Endometriosi, informarsi per prevenire: a Marzo un concorso fotografico per divulgare

La malattia cronica colpisce in Italia il 10% della popolazione femminile in età fertile

Vetrine colorate di rosa e giallo e un concorso fotografico dal 7 al 31 marzo 2022 per il mese della consapevolezza sull’endometriosi, malattia cronica che colpisce in Italia il 10% della popolazione femminile in età fertile. L’A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, realtà nazionale che unisce pazienti di tutto lo stivale e che opera da oltre 15 anni sul territorio nella consapevolezza che l’informazione sia l’unica prevenzione ad oggi possibile, lancia, dopo il successo degli anni passati, l’iniziativa Vetrine Consapevoli, arricchendola con un concorso interattivo a premi.

Lo scopo è quello di sostenere la divulgazione tramite materiale illustrativo sui temi dell’endometriosi dedicato all’allestimento delle vetrine dei negozi che sceglieranno di aderire. I commercianti potranno richiedere il kit dell’A.P.E. corredato dalle linee guida per l’allestimento della vetrina. Una volta allestita con i materiali forniti dall’Associazione dovranno poi fotografarla e caricare le immagini sul sito dedicato a Vetrine Consapevoli, seguendo le indicazioni nella home del sito www.apendometriosi.it Gli utenti voteranno sul web le vetrine più belle e le 3 che otterranno il maggior numero di voti riceveranno dei premi. Tanti premi saranno messi a disposizione, attraverso un’estrazione finale, anche per chi partecipa alla votazione. Un modo coinvolgente per attrarre l’attenzione su una malattia ancora molto difficile da diagnosticare, per la quale l’informazione risulta fondamentale per fare prevenzione e migliorare il percorso di cura. Un aiuto concreto per le donne che ne soffrono, oltre 3 milioni solo in Italia, ma anche per i familiari, le amiche. Molti e molte non credono alle donne che manifestano i sintomi di endometriosi. Per questo accendere un faro sulla consapevolezza di tutti, colorando le vetrine che possono attirare l’attenzione di un gran numero di persone, può essere davvero un’azione importante.

“Tantissimi negozianti di tutta Italia ci sostengono da anni in occasione del mese della consapevolezza, allestendo le vetrine o semplicemente tenendo a disposizione in negozio materiale informativo – spiega Jessica Fiorini, Vicepresidente dell’A.P.E. -. Quest’anno abbiamo deciso di coinvolgerli maggiormente attraverso un concorso fotografico con il quale speriamo di attirare l’attenzione, e di conseguenza diffondere informazione e consapevolezza, in un numero ancora maggiore di persone”.

Per partecipare e richiedere gratuitamente il materiale informativo e di allestimento di A.P.E. – Associazione Progetto Endometriosi per la propria vetrina, si può scrivere a: spedizioni@apendometriosi.it I titolari dei negozi che non partecipano al concorso possono comunque richiedere materiale informativo da distribuire, specificandolo nell’email di richiesta.

Cos’è l’endometriosi?

L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica che colpisce in Italia circa il 10% della popolazione femminile in età fertile, anche se i dati sono estremamente parziali e probabilmente sottostimati. I sintomi più diffusi sono: forti dolori mestruali ed in concomitanza dell’ovulazione, cistiti ricorrenti, irregolarità intestinale, pesantezza al basso ventre, dolori ai rapporti sessuali, infertilità nel 35% dei casi. Per una malattia di cui non si conoscono ancora le cause, per la quale non esistono cure definitive né percorsi medici di prevenzione, per limitare i danni che l’endometriosi provoca, è fondamentale fare informazione per creare consapevolezza!
L’A.P.E. è una realtà nazionale che da oltre 15 anni informa sull’endometriosi, nella consapevolezza che l’informazione sia l’unica prevenzione ad oggi possibile.




Endometriosi, come riconoscere le corrette informazioni

Sulla malattia cronica persistono sbagliate convinzioni, frutto di disinformazione e di esperienze personali diffuse sui social.

La ginecologa Maria Manzone dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (VR) spiega come ottenere risposte concrete per affrontare nel modo giusto la patologia.

Negli ultimi anni se ne parla spesso, in particolare sul web e sui social, ma pochi conoscono realmente il significato della parola endometriosi. Da tabù, di cui le donne avevano timore di parlare, ora questa malattia cronica, che ne colpisce circa 3 milioni solo in Italia, risalta nei siti online, nei racconti di persone famose del mondo dello spettacolo o nelle Stories di influencers di Instagram. Sintomo che qualcosa sta cambiando e che nuovi riflettori si sono accesi su una patologia che tocca da vicino il 10% della popolazione femminile in età fertile e sulla quale ancora poche sono le tutele dal punto di vista sanitario e sociale e troppo alto è il ritardo diagnostico (dai 5 agli 8 anni in media). Ma come riconoscere le corrette informazioni sull’endometriosi? Tante sono ancora le convinzioni sbagliate, legate a scarse informazioni e talvolta anche ad  esperienze personali e soggettive, che vengono prese come situazioni universali, valide per tutte, creando confusione e disorientamento nelle donne che si approcciano alla malattia. Di qui il ruolo dell’A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi che con tante pazienti volontarie da oltre 16 anni si occupa di fare informazione sulla malattia e aiutare le donne ad affrontarla, anche grazie alla collaborazione con medici specializzati. Con l’aiuto della dottoressa Maria Manzone, ginecologa esperta di endometriosi dell’ IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (VR), uno dei centri di riferimento per la tutela della qualità della vita e della salute della donna, abbiamo stilato i principali punti per avere una buona informazione sull’endometriosi.

Come distinguere le corrette informazioni sull’endometriosi?

VERIFICA LE FONTI UFFICIALI

«Prima di tutto, bisogna verificare la fonte da cui provengono le informazioni. Consultare i canali ufficiali, in primis i medici esperti della malattia. Informarsi tramite colloqui diretti, fare le domande ed esporre dubbi ai propri ginecologi è fondamentale. Ci sono i canali ufficiali del Ministero della Salute e le associazioni riconosciute no profit con cui collabora il personale medico, come l’A.P.E., che nel tempo si è distinta per serietà».

Diverse donne dello spettacolo o influencers sui social raccontano di aver avuto esperienze con la malattia. Cosa c’è di giusto e cosa di sbagliato?

L’ESPERIENZA PERSONALE NON RENDE ESPERTE DELLA MALATTIA

«Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione non è filtrata, è una comunicazione rapida,  facile, diretta. Questo è bellissimo, l’abbiamo scoperto con le restrizioni durante il lockdown, perché abbatte le barriere della distanza fisica. Però tutti comunicano con tutti non sempre correttamente. Un campanello d’allarme suona quando l’informazione è privata: l’esperienza personale non può diventare generale e non rende  esperte, scientificamente, della malattia. L’esperienza del singolo non può quindi essere considerata una fonte di informazione. L’endometriosi è una malattia individuale, che riguarda la singola donna, ogni esperienza è a sé. Tra le patologie è una di quelle che cambia da donna a donna, perché è la stessa donna che cambia: cambia l’età, lo stile di vita, cambiano le possibili patologie associate, il desiderio riproduttivo. Alcune condizioni patologiche possono essere più o meno simili, ma mai uguali. Parlare di una problematica anche attraverso i social può avere sicuramente risvolti positivi, perché può far accendere l’interesse e diventare spunto per approfondire, ma diventa fonte di buona informazione se passa poi per i canali ufficiali. Tutto va verificato alla luce della scienza. Bisogna stare attenti a chi è la fonte di informazione».

Quali sono le convinzioni sbagliate più comuni?

NON TUTTE LE DONNE CON ENDOMETRIOSI DEVONO SOTTOPORSI AD UN INTERVENTO CHIRURGICO

«Tra le convinzioni più sbagliate c’è l’approccio chirurgico. Si ritiene che la patologia sia “unica”, e quindi che per l’endometriosi serva necessariamente la chirurgia. Non è vero. Ci sono invece vari stadi, ed essendo una malattia cronica, si arriva alla chirurgia solo per estrema necessità, qualora la terapia medica non sia più sufficiente. Negli anni la situazione sta migliorando. Secondo i dati raccolti nel centro IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella su circa 15mila pazienti con endometriosi visitate all’anno, ne vengono operate 1.400/1.500, cioè solo il 10%, un dato importante che spiega come ci sia stato un cambiamento radicale e culturale sull’endometriosi, grazie alla diagnosi precoce. Le donne sono più seguite, la malattia viene intercettata prima e questo si traduce in numeri».

LE DONNE CON ENDOMETRIOSI POSSONO AVERE FIGLI

«L’altra convinzione sbagliata è l’infertilità, assoluta e per tutte le persone affette. E questo può scatenare il panico in una donna. Per fortuna, grazie alla diagnosi “più veloce possibile”, si intercettano malattie in stadi lievi che non per forza corrispondono alla sterilità. La svolta è fare informazione con le giovanissime, le adolescenti, che è una delle attività portate avanti anche dall’A.P.E. nelle scuole. Arrivare a loro permette di abbattere uno dei più grossi problemi dell’endometriosi, che è il ritardo diagnostico, quindi c’è la possibilità di curarsi, proteggere l’apparato genitale nelle funzioni della riproduzione, ridurre la necessità di agire a livello chirurgico».

Quali sono le implicazioni psicologiche di una cattiva informazione sull’endometriosi?

UNA BUONA RISPOSTA ALLA TERAPIA EQUIVALE ALLA CURA

«Le implicazioni psicologiche sono gravissime. Una donna può sentirsi spacciata. Nelle giovanissime la cattiva informazione può essere pericolosa. Un’adolescente già convive con i dolori e quindi questo influisce sull’umore. Quando le viene detto che è una malata cronica, va spiegato che la remissione dei suoi segni e sintomi corrisponde alla cura, altrimenti si sentirà malata per tutta la vita, una donna che non potrà avere una qualità di vita sufficientemente gradevole. Invece, con la giusta terapia si può stare bene. Una delle domande che più vengono rivolte a noi medici è: “è vero che dall’endometriosi non si guarisce mai?” Come tutte le patologie infiammatorie croniche, va spiegato che una buona risposta alla terapia significa ottenere una cura completa e quindi una sorta di “guarigione”. Spiegare questo aspetto, migliora anche l’approccio psicologico».

Come è cambiato il suo lavoro di ginecologa a causa della disinformazione?

BISOGNA COMUNICARE MOLTO E IN MODO CHIARO

«Se già una visita accurata per una paziente a cui bisogna spiegare una patologia così complessa durava più di una semplice visita ginecologica, ora si traduce in un dispendio di energie che non ha pari. È difficile a volte ripristinare le cattive informazioni. Impiego molto tempo per la comunicazione, ma questo mi gratifica molto. Il nostro gruppo di lavoro, diretto dal dott. Marcello Ceccaroni, è stato formato per comunicare, spiegare, essere chiari con le pazienti. Le donne arrivano da noi con mille dubbi, ansie e preoccupazioni, spesso sono prevenute e ci sono una serie di scheletri nell’armadio da smontare».

Quanto è importante fare una corretta informazione sull’endometriosi e a chi rivolgersi?

FONDAMENTALE FARE INFORMAZIONE NELLE SCUOLE

«Importantissimo. Le giovanissime sono quelle che usano più internet e quindi sono la categoria da tutelare di più. Fondamentale è fare informazione nelle scuole, campagne di sensibilizzazione, senza spettacolarizzare troppo. La comunicazione non deve essere aggressiva ma corretta, chiara, discreta e delicata. L’associazione A.P.E. in questo e con i suoi progetti nelle scuole può dare un aiuto concreto alle donne».

Cos’è l’endometriosi? L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica che colpisce in Italia circa il 10% della popolazione femminile in età fertile, anche se i dati sono estremamente parziali e probabilmente sottostimati. I sintomi più diffusi sono: forti dolori mestruali ed in concomitanza dell’ovulazione, cistiti ricorrenti, irregolarità intestinale, pesantezza al basso ventre, dolori ai rapporti sessuali, infertilità nel 35% dei casi. Per una malattia di cui non si conoscono ancora le cause, per la quale non esistono cure definitive né percorsi medici di prevenzione, per limitare i danni che l’endometriosi provoca, è fondamentale fare informazione per creare consapevolezza!

L’A.P.E. è una realtà nazionale che da oltre 15 anni informa sull’endometriosi, nella consapevolezza che l’informazione sia l’unica prevenzione ad oggi possibile.




Endometriosi, Califano (Pd): iniziato l’iter per la proposta di legge in Regione Lazio

È iniziato in commissione sanità l’iter della proposta di legge sull’Endometriosi a firma della consigliera regionale Michela Califano. 

“Parliamo – spiega la consigliera regionale dem – di una patologia ginecologica molto invalidante che coinvolge oltre 750mila donne nel Lazio, 3 milioni in Italia, di cui si parla purtroppo ancora molto poco. Una patologia che può pregiudicare ogni ambito della vita di una donna: lavoro, rapporti sociali e di coppia, maternità”.

“Cuore della legge è diffondere la conoscenza e la consapevolezza dell’endometriosi. La diagnosi infatti, essendo ancora poco conosciuta dalle donne che ne sono affette, rischia di essere sempre molto tardiva pregiudicando i percorsi terapeutici”.

Quella presentata dalla consigliera Califano è la prima proposta di legge in materia di endometriosi nella Regione Lazio. 

La Consigliera regionale Michela Califano insieme al Prof. Fiorenzo De Cicco Nardone ospiti di Chiara Rai a Officina Stampa del 3/2/2021 per l’approfondimento sulla proposta di legge regionale sull’endometriosi

“La Pl – continua Califano – ha anche l’obiettivo di migliorare le cure, incentivare la ricerca, favorire la prevenzione e la conoscenza dell’endometriosi attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative utili non solo ai medici ma anche alle pazienti”.

La legge prevede l’istituzione di un registro regionale elettronico e di una piattaforma digitale per raccogliere e mettere in comune dati e informazioni sulla malattia, sui sintomi e sulle conseguenze. La piattaforma digitale consentirebbe alle pazienti e ai ricercatori di implementare la raccolta e l’analisi indipendente e controllata dei dati, compresi quelli rappresentativi dei bisogni delle pazienti, per indirizzare al meglio i percorsi di ricerca.

“A tal fine – conclude la consigliera regionae Califano – è previsto anche un piano di formazione del personale medico-sanitario, diretto all’utilizzo da parte di questi di tecnologie innovative, per la cura, la prevenzione, la diagnosi precoce della malattia e per una interazione diretta tra medico e paziente. Per le più giovani, la proposta di legge prevede l’utilizzo di strumenti tecnologici di supporto attraverso cui si possa prendere piena conoscenza della malattia e cercare risposte immediate.  La proposta di legge istituisce inoltre anche la Settimana regionale dell’endometriosi in concomitanza con giornata mondiale dell’endometriosi, il 28 marzo, per informare e a sensibilizzare cittadini e istituzioni verso questa tematica di rilevante importanza”.

“Voglio ringraziare il professor Fiorenzo De Cicco Nardone, un luminare in materia, per avermi accompagnato in questo percorso, a tutto il mio staff per l’impegno profuso per realizzare la proposta di legge e a tutti i colleghi che oggi hanno iniziato a studiare questo documento molto importante per le pazienti”. 




ENDOMETRIOSI: L'EVENTO MONDIALE PER SENSIBILIZZARE IL MONDO

di Domenico Leccese

Si è svolta il #28marzo2015 a #Roma la manifestazione mondiale in favore delle donne affette di #endometriosi. Una marcia pacifica tra Piazza del Popolo, Piazza di Spagna e Piazza Montecitorio, con lo scopo di sensibilizzare le persone e le istituzioni affinché l’endometriosi venga riconosciuta e trattata come una malattia con gravi conseguenze mediche, aiutando milioni di donne ad ottenere una corretta diagnosi e cure mediche di qualità. Sabato 28 Marzo si è tenuta a Roma, come in altre 54 capitali mondiali, la seconda Marcia mondiale per l'endometriosi, Grande successo e grande soddisfazione per il #TeamItaly. Oltre 300 i partecipanti, che hanno sfilato per le vie del centro coinvolgendo molti passanti e turisti. Palloncini e braccialetti gialli hanno colorato Piazza di Spagna e Montecitorio. L'appuntamento è per il prossimo anno. #ENDOmarch 300 #braccialettigialli #sapevatelo2015


UNA MALATTIA CHE MOLTI NON CONOSCONO

Endometriosi, la malattia che ruba il corpo e l'anima "Endo-che"?
Una donna con endometriosi si sente rivolgere questa domanda quasi ogni giorno, ogni volta in cui cerca di spiegare la patologia da cui è affetta.
Glielo chiedono magari quando ha bisogno di un permesso per assentarsi dal lavoro perché i dolori sono insopportabili o perché deve subire un intervento, l'ennesimo, per tenere a bada la malattia.
Glielo domandano quando rinuncia ad un'uscita con gli amici perché non ce la fa a stare in piedi o perché ha una colica addominale.
Glielo domandano quando a una rimpatriata fra vecchi compagni di scuola lei è l'unica a non avere un figlio che ha dovuto lasciare con i nonni per uscire. Perché anche se è una patologia che colpisce allo stato attuale più di tre milioni di donne soltanto in Italia, nessuno la conosce. Nessuno. Tranne chi ne soffre. Come diceva mia nonna, "il guaio è di chi ce l'ha". E il guaio per una donna con endometriosi è proprio questo, è proprio che oltre alla malattia "fisica" si sente "sola" con il suo malessere, sola con il suo dolore. Il guaio è suo. E forse, non sempre, della sua famiglia. Del suo compagno. E basta.
E allora sorride a quella domanda semplice e innocua.
Sorride di fronte alla non conoscenza. Sorride e si sente ancora più sola.
E ancora più malata. E sorride quando a chiederlo sono gli stessi medici che per anni (si stima circa sette in media prima di avere una diagnosi…) le avevano ripetuto decine, centinaia di volte che aveva "solo" un problema psicologico, una soglia del dolore troppo bassa e che per riuscire ad avere un figlio sarebbe bastato rilassarsi. Che era una malata immaginaria.
Che era normale che il ciclo mestruale fosse doloroso.
Che era tutta una questione di testa.
Sorride ma dentro di sé si dispera, sorride ma un po' muore.
Perché quando non ti capiscono, quando ti fanno sentire "pazza", ti tolgono la stima e la dignità. E a una donna a cui togli la dignità, hai tolto la vita.
E cosa risponde a chi le chiede cosa sia l'endometriosi?
Dice che è una malattia ginecologica che provoca dolore, dolore e ancora dolore. Dice che è costretta ad operarsi una, due, tre volte per provare a stare meglio, per provare a vivere meglio.
Dice che non può mangiare la pizza troppo spesso, perché poi dopo sta male e deve passare la serata nel bagno del locale.
Dice che a vent'anni è in menopausa indotta dai farmaci perché solo evitando di avere le mestruazioni può provare ad avere qualche mese di "respiro".
Dice che non può andare a un concerto perché il suo nervo sciatico non è d'accordo e che non ce la fa a restare in piedi per due ore.
Dice che conosce tutti i nomi di antinfiammatori, antidolorifici e antispastici manco fosse una farmacista.
Dice che non fa l'amore con suo marito perché invece dei fuochi d'artificio per la passione, vede le stelle, per il dolore. E dice che è stanca.
Che non ce la fa più. Perché l'endometriosi è una malattia subdola, che le ruba il corpo e l'anima. Perché per ogni organo che le intacca e che perde, c'è un pezzo del suo cuore che va via con lui. Un ovaio, una tuba, l'utero.
Un tratto di intestino. Un po' di vescica. L'endometriosi non ha pietà.
Il suo addome è alla sua mercé. Se è fortunata si "limita" a fare pochi danni, e magari non prova nemmeno tanto dolore.
Magari si accorge di averla solo perché non riesce ad avere figli. "Solo".
Oppure è sfortunata.
E rientra nella casistica di un'Endometriosi severa, in cui vari organi sono interessati, in cui la sua vita diventa una lotta contro il dolore.
Una lotta fra lei e il suo corpo. Una lotta fra lei e "LEI".
E il non riuscire a diventare madre passa in secondo piano, perché nemmeno potrebbe crescerlo un figlio così come sta. Così come si sente.
E vorrebbe solo riuscire a svegliarsi la mattina senza quel dolore che non la fa respirare, senza quella sensazione di avere una bomba nella pancia pronta ad esplodere. Svegliarsi e magari fare pipì senza bruciore.
Svegliarsi e poter pianificare una giornata di lavoro senza dover fare i conti con la gamba bloccata o l'intestino birichino.
Svegliarsi e fare magari del buon sesso con il suo compagno.
E invece diventa un'esperta di alimentazione senza estrogeni, senza glutine e conservanti.
Diventa un'esperta radiologa che conosce i nomi di esami che quando il medico di famiglia deve prescriverli gli deve fare lo spelling al telefono.
Diventa una ginecologa ad honorem in grado di riconoscere ovulazione, giorni fertili e infezioni semplicemente ascoltando il proprio istinto.
Diventa più disinibita di una spogliarellista in un night per quanto è abituata a farsi vedere "come mamma l'ha fatta" da interi gruppi di dottori, specializzandi, studenti e semplici infermieri durante una delle tante, tantissime visite a cui si sottoporrà fino a quando andrà in menopausa.
E anche dopo. E mentre cerca di spiegare cosa sia l'endometriosi, si ritrova di fronte a una persona che la guarda con gli occhi sbarrati.
La guarda e magari pensa che sia una fanatica, una di quelle che la fa lunga per un po' di mal di pancia. E che fa i vuommechi. Si lamenta troppo.
E comincia a parlarle di Giggina, la sorella della cognata dell'amica del compagno di classe del suo salumiere, che non rimaneva incinta perché ci pensava troppo e che appena è andata a Lourdes, zac, ha avuto il miracolo ed è nato Totore. "Che poi devi vedere quanto è bello". Perché si sa, i figli desiderati assai sono sempre più belli. Più intelligenti. Più tutto. "Tu non ci pensare e vedi che pure a te ti arriva un Totore bello".
E lei ci prova a spiegare che non è quello il problema, che l'endometriosi è altro. Che rovina la vita. Al di là di un Totore che non arriva.
E allora quasi viene sfidata. Le si domanda: "E come viene questa "endomecome si chiama?". E lei prova a spiegarlo con parole semplici, dice che – in pratica – la mestruazione che normalmente si trova nell'utero, nella donna affetta da endometriosi si accumula all'interno dell'addome e non "esce" tutta fuori formando cisti e noduli negli organi ginecologici, nell'intestino, e in vescica. Spiega che i sintomi che possono far sospettare di essere affette da endometriosi sono il dolore durante le mestruazioni, il dolore cronico alla zona bassa dell'addome anche senza mestruazioni, il dolore durante i rapporti sessuali, il dolore lombare, i problemi intestinali, le mestruazioni Irregolari, il dolore/bruciore quando si urina e la sterilità.
Spiega che in presenza di uno o più sintomi ci si deve rivolgere al ginecologo che attraverso una visita accurata, una ecografia interna e il dosaggio di un markers tumorale si potrà avere una diagnosi di endometriosi e successivamente decidere con il medico la terapia adatta, chirurgica o farmacologica.
Una terapia che comunque dovrà fare per anni, tanti anni.
E operazioni ripetute. Non una. Due. A volte sette, otto. Dipende dalla gravità della malattia. A questo punto la donna ha detto tutto.
Tutto ciò che c'è da dire sulla propria patologia.
E spera che chi le sta di fronte abbia capito. Almeno un po'.
Abbia almeno un po' capito la complessità della sua condizione di salute, il suo grido di aiuto. Spera che domani quella persona la chiami non per uscire o per andare a fare baldoria.
La chiami per chiederle semplicemente: "Come stai?
Posso fare qualcosa per te?".
Ma probabilmente quella telefonata non arriverà mai.
O arriverà solo per educazione. Per mettersi la coscienza a posto.
Perché dell'endometriosi ancora non si parla in tv, sui giornali o dal parrucchiere. E chi prova a parlarne passa per petulante e visionaria.
In fondo, anche per il ministero della Salute ancora non è una malattia invalidante, perché mai dovrebbe esserlo per un datore di lavoro o per un amico? E quella donna "sola" si rifugerà in un qualche gruppo su Facebook o su un blog di donne con endometriosi, perché solo lì si sentirà capita e libera di piangere e di lamentarsi per i suoi dolori.
Perché solo lì sentirà di avere ancora un po' di dignità.
E di vita. Solo lì non si sentirà più sola.