ROMA CAMERA DEI DEPUTATI: STOP AL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI… DAL 2017

di Maurizio Costa

Roma –  Il decreto legge sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti è stato approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati. Nato sotto il Governo Letta il 28 dicembre 2013, questo disegno di legge è stato ratificato a Montecitorio con 312 sì, 141 no e 5 astenuti. Il finanziamento pubblico ai partiti quindi cesserà di esistere, ma solamente dal 2017; infatti, i soldi che lo Stato elargisce alle forze politiche diminuiranno progressivamente a partire da quest’anno (-25% di finanziamento), scendendo del 50% nel 2015, del 75% nel 2016 e scomparendo definitivamente nel 2017.

Cosa cambia

Con questa legge i partiti non potranno più percepire un finanziamento pubblico, ma solamente privato, sotto forma di donazioni. Ecco brevemente i punti salienti del decreto:
•    Tutte le forze politiche che vorranno accedere a questi contributi dovranno dotarsi di uno statuto, che renderà pubblico il lavoro che lo stesso partito fa quotidianamente, soprattutto attraverso siti internet. Infatti lo stesso decreto recita: “I partiti politici assicurano la trasparenza e l’accesso alle informazioni relative al proprio assetto statuario, […] anche mediante la realizzazione di un sito Internet che rispetti i princìpi di elevata accessibilità.”
•    A partire dal 2014, al bilancio dei partiti deve essere allegato anche quello delle sedi regionali dei partiti stessi.
•    Nel caso in cui, nel numero complessivo dei candidati di un partito politico in ciascuna elezione (Camera, Senato o Parlamento Europeo) uno dei due sessi sia rappresentato in misura inferiore al 40%, le risorse destinate al partito sono ridotte dello 0,50% per ogni punto percentuale di differenza tra 40 e il numero di candidati del sesso meno rappresentato.
•    Ogni singola donazione, eccetto i lasciti mortis causa, in favore di un partito, non potrà superare i 100.000 euro annui. Il pagamento deve essere effettuato solamente tramite banche o uffici postali, per migliorare la tracciabilità del denaro.
•    Le erogazioni liberali provate subiranno detrazioni fiscali del 26% per le somme comprese tra i 30 e i 30mila euro.
•    Tutti gli immobili di proprietà dei partiti saranno assoggettati al pagamento dell’IMU.
•    Si potrà devolvere il 2 per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a favore di un partito politico.

Le reazioni

Non tutti sono stati soddisfatti di questa votazione. Gli esponenti del Movimento Cinque Stelle hanno esposto in Aula alcuni manifesti che rappresentavano Renzi con il naso di Pinocchio; i pentastellati hanno affermato che il neo-premier usò la scusa dell’eliminazione dei finanziamenti pubblici ai partiti per la propria campagna elettorale, ma in effetti questo decreto non cancella immediatamente i benefici che le forze politiche ottengono dallo Stato. Inoltre, i Deputati del Movimento vorrebbero l’eliminazione della cassa integrazione riservata al personale dipendente delle forze politiche ed anche la restituzione dei 2,7 miliardi di euro di finanziamenti percepiti illegalmente dai partiti dal 1994. Anche la Lega Nord ha effettuato ostruzionismo, affermando che bisognava essere più coraggiosi e incisivi nell’approvare questo decreto. Un cambio ai vertici del Governo era il momento giusto per far passare una legge del genere. Sicuramente si è partiti con il piede giusto, ma era così necessario prolungare l’abrogazione definitiva dei finanziamenti fino al 2017? Molte forze politiche hanno chiesto più coraggio, ma finché si pesca nelle proprie tasche la mano non andrà mai così in fondo.

 




CORSA AD OSTACOLI PER LETTA, PROSSIMA TAPPA: IL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI

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Emanuel Galea

Da quando ha assunto l'incarico di guidare questo governo di larghe intese Enrico Letta si è reso conto che la sua non sarà una passeggiata. Dall'inizio si è dimostrata per quello che è, una corsa ad ostacoli. Determinato e con le idee chiare ha subito messo in allerta i lobbisti e ogni sua dichiarazione d'intenti è da questi guardata con sospetto, pronti ad affossarla ogniqualvolta minacci interferenze con i loro interessi. Per fortuna il nuovo Presidente si sta dimostrando sicuro di se stesso e libero dai soliti compromessi.

La tappa dell'abolizione delle province è stata superata, salvo imprevisti, ed entro sei mesi, dice lui, il provvedimento dovrà giungere in porto.

La prossima corsa ad ostacoli sarà la più dura perché tocca la carne viva degli apparati dei partiti. Per Letta questa sarà la prova del fuoco. Se vince questa battaglia, lo potremmo considerare il nuovo Caesar dopo Romolo Augusto , l'ultimo imperatore romano d'Occidente. L'abolizione del finanziamento è la madre di tutte le battaglie. Ci hanno provato i Radicali con un referendum 20 anni fa. E' stato un plebiscito ma, come si sa, l'apparato partitico ce l'ha messa tutta riuscendo a scippare quella volontà popolare e la democrazia non ha potuto far altro che soccombere. Questa volta i tempi sembrano più maturi e, per adoperare un eufemismo, un lucignolo di speranza si intravede in fondo al viale in questa nottata senza luna. 

Il 31 maggio 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge per la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Fra l'altro il ddl prevede la sostituzione del finanziamento pubblico dei partiti con un sistema basato sulla contribuzione volontaria da parte dei privati, il due per mille da sottoscrivere in sede di dichiarazione dei redditi annuale, fissando naturalmente, alcune norme per i partiti, per poter usufruire di questa contribuzione.

A reggere la fila di coloro che, con denti ed unghie lottano per il mantenimento del finanziamento ai partiti è Ugo Sposetti del Pd. Al tg La7, intervistato dichiara: «Il due per mille, così come vogliono cambiare il finanziamento va bene se sono tutti gioiellieri, se viene dai pensionati della Cgil gli arriva poco… e finiamo per fare un sostegno a un partito ricco e uno a un partito povero: non funziona così la democrazia».

Il ragionamento di Sposetti, persona intelligentissima e di tutti quelli che come lui ragionano, non regge, oserei dire che lo trovo patetico. Forse sarebbe ora di finirla con questo discorso del partito ricco e quello povero. Quale sarebbe il partito povero, quello che ha immobili per milioni di euro? Quello che ha investimenti? Come mai ogni volta che ci sta una scissione si presenta sempre il problema del patrimonio, dei beni mobili ed immobili da dividere? E' falso dire che la politica costa. Costano gli apparati dei partiti che raramente fanno “politica” intesa come iniziativa per il bene della collettività.

La gente condivide l'iniziativa di Enrico Letta, a tutti quelli che fanno “politica” lo Stato, anziché elargire denaro dovrebbe offrire servizi. Sale gratuite per le riunioni, spazi sulle tv pubbliche, stampa manifesti gratuiti, un numero di telefonate a tariffa agevolata, rappresentanza ed ospitalità controllata e pagata dall'economato dello stato ed altri servizi. In poche parole, risparmiare al partito “il fastidio di maneggiare denaro”. Se diamo un'occhiata ai compensi di ogni deputato; ci accorgiamo che una delle voci della busta paga rappresenta un tot per i contatti con l'elettorato. Ai signori sposetti dei partiti “poveri”di destra e sinistra che ci vogliono convincere che il finanziamento pubblico serve per fare funzionare la democrazia consigliamo loro di liquidare i loro vari immobili ed il ricavato sommato ad altri eventuali investimenti ed utilizzarlo per fare “politica” al servizio della comunità. L'art.49 della Costituzione non contempla possedimenti ed investimenti ma semplicemente che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La politica nazionale si determina con le giuste iniziative e sembra che Enrico Letta è determinato a seguire questo corso.