DOVE ERAVAMO RIMASTI?: …LE BANCHE ITALIANE NON POSSONO FALLIRE

di Roberto Ragone

Dove eravamo rimasti? Questa frase, pronunciata da Enzo Tortora alla sua ripresa in TV, è rimasta fra quelle celebri, dopo aver subito di tutto e di più, in una delle pagine più nere della nostra Italia.

Prova ne sia che morì di lì a poco di quel tumore che le sue assurde vicissitudini gli avevano procurato. E’ risaputo che una delle cause di tumore è l’eccessivo stress negativo: personalmente non ne conosco uno positivo, ma sembra che alcune persone gradiscano il pungolo della competizione professionale, o quello del gioco d’azzardo o altre attività consimili comunque stressanti, ancorchè rischiose.

Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti semplicemente all’affermazione, ora dimostratasi velleitaria, che "le banche italiane non possono fallire", stanti le rigide regole riguardanti gli accantonamenti. Con Basilea Due – se la memoria non mi tradisce – c'era stato spiegato che essi, gli accantonamenti,  erano obbligatori, a fronte dei crediti concessi, di qualunque natura. Prova ne sia che tempo fa dovetti chiudere il mio studio di consulenza creditizia – durato lo spazio d’un mattino, in concomitanza con la famosa bolla immobiliare, poi vergognosamente sgonfiata dall’intervento di Monti – perché le banche non concedevano più mutui, in attesa di rientrare di quelli già in essere. 

E allora? Eravamo rimasti a questo, e a Basilea Tre, che non conosco per esperienza personale, ma che certamente non avrà reso più agevole l’accesso al credito. C’è comunque una differenza fra quei tempi e questi: da una parte rimpiangiamo Berlusconi, il propagandista dell’ottimismo a prescindere – quello che Renzi gli ha copiato oggi –  il cui governo fu gettato giù a spallate dagli Americani di Rockfeller – propugnatore e autore vanaglorioso del suo "Nuovo Ordine Mondiale", nel quale tutto è in mano alle banche e alla finanza, dimenticando totalmente la gente comune – la Bilderberg, che nonostante gli scettici continua a riunirsi in maniera riservata ma non segreta, – ma forse è la stessa cosa di Rockfeller – Monti, la Merkel, l’Europa. In quel momento lo spread salì a circa 500 – che poi non è mai stato spiegato perché dobbiamo confrontarci con la Germania – e il buon Berlusca fu costretto ad abdicare, magari sollecitato da false promesse, nonostante gridasse a gran voce che quello era un falso scopo, come poi si è rivelato.

Fatto sta che magicamente, andato via Berlusconi, senza colpo ferire, il governo di ‘tecnici’ prese il potere, distruggendo di fatto bocconianamente e consapevolmente ciò che rimaneva della nostra economia e lo spread – che a me avevano insegnato essere il guadagno delle banche – ritornò a livelli accettabili, allontanando di fatto dalle nostre notti agitate l’incubo del debito pubblico –   sul quale comunque noi poveri sudditi non abbiamo avuto mai alcun potere, né l’abbiamo oggi. Renzi confessa che senza la Leopolda non sarebbe a Palazzo Chigi, e molti di noi, al terzo governo non eletto,  pensano che sarebbe stato meglio che la Leopolda non ci fosse mai stata. Bisogna anche dire, per par condicio, che forse senza la Bernarda, Silvio sarebbe ancora Presidente del Consiglio… 

Fatto sta che oggi abbiamo assistito all’ennesima "rapina di Stato". Dopo il governo Amato, che nottetempo e timidamente prelevò dai conti correnti più succosi il 5%, con l’esimente della ragion di Stato; dopo gli esodati, ridotti in mutande da una Fornero che non si sa ancora bene se si è resa conto di ciò che ha fatto, o è stata indotta a fare, nonostante le lacrime; dopo l’aumento esponenziale da parte di Monti dei valori catastali e delle imposte immobiliari che hanno ridotto agli stracci il mercato delle case; dopo il mancato adeguamento delle pensioni, risolto con una regalia umiliante ‘una tantum’, a fronte di una sentenza della Corte Costituzionale assolutamente inequivoca, – ma sembra che il Governo e la Corte abbiano un canale privilegiato per queste faccende – , dopo il rifiuto di tagliare orizzontalmente le pensioni d’oro perché diritti acquisiti, essendo invece privilegi ingiustificati, ora arriva il ‘Decreto Salvabanche’. Se dobbiamo soltanto guardare i numeri, peraltro espressi da ‘Maninintasca’ Renzi  in persona, i risparmiatori colpiti sono circa 130000, mentre i posti di lavoro salvati sono qualche migliaio.

Allora non ci possiamo affidare alla logica dei numeri e delle maggioranze. Salvare i conti correnti? Qui ci viene qualche dubbio. Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre. Quasi. Può essere che fra i correntisti ce ne fossero di quelli ‘importanti’ non solo per il movimento di denaro? Fermo restando che solitamente le cifre cospicue non sono nei conti correnti, ma altrove, impegnati in altre forme. Perché evitare il fallimento di quattro piccole banche, tra cui due Casse di Risparmio, a fronte dell’azzeramento di risparmi di una vita di 130000 cittadini ignari? Uno dei quali ha pensato bene di togliersi la vita, riportandoci indietro ai tempi del governo tecnico, momento in cui i suicidi erano quotidiani, tanto che i giornali ebbero la ‘disposizione’ di non metterli più in evidenza. Sembra che quando qualcuno parlò a Monti di coloro che si bruciavano vivi, o s’impiccavano o altro, abbia risposto che dopotutto gli Italiani erano sessanta milioni. Se fosse vero, questo freddo personaggio sarebbe un raro esempio di cinismo, confrontabile con quello di un SS dei campi di sterminio.  Esaminiamo le condizioni che hanno portato sulla soglia del fallimento queste bancarelle – che oggi funzionano comunque, e continuano la loro attività. L’unica causa di fallimento, al mio paese, è quella che deriva da una cattiva gestione economica, e questo anche nelle famiglie. Quindi dobbiamo supporre, e alcune mezze frasi ce lo fanno pensare, che il denaro sia stato dato a chi non lo avrebbe mai restituito.

Perché le piccole banche? Perché da sempre sono le meno vistose e le più manovrabili. Perché la Banca d’Italia non ha esercitato il controllo? Questo bisogna chiederlo a loro. Il commissariamento non ha funzionato? E le ispezioni? L’impressione che se ne ricava è che chi ha usufruito della generosità dei funzionari siano stati amici, o amici di amici. Perché non si va a vedere chi sono costoro? Si è preferito preparare un’operazione che rasenta il reato di truffa – la Magistratura dirà l’ultima parola – affibbiando a vecchi e tranquilli clienti titoli di cui essi non capivano nulla, se non la fiducia che avevano sempre avuto nella ‘loro’ banca. E’ impensabile che un vecchietto novantenne – come è capitato –  tutto d’un botto divenuto temerario, abbia voluto rischiare i risparmi di una vita convertendoli in titoli ad alto rischio, se non perché consigliato da chi aveva sempre gestito il suo denaro. Ora sembra che il Governo Renzi – ricordate? Quello della Leopolda – stanzierà una cifra ridicola per risarcire con la solita mancia chi ha perso tutto. Mentre Berlusconi – quello della Bernarda – in TV ha detto che sarebbe bastato aumentare la cifra dedicata al Salvabanche per ricostituire i fondi distrutti. Dopo la dolorosa parentesi di Enzo Tortora – per il quale nessuno ha pagato – un solo comune denominatore: l’Italia va a rotoli, come disse il fabbricante di carta igienica: solo che la sua era una battuta, la nostra è purtroppo una realtà.




DELITTO SABINE MACCARONE: RINVIO A GIUDIZIO PER GIANNI MELLUSO L'ACCUSATORE DI ENZO TORTORA

di Cinzia Marchegiani

Trapani – Il GUP del tribunale di Marsala, Francesco Parrinello, ha rinviato a giudizio il noto personaggio soprannominato “Il bello”, Gianni Melluso con un’accusa pesante….indicato come mandante dell’omicidio di Sabine Maccarone. Gianni Melluso già occupa nella storia italiana un posto preciso, assieme a Giovanni Pandanico detto O' Pazzo e Pasquale Barra, noto come assassino di galeotti quand'era detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello, uno dei vertici della malavita milanese, furono i principali accusatori di Enzo Tortora… indicato di aver ricevuto e venduto oltre dieci chili di cocaina in diverse occasioni da persone affiliate alla Nuova Camorra Organizzata, NCO. Melluso,  il bello diventò determinante per aiutare il Dipartimento di Giustizia a sostegno delle sue accuse contro Tortora, quando ha confessato di aver avuto vari incontri con Tortora nella fornitura di lui cocaina. Melluso sostenne che questi rapporti hanno avuto luogo nel 1976 per le strade di Milano, dove vivevano entrambi gli uomini. Sulla base di queste testimonianze, Tortora fu infine condannato per traffico di cocaina e l'appartenenza NCO nel 1985 e condannato a dieci anni di prigione, detenuto per anni prima di essere scagionato dalla Corte di Appello. Si ammalò di cancro e morì poco dopo che il caso di errore giudiziario lo scagionò definitivamente.
Ora il processo che vede imputato Melluso, "il bello", inizierà a breve, il prossimo 26 novembre 2014 alla Corte di Assise di Trapani. Il cadavere della di Denise fu scoperto il 16 aprile del 2007 in un pozzo artesiano e ricoperto da tegole e massi, situato vicino all’abitazione di campagna, in contrada San Nicola a Mazara del Vallo, di proprietà della madre di Giuseppe D’Assaro, cui era legata sentimentalmente e con cui aveva convissuto ma da cui si era allontanata per quel carattere troppo violento. Lo stesso Giuseppe D’Assaro si accusò dell’ omicidio, e per questo condannato per 30 anni di carcere, ma fece il nome di Melluso quale mandante.