Palermo, M5s, Lega e Fi: Crocetta prenda atto del segnale. Coro unanime di sfiducia

 

di Paolino Canzoneri

 
PALERMO – Sulla scia della vincita del NO a furor di popolo e dalla scelta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi di considerare il suo mandato chiuso, anche nel capoluogo siciliano M5S, Lega e Forza Italia cavalcano l'onda ed "esortano" il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta a dimettersi anch'egli all'indomani della bocciatura della riforma costituzionale.
 
Una sconfitta del SI che equivale ad una sconfitta del PD cosi come è percepita dai partiti che leggono un segnale preciso di inversione di tendenza proprio per la ragione che la Sicilia è stata la seconda regione con la votazione per il NO più alta d'Italia. Il M5S non le manda a dire e dal gruppo all'Assemblea regionale si leva una precisa presa di posizione contro Crocetta: " Il risultato del referendum in Sicilia non è solo la bocciatura del governo Renzi, ma, soprattutto, del suo maggiore sponsor nell'isola: il governo del Pd e di Rosario Crocetta; adesso dimissioni e parola ai cittadini, c'è da rimettere una Sicilia al lavoro e non può farlo chi ha perso in maniera così sonora".
 
Un coro unanime quello che si leva anche da parte di Alessandro Pagano deputato della Lega vicina a Salvini: "In Sicilia una valanga di No ha seppellito Renzi, Crocetta e tutto il Pd; anche il fallimentare governatore Crocetta, che ricordo fu eletto con il voto di un siciliano su sei e che si è speso a favore del referendum, dovrebbe dunque prendere atto di questo giudizio netto e politico del popolo e rassegnare le dimissioni." Un'altrettanta analisi politica e una lettura della stragrande vittoria del NO viene anche dal capogruppo di FI all'ARS: "Il voto del referendum ci consegna un profondo desiderio di cambiamento, che va nella direzione contraria da quella indicataci da una riforma rabberciata. Il Paese reale ha vinto sul Paese legale, il popolo ha battuto il palazzo. Renzi e i transfughi del centrodestra sono stati miseramente puniti. Questa occasione di voto ha consentito al centrodestra di ritrovarsi coeso, e ha posto le basi per rilanciare una proposta politica che sarà quella del prossimo governo, a livello nazionale come in Sicilia. Inoltre, il plebiscito del No nella nostra terra, non indica soltanto l'insostenibilità della proposta riformatrice, ma evidenzia anche la scarsissima qualità dell'azione di governo sull'Isola, del Partito Democratico, dell'NCD e dei centristi di D'Alia". L'europarlamentare catanese Salvo Pugliese riassume l'opinione proviente dalla Sicilia orientale:" Il vento è cambiato, il dato siciliano e soprattutto catanese, con il No che stravince nell'Isola superando il 70%, ben oltre la media nazionale, e con Catania che detiene con il suo 75% di No il record nazionale tra i comuni capoluogo, è un chiarissimo segnale di cui Crocetta e Bianco devono prendere atto." Renato Schifani dal canto suo parla di un segnale che il centro destra deve saper intercettare per dare alla Sicilia un governo che vicino ai siciliani e che sappia interpretare a fondo le esigenze e le risposte concrete. Per tutti in sostanza, anche la Sicilia dovrebbe andare al voto.
 
Alla pioggia di critiche il presidente della Regione Rosario Crocetta risponde con altrettanta fermezza e sicurezza: "Sono stato leale con il partito e con Renzi, ho grande rispetto per il NO, nella mia giunta c'era anche qualche assessore a sostenerlo;nessuna vendetta, nessun regolamento di conti: sul governo non ci sarà nessun contraccolpo, piuttosto dobbiamo ripartire da una Finanziaria di carattere sociale, con la riforma degli Urega, con il reddito di cittadinanza e la programmazione europea." Ironicamente controbatte: "Paradossalmente il mio governo sarebbe stato messo in discussione da pezzi della maggioranza se avesse vinto il SI. Penso a cosa avrebbero urlato i renziani di Sicilia". Rosario Crocetta nel pomeriggio ha incontrato il gruppo del PD dell'ARS insieme con il segretario Fausto Raciti e l'assessore Alessandro Baccei.



CARLO SARRO, DEPUTATO FI: IL TRIBUNALE ANNULLA GLI ARRESTI DOMICILIARI

Redazione
 
Napoli – Il Tribunale del Riesame di Napoli ha annullato gli arresti domiciliari per Carlo Sarro, deputato di Forza Italia e componente della Commissione Antimafia. E’ stata accolta la richiesta del suo avvocato . L’ordinanza era stata emessa in seguito ad un’inchiesta della Dda di Napoli e sul deputato pendeva l’accusa di turbativa d’asta su alcuni appalti di Gori. L’accusa sosteneva che gli appalti sarebbero stati pilotati dal politico. 
 
 
La vicenda giudiziaria. Una nuova ondata di arresti ha visto protagonisti gli storici casalesi, gruppo camorristico operativo nel casertano. I Ros hanno scoperto un sistema corruttivo all'interno degli enti che gestiscono i servizi idrici della Regione Campania oltre ad illeciti finanziamenti a politici locali. C'e' anche tra le tante custodie cautelari, una richiesta di arresto per l'onorevole Carlo Sarro, coordinatore provinciale di Forza Italia nel Casertano. Non sarebbe il primo politico ad essere arrestato a Caserta per coinvolgimenti con clan camorristici: prima di lui, l'ex sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, l'ex consigliere regionale Angelo Polverino, già destinatario di altre misure cautelari in diverse inchieste, e Tommaso Barbato.
 
 
L’inchiesta. Secondo l’inchiesta condotta dai Ros, alcuni imprenditori presentavano false denunce per presunte estorsioni da parte di emissari del boss dei Casalesi, Michele Zagaria, con l'intento di “ripulirsi” dalla fama di persona collusa. Inoltre, in seguito all’arresto dello stesso Zagaria, la sparizione di materiale informatico nel suo covo sarebbe stata causata dagli esponenti del clan. L'indagine ha portato nel Napoletano e nel Casertano all'esecuzione di 13 misure cautelari nei confronti di esponenti e fiancheggiatori dei Casalesi, oltre al sequestro di beni per 11 milioni di euro. I reati contestati sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta e illecito finanziamento a partiti.



CASERTA, BLITZ AI CASALESI: RICHIESTO L’ARRESTO DEL DEPUTATO CARLO SARRO DI FI

di Ch. Mo.

Caserta – Una nuova ondata di arresti ha visto protagonisti gli storici casalesi, gruppo camorristico operativo nel casertano. I Ros hanno scoperto un sistema corruttivo all'interno degli enti che gestiscono i servizi idrici della Regione Campania oltre ad illeciti finanziamenti a politici locali. C'e' anche tra le tante custodie cautelari, una richiesta di arresto per l'onorevole Carlo Sarro, coordinatore provinciale di Forza Italia nel Casertano. Non sarebb il primo politico ad essere arrestato a Caserta per coinvolgimenti con clan camorristici: prima di lui, l'ex sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, l'ex consigliere regionale Angelo Polverino, già destinatario di altre misure cautelari in diverse inchieste, e Tommaso Barbato.


L’inchiesta. Secondo l’inchiesta condotta dai Ros, alcuni imprenditori presentavano false denunce per presunte estorsioni da parte di emissari del boss dei Casalesi, Michele Zagaria, con l'intento di “ripulirsi” dalla fama di persona collusa. Inoltre, in seguito all’arresto dello stesso Zagaria, la sparizione di materiale informatico nel suo covo sarebbe stata causata dagli esponenti del clan. L'indagine ha portato nel Napoletano e nel Casertano all'esecuzione di 13 misure cautelari nei confronti di esponenti e fiancheggiatori dei Casalesi, oltre al sequestro di beni per 11 milioni di euro. I reati contestati sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta e illecito finanziamento a partiti.




PD – FI: SI CERCA INTESA SU CAPO DELLO STATO

Redazione

E' caccia al nuovo Capo dello Stato. Un politico che non indossi la 'casacca' del Pd, 'low profile' ma affidabile e allo stesso tempo autorevole, preferibilmente che abbia smesso l'attivita' parlamentare.E' questo l'identikit che, riferiscono fonti parlamentari, avrebbe fornito il premier Matteo Renzi ai suoi per il futuro Capo dello Stato, e sul quale si sarebbe raggiunto un accordo di massima anche con Forza Italia. Regge per ora l'asse tra largo del Nazareno e il partito azzurro.La premessa e' l'intesa sull'Italicum 2: domani la legge elettorale sara' incardinata nell'Aula del Senato senza il voto della commissione, non comincera' neanche la discussione, se ne riparlera' il 7 gennaio. Ma nella legge elettorale verra' inserita la 'condizione' chiesta dagli azzurri, entrera' in vigore a settembre 2016. Su questo punto e' d'accordo anche l'ala rappresentata da Raffaele Fitto. L'europarlamentare azzurro che 'controlla' circa 40 parlamentari ieri sera a cena ha visto il plenipotenziario azzurro Denis Verdini. C'e' l'ok alla riforma del sistema di voto, se conterra' nero su bianco la certezza che la finestra elettorale in primavera sara' 'chiusa'.

Per quanto riguarda l'elezione del successore di Giorgio Napolitano l'obiettivo e', spiegano dalla maggioranza dem, allargare lo 'schema' a tutte le forze politiche, anche se gia' si mette in conto che il Movimento cinque stelle non si siedera' neanche al tavolo. Al momento nomi non sono stati fatti, Silvio Berlusconi nei suoi ragionamenti privati avrebbe avanzato il nome di Sergio Mattarella, ma in campo c'e' anche l'ipotesi Sabino Cassese, una figura che – viene spiegato – sarebbe gradita anche all'attuale Capo dello Stato.

"A Renzi – sottolinea un parlamentare vicino all'ex sindaco di Firenze – serve una personalita' di garanzia e verra' individuata una persona che corrisponda a questo profilo".

La convinzione e' che anche la minoranza del Pd difficilmente potrebbe sfilarsi.
  In realta' i 'desiderata' della minoranza dem sono noti: il profilo e' quello di un politico autorevole che provenga proprio dall'area di sinistra.

Una condizione non dirimente, sottolineano sempre fonti parlamentari, per il premier. "Serve – questo l'identikit che viene suggerito dalle stesse fonti – un presidente che sappia gestire le forze politiche e i passaggi parlamentari, che firmi l'Italicum e possa sciogliere le Camere all'accorrenza".Non prima del 2016 in ogni caso, su questo punto Fi e' netta.

In realta' il partito azzurro punta ad un altro scopo: Berlusconi a febbraio – lo ha annunciato lui stesso in diverse occasioni – riavra' la sua 'liberta'', ma si starebbe studiando la possibilita' di ridare al Cavaliere la piena agibilita' politica, ovvero la possibilita' di candidarsi.

Lunedi' Fitto incontrera' Berlusconi: l'obiettivo dell'ex ministro e' quello di chiudere un accordo sul partito, ma la partita sul Quirinale pesa, visto che l'europarlamentare ha dalla sua parte quasi un terzo dei parlamentari. L'ex premier avrebbe riallacciato i contatti anche con Angelino Alfano.

Il 'dossier' Colle e' comunque ancora da aprire, visto che Renzi aspettera' fino all'ultimo minuto prima di scoprire le carte per poi provare a mettere in pratica il 'metodo Ciampi'.
  La minoranza del Pd ha gia' fatto sapere che non fara' alcun nome prima della prevista Assemblea, proprio per aspettare le mosse del Capo dell'esecutivo e non bruciare alcuna candidatura. L'identikit fornito da Renzi – un politico, non Pd – difficilmente sara' 'appoggiato' da tutto il partito. Ma senza un accordo interno, spiega un altro renziano, non e' escluso che si possa puntare su un 'piano B', su un nome vicino al presidente del Consiglio, tipoGraziano Delrio o Paolo Gentiloni.

Scenari assolutamente prematuri, ma che si 'rincorrono' in Transatlantico dopo che il presidente della Repubblica ha ufficializzato che il suo addio e' ormai imminente.