Velletri, scomparsa Davide Cervia. La moglie al premier Conte: “Mantenga la promessa!”

VELLETRI (RM) – Sono passati 30 anni da quel 12 settembre del 1990 quando alla vigilia della prima Guerra del Golfo, Davide Cervia sparì nel nulla. Le sentenze dei giudici hanno stabilito che si trattò di rapimento a fini militari e che ci furono bugie, omissioni e depistaggi che hanno trasformato il caso in uno dei grandi misteri d’Italia.

L’ex sottufficiale della Marina Militare esperto in guerre elettroniche venne strappato all’affetto di sua moglie Marisa e dei figli Erika e Daniele che all’epoca avevano rispettivamente 6 e 4 anni.

Il giallo è stato approfondito all’interno di “Crimini e Criminologia” trasmissione di Cusano Italia TV (ch.264 dtt). Al microfono di Fabio Camillacci è intervenuta anche la moglie di Davide Cervia. Marisa Gentile dalle telecamere della televisione dell’Università Niccolò Cusano ha lanciato un appello al premier Giuseppe Conte affermando: “Io spero che la promessa che il Presidente del Consiglio ci fece più di un anno fa e cioè di favorire l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Davide Cervia non cada nel vuoto. Perchè dopo 30 anni è importante che qualcuno si faccia carico di tutte le carte, di tutti i documenti che sono venuti alla luce per rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle e arrivare finalmente alla verità. Purtroppo in Italia siamo abituati ad aspettare, 30, 40, 50 anni per far emergere verità nascoste. Ritengo che un Paese senza verità non possa dichiararsi un Paese democratico. Perchè la tutela e la giustizia per ogni cittadino dovrebbero essere messi in prima linea. Quindi -ha concluso Marisa Cervia- mi auguro con tutto il cuore che il premier Conte mantenga la promessa che ci ha fatto. Spero dunque che il mio Stato finalmente si prenda carico di questa vicenda tutelando me e la mia famiglia. Fino ad oggi lo Stato ci ha completamente abbandonati”.




Davide Cervia, dopo 30 anni il caso è ancora irrisolto: la famiglia all’ITT di Viterbo per non dimenticare

VITERBO – All’Istituto Tecnico Tecnologico “Leonardo Da Vinci” di Viterbo si parlerà del caso di Davide Cervia, il sergente della Marina Militare Italiana scomparso misteriosamente il 12 settembre del 1990.

L’incontro con la famiglia di Cervia è fissato per domani alle 11,00

L’intervista a Marisa Gentile (moglie di Davide Cervia) trasmessa a Officina Stampa del 16/11/2017

Oltre a Marisa Gentile, moglie di Davide Cervia, e ai suoi figli, Marco ed Erika Cervia, interverranno Gianluigi Cicinelli giornalista che ha seguito fin dall’inizio il caso e Giulietto Chiesa editore di “Pandora TV”. Modererà l’incontro il giornalista e scrittore Roberto Ragone.

La vicenda di Davide Cervia nel video servizio di Officina Stampa

Il video servizio su Davide Cervia trasmesso a Officina Stampa del 16/11/2017

Il 12 settembre del 1990 Davide Cervia non tornò a casa, dopo una giornata di lavoro presso la Enertecnel Sud di Ariccia, ditta in cui era stato assunto dopo il congedo dalla Marina Militare con il grado di sergente. Le indagini, suffragate da testimonianze oculari, pur in presenza di depistaggi “di Stato”, stabilirono che l’ex sergente della Marina era stato rapito da tre persone che lo avevano caricato su di un’auto verde scuro.

La sua Golf bianca fu fatta ritrovare dopo circa un anno parcheggiata presso la Stazione Termini, a Roma. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa a settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.

Vinta la causa e condannato il Ministero della Difesa, il nuovo ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha voluto rinunciare al ricorso in appello, consegnando anzi, di persona, l’euro chiesto come indennizzo virtuale alla famiglia Cervia. Questi i fatti. Ma tanto ancora c’è da dire su questo caso che nelle trame mostra i suoi segreti.




Caso scomparsa Davide Cervia, il ministro Trenta rinuncia all’appello. Riconosciuto de facto il rapimento

Il 12 settembre del 1990 scompare a Velletri l’ex sergente della Marina Davide Cervia, a pochi minuti di strada dalla sua abitazione. A quello che è stato definitivamente riconosciuto come rapimento, assistono due inconsapevoli testimoni: un anziano vicino di casa, che prende i gesti di Cervia come un segno di saluto, a cui risponde – mentre tre persone lo caricano su di un’auto verde, che si allontana a tutta velocità – e l’autista di un pullman di linea, a cui l’auto verde taglia la strada ad un incrocio, seguita dalla Golf bianca di Cervia, guidata da uno dei rapitori.

Nonostante i testimoni, la scomparsa viene subito rubricata come allontanamento volontario. Un anno dopo viene ritrovata l’auto di Davide Cervia, con all’interno ancora il mazzo di fiori che aveva comprato per la moglie. L’unica ipotesi valida per il rapimento – quella che poi si rivelerà reale – è che Davide Cervia sia stato rapito per la sua competenza specifica nel campo della Guerra Elettronica e ‘venduto’ ad una potenza straniera acquirente del sistema d’arma segretissimo OTOMAT prodotto in Italia, che soltanto il Cervia e pochi altri suoi colleghi di corso sarebbero stati in grado di assemblare correttamente. Nonostante depistaggi, minacce ed intimidazioni anche gravi, la famiglia, ed in particolare la moglie, Marisa Gentile, non si rassegna al silenzio, rifiutando perfino l’offerta di un miliardo di lire per tacere e lasciar perdere.

MARISA GENTILE MOGLIE DI DAVIDE CERVIA OSPITE A OFFICINA STAMPA DEL 16/11/2017 PER PARLARE DEL CASO CHE HA RIGUARDATO IL MARITO

Nel 2012 la famiglia Cervia fa causa al Ministero della Difesa in sede civile

La causa si conclude nel gennaio del 2018 con la condanna del Ministero al risarcimento simbolico di un euro. Nelle motivazioni della sentenza viene citata la “violazione al diritto alla verità” subita dalla famiglia, cioè il diritto a “chiedere e ad ottenere, dai soggetti che le detenevano, ogni notizia ed ogni informazione relativa al proprio congiunto, al fine della individuazione delle ragioni della scomparsa”. Secondo il tribunale, il Ministero avrebbe omesso di fornire informazioni complete ed esatte sul rapimento, impedendo, secondo l’avvocato della famiglia, ove rese note, di giungere al ritrovamento del congiunto. Contro la sentenza il governo precedente aveva interposto appello. La notizia di oggi ci dice che il Ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha deciso di desistere e rinunziare all’ennesima udienza in merito, riconoscendo, de facto, il rapimento.

Abbiamo raggiunto al telefono la signora Marisa Gentile, moglie di Davide Cervia

Signora Marisa, certamente questa notizia premia l’impegno suo e dei suoi figli nella ricerca della verità. Se lo aspettava, oppure le è giunta inattesa?
Bè, per l’impegno che alcuni parlamentari avevano messo in questa faccenda, anche prima di essere al governo, mi aspettavo un aiuto concreto. Non mi aspettavo però questa grande umanità da parte del ministro, perché il ministro Trenta mi ha telefonato personalmente, e questo non accade così di frequente. Mi ha chiamata al telefono e mi ha detto della sua decisione, dopodiché ci siamo incontrati durante un evento assolutamente informale, una cena ai Castelli, durante la quale il ministro ha spiegato a me e ai miei figli i motivi per cui aveva deciso di rinunciare all’appello. Oggi poi è apparso sulla stampa questo comunicato, che ci rende molto felici, soprattutto per una cosa: noi siamo sempre stati bistrattati, snobbati, umiliati, minacciati, intimiditi, per ventotto anni. Oggi le scuse del ministro hanno per noi un significato veramente importante. Questo momento è per noi molto particolare, soprattutto, lo ripeto, per l’umanità dimostrata da un membro del governo, cosa che di sicuro non è così frequente. Ho chiesto che l’impegno del governo non si fermi qui; riceviamo le scuse dello Stato, va benissimo, ma l’impegno politico deve continuare, perché a questo punto, come nel caso di Stefano Cucchi, bisogna arrivare in fondo e fare chiarezza.

C’è una promessa formale da parte del ministro di continuare, se mai le avessero effettivamente iniziate, le indagini sulla sparizione di suo marito?
Nessuna promessa ufficiale. C’è stata però, e l’ho letto anche sul suo post ufficiale – e l’ho letto anche sul post del sottosegretario Angelo Tofalo – la notizia della volontà di andare avanti. Ora vedremo in quale modo. Oggi parlavo con un giornalista che mi consigliava di fare un appello alla magistratura. Io l’appello alla magistratura non ho intenzione di farlo, lo faccio invece alla politica. È inutile fare appello alla magistratura, perchè quando la magistratura va a chiedere atti e documenti ufficiali, se non c’è la collaborazione delle istituzioni, la cosa non va avanti, come è successo per Davide. Quindi ci vuole volontà politica di risolvere e di fare chiarezza. Non so se si potrà risolvere, ma fare chiarezza sicuramente. A questo punto è la politica, e quindi il governo, che ci deve dare una mano.

Allora questo avvenimento e questa notizia rilanciano tutta la questione del rapimento, che sembrava ormai messa da parte.
Sì, perché bisogna considerare che il 19 dicembre avremmo avuto l’udienza di appello. Quindi, dato che l’appello è stato proposto dal governo precedente, quando si sono resi conto che ci saremmo presentati in giudizio contro chi ci aveva aiutato già in precedenza, per loro è stato imbarazzante. Hanno poi letto le carte e sui sono resi conto che quello che noi chiedevamo era legittimo.

Comunque, imbarazzanti, nel prosieguo, saranno forse anche alcune ipotesi che sia voi che altri avevate considerato, nel merito del sequestro. Ora, senza entrare nei particolari, come lei pensa che potrebbe evolversi la cosa?
Non lo so, onestamente non lo so. Mi viene in mente forse magari la costituzione di una commissione parlamentare? Non lo so. Spero solo che loro in qualche maniera abbiano interesse e soprattutto intenzione di fare chiarezza.

Roberto Ragone




Velletri, Andreozzi su sentenza Davide Cervia: “Solidarietà alla famiglia, un esempio per tutti i cittadini onesti”

VELLETRI (RM) – «Anche se sono passati ventisette anni, quando sento parlare di Davide Cervia provo un sentimento di rabbia e indignazione. Pensare a un uomo e a una persona perbene strappato alla sua famiglia, alla moglie e ai figli, con tutto quello che è successo in termini di depistaggi, omissioni e mancate verità è qualcosa che non si può tollerare».

L’Assessore ai Beni Comuni, Sergio Andreozzi, commenta così la sentenza di martedì scorso che ha visto la condanna del Ministero della Difesa per violazione del diritto alla verità. Un responso, quello del Tribunale, che non è di certo risolutivo ma rappresenta una piccola vittoria: «Ho sempre espresso la mia solidarietà alla famiglia Cervia, a Marisa, Erika e Daniele, e sono fermamente convinto che questa sentenza non basti. Tuttavia la dignità con cui i familiari di Davide hanno condotto le loro battaglie, sin dagli albori della fondazione del Comitato per la verità, è un esempio per tutti i cittadini onesti».

Secondo Andreozzi «le mancanze dello Stato nei confronti di una storia come questa sono inaccettabili, così come le istituzioni colpevolmente sono state silenziose e non hanno dato il loro sostegno e il loro apporto concreto alla giusta causa di una famiglia». «La sentenza» – ha concluso l’Assessore – «mi fa venire in mente i sit-in, i servizi in televisione con la Raffai, la fiaccolata lungo il Corso, la fondazione del Comitato in cui in tanti abbiamo creduto, ma soprattutto la sofferenza e le angherie che hanno dovuto subire questi nostri concittadini.

Personalmente esprimo ancora una volta di più, in prima persona, la mia vicinanza alla famiglia Cervia e spero che la ricerca della verità non si fermi per questo rapimento di Stato che rappresenta una delle pagine più scure della storia italiana. Non è di certo un caso che una simile notizia non sia su tutti i telegiornali e sulle prime pagine dei quotidiani nazionali. Un’altra faccenda che mi disgusta».




Velletri, caso Davide Cervia: condannato il Ministero della Difesa

VELLETRI (RM) – Dopo 28 anni, la causa intentata dalla famiglia Cervia – la moglie Marisa Gentile, e i figli Erika e Daniele – contro il Ministero della Difesa, è giunta a sentenza, dopo vari rinvii, una sentenza di condanna per il Ministero, riconosciuto colpevole, a causa dei depistaggi e dei ritardi nelle indagini, a volte addirittura latitanti, di avere ostacolato la ricerca della verità. Il Ministero è stato giudicato colpevole, e condannato a pagare un indennizzo virtuale di un euro, nonostante alla famiglia fosse stata offerta in passato una grossa somma di denaro, regolarmente rifiutata.

Tutte le risultanze successive metteranno in luce l’unica ipotesi plausibile per la sua sparizione, e cioè che elementi non ufficialmente identificati lo avevano prelevato, – cioè rapito – in ordine ad una operazione di ‘vendita’ nei confronti di un paese straniero, acquirente, in modo plausibile, di uno dei sistemi d’arma elettronici di cui il Cervia era esperto. In quegli anni – ricordiamo la strage di Ustica, della quale di recente un marine americano ha rivelato un lato fino ad allora non conosciuto, e cioè che nel momento del transito dell’aereo passeggeri Itavia abbattuto era in corso una battaglia aerea – la situazione sul Mediterraneo non era per nulla tranquilla, e in teatro di guerra generale l’utilizzo di un sistema d’arma sofisticato come quello di cui Cervia era esperto sarebbe risultato decisivo, ma difficile da utilizzare senza qualcuno che lo conoscesse a fondo.

“Finalmente la nostra causa è arrivata a sentenza” dichiara la signora Marisa Gentile “Siamo proprio molto felici di questo momento, perchè abbiamo lottato tantissimo per arrivare a far scrivere quello che noi sosteniamo da ventotto anni”.

Ho visto che lei va anche nelle scuole, per raccontare ciò che è successo a suo marito, e che, anzi, in una occasione le hanno anche tagliato un copertone.
Ormai questa è diventata una questione politica, e a questo punto solo la politica può intervenire per chiarire perchè le Istituzioni hanno mentito. Giudiziariamente noi non possiamo fare più niente, anche perchè l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta i Ministeri, ci ha fatto firmare davanti al giudice un documento con il quale ci saremmo impegnati a non proporre più azioni giudiziarie penali o civili nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche, quindi ci hanno proprio legato le mani. Quello però che possiamo fare comunque è un lavoro di memoria, perchè io non voglio che questa storia venga dimenticata, per cui quello che stiamo facendo, appunto, sono gli incontri nelle scuole, perchè i ragazzi giovani non la conoscono proprio, quindi secondo me ha molta importanza diffondere questa storia.

L’avvocato Licia D’Amico ha seguito la famiglia Cervia fin dal 1992, e oggi è giustamente soddisfatta della sentenza. Avvocato, può darci qualche impressione a caldo per questo risultato?
Stiamo per diffondere un comunicato stampa congiunto, degli avvocati e della famiglia, che focalizza quelli che sono i punti nodali di questa lunga sentenza. In particolare il riconoscimento, dell’esistenza, nel nostro ordinamento, di un diritto alla verità. In questa sentenza c’è una novità assoluta, cioè il riconoscimento del fatto che il Ministero della Difesa ha violato questo diritto, e per questo viene condannato; che la famiglia Cervia è l’unica che in questi anni si è battuta per conoscere la verità, quindi nient’affatto ostacolando la difesa della verità, come l’Avvocatura dello Stato, e quindi il Ministero aveva detto praticamente fino a ieri, e da ultimo confermando che Cervia era un tecnico assolutamente specializzato, e che le sue competenze erano talmente preziose e talmente significative, che costituiscono la ragione per la quale è scomparso.

Lei ha seguito il caso fin dall’inizio?
No, da qualche anno dopo, ma praticamente da quasi subito, forse dal ’92. Fin dall’inizio comunque era chiara quella verità che poi è emersa. Noi eravamo convintissimi che le cose stessero nei termini più volte detti, che Cervia fosse stato rapito per le sue particolari competenze, soprattutto in un momento storico in cui nel bacino del Mediterraneo stava accadendo quello che stava accadendo. La situazione appariva molto chiara, ma purtroppo le indagini avevano preso tutt’altra piega; anzi, per la verità non avevano preso nessuna piega, perchè il problema è stato quello dell’inerzia. Oggi arriva questa sentenza che dice queste tre cose che noi diciamo da ventotto anni, ma le dice una sentenza, e questa è la cosa importante. Non so quante altre volte sia accaduto che una Istituzione dello Stato, un Ministero, sia stato condannato a risarcire un danno ad una famiglia per aver nascosto la verità, insomma, non è poca cosa.

Come studio vi siete occupati anche della vicenda di Ustica?
Sì, certo, il diritto alla verità per la prima volta si affaccia sulla scena processuale italiana nella vicenda di Ustica. Ora, naturalmente, fare un paragone diretto fra la vicenda di Ustica, e il rapimento di Cervia, non è facilissimo, perchè le implicazioni sono infinite, ma, per la prima volta, lì si dice che esiste un diritto alla verità, e qui oggi è la seconda volta sostanzialmente nel nostro ordinamento in cui un Ministero viene condannato per aver violato il diritto alla verità di una famiglia.

Il rapimento

Il 12 settembre del 1990, dopo una giornata di lavoro presso la ditta in cui lavorava dopo essersi congedato dalla Marina Militare, dove aveva acquisito particolari competenze nell’ambito di sofisticati e segreti armamenti, mostrando una perizia ed una capacità non comuni – qualità all’inizio negate dallo Stesso Ministero della Marina – l’ex sergente Davide Cervia, classificato ‘Esperto in guerra elettronica’, imbarcato a suo tempo sulla fregata missilistica Maestrale, viene rapito sulla strada del ritorno alla sua abitazione da tre persone che lo fanno salire – a detta di un testimone oculare – su di un’auto verde, che si allontana velocemente, mentre una quarta si mette al volante della sua Volkswagen Golf bianca, che verrà poi ritrovata successivamente, abbandonata. Fin da subito è apparso chiaro alla moglie Marisa Gentile e ai due figli, Erika e Daniele Cervia, che era in atto un depistaggio proprio da parte degli organi che avrebbero dovuto fare chiarezza sulla vicenda. Infatti, nonostante la testimonianza oculare del guardiano di una villa di fronte a quella di Davide Cervia, – che aveva riferito che Davide Cervia era stato forzato a salire sull’auto verde, e che i segni che gli aveva indirizzato non erano saluti, ma richieste di aiuto – e nonostante tale testimonianza fosse stata confermata da quella di un autista della COTRAL – transitato in quell’ora nei pressi del luogo del rapimento, e costretto ad una brusca frenata a causa delle due auto giunte a velocità sostenuta, che gli avevano tagliato la strada, – le indagini venivano subito orientate in direzione dell’allontanamento volontario da parte dei Carabinieri. Davide Cervia non verrà più ritrovato.

Roberto Ragone




Davide Cervia, un mistero custodito negli abissi della Marina Militare: parte l’inchiesta de L’Osservatore d’Italia

Molto difficile trovarsi di fronte ad un foglio bianco con la volontà di fare chiarezza su uno tra i numerosissimi misteri italiani: la scomparsa di Davide Cervia. Una vera e propria impresa dopo oltre 27 anni di silenzio a cui non intendiamo esimerci ma che non vorrei affrontare in solitario.

Un silenzio e solitudine che ha vissuto soprattutto la famiglia di Davide Cervia, la moglie Marisa e i figli Erika e Daniele alle prese con muri di omertà e con tentativi di depistaggio. Un dolore grande con il quale convivere e proprio questo ho per loro il massimo rispetto perché si tratta di una famiglia che cerca di sapere dove è finito Davide. Se è vivo o se non c’è più e chi lo ha fatto sparire strappandolo alla sua famiglia.

 

La scomparsa

Davide Cervia è scomparso misteriosamente nel 1990 dopo un turno di lavoro alla Enertecnel Sud di Ariccia, a circa 15 minuti dalla sua abitazione a Velletri, nella zona dei Castelli Romani in provincia di Roma.

La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d’ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia.

 

La lettera anonima e il ritrovamento dell’auto

Il 1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all’età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE.

 

La sentenza che non arriva

Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa a settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”. E ora si attende la sentenza che avrà non pochi colpi di scena ma che forse, proprio per questo motivo, tarda ad arrivare.

Quando si riprende un “cold case” bisogna sempre azzerare la propria mente e scansare tutte le tesi finora costruite. Cercare di andare a fondo alla questione provando a suscitare una reazione in qualcuno che sa o che ha visto qualcosa.

 

Il ruolo della Marina

Ciò che è certo è che la Marina Militare non è stata fin da subito trasparente, neppure nel rivelare. La Marina Militare ha negato per anni la specializzazione di Davide, esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Davide era esperto di un sistema di puntamento Teseo Otomat che veniva installato sulle principali fregate italiane che venivano vendute all’estero, come la Lupo o la Maestrale, dove lo stesso Davide Cervia era stato addestrato e aveva partecipato all’istallazione del Teseo Otomat.

Il fatto è che a negare è stato lo stesso reparto che ha rilasciato all’uomo la specializzazione

Per la Marina Davide era un semplice elettricista ma la famiglia dell’uomo a quel punto, il 12 settembre del 1994, occupò per una decina di ore le stanze del ministero della Difesa, allora diretto da Cesare Previti, ottenendo, dopo un paio di giorni, il foglio matricolare con le specializzazioni dell’uomo. Nel 1998 la Procura generale di Roma  ottenne dal Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) le note informative, che ipotizzavano il rapimento da parte di stati mediorientali e nordafricani. Per i servizi segreti della Marina militare (Sios), il caso era irrilevante: “I responsabili non ritennero l’episodio più di pertinenza di quell’ufficio”, si legge nella richiesta di archiviazione del fascicolo del 1999.

 

Lo scoraggiamento

Si riparte ad analizzare il caso di Davide Cervia da un sottile scoraggiamento avvenuto da persone senza volto e senza nome. Per loro Davide era un giovane molto buono ed ingenuo, si faceva voler bene. La sua specializzazione all’epoca non sarebbe stata di grande valore e il sistema di puntamento sul quale aveva lavorato Cervia era una roba che conoscevano tutti, forse anche superata. In fondo è stato arruolato solo per un breve periodo. Non conosceva chissà che segreti e noi saremmo degli esaltati a fantasticare su una dietrologia che ci lascia pensare che un organizzazione criminale sia l’artefice della scomparsa di Cervia, sequestrato sei anni dopo il congedo, a poca distanza dall’invasione del Kuwait e dallo scoppio della prima Guerra del Golfo. Insomma c’è un’entità invisibile che tenta di proporre una tesi meno complottistica e invita a seguire altre piste come quella familiare in cui c’era un presunto uomo che avrebbe prelevato chissà che cifra di denaro prima di morire. Insomma dovremmo seguire una pista di usura e problemi familiari. Ma noi preferiamo andare controcorrente.

 

Le intenzioni

Quello che si farà, qui sulle colonne dell’Osservatore d’Italia è raccontare tutto ciò che è possibile. Snocciolare il fascicolo Cervia, scrivere ogni sensazione e particolare che può e deve essere utile per avvicinarci alla verità. Sarà un lavoro lungo ma inizia proprio con questo articolo dopo un primo tentativo di scoraggiamento che ci fa intendere che la volontà di riparlare del caso Cervia è la strada giusta a prescindere dall’esito.

 

Il pezzo di carta

Altro elemento che aggiungiamo in questo pezzo, oltre alla volontà di scoraggiamento, è un documento importante che non possiamo non citare e che inizia a smontare ciò che gli “invisibili” vorrebbero farci credere. Il 4 marzo del 1991 l’allora capitano della compagnia dei Carabinieri di Velletri Marcello Galanzi rilasciò una dichiarazione firmata e timbrata dove scriveva che Davide Cervia dal 22 febbraio 1981 al 9 aprile 1982 ha frequentato presso la società “Elettronica” di Roma in via Tiburtina un “corso di istruzione di secondo livello per personale tecnico della Marina Militare su apparati MM/SçR – 4, MM/SLQ-D e pannello interfaccia. Detto corso frequentato dall’allora Sergente della Marina Militare Italiana abilitava i frequentatori all’uso di sottosistemi di guerra elettronica installati sulle fregate della classe “Maestrale” della Marina Militare Italiana. Il livello di classifica del corso era riservatissimo. Il Cervia, sempre presente alle lezioni aveva superato il corso. Personale dell’Elettronica non hanno saputo specificare se le informazioni acquisite dal Cervia siano o meno appetibili ad organizzazioni segrete o simili precisando che gli apparati della classe Maestrale citati, sono ancora installati sulle navi della Marina Militare Italiana”. Questo è solo un atto dei tanti. Difficile poter credere che Davide era un semplice elettricista. Chi sa parli!

Chiara Rai

VIDEO

Marisa Gentile moglie di Davide Cervia ospite a Officina Stampa del 16/11/2017 per parlare del caso che ha riguardato il marito




VELLETRI, SCOMPARSA DAVIDE CERVIA: NEL 2015 ATTESA UNA PRESCRIZIONE CHE LASCIA ANCORA TROPPI INTERROGATIVI

di Chiara Rai

Velletri (RM) – “Anche questa volta ci precludono il diritto alla verità, ci avviamo verso una archiviazione per prescrizione”. E’ amareggiata Marisa, moglie di Davide Cervia scomparso misteriosamente nel 1990 dopo un turno di lavoro alla Enertecnel Sud di Ariccia, a circa 15 minuti dalla sua abitazione a Velletri. In primavera 2015 dovrebbe arrivare la prescrizione tanto indesiderata da lei e i figli Erika e Daniele Cervia che in 24 anni di ricerche hanno lottato soprattutto contro le stesse istituzioni per ottenere da un tribunale una sentenza che confermasse la tesi del rapimento. E ancora l’ombra della scomparsa di Davide Cervia tormenta la famiglia, colpita tutt'oggi, da telefonate anonime non appena si risveglia l’attenzione su Davide, sia con un sit in o anche con la semplice realizzazione di un documentario.

 

L'attentato

Nel 2012, tre giorni prima delle riprese di un docu – film sul caso ( regia di Francesco Del Grosso, titolo "Fuoco Amico"), ci fu un attentato a casa Cervia: Qualcuno ha fatto esplodere le finestre alle 13:30 di giorno. Marisa racconta che i vigili, su sollecito,  non sono intervenuti soltanto dopo 45 giorni. Gli inquirenti non avrebbero indagato in maniera approfondita tanto che addirittura le fotografie che riguardavano i particolari dell’esplosione non sono mai risultate nei fascicoli.  

 

La citazione in giudizio ai Ministeri della Difesa e Giustizia

Tutto sembra dunque rapidamente evolvere verso il silenzio definitivo della giustizia, nonostante i 54 punti presentati dalla famiglia nel 2012 per la citazione in giudizio ai ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”. Una citazione, firmata dal legale Alfredo Galasso difensore di parte civile dei famigliari delle vittime di Ustica, insieme all’avvocato Licia D’Amico,  che raccoglie un groviglio di negligenze e depistaggi che hanno accompagnato I’indagine fin dal primo giorno, come riconosciuto dalla stessa Corte di appello.

 

Il ruolo della Marina Militare

Punto fondamentale è che la Marina Militare ha negato per anni la specializzazione di Davide, esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Davide era esperto di un sistema di puntamento Teseo Otomat che veniva installato sulle principali fregate italiane che venivano vendute all'estero, come la Lupo o la Maestrale, dove lo stesso Davide Cervia era stato addestrato e aveva partecipato all'istallazione del Teseo Otomat. Il fatto è che a negare è stato lo stesso reparto che ha rilasciato all’uomo la specializzazione. Per la Marina Davide era un semplice elettricista ma la famiglia dell’uomo a quel punto, il 12 settembre del 1994, occupò per una decina di ore le stanze del ministero della Difesa, allora diretto da Cesare Previti, ottenendo, dopo un paio di giorni, il foglio matricolare con le specializzazioni dell’uomo. Nel 1998 la Procura generale di Roma  ottenne dal Sismi le note informative, che ipotizzavano il rapimento da parte di stati mediorientali e nordafricani. Per i servizi segreti della Marina militare (Sios), il caso era irrilevante: “i responsabili non ritennero l’episodio più di pertinenza di quell’ufficio”, si legge nella richiesta di archiviazione del fascicolo del 1999.

 

L'ipotesi della scomparsa

Marisa è decisamente convinta che un organizzazione criminale sia l’artefice della scomparsa del marito, sequestrato sei anni dopo il congedo, a poca distanza dall'invasione del Kuwait e dallo scoppio della prima Guerra del Golfo: “ Pensi che ipotesi – dice Marisa – prima lo Stato li addestra e poi li fornisce come accessorio all’armamento. Impossibile vero?”. All’epoca del rapimento c'era un embargo in atto da parte delle Nazioni Unite che imponeva all'Italia e ad altri Paesi come la Francia il divieto di vendere armi o addestrare militari dei Paesi del Medio Oriente. Questo bando internazionale coinvolgeva tutta una serie di sfere politiche e militari che probabilmente ha portato al rapimento di Davide Cervia. Comparse addirittura un biglietto aereo a nome di Davide Cervia l’8 gennaio del 1991. Ma poi pare scomparve.  E allora perché il corpo di Davide non è mai stato ritrovato? Davide Cervia è figlio della bandiera tricolore, è stato un onesto lavoratore ed è padre di famiglia, un uomo la cui vicenda non può essere dimenticata perché con tutta probabilità nasconde dinamiche messe in atto da poteri forti che i comuni mortali non possono conoscere. Ma bisogna sempre cercare la verità.

 

L’appello di Marisa

“Davide è vittima di alcune istituzioni italiane che negando lo stato di fatto si sono rese complici di un episodio criminoso, perché si parla di rapimento – dice la donna piena di rabbia ma ancora carica di una ammirevole volontà di lottare – mai Davide avrebbe immaginato di correre pericoli di questo genere, non me accennò mai. La sua storia non può essere dimenticata, non deve finire con un’archiviazione”.

 

Il rapimento

La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d'ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia. L’1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all'età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa la settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.




DAVIDE CERVIA: NEL 2015 ATTESA UNA PRESCRIZIONE CHE LASCIA ANCORA TROPPI INTERROGATIVI

di Chiara Rai

Velletri (RM) – “Anche questa volta ci precludono il diritto alla verità, ci avviamo verso una archiviazione per prescrizione”. E’ amareggiata Marisa, moglie di Davide Cervia scomparso misteriosamente nel 1990 dopo un turno di lavoro alla Enertecnel Sud di Ariccia, a circa 15 minuti dalla sua abitazione a Velletri. In primavera 2015 dovrebbe arrivare la prescrizione tanto indesiderata da lei e i figli Erika e Daniele Cervia che in 24 anni di ricerche hanno lottato soprattutto contro le stesse istituzioni per ottenere da un tribunale una sentenza che confermasse la tesi del rapimento. E ancora l’ombra della scomparsa di Davide Cervia tormenta la famiglia, colpita tutt'oggi, da telefonate anonime non appena si risveglia l’attenzione su Davide, sia con un sit in o anche con la semplice realizzazione di un documentario.

L'attentato

Nel 2012, tre giorni prima delle riprese di un docu – film sul caso ( regia di Francesco Del Grosso, titolo "Fuoco Amico"), ci fu un attentato a casa Cervia: Qualcuno ha fatto esplodere le finestre alle 13:30 di giorno. Marisa racconta che i vigili, su sollecito,  non sono intervenuti soltanto dopo 45 giorni. Gli inquirenti non avrebbero indagato in maniera approfondita tanto che addirittura le fotografie che riguardavano i particolari dell’esplosione non sono mai risultate nei fascicoli.  

La citazione in giudizio ai Ministeri della Difesa e Giustizia

Tutto sembra dunque rapidamente evolvere verso il silenzio definitivo della giustizia, nonostante i 54 punti presentati dalla famiglia nel 2012 per la citazione in giudizio ai ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”. Una citazione, firmata dal legale Alfredo Galasso difensore di parte civile dei famigliari delle vittime di Ustica, insieme all’avvocato Licia D’Amico,  che raccoglie un groviglio di negligenze e depistaggi che hanno accompagnato I’indagine fin dal primo giorno, come riconosciuto dalla stessa Corte di appello.

Il ruolo della Marina Militare

Punto fondamentale è che la Marina Militare ha negato per anni la specializzazione di Davide, esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Davide era esperto di un sistema di puntamento Teseo Otomat che veniva installato sulle principali fregate italiane che venivano vendute all'estero, come la Lupo o la Maestrale, dove lo stesso Davide Cervia era stato addestrato e aveva partecipato all'istallazione del Teseo Otomat. Il fatto è che a negare è stato lo stesso reparto che ha rilasciato all’uomo la specializzazione. Per la Marina Davide era un semplice elettricista ma la famiglia dell’uomo a quel punto, il 12 settembre del 1994, occupò per una decina di ore le stanze del ministero della Difesa, allora diretto da Cesare Previti, ottenendo, dopo un paio di giorni, il foglio matricolare con le specializzazioni dell’uomo. Nel 1998 la Procura generale di Roma  ottenne dal Sismi le note informative, che ipotizzavano il rapimento da parte di stati mediorientali e nordafricani. Per i servizi segreti della Marina militare (Sios), il caso era irrilevante: “i responsabili non ritennero l’episodio più di pertinenza di quell’ufficio”, si legge nella richiesta di archiviazione del fascicolo del 1999.

L'ipotesi della scomparsa

Marisa è decisamente convinta che un organizzazione criminale sia l’artefice della scomparsa del marito, sequestrato sei anni dopo il congedo, a poca distanza dall'invasione del Kuwait e dallo scoppio della prima Guerra del Golfo: “ Pensi che ipotesi – dice Marisa – prima lo Stato li addestra e poi li fornisce come accessorio all’armamento. Impossibile vero?”. All’epoca del rapimento c'era un embargo in atto da parte delle Nazioni Unite che imponeva all'Italia e ad altri Paesi come la Francia il divieto di vendere armi o addestrare militari dei Paesi del Medio Oriente. Questo bando internazionale coinvolgeva tutta una serie di sfere politiche e militari che probabilmente ha portato al rapimento di Davide Cervia. Comparse addirittura un biglietto aereo a nome di Davide Cervia l’8 gennaio del 1991. Ma poi pare scomparve.  E allora perché il corpo di Davide non è mai stato ritrovato? Davide Cervia è figlio della bandiera tricolore, è stato un onesto lavoratore ed è padre di famiglia, un uomo la cui vicenda non può essere dimenticata perché con tutta probabilità nasconde dinamiche messe in atto da poteri forti che i comuni mortali non possono conoscere. Ma bisogna sempre cercare la verità.

L’appello di Marisa

“Davide è vittima di alcune istituzioni italiane che negando lo stato di fatto si sono rese complici di un episodio criminoso, perché si parla di rapimento – dice la donna piena di rabbia ma ancora carica di una ammirevole volontà di lottare – mai Davide avrebbe immaginato di correre pericoli di questo genere, non me accennò mai. La sua storia non può essere dimenticata, non deve finire con un’archiviazione”.

Il rapimento

La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d'ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia. L’1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all'età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa la settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.




VELLETRI CASO SEQUESTRO DAVIDE CERVIA, SLITTA AD APRILE LA CAUSA CONTRO I MINISTERI DELLA MARINA E DI GIUSTIZIA

Redazione

Velletri (RM) – Per una improvvisa indisponibilità del giudice Eugenio Curatola, della seconda sezione civile del tribunale di Roma, è slittata al 30 aprile 2013 l'inizio della causa intentata contro i ministeri della Marina Militare e della Giustizia dai familiari di Davide Cervia. Un sit-in, cui hanno preso parte familiari, amici e conoscenti di Cervia, si e' tenuto davanti l'ingresso di viale Giulio Cesare per "chiedere verità" sulla sorte di Cervia. "Ho paura che la gente dimentichi – ha detto la moglie Marisa Gentile – quanto avvenuto a mio marito deve avere una risposta". Alla base della citazione a giudizio dei due dicasteri i "ritardi – sottolineano i familiari – i depistaggi e le omissioni'' che hanno impedito di accertare la sorte del loro congiunto soprattutto alla luce del decreto di archiviazione del 5 aprile 2000 nella quale si parla di sequestro dell'esperto elettronico.

Davide Cervia è stato sequestrato. Non ci sono dubbi: era un esperto di armi elettroniche, talmente bravo che faceva gola a quanti hanno bisogno di addestratori. Il giorno della sua scomparsa il vicino di casa vide alcuni uomini caricare Davide a bordo di un’auto, ma non fu creduto: aveva problemi di vista ed era un anziano. La moglie e la figlia di Cervia hanno lanciato  un appello al pubblico di “Chi l’ha visto?”. E si è fatto avanti un altro testimone. Dopo 23 anni si riaprirà il caso di Davide Cervia?

Davide Cervia, nato a Sanremo (Imperia) nel 1959, sposato con Marisa, dalla quale ha avuto due figli, viveva con la famiglia a Velletri (Roma). La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d'ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia. L’1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all'età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Un precedente, ignoto fino a quel momento alla famiglia, sul quale è stata basata l’ipotesi del possibile movente di un rapimento alla vigilia della prima Guerra del Golfo, la prima guerra elettronica. Le lettere anonime che la famiglia di Davide Cervia ha ricevuto nei messi successivi alla sua scomparsa, sembrano portare in quella direzione. In una chi scrive indica Davide Cervia come vittima di un bombardamento a Baghdad. In un’altra si dice invece che è vivo, prigioniero in Libia o in Arabia Saudita. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa la settembre del 2102 hanno citato a giudizio i ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.