IV Governo dei presidenti: per la democrazia in fondo a destra…

 

di Roberto Ragone

E’ ormai chiaro che gli Italiani, con il sonoro NO del 4 dicembre, sono sfuggiti, più o meno consapevolmente, a quella trappola che Renzi &Co. avevano teso loro, combinando il tutto – il famoso ‘combinato disposto’ tanto caro a Berlusconi – con la nuove legge elettorale, un Italicum che sarebbe andato benissimo se a vincere fosse stato il SI’ (I Piddini non parlano di vittoria del SI’, ma di Renzi, lapsus freudiano), ma che improvvisamente s’è scoperto anticostituzionale, nonostante il suo pregresso. Infatti la legge Italicum era stata  a suo tempo dichiarata anticostituzionale da un Mattarella in quota alla Corte Costituzionale; lo stesso Mattarella che, da presidente della Repubblica, l’ha firmata senza batter ciglio.

 

Con il SI’ al referendum, l’Italicum avrebbe chiuso definitivamente le manette ai polsi di noi tutti. Ma a volte basta un sassolino per confondere il meccanismo più perfetto. Gli autori: Sensi, spin doctor di don Matteo, e Messina, il guru venuto da lontano ad incassare, pare, 400.000 euro per garantire la vittoria referendaria: che poi in realtà sarebbe stata la vittoria di Renzi e della sua politica. Non avevamo torto quando, da queste colonne, mettevamo in guardia i chiamati al voto, nonostante la propaganda martellante su tutti i media, senza alcun rispetto per una presunta par condicio, coinvolgendo anche la stessa scheda utilizzata per il voto, palesemente faziosa. Ed anche i ricorsi contro la scheda sono andati a vuoto, facendo per lo meno sospettare dell’obiettività dell’esame dei ricorsi stessi. Così, dopo un meraviglioso 60 a 40, pensavamo finalmente che la volontà dei cittadini fosse chiara, e che i preposti alla nostra amministrazione pubblica ne facessero tesoro.

 

Ma no, tutto continua come prima, con il quarto governo non eletto, ma imposto dall’alto, e gli Italiani inviperiti. Dov’è la democrazia, in questo paese? Forse in fondo a destra, come quando al ristorante cerchi la toilette. Dopo Prodi con l’euro, Monti con l’austerity assassina, Letta l’indeciso e Renzi l’arrogante, oggi ci godiamo Gentiloni il ‘felpato’ – così è stato definito – un presidente del consiglio a sua insaputa che pare scorrere su ben lubrificati cuscinetti a sfere, tanto la strada è facile, è già tracciata, ed è controllata da  re Giorgio. Anche se oggi il PD & Co. non sanno più dove sbattere la testa. La priorità non è, come potrebbe sembrare, la prosecuzione della legislatura, ma una legge elettorale che consenta di tagliare fuori i Cinquestelle, evidentemente in grande crescita. Nel frattempo continua la cerimonia di avvicendamento alla guida del governo, con un Gentiloni più che malleabile, scelto proprio per la sua capacità di adattarsi a qualsiasi evento politico. Se vogliamo, Nardella, Gentiloni e Mattarella hanno una cosa in comune: l'essere una proiezione degli originali: Nardella di Renzi come sindaco di Firenze, Gentiloni come presidente del consiglio; Mattarella di Napolitano. Un Napolitano che a noi piace vedere ancora come una presenza attiva nelle decisioni di questo governo, una specie, mi si passi il termine, di 'presidente ombra'. Se vogliamo prevedere ciò che succederà, basta guardare ciò che Napolitano farebbe se fosse al potere – in modo evidente.

 

La svolta che tutti aspettavamo dopo il 4 dicembre, e che non c'è stata, sembra proprio portare la sua firma. Ignorare ciò che è successo, e continuare installando il quarto governo non eletto, contro il volere della maggioranza dei cittadini, democraticamente espressa con un voto plebiscitario, è da gesuita: cioè, ignorare semplicemente che sia successo qualcosa, come fa la Chiesa Cattolica quando è in imbarazzo. Come quando un giornalista gli chiese se si fosse accorto del boom del Cinquestelle, alle ultime politiche, e lui rispose che l'ultimo boom di cui si era accorto era stato quello degli anni '60, il boom economico. Per re Giorgo i Cinquestelle rappresentano una spina nel fianco, come per tutto il PD, oltre che per Berlusconi e Forza Italia, e questo si respira nelle sue esternazioni. Insomma, via Renzi, arriva Gentiloni, e il voto del 4 dicembre va a pallino. Come niente fosse. Si notano comunque le tracce di contatti di corridoio avuti con gli esponenti delle varie forze politiche. Romani, FI, con a fianco un Brunetta stranamente mansueto, ha dichiarato che Gentiloni darà il via ad un governo 'normale', come se il governo di Gentiloni fosse ‘normale’, e non una stortura della democrazia; e questo la dice lunga su chi Berlusconi appoggerà in parlamento. Ricordiamo tutti Brunetta inviperito tuonare contro Renzi, e il suo governo, oggi stranamente – o prevedibilmente – silenzioso. E questo è solo uno dei sintomi che in appresso andremo ad annotare. Non ha importanza chi sarà nominato a capo dei vari ministeri in queste ore, tanto non cambierà nulla. E non è cambiato neanche Renzi, dopo la batosta che ha preso. In direzione PD ha ritrovato – ove mai l'avesse persa – tutta la sua arroganza. Speravamo che avesse capito, ma sembra di no. Il governo Gentiloni è nato per arrivare a fine legislatura, come appare molto probabile, nonostante voci di elezioni anticipate, delle quali Renzi dice di non aver paura. Allungare i termini per un confronto gioverebbe certamente al potere in carica, consentendo di consolidare alleanze  più o meno legittime: con il dichiarato proposito di spegnere tutte e cinque le stelle di Grillo, chissà, con qualche scandaluccio, tipo firme fasulle, opportunamente montato sui media a traino. Mentre il presidente emerito, re Giorgio Napolitano muove le fila per distruggere il nemico – politico. Si vedrà.

 




LA SFIDA ORMAI E’ TRA DEMOCRAZIA E DITTATURA: LA POLITICA NON ESISTE PIÙ!

di Cinzia Marchegiani

A scattare una fotografia della nostra nazione interviene l’Avv. Marco Mori, non un semplice professionista dei fori italiani, a maggio 2014 ha provveduto a depositare a nome dell’associazione “Salviamo gli Italiani”, sette denunce penali relative al colpo di Stato finanziario in essere, e come dice lo stesso Mori, da allora la situazione è già profondamente mutata, purtroppo in peggio. Un’analisi cruda e irreale sembra avvolge il nostro paese dove sul banco degli imputati per primo l’avv Mori mette l’assenza di vero dibattito politico:”Pare davvero sconfortante giungere a tale conclusione Basta solo pensare che, il semplice fatto che un paese torni al voto, diventa un motivo per un catastrofico crollo della borsa, come successo ieri in Grecia. Tutto ciò è completamente inaccettabile. Se i mercati manipolano la democrazia, significa semplicemente che essa non esiste più. Non è la forza economica che deve determinare le scelte politiche in un paese, ma tali scelte devono essere frutto della volontà popolare, che si forma sulla base della maggioranza, secondo l’esercizio del diritto di voto (diritto che in Italia non si esercita legittimamente dal 2005, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 1/2014). La maggioranza deve avere anche il sacro diritto di sbagliare, non si può commissariare la democrazia.”
E lo specchio di questa società viene metodicamente studiato da chi in quelle maglie delle leggi fa i conti tutti i giorni e ne conosce il valore e le potenziali trappole che purtroppo a prima, ma anche a seconda attenta lettura non se ne comprende immediatamente né il pericolo e l’imponderabile irreversibilità. Con un viaggio quasi materico l’avvocato Mori ci spiega come mai siamo finiti a dover assistere quasi inermi alla sfida tra democrazia e dittatura, nella sua interezza lasciamo al lettore la lettura:

«Oggi, nel nostro paese, non è più possibile nutrire, come democrazia vorrebbe, il medesimo rispetto o la medesima dignità verso ogni avversario politico. Si può fare solo ed unicamente un distinguo: da una parte coloro che voglio smantellare la sovranità nazionale ed i diritti individuali di ogni cittadino in nome del profitto dei mercati, divenuti la nuova forma di espressione dei rapporti di forza internazionale, dall’altra chi, indipendentemente dal colore politico attuale o di un tempo, legittimamente pretende che solo il popolo sia sovrano in qualsiasi scelta nazionale nel pieno e totale rispetto della Costituzione.
Chi appartiene alla prima fazione non può essere considerato una controparte con cui dialogare. Deve essere considerato come un soggetto eversivo, deve essere considerato come colui che sta per cancellare, in un sol colpo, i secoli di lotte e sangue che hanno portato alla nascita delle moderne democrazie. Oggi la sfida è tra forze democratiche, di ogni colore e credo politico, ed una dittatura finanziaria e relativista che cancella scientemente valori, identità nazionale e diritti umani.

Chi, come me, crede fermamente nella democrazia e nella forza della legge, come espressione dei valori fondamentali naturalmente riconosciuti, non può che avere la morte nel cuore mentre espone simili concetti. Non è piacevole ammettere che una fazione, un’importante fazione del panorama politico italiano, non ha più alcuna legittimazione democratica, ma rappresenta esclusivamente un movimento di carattere eversivo. La maggioranza del PD (dunque fatti i salvi i sempre più numerosi esponenti del partito aspramente critici con la politica ordoliberista), nonché i partiti che ne appoggiano le politiche non rappresentano un’espressione del libero pensiero democratico, ma costituiscono una gravissima minaccia per la Repubblica.

La parte del PD e gli altri partiti che portano avanti le politiche criminali della Troika sono divenuti associazioni contro l’ordine costituzionale. Come sempre, anche per non incorrere in conseguenti responsabilità penali, alla luce della forza dei concetti che espongo, risulta necessario riepilogare brevemente da dove derivi la totale fondatezza, ed assoluta insindacabilità, degli stessi (se si hanno adeguate basi scientifiche in materia economica e giuridica).
Nel nostro paese la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (ex art. 1). Laddove tale sovranità è strappata a chi la dovrebbe detenere legalmente non può che parlarsi di atto eversivo, e ciò a prescindere dai metodi all’uopo usati (un corso sul tema servirebbe, come noto, a Giorgio Napolitano…). Imporre un vincolo esterno al controllo popolare della sovranità, nello specifico un vincolo economico e monetario da parte di un ordinamento straniero qual’è l’UE, è un atto contrario al diritto ed alla democrazia.

Quando i mercati influenzano l’andamento della democrazia solo un’opzione è legittima e conforme alla forma Repubblicana del nostro Stato. Qual’è l’opzione? Banalmente, cancellare i mercati, estinguerli! Ovviamente parlo di estinguere questi mercati parassitari che non producono alcunché a vantaggio dell’economia reale, ma la depredano. Si parla dunque di ripristinare il modello economico di cui alla nostra Costituzione, ovvero un modello liberale che tuttavia deve necessariamente anteporre l’interesse pubblico al profitto del singolo (art. 35 e ss. Cost.). Qualcosa dovrà pur distinguere l’uomo dalle bestie, oppure no?
Chiedere di cedere sovranità è pertanto una manifesta eversione dell’ordinamento democratico di cui si sono macchiati, a vario titolo, tutti gli esponenti degli ultimi Governi. Soggetti da punire ai sensi degli art. 241 e ss. c.p., ovvero di quei reati che sanzionano specificatamente la lesione di quel bene supremo che è la sovranità.

La Costituzione, come noto, prevede la sola possibilità di “limitare” la sovranità popolare, in condizioni di reciprocità con le altre nazioni, all’esclusivo fine di aderire ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia. Tali limitazioni devono avvenire, come riconfermato dalla Corte Costituzionale anche con la recentissima sentenza n. 238/2014, nel pieno rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento (art. 1-12 Cost.) e dei diritti inviolabili dell’uomo.
Le cessioni di sovranità monetaria ed economica verificatesi con le ratifiche dei Trattati UE sono palesemente contrarie, sia ai principi fondamentali della nostra carta (in primis in quanto appunto cessioni e non già mere limitazioni), che ai diritti inviolabili dell’uomo, che anzi tendono a smantellare progressivamente. Il mezzo con cui si è realizzato tutto ciò sono i vincoli di bilancio via via imposti fin dal poco noto “Protocollo 12″ allegato al Trattato di Maastricht, per poi arrivare oggi al terribile Fiscal Compact. Tali regole hanno causato e causeranno una crisi economica che costituisce e costituirà, ogni giorno di più, la leva con cui cooptare le popolazioni inducendole ad accettare lo smantellamento della democrazia.

Come hanno potuto dei parametri economici distruggere l’economia reale? Semplicissimo. E’ stato sufficiente fissare regole che imponessero agli Stati di tassare più di quanto spendono (a partire dal famoso 3% del rapporto deficit-pil). Uno Stato che tassa più della moneta che immette nel sistema attraverso la spesa, sottrae matematicamente risorse alla collettività finendo con il fermare l’economia reale per carenza di liquidità (come avverrebbe per un corpo a cui è stato tolto troppo sangue). La moneta non cresce nei campi, ma viene creata dal nulla (per lo più telematicamente), dunque se lo Stato non la immette in misura superiore a quanta ne toglie, ed in ogni caso in misura adeguata alle proprie necessità di scambio di beni o servizi dipendenti dalla produzione reale, non c’è via d’uscita alla recessione. La crescita è azzerata ed il risparmio negato istituzionalmente, con buona pace del dettato dell’art. 47 Cost. e della fondazione stessa della Repubblica sul lavoro.

Ovviamente lo scopo recondito di tutto ciò è che uno Stato inefficiente, perché obbligato a dimagrire a causa dei tagli necessari a “sostenere” simili suicidi economici, diventa inviso ai suoi stessi cittadini che a quel punto finiscono necessariamente per sostenere con passione il suo smantellamento, così andando esattamente laddove la finanza voleva portarli, ad un mondo dove l’unico diritto è rappresentato dalla forza economica ed in cui anche la vita ha un prezzo, spesso piuttosto contenuto. Bello privatizzare vero?
Ecco dunque che chi difende queste posizioni è solo e semplicemente un nemico della democrazia e della Repubblica con cui non è possibile rapportarsi. Speriamo che la Magistratura sappia prendere atto che gli artt. 241 e ss. c.p. vanno applicati, ed occorre farlo subito.

Ciascuno deve prendersi la propria responsabilità secondo il ruolo e la posizione occupata nella società, non si attende la manna dal cielo oppure il consenso, prima di far rispettare la legge. Falcone e Borsellino dovrebbero aver insegnato qualcosa a riguardo.
Che l’anno nuovo porti coraggio a chi di dovere. La mia coscienza è a posto, ho già fatto quanto potevo per la Repubblica e proseguirò.
Buon anno a tutti! Che sia quello della liberazione, vorrei tornare a fare solo l’avvocato…»