Minori, Tagliente: “Non confondiamo il bullismo con la delinquenza minorile”

di Francesco Tagliente, già Questore di Roma e Prefetto di Pisa

Attenzione alla devianza minorile e non confondiamo il bullismo con la delinquenza minorile.

In questi giorni si è tornato a parlare di violenza fra i banchi di scuola e atti di bullismo.
Un bambino vittima di bullismo a scuola commuove gli Stati Unti. Sua madre ha ripreso il suo sfogo con una video poi postato sui Social Network che in poche ore ha ottenuto 16 milioni di visualizzazioni.
A Palermo un ragazzino di 12 anni, stanco di subire atti di bullismo, ha tentato di darsi fuoco in classe, ma gli insegnanti e i compagni sono riusciti a bloccarlo.

Quando la nuova preoccupante devianza giovanile si manifesta come azione di gruppo nei confronti di uno o più individui incapaci di difendersi, costretti a subire una limitazione della libertà, non si può parlare solo di bullismo. Ci sono comportamenti che non possono essere derubricati a mero bullismo.

In questi casi bisogna capire se ci troviamo di fronte ad adolescenti disturbati, che avrebbero bisogno di aiuto perché solo disadattati e insicuri che ‘si difendono’ facendo il gradasso soprattutto in gruppo, oppure si tratta di giovani pre-delinquenti che compiono consapevolmente atti da delinquenti.

Se siamo in presenza di violenza privata, sequestro di persona, furto, rapina e lesioni non si può più trattare la questione solo come bullismo. Sarebbe diseducativo. Andrebbero bloccate le emulazioni facendo passare i responsabili davanti all’Autorità deputata a valutare la forma più idonea alla rieducazione sfuggita alla famiglia e alla scuola.

Abbiamo il dovere di far capire con ogni mezzo a bulli, pre-delinquenti e delinquenti, che la dignità della persona, valore e pilastro fondante della nostra Costituzione, non può essere calpestata impunemente.

Forse è arrivato il momento di far riflettere anche la politica che deve dare una risposta in materia di bullismo e delinquenza minorile tenendo presente che non esiste solo l’età anagrafica. La capacità di intendere e di volere di una persona andrebbe valutata tenendo presenti tre parametri: l’età anagrafica, quella biologica e quella psicologica.