gli inviava tante lettere. Una sorella di Palmina, Franca, si era precedentemente innamorata di Enrico e con lui era andata a vivere ma successivamente fu avviata alla prostituzione.

Il processo ebbe inizio il 28 novembre del 1983 e si concluse il 22 dicembre dello stesso anno con un verdetto inaspettato, l’assoluzione degli imputati. La Corte inoltre avvalorò la tesi del suicidio dopo il ritrovamento di una lettera della giovane.

Il Pm propose inoltre l’impugnazione ma il verdetto fu confermato nel 1987 in Appello e anche il Cassazione. La sorella Giacomina non ha mai creduto al suicidio e si è sempre battuta affinchè venisse fuori la verità.

Angelo Barraco




Roma: polizia locale trova cadavere all’interno di un’abitazione al prenestino

ROMA – Una pattuglia della Polizia Locale, V gruppo Prenestino, è intervenuta questa mattina al piano terra di uno stabile in via Raimondo Montecuccoli, dove alcuni passanti hanno richiamato l’attenzione degli agenti perché non avevano più notizie di due persone, madre e figlio, che non uscivano da diversi giorni dalla loro abitazione.

Giunti davanti all’appartamento, dove non rispondeva nessuno, si è reso necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco a causa del forte odore che proveniva dall’interno. È stato così ritrovato il corpo di un uomo, A.E. di 44 anni, morto da diversi giorni.

In casa era presente anche l’anziana madre, di 85 anni, affidata immediatamente in forte stato di shock alle cure dei sanitari del 118.

 

 




Morlupo: rischiata la strage per un barbecue

MORLUPO (RM) – Al termine di una lunga e delicata attività d’indagine, i Carabinieri della Stazione di Castelnuovo di Porto e della Stazione Carabinieri Forestali di Sant’Oreste hanno individuato e denunciato a piede libero il responsabile del vasto incendio che lo scorso 15 agosto, nella zona di via delle Fontanelle a Morlupo, ha distrutto oltre 5 ettari di bosco e danneggiato in modo serio 4 abitazioni.

I militari sono riusciti a ricostruire l’esatta dinamica che ha portato al devastante rogo, individuando quale punto di origine del focolaio un barbecue, acceso da un uomo di 56 anni del posto per la classica grigliata di Ferragosto con parenti e amici, che non era stato spento in modo adeguato e che, covando ancora sotto la cenere, ha dato vita all’incendio.

L’imperizia del 56enne, oltre che ad aver mandato in fumo una vasta area boschiva, avrebbe potuto provocare una strage considerando che le fiamme hanno lambito pericolosamente alcune villette della zona, al punto che gli abitanti sono stati costretti ad abbandonarle in fretta e furia.

Per avere la meglio sul rogo è stato necessario l’intervento, oltre che del personale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile a terra, anche di due elicotteri.

Il “fuochista” imprudente è stato deferito all’Autorità Giudiziaria con l’accusa di incendio boschivo colposo.




AOSTA: BAMBINO UCCISO DA UN TRATTORE. INDAGATO IL PADRE

Redazione
 
Aosta – Nel primo pomeriggio del 1 novembre 2015 il piccolo Ervin Buschino, di 4 anni, è morto per a causa dei traumi riportati dopo essere stato investito da un trattore. Il gravissimo episodio è avvenuto presso il villaggio di Ozein. Secondo una prima ricostruzione fatta dai Carabinieri il piccolo era seduto sul trattore con il padre, 42enne, quando –per cause ancora ignote e da accertare- il piccolo è finito per terra ed è stato travolto da una ruota del mezzo. Le condizioni del piccolo erano gravissime quando è giunto presso l’Ospedale di Aosta, dove purtroppo non ce l’ha fatta. Intanto la famiglia sta ricevendo il supporto di tutti per il grave lutto che li ha colpito. La macchina investigativa si è messa in moto e la procura di Aosta ha aperto un’inchiesta in merito all’incidente. Il procuratore di Aosta Marilinda Mineccia ha riferito in merito:” Al momento si può ravvisare una responsabilità del padre. Abbiamo aperto a suo carico un fascicolo per omicidio colposo”. 



CASERTA: RINVENUTO CADAVERE SBRANATO DAI CANI

di A.B.
 
Sant’Angelo in Formis – Una fitta cortina di mistero avvolge la morte di Vincenzo Zibella, 61enne che nel pomeriggio di ieri voleva trascorrere una giornata dedicata alla raccolta delle olive alle pendici dei monti Tifatini, in compagnia di un amico. L’uomo risiedeva a Curti ma è morto in un campo a Sant’Angelo in Formis, nel comune di Capua intorno alle ore 18.
 
Ad accorgersi del corpo senza vita è stato un residente di via Ponte Castagno, una via che costeggia il terreno.
 
L’uomo ha notato il corpo senza vita e ha chiamato gli organi competenti. Il corpo però presentava delle stranezze, ovvero morsi di cane, infatti in un primo momento si è pensato che la morte dell’uomo fosse avvenuta  per i morsi, ma una prima ispezione cadaverica ad opera del medico legale giunto sul posto insieme alle forze dell’ordine, non hanno escluso che la morte possa essere avvenuta anche prima. Ma la certezza non è arrivata e gli interrogativi in merito a questa strana morte troveranno risposta in seguito all’autopsia che determinerà la causa del decesso. 



GUATEMALA, ENORME FRANA: DECINE DI MORTI E OLTRE 600 FERITI

Redazione

El Cambray – Almeno trenta morti e fino a 600 dispersi nelle 125 abitazioni finite sotto la terra e il fango: è il bilancio reso noto dalle autorità del Guatemala, dove nella notte tra giovedì e venerdì una valanga si è abbattuta sulla località di El Cambray II, a una ventina di chilometri dalla capitale.


Due neonati tra i cadaveri rinvenuti. Uno dei responsabili della protezione civile, Alejandro Maldonado, ha riferito di "circa 600 persone disperse" sulla base del calcolo delle abitazioni. Per ore e ore, nel corso della giornata, sono andati avanti i disperati tentativi di trovare persone ancora vive, sebbene sepolte sotto la valanga di fango, hanno precisato le autorità, ricordando inoltre le oltre 200 persone evacuate. Le persone salvate sono al momento 34, ha precisato Maldonado, sottolineando che sul posto sono impegnate 1.200 uomini del soccorso. Maldonado ha riferito di nove morti, precisando che probabilmente il bilancio finale sarà "superiore" e che alla base dello smottamento c'è stata "una combinazione di fattori", tra i quali le piogge e alcuni drenaggi "illegali" nell'area.

I morti.  All'incontro con la stampa ha preso parte anche il presidente del Guatemala, Alejandro Maldonado (padre del funzionario della protezione civile), il quale ha chiesto aiuti internazionali "di fronte a questa emergenza nazionale". I media locali, ricordano che tra le vittime c'è Qaini Wilfredo Bonilla Sandoval, un 18enne che faceva parte della squadra giovanile di squash del Guatemala: la casa della sua famiglia è stata completamente distrutta e suo fratello Winifer, anche lui atleta, è rimasto ferito nel disastro. La stampa segnala, inoltre, che anni fa l'area era stata classificata "ad alto rischio" frane.




ROMA VIOLENTA: DUE ALBANESI AGGREDISCONO STUDENTE DISABILE

di Ci. Ma.

Roma – Un aggressione consumata sotto gli occhi di tanti testimoni che fa accapponare la pelle. Roma si conferma una città ancora invivibile, e pericolosa. Per fortuna come sempre è stato celere l’intervento delle forze dell’ordine, che lavorano con pochi mezzi ma tanta passione.

Il fatto e l’aggressione. Il 1° ottobre 2015 un un adolescente di origini indiane, insieme ai suoi compagni, come di consueto, si stava recando a scuola a bordo di un autobus. Purtroppo, le sue difficoltà motorie e linguistiche sono state notate da due trentenni di origine albanese. I compagni di scuola del ragazzo aggredito, appena si sono resi conto di quello che stava accadendo, sono intervenuti in sua difesa. Per tutta risposta i due albanesi hanno aggredito e picchiato anche uno di loro.

Intervento tempestivo della Polizia di Stato. Quello che stava accadendo sull’autobus non è sfuggito agli agenti del commissariato Tor Carbone, diretto dal dottor Nicola Regna in transito sulla stessa via. I poliziotti di una prima pattuglia sono saliti sul mezzo bloccando il 33enne M.E., mentre un altro equipaggio ha bloccato il 32enne D.R. che nel frattempo, sceso dal mezzo, si era diretto su una via limitrofa. 

Violenza, schiaffi e pugni allo studente e ai suoi compagni. Come ricostruito in seguito dalla Polizia di Stato, prima i due hanno spintonato il minorenne in fondo all’autobus, poi, mentre uno di questi faceva da schermo con il proprio corpo, l’altro ha iniziato a colpire il ragazzo con schiaffi, pugni e con un giornale arrotolato; il tutto mentre lo copriva di insulti.

Arresto dei due albanesi. Dopo aver raccolto tutte le deposizioni, i due albanesi sono stati arrestati. Al termina dell’udienza di convalida sono stati sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Dovranno rispondere di lesioni personali aggravate, violenza privata e violazione della legge in materia di discriminazioni razziali.




PALERMO, CARTE DI CREDITO CLONATE: ECCO COME FUNZIONAVA LA TRUFFA

Redazione

Palermo – L'associazione criminale sgominata all'alba di oggi dalla Polizia che ha fermato 24 persone per una truffa di carte di credito clonate, «attraverso la creazione di ditte fittizie (prevalentemente società di autonoleggio), intestate a soggetti compiacenti, riusciva a giustificare l'apertura di conti correnti bancari per i quali ottenevano dall'Istituto di Credito il relativo Pos. Parallelamente i sodali si procuravano codici di carte di credito già clonate – per lo più di ignari soggetti stranieri americani, danesi e francesi – con i quali effettuavano transazioni fraudolente, simulando noleggi di autovetture, in realtà mai effettuati, attraverso i POS ottenuti ed appartenenti alle predette ditte fittiziamente create». È uno dei retroscena emersi dall'operazione 'Free Money' condotta dalla Squadra mobile di Palermo. Il denaro delle ignare vittime, che via via si accreditava sui conti correnti delle ditte create ad hoc, veniva immediatamente distratto verso conti correnti di comodo o verso carte di credito prepagate riconducibili ai sodali o a soggetti ad essi vicini che curavano la fase della monetizzazione attraverso il prelievo ai bancomat o agli sportelli bancari. «Una volta ottenuto il denaro contante avveniva la spartizione tra gli associati secondo una percentuale specifica e in base al »peso« del soggetto in seno all'associazione – dicono dalla Squadra mobile – Il modus operandi utilizzato si articolava secondo fasi ben determinate: il procacciamento del soggetto-complice a cui fare intestare una nuova Partita Iva, mettendolo a capo di una ditta di autonoleggio fittizia; l'affitto di un locale, dandogli la parvenza di una nuova apertura di autonoleggio (collocazione all'interno di alcuni suppellettili e di un'insegna con scritto »Autonoleggio« ed un numero di cellulare) l'apertura di uno o più conti correnti, richiesti, utilizzando la partita Iva intestata alla società di comodo già creata, con contestuale istanza di convenzionamento del POS abilitato al PAN Manuale (quello che non richiede la cd. strisciata fisica della carta di credito, ma la digitazione manuale del PAN, utilizzato per alcune categorie di esercenti commerciali – come ad esempio gli autonoleggi – che necessitano di una »pre-autorizzazione« a distanza da parte del cliente)». L'uso di tali tipi di POS ha rappresentato una costante del gruppo criminale scoperto perché questi ultimi permettono di effettuare transazioni fraudolente di maggiore entità economica. Attraverso una piattaforma internet clandestina (su base criptata), dedita esclusivamente alla vendita clandestina di codici di carte clonate, grazie alla strettissima collaborazione di alcuni rumeni che riuscivano ad operare in campo internazionale. In altri termini, la banda faceva parte, dietro pagamento di un canone mensile verosimilmente di 500 euro, di una piattaforma internet totalmente «clandestina» alimentata da hackers provenienti da tutto il mondo, funzionante mediante la predisposizione di un particolare software (proprietario) da installare sul proprio PC, permettendo così l'acquisto dei codici di carte di credito clonate.

Attraverso l'acquisto diretto da hackers sedenti in Russia o Ucraina, pagando il costo dei codici per mezzo di trasferimenti di denaro effettuati con i cosiddetti servizi Moneygram e/o West Union. Il trasferimento di fondi attraverso la Moneygram, permetteva al ricevente (in Russia o Ucraina), di poter riscuotere in tempo reale le somme di denaro, previa esibizione del cd «Reference Number»: numero che individua univocamente il mittente e viene comunicato dall'ufficio Moneygram al momento del pagamento. «Effettuato così il trasferimento del denaro pattuito per i codici di carte clonate, si provvedeva a comunicare il reference number all'hacker russo che poteva incassare le somme in tempo reale ed in cambio comunicava al gruppo criminale la lista del PAN acquistati», dicono gli inquirenti. Gli uomini della Mobile, coordinati dal pm Siro De Flammineis, hanno scoperto che il gruppo criminale operava immediatamente il trasferimento dei fondi verso altri conti correnti all'uopo attivati e/o mediante prelievi di cospicue somme di denaro contante agli sportelli bancari (o postali) oppure attraverso gli ATM utilizzando la carta bancomat legata al conto. «Le scrupolose indagini hanno richiesto anche accertamenti bancari che sono stati effettuati grazie all'abilità e alla professionalità del personale del locale Compartimento di Polizia Postale e Telecomunicazioni che ha collaborato in modo significativo alle investigazioni – dicono gli investigatori – L'attività investigativa condotta ha fatto emergere, tra l'altro, la contiguità di alcuni soggetti coinvolti nell'indagine con alcune famiglie mafiose locali. Non si può escludere, infatti, che gli ingenti proventi dei reati accertati confluiscano anche nelle casse di famiglie mafiose costituendo un nuovo, e fino ad ora inesplorato, canale di approvvigionamento della mafia».

«A ben vedere, questo fenomeno dei furti di codici di carte di credito, di recente, come apparso sulla stampa nazionale ed internazionale (New York Times), ha interessato anche le forze di polizia d'Oltreoceano, destando grande preoccupazione ed allarme sociale tra le Istituzioni e la popolazione statunitense, in quanto potenzialmente le vittime possono essere sia singoli individui che aziende – dicono gli inquirenti – L'Fbi contrasta il fenomeno del cyber-crime e del mercato dei carders, con sezioni specializzate del Bureau. Tali reati informatici, infatti, vengono perpetrati, Oltreoceano, da giovani hacker e crakers – spesso di nazionalità russa o rumena- che si impossessano di un largo numero di codici di carte di credito, colpendo i database di siti poco protetti di e-commerce o banche. Non si può, quindi, escludere che i codici delle carte di credito (in gran parte americane), utilizzati dagli odierni indagati, facciano parte proprio di quei significativi quantitativi di codici trafugati a cittadini USA negli ultimi anni in quanto il fenomeno criminale in argomento, allo stato, appare sempre più in forte espansione, suscitando allarme, in un settore, quale quello del denaro elettronico, oggi imprescindibile in qualunque forma di transazione economica di natura privata e/o imprenditoriale».




NAPOLI, SPARATORIA A FUORIGROTTA: IL POLIZIOTTO E’ GRAVISSIMO

di Christian Montagna

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Napoli – Si sono aggravate le condizioni di Nicola Barbato , il poliziotto ferito ieri in via Leopardi durante la sparatoria tra una banda di malviventi e la polizia in borghese. Il sovrintendente in servizio presso la Squadra mobile di Napoli è ricoverato in Rianimazione all'ospedale Cardarelli. La gravità della ferita causata da un proiettile che gli ha tranciato la giugulare ha indotto i medici a non eseguire l'intervento chirurgico che pure era in un primo momento stato preso in considerazione.


Le indagini. Proseguono a tutto campo le indagini e la caccia agli uomini che hanno sparato ieri sera alle 20, tra la folla. Intanto, è stato ritrovato lo scooter su cui viaggiavano gli sparatori. I colleghi dell’agente ferito durante la notte hanno dato la caccia ai malviventi. Si indaga nella malavita organizzata di Napoli, tra i clan che operano in quella zona e specializzati in estorsioni ai danni di commercianti. Per tutta la notte centinaia di poliziotti sono stati impegnati in una operazione ad alto impatto nelle zone di Fuorigrotta, Bagnoli e Soccavo. Gli investigatori hanno eseguito già un identikit dei criminali: sarebbero molto vicini anche all’arresto degli stessi. Secondo indiscrezioni, pare che i due siano affiliati ad un clan di camorra attivo nell’area occidentale. A breve, potrebbe esserci la cattura.


Un quartiere sotto shock. Ancora sotto shock il quartiere Fuorigrotta dopo che due malviventi hanno terrorizzato in pieno orario di punta centinaia di abitanti. Anche dai sindacati di Polizia arrivano proteste e accuse. La sicurezza a Napoli diventa sempre più latitante e con essa, l’incolumità dei militari. Nessun testimone è stato in grado di fornire agli inquirenti particolari dell’accaduto. Secondo alcuni, gli agenti stavano per intervenire per sventare un agguato quando i criminali gli hanno sparato contro.