Elezioni 2018 e la carica dei 103, anghingò questo voto a chi lo do…

Ci si domanda, e farebbe piacere che qualcuno di quelli interessati rispondesse: ma sul serio voi politici credete di convincere la gente con i vostri sproloqui nei vari talk show, nelle interviste varie oppure in qualche comizio improvvisato fuori qualche outlet o altrove? Attenzione però, fate molta attenzione su come e cosa rispondere. Se rispondete che lo credete davvero allora confermate di ritenere che gli italiani sono stupidi, se invece rispondete di non crederlo, in questo caso dovreste spiegare il perché raccontate loro tante baggianate.

E’ la Carica dei 103. E’ la scimmiottatura della famosa pellicola di Walt Disney, film d’animazione. Quella presente è invece la fiera dei sogni e dei desideri

Tutti in gara a chi la dice più grossa. Dalle alte sfere, invece, si invita gli italiani ad andare a votare. Il Presidente in primis non risparmia le raccomandazioni. Il Cardinal Bassetti gli fa eco e per conto della Cei si raccomanda agli italiani di non disertare le urne. Andare a votare, canticchiando: anghingò, questo voto a chi lo do? Eminenza, non sarebbe peccato grave andare a votare chi ha introdotto leggi contro la morale della Chiesa? Esimio Signor Presidente, secondo Lei, sarebbe un atto civile votare a farci rappresentare da chi non è stato capace di dare risposte ai 4 milioni e seicentomila famiglie in povertà assoluta e ai 10 milioni e 4 mila famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese? Sarebbe un comportamento civile, promuovere a Montecitorio degli incapaci che pensano solamente ad aumentarsi gli stipendi?

Mentre dilaga la povertà, e loro insistono a non volere capitolare sui privilegi acquisiti, cosa deve fare il cittadino?

Ma che tipo di politico è colui che sa solamente ripetere “domani faremo, domani risolveremo?” Storia vecchia, poi, poi è la strada del mai, mai. Si ripete anghingò, questo voto a chi lo do…, se nessuno di quelli che si presentano ha saputo fermare il dilagare della delinquenza, nessuno di loro ha saputo porre argini all’immigrazione incontrollata, disorganizzata e caotica? E’ facile dire andare a votare, è un dovere civile! Al contrario, votare le persone sbagliate sarebbe un errore, un grosso danno al Paese, sarebbe un’offesa alle Istituzioni. Una formula sempre vincente per aiutare a decidere se votare, a chi votare ed eventualmente come votare, ce l’abbiamo in casa, sistema indiscutibile. Non c’è bisogno di chiedere niente ad alcuno. Le risposte alle nostre domande le abbiamo a disposizione a casa nostra. Come? Quali? Incominciamo a tirare fuori le bollette delle utenze. Le tariffe sono diminuite, sono aumentate, sono rimaste invariate? Diamo un’occhiata alle cartelle delle imposte e delle tasse. Troviamo degli sgravi o degli aumenti, nuovi carichi? Domandiamo alle signore che fanno la spesa, se con lo stesso misero stipendio acquistano le stesse qualità e le stesse quantità di beni oppure ogni giorno sono costrette a sacrificare delle voci dalla lista della spesa? Il servizio sanitario è di aiuto? La sicurezza fa stare tranquilli e la Giustizia pare “giusta”? Completata questa semplice analisi, poi si gira il pensiero un po’ più in alto e cerchiamo di elencare i privilegi e la vita agiata di coloro che dovevano pensare al bene comune. Cosa ha fatto per il cittadino comune la politica durante questi ultimi 20 anni di governo? Ognuno si faccia questo esame e poi decida se, come ed a chi dare il voto.

In inglese c’è un vecchio saggio che trova nell’italiano il suo equivalente in: “il gatto scottato teme l’acqua fredda”.

Questa volta sta a ogni italiano decidere se rischiare di scottarsi nuovamente oppure imparare dal saggio felino e dopo le esperienze precedenti, avvicinarsi con molta cautela anche all’acqua fredda e aria fritta disseminata per tutta la penisola dalla carica dei 103.




Elezioni 2018, chi ci salverà dall’Europa dei ragni, degli scorpioni e dei vermi?

La XVII legislatura è giunta felicemente – si fa per dire – a termine. Il 4 marzo prossimo all’Italia verrà richiesto di scegliere a “scatola chiusa”. Una legge elettorale incomprensibile e protagonisti sconosciuti si agitano per tutta la penisola. Il Viminale informa che per questa kermesse elettorale, i simboli presentati sommano a ben 103, una rissa, una calca, tutti a spingere per accaparrarsi un posto a tavola.

Si mangia! Cosa offre lo chef? Questa volta ha pensato l’Europa a suggerire il menù

Il 4 marzo l’Europa farà da ago della bilancia nella scelta dei candidati visto e considerato che, a prescindere dalle promesse bufale a gogo, nessuno dei contendenti ha saputo formulare un progetto veramente realizzabile. Intanto i primi posti a tavola vengono occupati da quelli che portano magliette con il logo “I love Europa”, tipo la maglietta preferita da Mariano Rabino. Accanto si accomodano i signori di “più Europa” con Emma Bonino, convertita dal multiforme politico Bruno Tabacci. Più Europa e così sia! L’Europa dai suoi membri esige sempre di più cose che non dovrebbero interessare il suo dominio, come le valvole ai caloriferi, la curvatura delle banane, le buste di plastica per frutta e verdura e tanto altro. Le pretese dei commensali del “più Europa” anche questa volta non rimangono disattese e da Bruxelles per l’occasione arriva il menù ad hoc.

Una legge del 2015, promulgata esattamente il 25 novembre di due anni fa, a cui si è deciso di dare attuazione solo adesso, trattando del “Novel food”, anche se in 22 pagine questo è stato richiamato solo marginalmente, dal primo gennaio 2018 potranno essere messi in commercio nuovi tipi di alimenti provenienti da “colture di cellule o di tessuti ottenute da animali, vegetali, microorganismi, funghi o alghe” e persino “nanomateriali ingegnerizzati”. Ciò detto, a pranzo e cena ci sarà da sbizzarrirsi gustando ragni impanati, carbonara coi lombrichi, vermi in salamoia, cavallette essiccate, grilli tropicali e locuste africane alla griglia e per finire il dolce al baco di seta. Tutto questo, grazie all’Europa. L’Europa lavora per te, più Europa e più menù gustosi a base di insetti esotici. Quello che forse non tutti sapevano e ce lo dice sempre e comunque l’Europa, è che: mangiare meno manzo e più insetti potrebbe salvare il pianeta. Il come ed il perché ce lo diranno forse, magari, può darsi. Marco Ceriani, fondatore della Italbugs (una realtà europea che si occupa di ricerca e sviluppo di matrici alimentari sicure, eco-sostenibili e ipoallergeniche, come per esempio le matrici di insetti.) startup nata al PTP Science Park di Lodi ma che ora lavora in Olanda, aveva dichiarato: “Sono stato audito in Commissione Agricoltura al Senato in autunno e pensavo che la situazione fosse un po’ più chiara ma mi sbagliavo”. Nulla di cui meravigliarsi. L’Europa pensa alla tua salute e non ti fa mancare la farina di baco di seta oppure l’integratore di grilli negli scaffali dei supermercati. Quello che non riesce all’Europa è trovare tempo e progetti per risolvere l’emergenza lavoro e quella dell’immigrazione. Bisogna accontentarsi, non si può avere tutto nella vita. Basta e avanza quest’Europa. Auspicarne un’altra oltre questa sarebbe un pò troppo.

Emanuel Galea




Campagna elettorale, tra dinosauri e confusione totale: questi gli effetti

Mai come questa volta, nella storia repubblicana, l’Italia è apparsa tanto allo sbando sotto elezioni. La confusione è totale, tutti contro tutti, promesse di marinaio gettate al vento come volantini pubblicitari da un aereo, come usava tanti anni fa, convegni, congressi, assemblee, adunanze, cene elettorali, propaganda casa per casa. Insomma, ognuno se ne inventa qualcuna per far giungere il proprio verbo a potenziali elettori, proprio a causa del fatto che questa generale confusione è palese, e tutti s’affannano a cercare di prendere voti in sacche di elettorato di indecisi o di astensionisti.

Il lavoro dei sondaggisti in questo periodo – manca poco più di un mese alle elezioni e l’orgasmo aumenta – è altrettanto convulso

Gli insulti ai presunti partiti in vantaggio si sprecano, a detrimento invece dell’enunciazione di un programma serio, organico e credibile, e soprattutto realizzabile. C’è chi vuole ‘abolire la Fornero’, senza specificare se si tratti della ministra in persona o della sua legge: dati i disagi, è plausibile pensare che la prima soluzione sia quella più gettonata. C’è chi vuole gli ‘Stati Uniti d’Europa’, come il nostro ineffabile mancato rottamatore don Matteo Renzi, che non riflette che gli ‘Stati Uniti d’America’ sono una nazione che ha una sola storia, una sola anima, una sola cultura, pur variamente sfaccettata, e un solo Presidente. E’ soltanto divisa in Stati e federazioni, ma si chiama, tutta intera, America. L’Europa, al contrario, è fatta di nazioni con storie, tradizioni, interessi e culture diverse, unite a forza solo in una moneta fasulla senza alle spalle un corrispettivo in oro, come sarebbe d’obbligo. L’acqua e l’olio non si potranno mai amalgamare organicamente. Ci sarà un motivo per cui in Calabria si mangia la ‘nduja e a Stoccolma le aringhe.

L’Europa è già fallita, alla prova dei fatti

Dopo lustri di Parlamento e di leggi per la maggior parte inutili e fuori dalla realtà, essa ha mostrato il suo vero volto: chi ha convenienza a tenerla ancora in vita sono le lobby: commerciali, multinazionali, finanziarie, bancarie. In tutto questo bailamme chi ti spunta, come un fungo a primavera? Proprio lei, Emma Bonino, riciclata a forza da chissà quale alchimia politica e da quale sondaggio. Qualcuno si chiederà: ma non era malata di cancro, e pareva che avesse i giorni contati, tanto che qualche lacrimuccia era scesa un po’ a tutti? Non si sa. Il fatto è che la sua lista “+ Europa” è apparsa improvvisamente fra quelle già conosciute. I sondaggi la danno al secondo posto dietro a Gentiloni, – che piace anche per gli occhiali da studente di Oxford e quel suo ciuffo sbarazzino che gli cade sempre sugli occhi, molto sexy – avvantaggiato dall’essere l’attuale Presidente del Consiglio: qualcuno preferisce quella continuità, piuttosto che perdere le posizioni acquisite. Specialmente ora che è stato annunciato che saranno erogati ai dipendenti pubblici arretrati che mai avrebbero percepito, proprio due giorni prima delle consultazioni. La minaccia di recessione, poi, è stata esplicita, in caso di cambio di guida politica, sia da parte di Gentiloni che di Moscovici.

Tutti promettono le stesse cose, e la Bonino si è adeguata al passo

Come tutti la Bonino parla di ‘crescita’, intendendo i conti pubblici e l’incremento industriale, ‘ calo del debito pubblico’, ‘crescita per le famiglie’ – proprio lei, l’abortista, madre della 194, quella che, ci sono le foto, praticava aborti di nascosto con una pompa di bicicletta, tanto era convinta che fosse un diritto delle donne – e non si capisce, dati i suoi trascorsi e mica tanto trascorsi, come mai sia diventata paladina di una istituzione che ha sempre combattuto, appunto, con gli aborti, che non fanno bene alla crescita demografica, con l’eutanasia – stesso discorso – con le unioni gay, notoriamente non produttive sotto quel profilo. A meno che non ti chiami Nichi Vendola e ti vai a ordinare un figlio in Canada, affittando l’utero altrui. Insomma, a sentir parlare Emma Bonino, par di sentire un disco rotto: tutti vogliono crescita, calo del debito pubblico, più soldi per le famiglie, acquisizione i di diritti – delle donne, Emma è notoriamente femminista, anche se oggi i rapporti si sono capovolti – e via così. Il nulla più il nulla, parole al vento corroborate da una pubblicità televisiva a cui da tempo c’è da augurarsi che i meno sprovveduti abbiano smesso di credere. Enunciare tanti bei risultati, senza spiegare come arrivarci, e soprattutto senza avere la competenza necessaria, vuol dire il vuoto più totale. A nulla vale quel manifesto ‘Più Europa’, anch’esso è vuoto di significato, fatto per suggestionare i gonzi che ancora credono che l’Europa sia un vantaggio per i cittadini italiani. Certamente lo sarà per il ministro Padoan, che s’è affrettato a mettere i conti a posto, almeno sulla carta, per fare la posta a ulteriori finanziamenti Bei e Fei, sulle spalle di chi dei finanziamenti in oggetto vede solo gli aumenti delle tasse e delle imposte, più o meno occulti. Denaro che l’Europa dovrebbe erogare all’Italia, e di cui sono già previsti l’impiego e la destinazione: ma dei quali a noi gente comune non arriverà un bel nulla, neanche sotto l’aspetto di sgravi fiscali o di più servizi, o di aumento di pensioni. Insomma, alla riesumazione periodica di Prodi eravamo abituati, come di altri personaggi ex Diccì che sopravvivono nel limbo della politica, e di cui ci si ricorda soltanto quando – come in questo caso – ogni voto è determinante. Ma la Bonino no, per favore. I dinosauri lasciamoli nei musei, o a Jurassic Park. Dove potremo portare i nostri nipotini, a guardarne gli scheletri. E ad insegnar loro che in nome di una libertà che ognuno concepisce a suo modo non si può far tutto ciò che si vuole. Neanche gli Stati Uniti d’Europa.

Roberto Ragone




Moscovici ‘preoccupato’ per i risultati delle elezioni italiane: dobbiamo sperare in Putin?

Se c’è una cosa di cui il segretario UE Pierre Moscovici non si deve preoccupare, è proprio il risultato elettorale in Italia. Anzi, la verità è che questo argomento non lo riguarda e non lo deve riguardare, né da vicino, né da lontano. Altre voci si sono unite a questa lamentazione preventiva, compreso il commissario per il lavoro , il finlandese Jyrki Katainen, che parla di “Situazione molto delicata, spero che l’Italia sia guidata da un governo stabile pro-europeo”. Il vicepresidente della Commissione, l’olandese Frans Timmermans, non ha perso l’occasione di censurare il leghista Fontana per la sua famosa e sfortunata frase riguardante la razza: ma ormai farlo è come sparare sulla Croce Rossa, visto che Fontana non sa più come scusarsi e come fare ammenda dell’errore.

Eppure ha avuto un precursore illustre:

Il vescovo emerito di Ferrara, monsignor Luigi Negri, che parlando di Islam e di integrazione, su Il Giornale.it dell’8 gennaio, afferma: “Siamo a rischio di eliminazione della società, ci stiamo arrendendo all’anticristianesimo.” E poi: “L’integrazione deve essere ragionevole, e non si possono aprire le porte come fosse una festa – continua Negri – senza mettere in evidenza i costi economici, umani e culturali dell’immigrazione, perchè questo significa fare del qualunquismo ideologico. Sono cattolico, e pertanto sono per l’accoglienza delle diversità, ma essa non può essere senza misure, perchè altrimenti porta allo schiacciamento e all’eliminazione della nostra società.” Insomma, null’altro che ciò che Fontana ha espresso in maniera maldestra, col timore di vedere, fra una cinquantina d’anni, tutti gli Italiani color caffè latte. Il che di per sè non è disdicevole, ci sono altri popoli prima di noi che hanno avuto lo stesso risultato: soltanto che succederà che un Italiano originale DOC bisognerà cercarlo col lanternino, e magari le generazioni più giovani si chiederanno chi siano quei personaggi rappresentati in marmo nei musei, magari degli alieni di un’altra civiltà sbarcati da dischi volanti. Battute a parte, non è razzismo, è soltanto obiettività, un guardare le cose in faccia. Un altro sintomo inquietante – per noi Italiani – è che Padoan abbia dichiarato – ce n’era bisogno? – che lui e Moscovici sono “molto amici”. Date le sue dichiarazioni, non vediamo, tra l’altro, quale manovra possa operare il ministro della burocrazia Padoan per far crescere l’economia italiana non soltanto nelle dichiarazioni di Renzi e nelle sue – di Padoan – fantasie.

Il grafico che ha presentato da Lucia Annunziata lascia il tempo che trova, ed è lecito dubitare della sua credibilità, dato che da quella parte si tende a classificare come posto di lavoro – anche a tempio determinato – anche un lavoretto di due ore. Perfino Bersani, notoriamente di sinistra, ha criticato il fatto che i ‘posti di lavoro’, che siano un milione o due – come afferma don Matteo Renzi – sono calcolati anche sul lavoretto che un giovane universitario possa svolgere, magari falciando l’erba del prato del vicino. Nonostante la sua appartenenza politica, Bersani dice cose piuttosto giuste, lamentandosi che i suoi omologhi non riescano neanche a vedere ‘la mucca nel corridoio’. In pratica, il gioco – e sarebbe ora – afferma Bersani, è finito: non si può più prendere in giro la gente, bisogna rispondere alle esigenze della nazione in maniera concreta. Renzi finora ha soltanto giocato con la credulità dei più, ma ora bisogna smetterla: questa la preoccupazione di Bersani.

La preoccupazione di Moscovici, invece è che con Renzi fuori gioco con il suo PD, e i sinistri sparpagliati, nei confronti di un centrodestra tenuto insieme da Berlusconi – checché se ne dica, è ancora, alla sua età, l’uomo più leader di tutti – e di un M5S all’arrembaggio, chi sosterrà l’impalcatura europea, specialmente dopo la Brexit? È chiaro che l’uscita dell’Italia dall’UE, nel caso vincesse un partito antieuropeista, sarebbe fatale per l’Unione. Da Bruxelles vogliono un governo europeista in Italia, ma chi va a votare saranno gli Italiani, che dell’Europa, nella maggior parte, ne hanno ‘i Gentiloni pieni’, per parafrasare un titolo di Libero in prima pagina di qualche tempo fa.

Gentiloni, per Mosco &Co. sarebbe l’ideale: vellutato, tutt’altra cosa di Renzi, sempre in grigio – in realtà è grigio dentro come fuori – giacca e cravatta, senza le maniche di camicia di un Renzi in una ‘mise’ di sinistra ormai desueta, buona per gli anni ‘50 – ora anche la sinistra mette la giacca e la cravatta, tranne alla FIOM – origini moderatamente blasonate, in tinta con le pareti del Parlamento europeo, riesce a sparare balle con una credibilità che don Matteo non ha mai avuto. Ma sono balle istituzionali, bisogna dirlo a sua discolpa: sarebbe interessante sapere cosa direbbero questi personaggi rappresentativi se potessero parlare a cuore aperto.

Dopo tutto ognuno ha una sua dignità. In tutto questo, arriva un Moscovici qualunque, dopo che abbiamo anelato a questo appuntamento elettorale per anni, noi Italiani; non vediamo l’ora di andare alle urne per esprimere, dopo quattro governi non eletti, finalmente il nostro parere, – il nostro, non quello dell’UE – e ci vorrebbe scippare il risultato elettorale. Che sarà, tutto concluso, forse deludente, ma sarà il nostro, senza condizionamenti. Un intervento, il suo, da cartellino rosso, che dimostra che l’UE non è poi così solida come si vuol far credere. Anzi, a guardarla bene, è un organismo in putrescenza, come quelle balene che si spiaggiano e muoiono sulla battigia, ammorbando – meschine – l’aria per chilometri. Non è colpa loro, i balenotteri e i capodogli non vorrebbero spiaggiarsi, anzi. Ma sono fuorviati dalle air bomb dei petrolieri inquinatori e dai sonar dei grandi battelli da pesca.

E’ il progresso, miei cari, il progresso, e nessuno lo può arrestare. Si può invece arrestare l’avanzata di una Unione Europea che ci è stata nemica e antipatica fin dal principio, quando ha voluto colpire in maniera idiota i nostri prodotti tipici, sopravvissuti solo grazie alla caparbietà dei nostri produttori. E ci è stata, e ci è ancora più odiosa, quando ci costringe ad importare arance dal Marocco, olio d’oliva di infima qualità spacciato per OEVO, franco di dazio, venduto a tre euro e cinquanta nei supermercati, dalla Tunisia; frutta e verdura dalla Spagna, e chissà cos’altro dall’Algeria, il tutto per favorire pochi maneggioni che sono a ridosso dei nostri parlamentari europei, distruggendo la nostra agricoltura, e mettendo in ginocchio la nostra economia agricola. Bel risultato! E poi Moscovici e soci pretendono pure che il nuovo governo italiano sia europeista, e per far questo lanciano un messaggio per una ‘offerta che non si può rifiutare’, come Marlon Brando nel Padrino. Le frasi di Moscovici contengono un velato avvertimento: senza continuità, rischiamo di far la fine di Berlusconi, con lo spread oltre 500. Fatto fuori Renzi, il tavolo traballa, e i capi d’oltreoceano spingono l’UE a rinserrare le fila. A meno che non intervenga, come già ha fatto altre volte, il presidente emerito, re Giorgio, l’aggiustatutto.

In soccorso di Moscovici e della sua gaffe elettorale, interviene Tajani. “Pierre Moscovici è un commissario socialista francese” afferma Tajanima si fa fatica a credergli. “Non parla a nome dell’Unione Europea.” Comunque Tajani dice poi dell’Unione Europea che “Ci sono preoccupazioni in Europa per l’instabilità in Italia. Ma se fossi stato nei suoi panni, sarei stato più prudente, non avrei fatto quella dichiarazione nel mezzo della campagna elettorale”. Ha concluso Tajani: “Il messaggio della UE non è quello di Moscovici, le istituzioni europee non devono interferire.” Speriamo che sia vero, anche se è poco credibile, la posta in gioco è troppo alta. Comunque Tajani si è reso conto che Moscovici, come si dice, l’ha fatta fuori del vaso, e ha cercato di rimediare, ma ormai il danno è stato fatto. Tastando il polso a questa Europa, è chiaro che ci sono delle patologie gravi, come la preponderanza arrogante delle multinazionali. Al punto che ormai sono loro che governano di fatto, imponendoci prodotti e disposizioni di legge. Sullo sfondo la Trlaterale, o Bilderberg, o Nuovo Ordine Mondiale, o chiamatele come volete, ma sono i potenti della terra, così potenti da provocare le dimissioni di Berlusconi con la manovra di quattrocento miliardi sul mercato mondiale. Quattrocento miliardi di euro un uomo della strada li vedrà nella sua vita forse solo scritti sul muro: loro li maneggiano. Dovremo rassegnarci allo ‘schiacciamento islamico’ della nostra civiltà occidentale, come afferma Monsignor Negri? I nostri pronipoti saranno tutti caffelatte? Chi vivrà vedrà. A noi resta il privilegio d’aver vissuto un periodo in cui non c’erano queste trasformazioni. Forse fra un po’, a nome del gender, i bambini nasceranno grezzi, da rifinire verso la maggiore età, con gli organi sessuali relativi alla loro scelta. Oppure potranno scegliere di averli tutti, per una più completa e libera sessualità. I bambini nasceranno in provetta, su ordinazione, secondo le crocette tracciate su apposito questionario. Libertà, cosa non si fa nel tuo nome! Alla finestra, Putin osserva: e chissà che non sia proprio lui a risolvere la situazione. Dopo tutto, pare che i Russi siano molto bravi nell’hackeraggio elettorale, a far pendere la bilancia nella direzione voluta. Non sappiamo come la pensa, ma sarà forse meglio di ciò che ci si prospetta.

Roberto Ragone




Elezioni 4 marzo 2018, occupazione: il desiderio della “gente comune”

La campagna elettorale 2018 è al suo zenit mentre si avverte un’aria satura di confusione, di sciatte promesse e di tante figure ciarliere che padroneggiano strade, crocicchi, piazze ed incroci del Belpaese. Un suq che fa venire in mente il coloratissimo e fascinoso mercato di Marrakech con file interminabili di banchi e bancarelle, luogo dove ci si può lasciare incantare dall’infinità di offerte, mercanteggiare con i futuri elettori, estasiarsi, per modo di dire, dall’intensità degli aromi di aria fritta farcita di salsa elettorale d’annata al sapore nauseabondo di merce fumosa e persino stantia.
Il variegato mondo della politica conduce ad un dedalo di stradine utopistiche dove è facile perdersi per riemergere d’improvviso nel suq delle mille e un’offerta. Non c’è scritto da alcuna parte però “Per me si va nella città dolente, ……. nell’eterno dolore” (chissà se l’Alighieri non avesse in mente scene premonitrici dei tempi nostri!)

E’ proprio così, perché oltre il 4 marzo si intravede solo un punto morto, la stasi completa, un tunnel senza luce in fondo

Dopo tanta aria inquinata da sproloqui e promesse parolaie, la gente si è evoluta ed ha imparato a filtrare tutto ciò che gli arriva dagli schermi televisivi e dalle pagine dei giornali. Mentre nel cielo della penisola si addensa una fumosa coltre, portatrice di lanci propagandistici, tesi a carpire il favore di qualche ingenuo, un gruppo di cittadini, all’uscita del supermercato, discute sull’emergenza disoccupazione, che secondo l’ultimo rapporto Istat è stato il risultato peggiore dal 2015. Disoccupazione giovanile al 39% nel primo semestre 2017. Si dice che dopo sia scesa al 32%, anche se ciò sia dovuto al lavoro precario. Questa gente obietta al fatto che fino ad ora si sia parlato genericamente di circa 4 milioni di disoccupati “ufficiali” più altri 2 milioni invisibili, tralasciando, naturalmente, gli inattivi ovverosia gli sfiduciati che non cercano più lavoro, certi di non trovarlo. Innanzitutto, questo gruppo, fuori il supermercato, ribadisce che i vari governi, davanti a siffatto flagello, rimangono indifferenti ed in certi momenti cercano di travisare questi numeri. La gravità, invece sta nel fatto che nessuno sa cosa sia questa massa immensa di forza lavoro “sospesa in un limbo”, vittima di inoperosità, dilettantismo ed improvvisazioni. Nessuno sa quanti sono i meccanici, gli elettricisti, i falegnami, i ragionieri, gli ingegneri, gli amministrativi e gli informatici che cercano lavoro? Se non si sa chi, quanti e cosa si cerca, come si può pianificare? Il dibattito fra questa gente semplice continua ad andare avanti e ne emergono punti molto interessanti, fin’ora trascurati da quelli che dicono di occuparsi di politica nazionale.

Oltre il non essersi mai curati di identificare ed analizzare questa massa informe della disoccupazione, c’è un altro fattore non meno importante da considerare

Il buon senso vuole che per pianificare e distribuire correttamente la forza lavoro disponibile, occorrerebbe disporre di una mappa delle risorse naturali che offre il paese, da manutenere e mettere a disposizione dell’imprenditoria. Il Belpaese offre immense risorse, ad iniziare dalle distese di spiagge, da innumerevoli porti naturali, da una campagna fertile e verdeggiante , siti archeologici, monumenti storici, musei all’aperto, storia e cultura , sole ed acqua da sfruttare per l’energia, tutte risorse da mettere al servizio del ciclo produttivo. L’Italia è stata sempre un serbatoio di arti, mestieri e professioni e la storia ne è testimone. Sono la forza del paese e sottovalutarli sarebbe molto miope da chiunque lo faccia. L’agricoltura con tutto il suo indotto, le piantagioni, i vigneti, uliveti, le grandi estese di agrumi in Sicilia sono altre ricchezze della penisola. Riguardo quest’ultima voce, solo a pensare, fa venire i brividi vedere in quale considerazione sia tenuta questa branca, una continua svendita al primo turista straniero.

Infine da non trascurare le opere dell’ingegno, opere d’arte, opere scientifiche, la farmacologia, l’attività medica e non solo

Quanto discusso davanti al supermercato da gente comune, semplice oggetto di una lunga chiacchierata, dovrebbe invece costituire tema di studio, analisi, progettazione e pianificazione da chi oggi sta in piazza chiedendo il voto. Quei signori ai crocicchi e nelle stradine delle città, mendicando il consenso dei cittadini dovrebbero impegnarsi a conoscere ed identificare chi sono effettivamente i richiedenti lavoro e non ripetere il generico ed ormai logorato ed anonimo “#disoccupazione”. Solo avendo l’inventario completo delle risorse naturali che offre il paese e per contro una classifica dettagliata dei richiedenti lavoro, si potrà parlare di una seria pianificazione.

Quando non bollati come populisti, molto comunemente vengono definiti gente comune

A sentire i ragionamenti che fanno all’uscita dal supermercato, invece, di comune non ci sta proprio niente, se mai di semplicistico e molto “comune” c’è nelle promesse di tutti coloro che non avendo alcuna idea di cosa proporre per la diminuzione della disoccupazione, sono iscritti alla gara del cancellino, un tic contagioso ma non per questo meno meschino. Ad aprire il corteo, marcia Laura Boldrini, che abolirebbe l’Esercito, sostituendolo con la “difesa civile non violenta”. Pietro Grasso segue con affanno, promettendo, se eletto, di abolire le tasse universitarie. Matteo Renzi marciando lentamente promette di abolire l’abbonamento tv che lui medesimo aveva appena fatto mettere nella bolletta della luce. Matteo Salvini corre come un treno portando avanti la sua battaglia di abolire la riforma Fornero, mentre l’alleata Giorgia Meloni condivide con Salvini l’espulsione dei clandestini ed in più aggiunge al programma l’abolizione della protezione umanitaria. Berlusconi pur condividendo certe scelte degli alleati, si distingue promettendo l’abolizione del bollo auto e la cancellazione della tassa prima casa. Se qualcuno pensa che M5s non abbia un programma elettorale, si sbaglia di brutto. Luigi Di Maio solennemente promette di “Abolire 400 leggi già nei primi giorni di governo”. Quel gruppo di cittadini, all’uscita del supermercato che discutono sull’emergenza disoccupazione, rimane un caso isolato perché dalla “gara del cancellino” in atto, fino ad ora, non rimane che lasciare ogni speranza, a voi che sperate.

Emanuel Galea




Elezioni 4 marzo 2018, Berlusconi ancora sotto attacco: La Stampa di Torino innesca la bomba “vendita Milan”

“Bufera Milan, inchiesta sulla vendita” titola questa mattina la Stampa di Torino, dando notizia di un’inchiesta che ipotizza una cessione della società a prezzo gonfiato e il successivo rientro di una “cifra sostanziosa”.

Ipotizzato il reato di riciclaggio

“Nuova tegola giudiziaria sulla campagna di Berlusconi”, aggiunge il quotidiano. La stessa notizia compare sul Secolo XIX. La società rossonera è passata ad aprile 2017 dalle mani del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi all’imprenditore cinese Yonghong Li. Secondo i quotidiani, la Procura di Milano avrebbe avviato l’indagine dopo aver constatato che la vendita del Milan era avvenuta ad un prezzo di almeno 300 milioni di euro (su 720) superiore al reale valore della società. Da lì erano partite una serie di verifiche per accertare il percorso dei flussi finanziari. Infine, “in gran segreto, nei giorni scorsi, i pm – scrive La Stampa – hanno avviato un’inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio”.

A coordinare l’inchiesta, il pm Fabio De Pasquale

Lo stesso che in passato aveva indagato Berlusconi per la frode fiscale sui diritti tv ma che lo aveva anche difeso nella vicenda della scalata ostile di Vivendi a Mediaset. Voci sulla compravendita ne giravano da tempo – ricorda il quotidiano – tanto che l’estate scorsa l’avvocato Niccolò Ghedini aveva consegnato in procura “i documenti per attestare la regolare provenienza del denaro cinese”. “Alla base dell’apertura dell’inchiesta avvenuta poche settimane fa – aggiunge – ci sarebbero nuovi documenti che dimostrerebbero esattamente il contrario”. “Da dove sia partita la svolta, al momento non è ancora chiaro – si precisa – . Una traccia, si deduce, che risalirebbe ai reali flussi di denaro partiti da Hong Kong”.

Interviene il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco:

“Allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell’ A.C. Milan”. Greco spiega che sulla vendita del Milan, passato nell’aprile 2017 da Silvio Berlusconi all’imprenditore cinese Yonghong Li, “al momento non esiste alcun fascicolo”. Nessun fascicolo esplorativo (a modello 45, senza titolo di reato e a carico di ignoti), nè a modello 44 e quindi sempre a carico di ignoti ma con un titolo di reato. Il procuratore capo di Milano ha affermato che l’avvocato Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere, non ha depositato in Procura “per conto di Fininvest” alcuna carta riguardo alla operazione e ha ripetuto di non aver ricevuto alcun dossier da parte dell’Unità Informazione Finanziaria di Banca d’Italia che ha la responsabilità dei controlli. L’Uif, ha riferito Greco, avrebbe anzi dato il via libera all’operazione non riscontrando, così come gli intermediari finanziari, alcuna irregolarità e non ha chiesto alcun intervento della magistratura milanese di procedere con il “freezing, cioè il blocco dei soldi”.

Attacca l’avvocato Ghedini, ma La Stampa conferma “Il giornalismo d’inchiesta è uno straordinario valore che va tutelato e incentivato perché è uno dei cardini, oltre che salvaguardia, di un sistema democratico. Quando però si utilizzano false notizie non già per informare ma per aggredire e danneggiare una parte politica durante una delicata campagna elettorale, non si tratta più di giornalismo ma di fatti penalmente, civilmente e ancor prima deontologicamente rilevanti”.

Il quotidiano di Torino conferma con una nota della Direzione: “Il quotidiano la Stampa, in merito alla vicenda della vendita del Milan, – afferma – ribadisce di aver svolto opportuni controlli circa l’esistenza di un’indagine sull’operazione, di cui è venuta a conoscenza da due fonti distinte, e pertanto conferma quanto scritto”.




Elezioni 4 marzo 2018, andiamo a votare con buona memoria senza ascoltare il pifferaio dell’ultimo momento: ecco un riepilogo

E mentre nel Veronese due ragazzi, 13 e 17 anni, danno fuoco ad un senzatetto marocchino per ‘divertirsi’, assistiamo al solito balletto di cifre e sondaggi propinati tramite il piccolo schermo ai più sprovveduti. Cioè a coloro che andranno a votare – se ci andranno – il 4 marzo con nelle orecchie le ultime fandonie politiche ammanniteci con grandi sorrisi da pubblicità odontoiatrica dai vari capi e capetti del partito al governo. Il quale partito al governo, ricordiamocelo, è in ‘modalità campagna elettorale’, come ebbe a dire don Matteo Renzi ai suoi in occasione di uno dei tanti convegni da lui voluti, indetti e presieduti; nei quali convegni, come nei film di Woody Allen – di cui tutto il bene si può dire, ma non che sia bellissimo – il protagonista è l’eroe, quello di cui tutte si innamorano e vogliono portarselo a letto, nonostante gli occhiali spessi due dita, il fisico deficitario, le manie al limite della sanità mentale e magari (perché no?) l’alito pesante.

Così il nostro don Matteo gira e rigira mescolandosi al pubblico prono, distribuendo manate sulle spalle, concedendosi per infiniti selfies, magari firmando autografi

Mentre le sue guardie personali badano a che l’immancabile contestazione venga messa fuori della portata delle telecamere, delegate unicamente a mostrarci i lucidi incisivi superiori del ‘loro’ eroe, oltre che il suo profilo migliore, quello con meno nei, e che i microfoni non registrino i soliti ‘buffone buffone’. Un detto recita: “Vox Populi, Vox Dei”. A nulla serve che i social continuino a postare don Matteo che dichiara dal vivo che ‘la sua esperienza politica terminerà con il fallimento del referendum’, abbondantemente perso per 60 a 40. A nulla vale riascoltare Marco Travaglio che gli da’ del bugiardo nel programma di Lilli Gruber. A nulla vale, a proposito del Jobs Act, che perfino l’ISTAT faccia passare la notizia che i posti di lavoro sono per una parte preponderante posti a tempo determinato, o addirittura lavori occasionali, che gli ‘okkupati’ non siano cresciuti, almeno quelli seri, quelli a tempo indeterminato. A nulla serve che voci autorevoli si sgolino a dire che sono a rischio settecentomila posti di lavoro nel momento in cui gli incentivi del Jobs Act dovessero terminare. Anzi, il novello Don Quijote avanza contro i mulini a vento nonostante tutto, dichiarando che i ‘posti di lavoro’, grazie al suo governo, sono aumentati, negli ultimi giorni, di ancora un milione, portando così la somma finale a circa due milioni. Come diceva Totò ‘E’ la somma che fa il totale.

L’altro miracolo economico ce lo rappresenta il prode Gentiloni, l’uomo che sussurrava alle urne (elettorali)

Da pochi mesi, infatti, nonostante qualche tempo prima le risposte alla richiesta di riforme serie trovassero sempre lo stesso ostacolo – mancanza di fondi – non appena quella entità impalpabile che è il Genio del Parlamento ha stabilito la data delle elezioni – il 4 di marzo 2018 – inspiegabilmente e miracolosamente, gli indici di ripresa economica hanno incominciato a galoppare. Mentre con Padoan lo 0,01% era una conquista, d’un tratto Standard & Poors – e magari altre società di rating – hanno incominciato a registrare incrementi percentuali ad horas. Allora, pensa l’ingenuo cittadino comune, allora è vero ciò che dice Renzi, è vero ciò che dice Padoan, è altrettanto vero ciò che dichiara Gentiloni, nientepopodimeno che il Presidente del Consiglio. Allora tutti quelli che parlano male del PD sono avversari politici che vogliono screditare una giusta e saggia amministrazione del Paese. Infatti, pensa l’ingenuo, anche la televisione di Stato, cioè la Rai, servizio pubblico, dice le stesse cose. E poi basta leggere la maggioranza dei giornali per convincersene; tranne quei tre o quattro che sono portavoce dei populisti, sovranisti, qualunquisti e anche fascisti, tutti parlano bene del PD.

 

Non è al corrente, l’ingenuo, del fatto che quasi tutti i giornali ricevono ogni anno contributi da parte dello Stato, e che pochi sono quelli che vanno avanti, per scelta, senza finanziamenti pubblici

Senza contare le pubblicità delle aziende i cui titolari sono coinvolti nella politica a vario titolo, che cesserebbero immediatamente nel caso il quotidiano o il periodico pubblicassero qualcosa di sgradito alla linea politica degli amici del padrone. Siamo in modalità campagna elettorale. Gentiloni ha detto, in pubblico, che l’Italia è ripartita, e che ‘sarebbe un peccato sprecare ciò che è stato fatto in questi ultimi anni’ – di governo PD, aggiungiamo noi. Anche perché Standard & Poors’ avalla queste notizie, subdolamente insinuando che la situazione potrebbe cambiare dopo le elezioni.

In pratica: oggi le cose vanno bene perché c’è un partito al governo che adotta la politica europea che piace a qualcuno – che fa capo all’UE, che a sua volta fa capo ai ‘poteri forti’ di oltreoceano. Ma se al potere dovesse andare qualcuno che non è gradito a quanto sopra, le cose potrebbero cambiare, il rating precipitare, e l’Italia ricadere nello spread senza fine.
Tipo quando Berlusconi – e questa non è una difesa d’ufficio, ma fatti reali – fu costretto alle dimissioni da uno spread oltre i 500 punti causato da quattro banche tedesche che avevano riversato sul mercato circa 400 miliardi di titoli di Stato italiani. Perché Berlusca, e lui stesso non ne ha fatto mistero, poteva essere la pietra d’inciampo sulla pista per l’Unione Europea in Italia che qualcuno aveva preparato. Prodi stesso ha ammesso che affinchè si favorisse l’ingresso della Germania nell’euro, la lira fu svalutata del 600%.

Oggi la Germania sta bene grazie all’euro, ma senza l’euro, dice qualcuno che ne sa, potrebbe andare in coda alla classifica

Oltre al fatto che se in Italia ritornasse la lira, la Germania sarebbe messa in soggezione – economica. Dopo il disastro Prodi, ecco il disastro Monti, il ‘governo tecnico’, primo governo non eletto. L’ammazza economia, il distruggi-mercato immobiliare. Il bocconiano. Con il governo Letta, forse sarebbero andate un po’ meglio, le cose, ma è durato troppo poco. Secondo governo non eletto. Dopo l’Enrico stai sereno’ di Matteo Renzi, ecco il terzo governo inventato da king Napolitano, quello di Renzi. Arriva il disastro Fornero, che, invece di allungare la coperta previdenziale troppo corta, decide di eliminare i pensionati – fisicamente. Invece di reperire maggiori risorse per coloro che sacrosantamente avrebbero avuto il diritto di riposare dopo una vita di lavoro, decide che i conti dello Stato hanno la precedenza, creando una nuovissima e disgraziata categoria, gli ‘esodati’; che non si sa ancora quanti fossero o quanti siano. Creando nel Paese un terremoto di povertà e di disagio sociale ed economico senza precedenti.

 

Siamo alla ragion di Stato, e la democrazia va a farsi benedire

Oggi ancora non si vuole riparare al danno, ristrutturando l’INPS e le pensioni, perché i pensionati che avrebbero diritto ad un miglior trattamento sono il 60%, sotto i mille euro, sono troppi. O, come dice Christine Lagarde, Direttore Operativo del Fondo Monetario Internazionale, ‘i pensionati italiani vivono troppo a lungo’, per cui si cerca di provvedere a che l’età media degli Italiani, in incremento, possa scendere, ripianando i conti pubblici. Lo si fa rendendo inaccessibili le cure mediche, allungando i tempi per gli esami clinici, chiudendo i piccoli e preziosi presidi medici, colpendo la Sanità con tagli orizzontali indiscriminati. Tanti anziani non si curano più, non si controllano più, ed in effetti pare che l’età media in Italia stia ritornando ai livelli di qualche anno fa. Sembra che Sanità e pensioni siano gli unici serbatoi da cui attingere denaro: evidentemente fanno capo a chi non si può difendere.

 

L’Italia è malata, e non bastano i pannicelli caldi

Purtroppo chi la vuol condurre non lo farà, come non lo ha fatto finora, per il bene della nazione, ma piuttosto del suo partito, della sua ragnatela di clientele, di una Unione Europea senza cuore né anima, trascurando il bene del Paese e dei cittadini comuni: il che poi sarebbe lo scopo principe dell’andare al potere. Un potere di servizio, non autoreferenziale. Non cercato per conquistare una posizione politica fine a se stessa, per favorire gli amici e gli amici degli amici, come i petrolieri in Adriatico, che poi verseranno cospicue donazioni sulle fondazioni dei vari politici. Oggi abbiamo al potere forse la peggior classe politica di sempre, dicono i commentatori. Ricordiamocene quando andremo a votare, e non disertiamo le urne: chi non vota non ha poi il diritto di lamentarsi quando le sue cose non vanno bene. Andiamo a votare, ma abbiamo buona memoria, senza ascoltare il pifferaio dell’ultimo momento.

Roberto Ragone




Elezioni: le solite promesse e gli effetti deleteri svuota casse dello Stato

Una volta sancita per il 4 marzo prossimo la data delle elezioni in Italia, tutti gli schieramenti politici hanno iniziato la loro campagna elettorale alla ricerca di voti a colpi di promesse che mirano direttamente alla pancia degli elettori ma che nella sostanza appaiono difficili e sconvenienti da attuare.

Ancora una volta vige quella tecnica persuasiva della promessa del “milione di posti di lavoro” che purtroppo funziona perché l’elettore (medio) italiano premia il miglior “mercante” e non considera o disconosce gli effetti collaterali che altri nel futuro dovranno fronteggiare. Da sinistra a destra quel che si leva è una risibile lotteria basata su quale tassa risulti la più indigesta tale da diventare subito uno slogan “acchiappa voti” senza che poi venga spiegato quali possano essere gli interventi necessari a coprirne il buco derivato.

La nuova coalizione di centro destra

Il trio Salvini, Meloni e Berlusconi gioca la propria credibilità nella cancellazione della legge Fornero del 2011 che tanto angustia i lavoratori che avevano sottoscritto accordi aziendali che prevedevano il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti in precedenza, divenuta poi categoria degli “esodati”. La ragioneria generale dello stato ha calcolato che il risparmio ottenuto dalla cancellazione della legge si aggirerebbe intorno a 300 miliardi di euro in un lasso di tempo esteso a circa 40 anni. Apparentemente potrebbe sembrare una “giudiziosa” proposta con finalità di beneficio a lungo termine se non fosse che in un decennio i costi salirebbero a dismisura con un primo appuntamento inesorabile tra un paio di anni di circa 24 miliardi da dover rimettere per forza nelle casse dello Stato.

Il centro sinistra

Il PD di Renzi

A sinistra le cose non sembrano diverse. Il PD di Renzi torna sui suoi passi promettendo l’abolizione della tassa relativa al canone Rai introdotta proprio dal PD. Renzi ha commentato: “Si può garantire il servizio pubblico abbassando il costo per i cittadini” ma anche questa strategia elettorale ha i suoi effetti collaterali se consideriamo che nelle casse dello Stato verrebbero a mancare ogni anno circa 1 miliardo e 700 milioni di euro.

Liberi e Uguali

La sinistra di Grasso con Liberi e Uguali, in linea con gli altri, ha proposto invece l’abolizione delle tasse universitarie che causerebbero un ammanco di circa 1 miliardo e 600 milioni di euro.

Il solito gioco delle promesse

Sembra un gioco di promesse fatte alla pancia dell’elettore che il più delle volte ignora o non gli vengono spiegate le strategie da dover mettere in atto a copertura degli ammanchi nelle casse dello Stato. Come non ricordare che nel “tragico” dicembre del 2011 fra le lacrime della Fornero e il crac nazionale che il governo dei Tecnici di Monti doveva urgentemente scongiurare, alla Camera si approvò a larghissima maggioranza l’introduzione della riforma sulle pensioni che vide astenersi la Lega ma che ebbe il voto a favore sia di Silvio Berlusconi che di Giorgia Meloni. Questa non sembra politica ma un pietoso raggiro sulla pelle dei cittadini che silenti subiscono da decenni una forma di campagna elettorale che dovrebbe invece trovare strategie e idee innovative per migliorare e perfezionare ciò che in campo esiste già ma che per mille motivi non è stato mai gestito a dovere. Mancano quei tecnicismi tesi alla valutazione e all’impiego delle risorse attualmente disponibili che con un giusto e rigoroso controllo potrebbero evitare che si debba ricorrere a promesse che da un lato alleggerirebbero la pressione fiscale ma dall’altro andrebbero a danneggiare e sfavorire coloro che domani dovranno fare i conti con politiche “svuota casse”.

Dispiace che al momento in campagna elettorale siano sparite quelle promesse di combattere seriamente le cattive condotte gestionali che portano allo spreco del denaro pubblico e in primis la lotta senza quartiere contro l’evasione fiscale. Sarebbero queste promesse utili e credibili che porterebbero verso un reale e concreto alleggerimento della pressione fiscale, le altre sono specchio per le allodole offensive per l’intelligenza degli italiani.
Paolino Canzoneri




Elezioni 2018: il termometro siciliano e il partito degli astenuti

Anche questa volta, dopo il risultato elettorale si sono scatenate le polemiche di ogni tipo. Tutti danno interpretazioni di parte, spesso superficiali, sulle cause di vittoria dell’uno e della sconfitta dell’altro. Anche questa volta alle elezioni regionali in Sicilia viene attribuito un termometro che dovrebbe prevedere l’andamento delle successive elezioni politiche nazionali.

 

I dati veramente importanti di queste elezioni regionali siciliane, sui quali dovrebbero riflettere tutte le forze politiche sono:
numero di elettori……………………………………………4.661.111
numero di votanti……………………………………………2.179.111
numero di voti a Musumeci 830.821
numero di voti M5s 722.555

 

La Sicilia verrà governata da una forza politica (mista) che rappresenta esattamente il 17,82% dell’elettorato siciliano.

Il maggior fronte di opposizione, il M5s (che si proclama prima forza politica) ne rappresenta invece il 15,50%, ovviamente senza considerare la maggiore irrilevanza dei gruppi di sinistra e centro sinistra. Con questi risultati costoro pretendo di rappresentare le istanze di una intera popolazione che da decenni subisce le scelleratezze di una classe politica pressappochista e opportunista.

 

Gli aventi diritto al voto che si sono astenuti sono 2.481.926, esattamente il 53,25% che non ha voluto esprimere alcuna preferenza: questa quindi è la vera prima forza politica della Sicilia. Una forza silente o inascoltata e quindi rassegnata a subire, una forza che oppone la propria protesta nell’unico modo che può: il non-voto.
Tra questi astenuti si trovano delusi di ogni tipo e di ogni colore politico:
– i delusi per preconcetto contro il sistema in genere;
– i delusi dai partiti di centrodestra;
– i delusi dai partiti di centrosinistra;
– i delusi dal M5S.

Molti di questi hanno smesso di riporre la fiducia nelle forze politiche per la risoluzione dei propri disagi sociali, per le soluzioni concrete di una ripresa economica o semplicemente per rendere efficienti i servizi pubblici. Musumeci nel suo discorso post-elettorale ha dichiarato che sarà il presidente regionale di tutti, anche di coloro che non hanno votato. Saranno proprio questi ultimi a valutare l’operato di questo ennesimo presidente della regione Sicilia che promette rinnovamento, efficienza e rinascita, se anche lui fallirà l’unica forza politica che continuerà a crescere sarà proprio quella dell’astensione.

Il centrodestra in Sicilia ha vinto per due motivi fondamentali: l’incapacità dimostrata dalle sinistre e per l’alto profilo morale e di coerenza politica che presenta Musumeci.
Ebbene che Miccichè & C. tengano bene a mente questo dettaglio importante, in quanto anche una parte del loro elettorato è stato confortato da questa presenza di indiscutibile dirittura morale.
Una replica su scala nazionale di questa vittoria siciliana sarà possibile solo con un candidato premier che abbia le stesse analogie culturali. E sarà un’impresa non da poco trovarlo tra le file di Forza Italia.

Per quanto riguarda invece il M5s, che vanta di essere la prima forza politica con il 15,50% dell’elettorato siciliano, dovrebbe fare un buon bagno di umiltà per capire le cause della mancata vittoria. Un maggiore riconoscimento, controllo e regolarizzazione dei Meetup, unico sistema (?) di avvicinamento al movimento, potrebbe già essere una azione utile in quanto spesso nascono già con conflitti tra gli appartenenti. Rivedere l’utilizzo e l’abuso della piattaforma Rousseau, potrebbe essere un altro passo. Evitare linguaggi aggressivi ed offensivi nei confronti di chi dissente o degli avversari politici potrebbe essere un ulteriore toccasana per guadagnare consensi tra gli indecisi. Altra azione potrebbe essere di far capire alla gente (per evitare di essere accusati di incoerenza) che un gruppo politico è costretto ad accettare compromessi e cambiamenti anche radicali se il suo obiettivo è quello di governare il Paese. Sarebbe soprattutto utile al M5s che il suo principale rappresentante eviti di fare brutte figure alle quali debba poi dare delle giustificazioni risibili. Di Maio non può ancora avere l’arroganza di snobbare un incontro da lui stesso chiesto con un riconosciuto leader di partito anche se quest’ultimo risulta perdente. E’ stata un’azione priva di intelligenza politica.

Vincenzo Giardino