LA GIUSTIZIA COLPISCE ANCORA… LE VITTIME

di Roberto Ragone

È notte, verso le due, l’ora in cui ogni buon cittadino dorme nel proprio letto. Franco Birolo, 47 anni, tabaccaio, con il negozio proprio sotto l’abitazione, sente dei rumori. Si arma di una Glock calibro 9 mm. ‘legalmente detenuta’ – e ci mancherebbe! Solo i malfattori, da che mondo è mondo, non si preoccupano delle autorizzazioni – e scende. La scena che gli si presenta è drammatica: qualcuno gli ha sfondato la vetrina e sta razziando dagli scaffali le stecche di sigarette.

Davanti al negozio è parcheggiata una Fiat Punto verde rubata, con il cofano aperto e già carica di altre stecche di sigarette. Birolo affronta i banditi, ne vede due, ma poi si scoprirà che probabilmente erano ancora di più. Uno di essi gli si fa incontro, prende dal bancone il registratore di cassa e glie lo scaglia addosso. Ora, chi ha avuto per le mani un registratore di cassa sa quanto pesa, e che può benissimo essere un’arma micidiale. Momenti concitati. Birolo spara, senza mirare, quasi a bruciapelo, nell’intento di difendersi da quell’aggressione con un’arma impropria. Un solo colpo, che raggiunge al torace il giovane ladro moldavo, Igor Ursu, 20 anni, il quale fa pochi passi fuori del negozio dove si trascina per inerzia e cade a terra.

L’altro rimasto è nascosto dietro al bancone, terrorizzato. Si arrende al tabaccaio e insieme a lui aspetta l’arrivo delle forze dell’ordine. Tutto questo accade nella notte fra il 25 e il 26 aprile 2015 in una frazione di Correzzola di Padova. Giovedì la condanna: per Birolo – siamo in Italia – 2 anni e 8 mesi di reclusione per eccesso colposo in legittima difesa, più 325 mila euro di risarcimento, così ripartiti: 225 mila alla madre del ladro, 100 mila alla sorella.

Tutto ciò nonostante ad ottobre lo stesso PM avesse chiesto l’assoluzione di Birolo per aver agito in stato di forte stress emotivo. In più, le perizie hanno dimostrato che Ursu stava effettivamente scagliando il registratore di cassa addosso al tabaccaio. Ci risiamo! Ancora un giudice più realista del re, evidentemente seguace di una corrente ideologica secondo la quale il malvivente ha qualche diritto in più della persona onesta, di quella persona che contribuisce con il proprio lavoro al benessere della propria famiglia e al buon andamento del Paese, a favore del quale – almeno, dovrebbe essere così – paga le tasse. Le tasse si pagano a fronte di un servizio, come qualsiasi altra spesa: nessuno regala soldi senza motivo, né alcuno lavora gratis. In questo caso, invece, vediamo che le tasse pagate dal tabaccaio non gli hanno fornito una efficace difesa nei confronti di chi onesto non è, e che di notte, invece di riposare fra le lenzuola, si aggira ‘come un leone ruggente’ – dice S. Pietro – ‘cercando chi possa divorare’.  Il giudice non solo non ha ascoltato la Pubblica Accusa, ma ha calcato la mano, sia sulla pena, che sul risarcimento. Il risarcimento, in sede civile, dovrebbe compensare il mancato reddito prodotto da chi non è più in vita: se con la mia auto investo una persona e malauguratamente la uccido, il risarcimento assegnato dal giudice è proporzionale alla posizione economica del morto; e tutto ciò legittimamente, significando che l’ipotetica vittima svolga una legittima attività che gli consenta un legittimo reddito. In questo caso, come si fa a calcolare quanto altro avrebbe potuto rubare Igor Ursu nella sua vita di ladro, e di ciò risarcire madre e sorella, in misure differenti? Né si può pensare – sarebbe aberrante – che il risarcimento voglia ripagare la vita di una persona che si è volontariamente venuta a trovare in una situazione criminosa e di rischio.

Oltre al danno, la beffa. Come già accaduto nel caso del rigattiere Ermes Mattielli, morto d’infarto in seguito allo stress subito per il giudizio di condanna, chi ha attentato alla vita e al patrimonio di un onesto cittadino si trova ad essere fonte di reddito per il suoi parenti. Allora, dice qualcuno, meglio andare a rubare, visti gli indennizzi che ti capitano fra capo collo, e non c’è bisogno di rimetterci la pelle, basta un osso rotto e fioccano i soldi, esentasse e senza fatica. Alla faccia dei giovani che si arrabattano con il call center a quattro lire al mese. 

La cronaca non riferisce del superstite della spedizione malavitosa, né se esso è stato condannato in sede penale; né se è stato condannato al risarcimento – e con lui la madre e la sorella del morto – dei danni causati al negozio del tabaccaio, il che sarebbe almeno doveroso, in linea di principio per reciprocità; salvo poi a scoprire che denaro non c’è dove andarne a prendere, se non in Moldavia…  La questione presenta delle macroscopiche anomalie, e non potremo mai più chiamare ‘Giustizia’ un giudizio siffatto, che di ‘giusto’, di ‘equo’, non ha nulla. Difendere i propri beni è legittimo, in quanto da essi dipendono la famiglia, il reddito, la vita stessa. Difendersi contro una o più persone che di notte aggrediscono è legittimo, non sapendo se gli individui in questione siano armati o meno. Cercare di salvare la propria incolumità appartiene all’istinto di conservazione, e la reazione allo stress non è la stessa per tutti.

Se Birolo non fosse stato armato, oggi leggeremmo di un tabaccaio rapinato e massacrato da banditi con accento dell’Est. Né giova all’ordine pubblico tranciare giudizi di questo tipo; né giova affidare a persone evidentemente poco capaci la discussione di tali eventi, che toccano in profondità la sicurezza del cittadino onesto.  Così reagisce il Presidente del Consiglio Regionale del Veneto Roberto Ciambetti: “Se lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini, non può nemmeno imporre pene sproporzionate a chi, aggredito, si difende da criminali patentati. Dopo Graziano Stacchio ed Ermes Mattielli, ancora una volta chi si è difeso finisce dall’altra parte della sbarra e diventa colpevole”




PADOVA: TABACCAIO CONDANNATO A DUE ANNI E 8 MESI OLTRE A 325 MILA EURO DI RISARCIMENTO A MADRE E SORELLA DEL BANDITO

di Dom. Lec.

Padova – Due anni e otto mesi per il tabaccaio di Correzzola (PD) che durante la notte tra il 25 e il 26 aprile 2012 sparò e uccise un bandito che aveva sfondato la vetrina della sua tabaccheria. L'uomo, Franco Birolo, era accusato di eccesso colposo in legittima difesa. Il tribunale ha inoltre disposto un risarcimento di 325mila euro nei confronti della madre e della sorella della vittima. Il malvivente di origine moldava restò ucciso dal colpo di pistola, mentre il complice, un suo connazionale, in preda al terrore si era consegnato prima al negoziante e poi aiutò i carabinieri a cercare di dare una identità alla vittima.

Il fatto – La tragedia si consumò poco dopo le due quando il 47enne, titolare della tabaccheria sottostante alla sua abitazione, in piazza, sentì strani rumori provenire dal negozio. L'uomo prese la pistola, una calibro 9 semiautomatica regolarmente detenuta, e scese imbattendosi nei ladri che stavano prelevando delle stecche di sigarette. In pochi attimi la scena si trasforma in un dramma: secondo la ricostruzione dei carabinieri Birolo esplose un colpo che raggiunse al petto uno dei malviventi, il complice si accovacciò dietro al bancone in preda alla paura. Sanguinante il bandito ferito uscì dal negozio, percorse una quarantina di metri e poi cadde a terra. Per lui i soccorsi furono inutili.